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Riconoscimento facciale: divieto fino al 2025

Approvato alla Camera il DL 51/2023, contenente l’estensione della moratoria riguardo i sistemi di riconoscimento facciale, che scadrà alla fine dell’anno.

Fino al prossimo 31 dicembre 2025 (in precedenza era stata fissata la data del 31 dicembre 2023), privati ed autorità pubbliche non potranno installare tecnologie di videosorveglianza dotate di sistemi di riconoscimento facciale nei luoghi pubblici. Il DL ora dovrà essere approvato anche dal Senato, passaggio che non dovrebbe incontrare grosse difficoltà, vista la precedente approvazione alla Camera.

Tuttavia, non era così scontata la conferma della moratoria visto che alla fine di aprile, il ministro dell’Interno Piantedosi aveva dichiarato che fosse necessario installare sistemi di riconoscimento facciale nei luoghi pubblici e altamente frequentati, al fine di garantire maggior sicurezza. «La videosorveglianza è uno strumento ormai unanimemente riconosciuto come fondamentale», aveva dichiarato.

«La sua progressiva estensione è obiettivo condiviso con tutti i sindaci. Il riconoscimento facciale dà ulteriori e significative possibilità di prevenzione e indagine». Non era scontato che l’estensione arrivasse sino al 2025, visto che molti sindaci avevano tentano di installare telecamere con il riconoscimento facciale. Tutti i tentativi, infatti, erano prontamente stati bloccati dal Garante della Privacy.

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La moratoria, di fatto, prevede un divieto esplicito, e senza alcuna possibilità di deroga, di installare sistemi di riconoscimento facciale sui cartelli pubblicitari o nei negozi. I Comuni, prima di installare le telecamere, dovranno richiedere il parere del Garante della privacy.

Tale moratoria, invece, non riguarda l’autorità giudiziaria, che non dovrà sottostare ad alcun controllo preventivo da parte del Garante, che dovrà fornire il proprio parere «salvo che si tratti di trattamenti effettuati dall’autorità giudiziaria nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali nonché di quelle giudiziarie del pubblico ministero».

Come funzionano i sistemi di riconoscimento facciale

Il riconoscimento facciale utilizza un software che analizza le varie immagini sotto forma di pixel, ovvero dati che possono essere interpretati attraverso un modello matematico e confrontati con quelli che vengono ricavati da altre immagini, al fine di trovare una corrispondenza.

I modelli matematici funzionano meglio nel caso in cui abbiamo a propria disposizione una gran quantità di immagini, ottenute proprio grazie alle riprese effettuate dalle telecamere. La corrispondenza tra le immagini si ricava dai tratti esteriori di una persona, anche se in commercio troviamo software capaci di identificare un individuo soltanto dalla sua andatura.

Attivisti ed esperti di tecnologie, negli ultimi anni, hanno segnalato che tali sistemi non rispettano la privacy, vista l’assenza di chiare norme finalizzate alla regolamentazione dell’utilizzo dei dati. Non ci sono molte altre informazioni sul loro funzionamento e sul modo in cui vengono alimentati questi modelli matematici.

Limiti e discriminazioni

Secondo le analisi fatte nel corso degli ultimi anni su alcuni sistemi utilizzati negli USA, sono stati evidenziati molti limiti e discriminazioni.

Per il NIST, il National Institute of Standards and Technology, un organo governativo americano che studia gli algoritmi di riconoscimento facciale, gran parte dei software tende ad essere più accurata quando si tratta di riconoscere volti di maschi bianchi, rispetto a donne o persone nere.

Si tratta di errori causati dai database di riferimento. A seconda di come è composto un database cambia anche la precisione: se un database raccoglie principalmente volti di persone bianche e di maschi, il software riconoscerà più facilmente quelli.

In linea con l’Ai Act

In Italia, il primo Comune a provare ad installare le telecamere fu quello di Como. Nel 2019, infatti, l’amministrazione decise di mettere delle videocamere nel parco di via Tokamachi, al fine di controllare la zona che aveva ospitato, nel 2016, centinaia di migranti che si dirigevano verso il nord Europa.

Nel 2020, il Garante dichiarò il sistema illegittimo. Anche Udine tentò di installare la stessa tecnologia, ma anche qui il Garante bloccò tutto, così come bloccò il sistema SARI della Polizia Italiana.

La moratoria risulta essere allineata con l’Ai Act, recentemente approvato dal Parlamento europeo, che fissa tutta una serie di norme per quanto riguarda l’utilizzo dell’IA e del riconoscimento facciale.


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