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I Malware più diffusi in Italia nel 2021 e come difendersi

Quali sono i virus informatici più diffusi nel mostro paese?

CERT-AgID ha individuato le 10 classi di malware che hanno colpito di più le PA durante il primo semestre 2021.

MOLTI INFOSTEALER, NESSUN RANSOMWARE

Il Computer Emergency Response Team dell’Agenzia per l’Italia Digitale ha rilevato 238 attacchi informatici verso la PA. Tutti i malware individuati appartengono alla classe degli infostealer, mentre non risultano ransomware.

COSA SONO MALWARE, RANSOMWARE E INFOSTEALER

I malware sono virus informatici, ovvero software dannosi che, una volta installati nel computer o nello smartphone, permetto al cybercriminale di compiere attività diverse.
Per esempio, i ransomware impediscono al proprietario del dispositivo di utilizzarlo fintantoché non venga pagato un riscatto. Mentre gli infostealer permettono al cybercriminale di rubare informazioni
– da rivendere sul Dark Web (dati personali),
– da utilizzare per accedere ad altri sistemi o altri livelli di sicurezza e ottenere ulteriori informazioni (credenziali d’accesso),
– per accedere a conti bancari.

I MALWARE INFOSTEALER INDIVIDUATI DA CERT-AGID

Ecco alcuni degli infostealer rilevati da CERT-AgID.

Formbook:

È il malware più rilevato.

Viene diffuso tramite allegati in formati .zip, .rar, .iso, ecc., ma anche con l’apertura di una finta (ma credibile) pagina di download di WeTransfer che contiene un link fraudolento.

ASTesla

È il secondo più registrato. Si diffonde tramite finti messaggi da parte di DHL che invitano a scaricare degli allegati.

Una volta installato invia informazioni sul computer infettato, l’utente, registra i cookie, esegue screenshot, salva il contenuto degli appunti e credenziali.

Ursnif

Al terzo posto si trova questo trojan bancario.

Viene diffuso tramite email che replicano perfettamente nella grafica i portali di INPS, MISE o dell’Agenzia delle Entrate, contenenti allegati Excel.

Flubot

È l’unico dei 10 malware individuati a diffondersi tramite SMS che emulano messaggi di consegna, ritiro o tracciamento di spedizioni DHL con link malevoli.

Colpisce i sistemi Android.

sLoad

La particolarità di questo malware è di essere l’unico a diffondersi tramite allegati inviati via PEC. Poiché la Posta elettronica certificata è usata per comunicazioni ufficiali, gli utenti sono più inclini ad aprire mail e allegati anche quando non sono sicuri della provenienza e del contenuto.

COME PROTEGGERSI DAI MALWARE

Ci sono semplici regole da seguire per gestire al meglio la propria sicurezza informatica.

  1. Aggiornare sempre l’antivirus
  2. Aggiornare il sistema operativo e i plugin (es. Java)
  3. Effettuare backup periodici dei file contenuti nel proprio pc, meglio se in più copie
  4. Non aprire mai gli allegati di mail di cui non si è sicuri. In caso di dubbio, chiedere conferma al mittente
  5. Controllare l’estensione degli allegati: exe, zip, js, jar, scr sono le più usate in caso di virus
  6. Non collegare al computer chiavette USB o altri dispositivi esterni di cui non si è certi
  7. Utilizzare i filtri antispam per bloccare le mail di phishing
  8. Non cliccare su banner o pop-up in siti non sicuri
  9. Informarsi periodicamente e diffondere consapevolezza sulla materia tra tutti gli utenti che utilizzano i medesimi dispositivi o accedono alla medesima rete internet.

Puoi aumentare la sicurezza informatica della tua azienda e del tuo studio rivolgendoti a Servicematica.

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Scadenza della firma digitale

Scadenza firma digitale: cosa fare degli atti già firmati?

Nella dimensione telematica, la durata dei processi cozza con la durata della firma digitale

Il passaggio al processo telematico presenta indubbiamente numerosi vantaggi, ma anche alcune insidie. Tra queste, una delle più importanti appare l’incompatibilità tra la durata dei processi e la durata della firma digitale. Infatti, sulla durata del processo italiano non serve spendere ulteriori parole, mentre la firma digitale ha una validità media di 3 anni.

Firma digitale scaduta: procedere con attestazione di conformità o consulenza tecnica informatica

La dimensione telematica del processo presenta un’insidia particolare: l’incompatibilità tra la durata del processo e quella della firma digitale. Infatti, il certificato di firma ha una scadenza media di tre anni, dopo i quali è necessario procedere con il rinnovo. Tuttavia, il termine “rinnovo” è improprio: di fatto, viene emesso un nuovo certificato di firma qualificata, altrettanto idoneo, ma diverso.

Ci si accorge che la firma digitale è scaduta quando, nel depositare un atto, il sistema informatico sortisce un messaggio di errore.

Capita -per esempio- quando si migrano in appello gli atti firmati digitalmente anni prima, in primo grado. Oppure quando -sempre per esempio- la firma scade tra la notificazione dell’atto di citazione e il suo deposito al momento della costituzione.

Quindi, attualmente, esiste un solo vero metodo in grado di garantire la validità dell’atto firmato nel tempo la conservazione digitale.

Infatti, rappresentando piena conformità alle regole tecniche per la validazione temporale, essa è strumento effettivamente in grado di rendere data e ora del documento opponibili a terzi.

Ora, in particolare, per l’Avvocato quali documenti è importante conservare? Fatture elettroniche, lettere monitorie, diffide stragiudiziali, scritture private proprio come ricevute pec.

Infine, è importante sottolineare che la conservazione digitale è applicabile, con la medesima validità legale nel tempo, anche per qualsiasi altro documento informatico.

Riferimenti normativi

DM 44/11, art.20, regole tecniche del pct e DL 82/ 2005 Art.43 Codice Amministrazione digitale dl 85/2005 Art.20 comma 3:

https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2005-03-07;82!vig=

 

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Relazione 2020 del Garante della Privacy. Al centro, la tutela dei dati personali

La settimana scorsa il Garante della Privacy ha presentato al Parlamento la relazione annuale relativa alle attività svolte nel corso del 2020.

Vediamo alcuni dei contenuti.

PANDEMIA, TECNOLOGIE E PRIVACY

La pandemia ha costretto le persone a interagire maggiormente con le tecnologie esponendole maggiormente ai rischi legati al trattamento dei propri dati personali.
A tal proposito, tra gli interventi del Garante  tra il 2020 e il 2021 si ricordano quelli legati alla app “Immuni”, all’AppIO e il Green Pass, ai test sierologici, alla raccolta dei dati sanitari di dipendenti e clienti, alla ricetta elettronica, alla didattica a distanza e anche ai processi civile, penale e amministrativo da remoto.

Ma le “questioni di privacy” trattate dal Garante hanno riguardato anche le attività delle  grandi piattaforme digitali, come Facebook e Google, il telemarketing, il Cashback e la lotteria degli scontrini, il rapporto con le PA, come per l’istruttoria avviata sul sito dell’INPS o i problemi con la conservazione delle fatture elettroniche da parte dell’agenzia delle entrate, nonché il cyberbullismo e il revenge porn.

IL VALORE DELLA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

In questi nuovi scenari, la tendenza a forme di controllo ingiustificate non sono mancate.
Nel discorso di presentazione della relazione, il Presidente Stanzione ha spiegato che:

«La permanenza della condizione pandemica ci ha insegnato a convivere con le limitazioni dei diritti, tracciando tuttavia il confine che separa la deroga dall’anomia, dimostrando come la democrazia debba saper lottare, sempre, con una mano dietro la schiena»

Stanzione ha però ricordato anche che:

« [la] protezione dei dati può rappresentare, infatti, un prezioso strumento di difesa della persona da vecchie e nuove discriminazioni e di riequilibrio dei rapporti sociali, nella direzione dell’eguaglianza e della pari dignità sociale indicate dalla nostra Costituzione».

La tutela della privacy risulta dunque essere un presupposto per la democrazia, poiché crea le condizioni in cui ogni individuo può autodeterminarsi e in cui la società può trovare il giusto equilibrio tra pubblico e privato, tra diritti e libertà.

I NUMERI DEL GARANTE DELLA PRIVACY NEL 2020

Tra parentesi i numeri del 2019.

  • 278 i provvedimenti collegiali adottati (232)
  • 8.984 i riscontri a reclami e segnalazioni (8.092).
  • 60 pareri su atti regolamentari e amministrativi (46)
  • 7 pareri su norme di rango primario statale, delle regioni e delle autonomie (6).
  • 8 comunicazioni di notizie di reato all’autorità giudiziaria (9)
  • 15.040 risposte ai quesiti legati alla relazione con il pubblico (15.821).
  • 21 ispezioni (147)
  • 179 riunioni internazionali (137)
  • 1.387 notifiche di violazione dei dati personali (1.443)
  • 38.448.895 € totale delle sanzioni riscosse (poco più di 3 milioni)
  • 184 misure correttive e sanzionatorie ex art. 58(2) del GDPR

L’introduzione del GDPR (Regolamento Ue 2016/679 ) ha imposto il rispetto di regole in materia di raccolta, trattamento e uso dei dati personali di dipendenti, collaboratori e clienti. Per adeguare la tua azienda o il tuo studio legale, scopri i servizi privacy di Servicematica.

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Cassa forense: tutte le scadenze 2021

Cassa forense: tutte le scadenze 2021

Per i contributi minimi si aspetta il decreto applicativo della legge di bilancio 2021

La Cassa forense dà comunicazione delle scadenze del 2021; tuttavia, per la definizione dei criteri e delle modalità per l’esonero parziale dal pagamento dei contributi previdenziali bisogna attendere la legge di bilancio 2021. Comunque, si tratta di un esonero riservato agli iscritti alle Casse professionali con reddito complessivo -nel 2019- non superiore a 50.000euro e con un importante calo del fatturato (33%) nel 2020.

Cassa forense: pagamenti, scadenze e contributi volontari/ facoltativi per l’anno 2021

Gli iscritti alla Cassa forense che ritengono di non rientrare nei parametri di legge possono procedere al versamento dei contributi minimi 2021. Infatti, sono sufficienti bollettini Mav o Modelli F24 precompilati e personalizzati (che consentono anche la compensazione con crediti vantati con l’erario). Quindi, l’elenco delle scadenze da tenere in considerazione riguarda l’ultimo quadrimestre del 2021, cioè:

  • 30 settembre: termine invio telematico mod. 5/2021 (procedura disponibile on line dal 20/07/2021);
  • 31 ottobre 2021 emissione straordinaria: termine pagamento contribuzione minima obbligatoria per i neo iscritti. Contributi di autoliquidazione Mod. 5/2021;
  • 31 dicembre 2021: termine pagamento contribuzione soggettiva minima obbligatoria per il 2021;
  • termine pagamento contributi autoliquidazione connessi al mod. 5/2021 (1a e 2a rata)
  • termine pagamento intero contributo maternità 2021.

Per quanto concerne invece i contributi volontari/facoltativi 2021: la scadenza è quella del 31 dicembre. Infatti, in quella data scade innanzitutto il temine per il pagamento del contributo soggettivo modulare. Infine, scade il termine per il pagamento facoltativo dell’integrazione del contributo minimo soggettivo per il riconoscimento (eventuale) dell’intera annualità previdenziale.

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carta dei diritti digitali europea

Green Pass, privacy e intelligenza artificiale: la carta dei diritti digitali europea

L’introduzione del Green Pass ha sollevato qualche interrogativo legato alla tutela della privacy. La certificazione si basa infatti su tecnologie digitali e la privacy è sempre uno dei nodi più difficili da sciogliere in casi come questo.

Anche da qui nasce l’idea di una carta dei diritti digitali, una sorta di costituzione dell’Europa digitale a tutela di tutti i cittadini dell’Unione, che potrebbe essere proposta al parlamento UE da parte di DG Connect entro la fine del 2021.

DG Connect è un sotto-organo della Commissione Europea che si occupa di tutto ciò che è legato al mondo digitale. Presidente è Roberto Viola che, in un’intervista a Repubblica, ha spiegato i tanti progetti in corso.

IL GREEN PASS, UN SUCCESSO ANCHE GRAZIE ALLA PRIVACY

Viola si dice soddisfatto di come sta procedendo l’emissione dei Green Pass: “Ne abbiamo emessi già 250 milioni, pari a più o meno la metà della popolazione dell’Ue“.

Il successo dell’iniziativa si deve, secondo lui, anche al fatto che la certificazione rispetta la privacy:

“I dati della singola persona sono sigillati all’interno del Qr Code, e da lì non escono. […] L’operazione di verifica funziona anche con i due smartphone in modalità aereo, perché fra i due non c’è alcuno scambio di dati”.

LA PRIVACY AL CENTRO DELLA CARTA DEI DIRITTI DIGITALI

Secondo Viola, la privacy è un dono da proteggere e custodire, ma sempre in accordo con altre esigenze come quelle legate alla salute e all’economia.

La carta dei diritti digitali (Digital Service Act) nasce con l’obiettivo di riequilibrare i pesi e le responsabilità di persone e aziende. A proposito di quest’ultime, Viola spiega:

“Grandi o piccole che siano, avranno uguali diritti ma diversi doveri. Perché è giusto che i più grandi (es.: Facebook e Google, ndr) abbiano più grandi responsabilità rispetto a quello che fanno online e a come ci trattano online. Perché con maggiore attenzione e maggiori investimenti, forse certe storture del passato si sarebbero potute evitare”.

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Un altro tema fortemente legato alla privacy è quello dell’uso dell’intelligenza artificiale.

La carta dei diritti digitali vuole garantire maggiori tutele anche in questo ambito:

“Nonostante critiche e perplessità, il 90% delle applicazioni pratiche dell’IA non verranno toccate o influenzate dalle regole che stiamo scrivendo. E però vogliamo intervenire se queste tecnologie mettono a rischio le persone o le loro libertà fondamentali.
Non tollereremo che vengano usate per sorveglianza e controllo sociale o per qualsiasi forma di condizionamento e anche vogliamo tutelare i bambini da eventuali manipolazioni”.

La privacy riguarda tutti, anche PMI e studi legali. L’introduzione del GDPR (Regolamento Ue 2016/679 ) impone il rispetto di regole in materia di raccolta, trattamento e uso dei dati personali di dipendenti, collaboratori e clienti. Per adeguarti anche tu, scopri i servizi privacy di Servicematica.

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Istituita l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale

Vaccinazione ed assenza dal lavoro

Vaccinazione Covid-19: assenza giustificata o permesso?

L’Aran traccia le coordinate per la richiesta del permesso lavorativo a scopo vaccinale

Partecipare alla campagna di vaccinazione al Covid-19 significa spesso doversi assentare dal lavoro nel giorno prefissato per l’appuntamento.  In realtà, talvolta capita che tale assenza debba protrarsi anche al giorno successivo, per gli effetti collaterali. Quindi, come gestire questa necessità nell’ambito lavorativo? Si tratta di un’assenza giustificata o di un permesso?

Il certificato di vaccinazione è sufficiente come giustificazione per assenza o permesso.

In Italia, la campagna di vaccinazione al Covid-19 procede speditamente ed è ormai estesa ad una larga maggioranza della popolazione. Ma che cosa succede quando un dipendente della Pubblica Amministrazione deve assentarsi dal lavoro per partecipare alla campagna vaccinale? A tal proposito, esistono diverse possibili giustificazioni che si possono utilizzare, selezionabili a seconda dell’attività lavorativa svolta.

Infatti, da un lato vi sono i dipendenti degli enti locali che -per specifica necessità connessa all’attività svolta- si vaccinano per prevenzione. Tra questi compaiono: medici, personale sanitario, forze dell’ordine e personale educativo; per loro, una corsia preferenziale per la vaccinazione. Per questo motivo, la loro assenza è completamente giustificata ed equiparata allo svolgimento dell’attività lavorativa.

Dall’altro lato si trovano tutti gli altri dipendenti degli enti locali -la cui necessità vaccinale non è connessa all’attività lavorativa. Per loro, l’Aran (Agenzia per la rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) applica le regole generali: a scelta del dipendente, il permesso è per ragioni personali, familiari, breve o a recupero. Infine -e questo riguarda tutti i dipendenti- per fornire la giustificazione dei suddetti permessi, è sufficiente il rilascio del certificato di vaccinazione.

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Vaccino ai figli di genitori separati

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Il Legal Design per rendere l’informazione legale più fruibile

Se la legge è uguale per tutti, non si può dire che sia anche chiara per tutti.
Sfortunatamente, norme, atti, contratti e altri documenti legali sono quasi sempre incomprensibili soprattutto (ma non solo) ai non professionisti.

Il Legal Design vuole risolvere questa difficoltà.

COS’È IL LEGAL DESIGN

La Legal Design Alliance definisce così il Legal Design:

“un approccio interdisciplinare incentrato sull’uomo, volto a prevenire o risolvere il problema legale. Questo approccio dà la priorità al punto di vista degli utenti della legge – non solo avvocati e giudici, ma anche cittadini, consumatori, aziende, ecc.”.

Il suo obiettivo è semplificare la comunicazione legale, rendere i contenuti subito fruibili, immediatamente comprensibili, senza passare per una dispendiosa decodifica.

NON SOLO LINGUAGGIO

Questo approccio va ben oltre il semplice alleggerimento linguistico, con l’abbandono del “legalese” a favore di un linguaggio più immediato.

Infatti, il Legal Design lavora anche sulla struttura del documento. Non si tratta solo di scegliere un’impaginazione o un font che facilitino la lettura, ma anche di eliminare tutte le informazioni di contorno ambigue o prive di valore, i dettagli che distraggono, gli elementi che affaticano, per non complicare l’esperienza del destinatario.

Inoltre, il Legal Design contempla anche l’uso di altri media che non siano il testo scritto, come le infografiche, per aumentare la comprensibilità dell’informazione che si vuole trasmettere.

Il Legal Design non è qualcosa di lontano e confinato a certi ambienti. In questo anno e mezzo di pandemia tutti noi ne abbiamo visto diversi esempi: basti pensare a tutte le schede informative che, testualmente e tramite immagini, ci hanno presentato il contenuto dei diversi DPCM, spiegandoci cosa potessimo o non potessimo fare.

LA PERSONA AL CENTRO

Il punto cardine del Legal Design è mettere al centro il destinatario dell’informazione e il suo bisogno reale, cioè ottenere una risposta a una domanda o la soluzione a un problema: a chi si rivolge quel documento? Quali sono il linguaggio e il media migliore per comunicare con lui? Cosa desidera ottenere?

Modulare la comunicazione in base a questi aspetti, rendere l’informazione chiara e accessibile, permette di generare fiducia nel destinatario, che è la base di qualsiasi relazione umana, anche professionale.

AVVOCATI E LEGAL DESIGN

Vale la pena ricordare il Decreto n.37 dell’8 marzo 2018, che ha modificato il D.M. 55/2014 relativo alla determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi degli avvocati.

All’art. 1, comma 1-bis, il decreto contempla un aumento dei compensi dell’avvocato nel caso in cui “gli atti depositati con modalità telematiche sono redatti con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione, la fruizione e, in particolare, quando esse consentono la ricerca testuale all’interno dell’atto e dei documenti allegati, nonché la navigazione all’interno dell’atto”.

In sostanza, ciò che viene chiesto e premiato è proprio di facilitare l’esperienza d’uso da parte del Giudice che deve visionare gli atti.
Come si può intuire, la maggiore fruibilità non passa per una semplificazione del lessico — trattandosi di un destinatario con competenze tecniche — ma attraverso tutti quegli espedienti che possono velocizzare, alleggerire, rendere più immediata la lettura: dai link ipertestuali alle tabelle, fino ad elementi grafici più elaborati.

Rendi il tuo studio legale più digitale e sicuro con i prodotti Servicematica.
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Perché la giustizia è rappresentata bendata?

L’iconografia della Giustizia muta nel tempo in rappresentanza delle epoche di riferimento

Nell’immaginario collettivo il termine “Giustizia” porta con sé vari, eterogenei significati, tra i quali l’immagine iconografica. Infatti, ad oggi, se si pensa alla raffigurazione di Giustizia, è pensiero comune immaginare una dea bendata, bilancia e spada alla mano. Ora, poiché suddetti elementi non compaiono casualmente, e non sono fissi nel tempo: qual è il loro significato?

La benda della Giustizia indica imparzialità, uguaglianza, capacità di non farsi influenzare

L’immagine iconografica della Giustizia ha subìto, nel corso degli anni, una complessa evoluzione, a seconda delle epoche e dello spirito comune. Infatti, in origine, la figura era connotata da estrema sacralità: per gli antichi greci era Dike, per i romani Iustitia. Tuttavia, a partire dalla fine del Medioevo inizia un lento processo di laicizzazione che conduce all’ormai consolidata iconografia.

Riguardo la bilancia, essa simboleggia equilibrio tra bene e male, misura, prudenza, ponderatezza ed equità. Infatti, questi sono alcuni dei compiti principali che la giustizia è tenuta a conservare, allo scopo di ristabilire ordine e armonia. Invece, la spada incarna il significato intrinseco del giudizio: forza e punizione, sanzione e severità della pena per chi non la rispetta.

Riguardo la benda: anche se inizialmente, la sua connotazione è negativa (sfiducia nell’idea stessa di giustizia), nel corso del tempo, essa diventa marcatamente positiva. Infatti, oggigiorno, l’idea è che non essendo in grado (e non dovendo) distinguere chi ha davanti, Giustizia tratti tutti allo stesso modo. In questo quadro, essa rappresenta imparzialità e uguaglianza: priva di condizionamenti o influenze essa compie il suo lavoro senza guardare in faccia nessuno.


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Salute, vaccini e consenso informato

L’introduzione dei vaccini anti-covid ha dato il via a un dibattito sul consenso informato che ha visto, ancora a inizio anno, il Codacons criticare il modulo scelto proposto Pfizer.

L’associazione aveva pubblicato sul proprio sito una nota in cui illustrava le proprie perplessità:

«sembrerebbe che chi si sottopone al vaccino prodotto da Pfizer-Biontech debba obbligatoriamente sottoscrivere dei ‘moduli di scarico di responsabilità’ che esonerano l’azienda farmaceutica e il personale sanitario che esegue la vaccinazione da qualsiasi responsabilità per eventuali reazioni avverse, danni a lunga distanza ovvero inefficacia della vaccinazione».

Il Codacons riteneva il modulo di consenso informato di Pfizer illegittimo poiché:

«in contrasto con la normativa italiana di cui alla Legge 210 del 1992.
La nostra normativa prevede riconoscersi indennizzi per danni da vaccinazioni obbligatorie e la vaccinazione anti Covid 19, seppur non obbligatoria, risulta riconducibile alla suddetta disciplina.
La ratio si ravvisa, infatti, nella volontà della tutela del diritto alla salute di coloro che si sottopongono, tra le altre cose, a vaccinazioni obbligatorie. Tuttavia, la Corte Costituzionale ha esteso questi principi alle vaccinazioni raccomandate affermando che contrasterebbe con i parametri costituzionali evocati il diverso trattamento imposto dalla disposizione censurata, quanto alla corresponsione dell’indennizzo, tra coloro che risultano affetti da lesioni o infermità provocate da vaccinazioni obbligatorie e coloro che le medesime patologie manifestano a seguito di una vaccinazione, non obbligatoria ma raccomandata dall’autorità sanitaria […] Risultando tale vaccinazione finalizzata anche alla tutela della salute collettiva».

LA SALUTE E IL CONSENSO INFORMATO

Quando si parla di salute bisogna ricordare che nell’art. 32 della Costituzione, al comma 2, si legge che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Ciò significa che un trattamento sanitario può essere legittimato solo se si ottiene il consenso informato da parte del paziente. Tale consenso deve essere consapevole, basato su informazioni chiare e comprensibili, relative a benefici e rischi e alternative, e che dia la possibilità al paziente di accettare o rifiutare liberamente il trattamento.

Perché le informazioni siano chiare, è necessario che queste non siano soggette a possibili interpretazioni o manipolazioni che possono influenzare la decisione del paziente.

Oltre a essere precise e univoche, le informazioni devono essere attuali. Il paziente deve essere informato qualora vi fossero delle variazioni nelle circostanze per le quali era stato previsto il trattamento. Alla luce di tali novità deve essere richiesto di nuovo il suo consenso all’eventuale trattamento.

Il paziente ha sempre la libertà di rivedere la propria posizione, revocando il consenso, variandolo o concedendolo in un secondo momento.

IL RUOLO DEL MEDICO

L’articolo Art. 35 del codice di deontologia medica dice che:

«L’acquisizione del consenso o del dissenso è un atto di specifica ed esclusiva competenza del medico, non delegabile. I
l medico non intraprende né prosegue in procedure diagnostiche e/o interventi terapeutici senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in presenza di dissenso informato.
Il medico acquisisce, in forma scritta e sottoscritta o con altre modalità di pari efficacia documentale, il consenso o il dissenso del paziente, nei casi previsti dall’ordinamento e dal Codice e in quelli prevedibilmente gravati da elevato rischio di mortalità o da esiti che incidano in modo rilevante sull’integrità psico-fisica».

Il medico ha dunque il ruolo fondamentale di informare il paziente sul proprio stato di salute e su eventuali trattamenti, vaccinazioni comprese, nonché di raccogliere e documentare il consenso a tali trattamenti.

Il consenso informato rappresenta lo strumento di mediazione tra l’autodeterminazione del paziente e la responsabilità del medico. Tant’è che il medico che operi in assenza di consenso informato incorre in sanzioni penali e civili anche gravi.


VACCINAZIONE ETEROLOGA

Il tema del consenso informato tocca anche la vaccinazione eterologa anti-covid, ovvero la somministrazione di una seconda dose a base di un siero diverso da quello usato per la prima dose.

Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ha rilevato un’incoerenza tra le indicazioni del Ministero della Salute, che considera obbligatorio accettare un vaccino diverso, e quelle dell’Aifa, che invece apre alla facoltà di scelta:

«è indispensabile adeguare il modulo di consenso informato a quanto previsto dalla L. 648/96 che prevede il “consenso informato scritto del paziente dal quale risulti che lo stesso è consapevole della incompletezza dei dati relativi alla sicurezza ed efficacia del medicinale per l’indicazione terapeutica proposta” – con adeguata informazione su benefici, rischi e incertezze delle opzioni per la seconda dose dopo Astrazeneca.
Per evitare che l’incongruenza tra le espressioni “dovere” e “potere” si traduca in una responsabilità esclusivamente a carico dei medici, con il rischio di disincentivare l’attività vaccinale, la Fondazione Gimbe chiede al Ministero della Salute e all’Aifa di esprimersi congiuntamente con una nota univoca e definitiva».

L’importanza del consenso informato va oltre gli aspetti sanitari e riguarda persino aziende e studi legali, sempre in contatto con dati e informazioni di clienti e partner. Per adeguarti alla normativa, scopri i servizi Privacy di Servicematica.

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Legalità delle dashcam per auto

Legalità delle dashcam per auto

Il disconoscimento dei filmati prodotti dalla dashcam non è un procedimento agevole

Piccole telecamere che aiutano a far parcheggiare, far manovra e proteggere l’auto da malintenzionati, le dashcam sono, ad oggi, uno strumento indubbiamente diffuso. Inoltre, anche se la legge non ne vieta istallazione né utilizzo, le forze di polizia possono sanzionare per un loro eventuale posizionamento scorretto. Infine, dal punto di vista della privacy, per essere utilizzato, il contenuto derivante dalla dashcam deve rispettare alcune regole precise.

Il Codice della Strada non vieta l’installazione né l’utilizzo delle dashcam

Se vi state chiedendo che cosa è una dashcam, sappiate che con questo termine inglese si definiscono quelle piccole telecamere installate in auto. Nello specifico, esse vanno posizionate sul cruscotto o vicino allo specchietto retrovisore e possono essere tanto piccole da non essere quasi visibili. Il loro utilizzo è volto tanto alla registrazione di immagini, quanto ad un aiuto pratico (parcheggi e manovre) e a protezione dell’auto.

Va detto che il Codice della Strada non disciplina l’utilizzo delle dashcam né il loro posizionamento all’interno dell’auto. Tuttavia, esse non devono andare ad ostruire o restringere il campo di visibilità e quindi limitare la sicurezza del veicolo. Quindi (art. 141 comma 2), in caso di posizionamento scorretto e allo scopo di garantire la sicurezza degli utenti stradali, la polizia può irrogare una sanzione.

Oltre a ciò, la dashcam ha valore probatorio in caso di incidente e -in questi casi- il suo disconoscimento è generalmente molto improbabile. Infine, la dashcam ha importanti risvolti anche in ambito di privacy; infatti, per essere utilizzato, il suo contenuto deve rispettare quattro regole precise. Insomma, è lecito riprendere il paesaggio però non i dati sensibili altrui e le immagini devono essere utilizzate esclusivamente a scopo personale.

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