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Sanzione di 5.000 dollari per due avvocati che hanno utilizzato ChatGPT

Un giudice americano ha disposto una sanzione da 5.000 dollari agli avvocati Peter LoDuca e Steven Schwartz e al loro studio legale, poiché si sono affidati a ChatGPT per compilare la documentazione che è stata presentata in tribunale durante un dibattimento.

I fatti che sono stati citati dall’IA si sono rivelati completamente inventati. L’esito sembrerebbe piuttosto scontato, ma potrebbe costituire un precedente.

Secondo il giudice non c’è nulla di improprio nel ricorrere a ChatGPT o all’IA in generale nel mondo legale: tuttavia, gli addetti ai lavori devono sempre procedere alla verifica delle informazioni.

La tecnologia progredisce, ma gli avvocati devono svolgere correttamente il loro ruolo di controllo, al fine di garantire che i documenti siano veritieri e accurati.

Dunque, ai due avvocati è stata riconosciuta la colpa di non aver rispettato le proprie responsabilità, non tanto per aver fatto ricorso a ChatGPT, ma per non aver controllato se quanto affermato dal chatbot fosse vero.


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Batterie degli smartphone: cambiano le norme Ue

L’Unione europea ha deciso di accelerare riguardo le norme del Green Deal europeo, approvando un nuovo regime nei confronti delle batterie per smartphone.

Alla base del pacchetto troviamo la volontà di rendere i dispositivi più duraturi, più semplici da riparare ma soprattutto maggiormente efficienti dal punto di vista energetico.

Secondo le nuove norme Ue, i produttori di smartphone dovranno progettare batterie portatili «negli elettrodomestici in modo che i consumatori possano rimuoverle e sostituirle facilmente». Si tratta di una disposizione che renderà fuori norma gran parte dei device di oggi.

Apple fu il primo marchio che decise di rendere irraggiungibile il vano della batteria. Anche i marchi cinesi e coreani, per esempio, non consentono di estrarre le batterie dal corpo del device.

Agli albori della telefonia mobile, invece, tutti i cellulari permettevano all’utente di raggiungere il vano della batteria. Anzi: la batteria doveva essere necessariamente rimossa per inserire la Sim. Ciò consentiva al proprietario di non buttare il modello quando la batteria smetteva di funzionare, acquistandone una nuova e permettendo di allungare la vita del cellulare.

Addio al consumismo in materia di smartphone

Ora, l’Ue vuole frenare il consumismo che ruota intorno al mercato degli smartphone, che dipendono quasi unicamente della durata della batteria. In fin dei conti, si tratta di miniere di terre rare e di metalli essenziali per l’industria hi-tech, che sono tanto limitati quando difficili da estrarre.

Un iPhone, secondo l’American Chemical Society, contiene 16 terre rare su 17, anche se nell’insieme non superano l’1% del peso dell’intero dispositivo. In ogni singola batteria al litio per smartphone troviamo 1 grammo di terre rare e 3,5 grammi di cobalto.

Un cellulare, mediamente, è così composto: 11 grammi di ferro, 9 grammi di rame, 24 milligrammi d’oro, 250 milligrammi di argento, 1 grammo di terre rare, 9 milligrammi di palladio e 65 grammi di plastica.

What a Waste

Il problema sembra essere urgente, come confermato da un recente rapporto della Banca Mondiale, What a Waste 2.0: A Global Snapshot of Solid Management to 250, che stima come nel 2022 16 miliardi di cellulari siano stati sostituiti o gettati. Se andassimo a sovrapporli, otterremmo una torre con un’altezza di 50mila km, ovvero 6mila volte più alta dell’Everest.

L’Italia si classifica al primo posto come Paese Ue in cui si venera la tecnologia, nonostante la si differenzi meno. Totalizziamo il 39.4% per quanto riguarda la raccolta dei rifiuti elettronici, di fronte ad una media europea del 46.8%, che dista comunque dall’obiettivo del 65%.

Nuove norme Ue da rispettare per uno smartphone eterno

In ogni caso, le nuove disposizioni comunitarie prevedono che tutti gli elettrodomestici, i mezzi di trasporto leggeri, i veicoli elettrici e le batterie industriali ricaricabili dovranno essere messi in commercio con l’aggiunta di dichiarazioni obbligatorie per quanto riguarda l’impatto ambientale.

Secondo il regolamento sull’etichettatura energetica che è stato proposto dalla Commissione Ue, tablet e smartphone immessi sul mercato dovranno avere le informazioni riguardo l’efficienza energetica, la longevità delle batterie, l’indice di riparabilità, il livello di protezione da acqua e polvere e il grado di resistenza alle cadute accidentali.

Incluse anche le prescrizioni per quanto riguarda riparazione e smontaggio, come l’obbligo per i produttori di mettere a disposizione pezzi di ricambio essenziali entro 10 giorni e sino a 7 anni dal momento in cui il modello smette di essere venduto sul mercato europeo.


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Riconoscimento facciale: divieto fino al 2025

Approvato alla Camera il DL 51/2023, contenente l’estensione della moratoria riguardo i sistemi di riconoscimento facciale, che scadrà alla fine dell’anno.

Fino al prossimo 31 dicembre 2025 (in precedenza era stata fissata la data del 31 dicembre 2023), privati ed autorità pubbliche non potranno installare tecnologie di videosorveglianza dotate di sistemi di riconoscimento facciale nei luoghi pubblici. Il DL ora dovrà essere approvato anche dal Senato, passaggio che non dovrebbe incontrare grosse difficoltà, vista la precedente approvazione alla Camera.

Tuttavia, non era così scontata la conferma della moratoria visto che alla fine di aprile, il ministro dell’Interno Piantedosi aveva dichiarato che fosse necessario installare sistemi di riconoscimento facciale nei luoghi pubblici e altamente frequentati, al fine di garantire maggior sicurezza. «La videosorveglianza è uno strumento ormai unanimemente riconosciuto come fondamentale», aveva dichiarato.

«La sua progressiva estensione è obiettivo condiviso con tutti i sindaci. Il riconoscimento facciale dà ulteriori e significative possibilità di prevenzione e indagine». Non era scontato che l’estensione arrivasse sino al 2025, visto che molti sindaci avevano tentano di installare telecamere con il riconoscimento facciale. Tutti i tentativi, infatti, erano prontamente stati bloccati dal Garante della Privacy.

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La moratoria, di fatto, prevede un divieto esplicito, e senza alcuna possibilità di deroga, di installare sistemi di riconoscimento facciale sui cartelli pubblicitari o nei negozi. I Comuni, prima di installare le telecamere, dovranno richiedere il parere del Garante della privacy.

Tale moratoria, invece, non riguarda l’autorità giudiziaria, che non dovrà sottostare ad alcun controllo preventivo da parte del Garante, che dovrà fornire il proprio parere «salvo che si tratti di trattamenti effettuati dall’autorità giudiziaria nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali nonché di quelle giudiziarie del pubblico ministero».

Come funzionano i sistemi di riconoscimento facciale

Il riconoscimento facciale utilizza un software che analizza le varie immagini sotto forma di pixel, ovvero dati che possono essere interpretati attraverso un modello matematico e confrontati con quelli che vengono ricavati da altre immagini, al fine di trovare una corrispondenza.

I modelli matematici funzionano meglio nel caso in cui abbiamo a propria disposizione una gran quantità di immagini, ottenute proprio grazie alle riprese effettuate dalle telecamere. La corrispondenza tra le immagini si ricava dai tratti esteriori di una persona, anche se in commercio troviamo software capaci di identificare un individuo soltanto dalla sua andatura.

Attivisti ed esperti di tecnologie, negli ultimi anni, hanno segnalato che tali sistemi non rispettano la privacy, vista l’assenza di chiare norme finalizzate alla regolamentazione dell’utilizzo dei dati. Non ci sono molte altre informazioni sul loro funzionamento e sul modo in cui vengono alimentati questi modelli matematici.

Limiti e discriminazioni

Secondo le analisi fatte nel corso degli ultimi anni su alcuni sistemi utilizzati negli USA, sono stati evidenziati molti limiti e discriminazioni.

Per il NIST, il National Institute of Standards and Technology, un organo governativo americano che studia gli algoritmi di riconoscimento facciale, gran parte dei software tende ad essere più accurata quando si tratta di riconoscere volti di maschi bianchi, rispetto a donne o persone nere.

Si tratta di errori causati dai database di riferimento. A seconda di come è composto un database cambia anche la precisione: se un database raccoglie principalmente volti di persone bianche e di maschi, il software riconoscerà più facilmente quelli.

In linea con l’Ai Act

In Italia, il primo Comune a provare ad installare le telecamere fu quello di Como. Nel 2019, infatti, l’amministrazione decise di mettere delle videocamere nel parco di via Tokamachi, al fine di controllare la zona che aveva ospitato, nel 2016, centinaia di migranti che si dirigevano verso il nord Europa.

Nel 2020, il Garante dichiarò il sistema illegittimo. Anche Udine tentò di installare la stessa tecnologia, ma anche qui il Garante bloccò tutto, così come bloccò il sistema SARI della Polizia Italiana.

La moratoria risulta essere allineata con l’Ai Act, recentemente approvato dal Parlamento europeo, che fissa tutta una serie di norme per quanto riguarda l’utilizzo dell’IA e del riconoscimento facciale.


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firma digitale app IO

Che cos’è e come funziona Firma con IO

IO è un’app per dispositivi mobili sviluppata da PagoPA, che ha l’obiettivo di integrare i vari servizi pubblici. L’obiettivo è quello di renderne più semplice e veloce l’utilizzo e l’accesso per i cittadini.

Debuttata nel 2020, l’app permette al cittadino di ricordare scadenze ed eventi importanti: sono gli enti pubblici, dunque, a mettersi in contatto con i soggetti interessati, e non viceversa. Ebbene, Firma con IO è il nuovo passo verso questa direzione.

Il nuovo strumento Firma con IO è una soluzione molto utile per tutti i cittadini che devono scambiare documenti con la PA. Utilizzando solo l’app IO sarà possibile anche apporre una FEQ, una firma elettronica qualificata, sottoscrivendo qualsiasi documento in qualunque momento.

Il cittadino, dunque, non dovrà più prendere appuntamento per recarsi fisicamente presso gli sportelli degli enti pubblici, poiché Firma con IO permette di apporre una firma con massimo valore legale.

FEQ One Shot

La FEQ “one shot” è una tipologia di firma elettronica che viene solitamente utilizzata al fine di consentire la firma di documenti digitali in maniera rapida.

Viene definita one shot visto che si applica una volta sola, senza necessità di ulteriori autenticazioni o passaggi, e si basa su una chiave crittografica privata, strettamente associata alla reale identità del firmatario.

L’utilizzo di questa tipologia di firma è previsto dal Regolamento eIDAS, e per l’app IO i meccanismi di autenticazione si basano su SPID e CIE.

Come firmare con l’app IO

Apporre una firma digitale è un’operazione molto semplice con l’app IO.

L’ente pubblico richiederà al cittadino di firmare un documento attraverso l’invio di un messaggio tramite l’app IO.

Se si utilizzano sistemi desktop, il sistema mostrerà un codice QR, che dovrà essere inquadrato con lo smartphone. Si aprirà un link attraverso il quale seguire tutta la procedura guidata.

Leggi anche: Firma digitale: perché è così sicura?

L’utente, a questo punto, sarà in grado di visualizzare i documenti da firmare direttamente sullo smartphone, consultando clausole e condizioni del fornitore. Dopo aver accettato i termini e le condizioni del servizio e selezionato le firme da apporre, l’utente potrà completare l’operazione con il riconoscimento biometrico oppure l’inserimento del codice di sblocco dello smartphone.

I documenti firmati, poi, verranno restituiti dalla stessa app IO. Potranno essere condivisi oppure scaricati in locale, ed è consigliato farlo, visto che IO conserva i documenti solo per 90 giorni. La conservazione del certificato della FEQ dura per 20 anni e spetta al Provider.

Cosa dovranno fare gli enti pubblici

Nel manuale operativo ci sono tutti i dettagli tecnici sulle varie prassi che la PA dovrà applicare per poter richiedere di apporre una firma, al fine di verificare lo stato dei documenti e la loro avvenuta sottoscrizione.

Il cittadino, come prima cosa, deve aver ricevuto soltanto documenti in PDF standard o con firma PAdES. Non è consentito, invece, l’invio e l’utilizzo di documenti scannerizzati.

Leggi anche: Alla scoperta della differenza tra le firme CADES e PADES

Gli enti pubblici dovranno creare un dossier, individuare il cittadino attraverso il suo ID univoco, connesso al codice fiscale, creare una richiesta di firma, inviare i documenti da firmare e spedire la richiesta. Al fine di verificare lo stato della firma e per ottenere i documenti così firmati, sarà sufficiente inviare una richiesta specifica.

In ogni caso l’alternativa all’utilizzo della Firma con IO resta sempre presentare istanze online agli enti pubblici mediante autenticazione con CIE o con SPID.

Possibile stipulare contratti a distanza

Firma con IO potrà essere utilizzato per varie finalità, visto che lo scambio di documenti tra cittadini ed enti è immediato e pratico.

Si può, infatti, gestire qualsiasi pratica con la PA, i Comuni potranno gestire a distanza le richieste di cambio di residenza, attivare richieste di erogazione della CIE e di altri documenti. Si potranno anche stipulare dei contratti per fornitura di servizi quali acqua, luce e gas, oppure contratti da remoto per tirocini, servizi occasionali, dottorati, borse di studio o assegni di ricerca.


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Da martedì 20 giugno 2023 è online la nuova piattaforma Connetti Italia – Reti Ultraveloci di Infratel Italia, al fine di monitorare l’avanzamento dei Piani del PNRR.

Si tratta di un esercizio di trasparenza, con il quale Infratel prova a coinvolgere la Pubblica Amministrazione, imprese e cittadini coinvolti nei progetti del PNRR. La piattaforma è soltanto una prima versione, che verrà successivamente migliorata grazie ai feedback che forniranno gli utenti nel corso dei prossimi mesi.

L’obiettivo di Connetti Italia è quello di creare uno strumento utile per i cittadini, che potranno accedere alle informazioni sullo stato di avanzamento degli interventi del PNRR in tempo reale, interventi previsti dalla Missione 1, Componente 2, Investimento 3 “Reti Ultraveloci”.

Il sito, che è stato realizzato da Infratel Italia, in quanto soggetto attuatore dei Piani nella convenzione siglata con il Dipartimento per la trasformazione digitale, aggiorna continuativamente lo Stato dei lavori, con dei dati mensili che vengono forniti dagli operatori a livello nazionale e suddivisi in 5 piani operativi.

Per ciascun Piano, inoltre, viene indicata una sintesi degli obiettivi, con caratteristiche economiche e tecniche degli interventi, informazioni varie ed innovazioni tecnologiche relative.

I dati messi a disposizione consentono di approfondire, con mappe dettagliate su base regionale, la percentuale dei lavori completati, il valore dei lotti assegnati ma anche la natura dei civici, delle strutture e delle aree correlate o attivate a seconda del piano selezionato.

Presente anche la funzione Cerca il tuo Comune, che consente agli utenti di verificare la copertura sul proprio territorio.

La piattaforma Connetti Italia – Reti Ultraveloci, è soltanto l’inizio di un percorso di sviluppo che, secondo le intenzioni di Infratel e del Dipartimento, vedrà l’alimentazione anche con apporto diretto dei cittadini. Il sito presenta anche una sezione con le domande più frequenti, che verrà aggiornato costantemente, per rispondere alle varie richieste di approfondimento.


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Dal 30 giugno obbligo di Deposito Telematico presso il Giudice di Pace

WhatsApp annuncia il filtro chiamate: maggior privacy e controllo

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Dal 30 giugno obbligo di Deposito Telematico presso il Giudice di Pace

La Riforma Cartabia ha inserito nelle Disposizioni per l’attuazione del Codice di procedura civile il Titolo V-ter rubricato le «Disposizioni relative alla giustizia digitale», composto dal Capo I che comprende l’art. 196 quater, «l’obbligatorietà del deposito telematico di atti e provvedimenti».

L’obbligo di deposito telematico, stabilito per la data del 30 giugno 2023, riguarderà tutti i procedimenti del Giudice di Pace, in forza di quanto disposto dall’art. 35 comma 3, DL 140/2022:

«Davanti al giudice di pace, al tribunale per i minorenni, al commissario per la liquidazione degli usi civici e al tribunale superiore delle acque pubbliche, […]. Davanti ai medesimi uffici, le disposizioni previste dal capo I del titolo V-ter delle citate disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, introdotto dal presente decreto, si applicano a decorrere dal 30 giugno 2023 anche ai procedimenti pendenti a tale data. Con uno o più decreti non aventi natura regolamentare il Ministro della Giustizia, accertata la funzionalità dei relativi servizi di comunicazione, può individuare gli uffici nei quali viene anticipato, anche limitatamente a specifiche categorie di procedimenti, il termine di cui al secondo periodo».

Da venerdì prossimo, 30 giugno 2023, dunque, diventerà obbligatorio il deposito telematico degli atti del processo presso gli Uffici del Giudice di Pace, che siano per procedimenti di nuova introduzione che per quelli pendenti.


Per eseguire il deposito telematico di atti e documenti presso il Giudice di Pace con Service1 bisognerà seguire i seguenti passaggi:

 

1. Selezionare PCT

 

2. Selezionare Fascicoli

 

3. Selezionare Nuovo: si aprirà la schermata Crea Fascicolo

 

4. Selezionare Giudice di Pace

 

5. Compilare tutti i campi richiesti e cliccare su Avanti

 

6. Selezionare Nuovo Deposito

 

7. Si aprirà la schermata Crea Deposito: scegliere il campo, compilare i dati richiesti e cliccare su Avanti per completare la procedura


Ecco un video con un esempio di deposito telematico degli atti del processo presso gli Uffici del Giudice di Pace:


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Meta ha annunciato, attraverso un post di Mark Zuckerberg, nuove funzioni WhatsApp che offrono «una privacy e un controllo ancora maggiori», perché «ora puoi silenziare automaticamente le chiamate in arrivo da contatti sconosciuti».

Le novità, attualmente già disponibili per chiunque anche in Italia, si trovano alla voce Privacy nelle Impostazioni.

In cima alla pagina troviamo un banner che invita a controllare la Privacy, affinché «tutti conoscano le opzioni di protezione disponibili su WhatsApp» e che permette anche di silenziare le chiamate da parte di numeri sconosciuti.

Dopo aver avviato l’opzione, si apriranno alcune schermate che consentono di stabilire chi ci può aggiungere ai Gruppi, se e in che modo concedere il permesso per la geolocalizzazione, quali contatti sono stati bloccati e permettere o bloccare chiamate in arrivo da numeri sconosciuti.

Tutte queste opzioni vengono ripetute singolarmente nella sezione Privacy dell’app, e quindi sono modificabili, eventualmente, in un secondo momento.

Più privacy e controllo

L’idea, secondo le dichiarazioni, è «garantire ancora più privacy e controllo sulle chiamate in entrata», ma anche di aiutare a «filtrare automaticamente chiamate spam, truffe e chiamate in arrivo da persone sconosciute, garantendo maggiore protezione».

Nella pratica, se un contatto non è presente in rubrica e ci chiama su WhatsApp, il telefono non squillerà e quindi non verremo disturbati da nessuna notifica. In ogni caso, le chiamate perse non saranno visibili nell’elenco delle chiamate, per permetterci di verificarle.

Leggi anche: WhatsApp utilizza il microfono dello smartphone mentre dormiamo?

Alcuni utenti WhatsApp a maggio hanno segnalato un problema curioso, un accesso anomalo da parte dell’app al microfono del telefono. Nella dashboard di Android 13, tutta dedicata alla privacy risultava che l’app, anche se non in uso, accedeva al microfono.

Gli sviluppatori hanno inizialmente attribuito la causa delle criticità a Google, che a distanza di un mese riconosce il problema e annuncia una soluzione. «Un recente bug di Android che interessava un numero limitato di utenti di WhatsApp ha prodotto indicatori e notifiche sulla privacy errati nella Dashboard della privacy di Android», dichiarano gli sviluppatori.

«Ringraziamo WhatsApp per la loro collaborazione e ci scusiamo per l’eventuale confusione che questo bug potrebbe aver causato agli utenti». Google procederà ora al rilascio di una correzione che risolverà ufficialmente le criticità.


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Piercamillo Davigo, membro del pool Mani Pulite e del Csm fino al 2020, è stato condannato in primo grado dal tribunale di Brescia a un anno e tre mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio.

Davigo è stato riconosciuto colpevole di aver fatto circolare durante la primavera del 2020 alcuni verbali segreti all’interno del Csm, relativo al “Caso Amara”, inerente all’avvocato Piero Amara, consulente legale di Eni per anni.

Amara, in questi verbali, si riferiva ad un’organizzazione segreta, di nome “Ungheria”, che influenzava la vita giudiziaria e politica del paese. Nei verbali erano presenti accuse non confermate verso esponenti importanti del mondo della giustizia e della politica.

Davigo ottenne questi nomi dal Pm Paolo Storari, che era profondamente insoddisfatto del modo in cui i procuratori Laura Pedio e Francesco Greco stessero trattando questo caso. Davigo condivise i verbali con undici persone e successivamente vennero consegnati anche a dei giornalisti.

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Condannato anche ad un risarcimento di 20mila euro verso Sebastiano Ardita, ex consigliere del Csm, costituitosi parte civile nel processo e lamentando di essere stato screditato proprio a causa della diffusione dei verbali.

Davigo ha annunciato che ricorrerà in appello.


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Una prova scritta che riguarda la stesura di un atto giudiziario, su un quesito scelto dal candidato tra civile, penale e amministrativo, che richiederà la conoscenza del «diritto sostanziale e processuale», e una orale, suddivisa in tre fasi, ovvero:

  • l’esame e la discussione di una questione pratico-applicativa;
  • la discussione di «brevi questioni che dimostrino le capacità argomentative e di analisi giuridica» relativa a tre materie, di cui una di diritto processuale;
  • la «dimostrazione di conoscenza dell’ordinamento forense e dei diritti e doveri» del legale.

Tutte le novità si trovano all’interno di un emendamento di Fi presentato al decreto sulla PA (51/2023) approvato il 19 giugno 2023, nelle commissioni affari costituzionali e bilancio della Camera, con parere favorevole del Governo.

Ne dà notizia Francesco Paolo Sisto, viceministro della giustizia e le deputate Annarita Patriarca (Fi) e Marta Schifone (FdI) durante un dibattito in cui l’Aiga, con a capo Francesco Paolo Perchinunno, ha espresso la sua posizione invocando anche l’utilizzo della strumentazione informatica e di una doppia sessione d’esame al fine di «velocizzare l’ingresso degli aspiranti avvocati nel mondo del lavoro».

Il restyling dello strumento per l’entrata nell’attività lavorativa per i legali è sì orientato a dettare una disciplina speciale, in relazione alla sessione di quest’anno che riprende un po’ le fila di quanto disposto durante la pandemia, richiamando anche le disposizioni della legge 247/2012.

Rispetto a quanto avvenuto nel 2019, dunque, la correzione parlamentare ha ottenuto il placet da parte del ministero della Giustizia, fissando lo svolgimento di un’unica prova scritta e di una prova orale, a cui potranno essere ammessi solo i candidati che hanno conseguito un punteggio di almeno 18 punti nel primo test.

Secondo l’emendamento, «per la valutazione della prova orale ogni componente della sottocommissione d’esame dispone di dieci punti di merito per l’esame e la discussione», e saranno idonei i candidati che nella seconda prova ottengono «un punteggio complessivo non inferiore a 105 punti ed un punteggio non inferiore a 18 punti in ognuna delle materie indicate».

La revisione dell’esame di Stato andrà ad incidere positivamente sui nostri conti pubblici: le minori uscite per l’affitto dei locali e i tagli verso commissari e compensi per la correzione degli elaborati, hanno stimato un risparmio di circa 640.000 euro rispetto al 2019.


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E’ disponibile sul sito web istituzionale del CNF una raccolta delle fonti normative che regolano la professione forense.

L’opera è stata realizzata dalla Commissione legislativa su incarico del CNF, e offre il panorama dell’assetto normativo vigente della disciplina della professione. In futuro, potrebbe rappresentare una base per una proposta eventuale della riforma dell’assetto ordinamentale.

Per ogni materia vengono riportate soltanto le norme vigenti, di rango primario e regolamentare:

  • La legge professionale forense (n. 274/2012)
  • Le altre fonti di rango primario
  • Le fonti di rango secondario

 TESTO UNITARIO DELLA PROFESSIONE FORENSE
(aggiornato al 7 maggio 2023)

Per maggiori informazioni cliccate qui sopra per andare alla pagina dedicata del CNF.

Iso 27017
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