diritto oblio reati gravi

Garante Privacy: no al diritto all’oblio per i reati gravi

Diritto all’oblio? No, grazie – o almeno non per i reati gravi, la cui vicenda giudiziaria si sia conclusa da poco e sia di interesse pubblico.

Il Garante Privacy, con questa motivazione, ritiene infondata la richiesta di deindicizzazione di alcuni recenti articoli, presentata da un uomo che è stato condannato a due anni di reclusione, in quanto in possesso di materiale pubblicato da Al-Qaida.

L’interessato, nel reclamo al Garante, aveva richiesto di ordinare a Google di rimuovere dai risultati di ricerca diciotto URL collegati ad alcuni articoli che riportavano la notizia del suo arresto del 2019 nel Regno Unito, a causa del possesso di informazioni utili per preparare o commettere un atto terroristico.

Secondo l’interessato, che aveva già scontato tutta la pena, la presenza in rete di queste notizie gli avrebbe impedito di ricostruire una nuova vita e di trovare un nuovo lavoro per poter affrontare le sue responsabilità familiari.

Il Garante, dopo aver rigettato la richiesta, ricorda che non si può procedere alla deindicizzazione delle informazioni recenti, se l’interesse generale prevale sulla reperibilità delle notizie, a causa della gravità delle condotte dell’interessato.


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Nasce Simpliciter.ai, una versione di ChatGPT per Avvocati

IT-alert: il primo test regionale del sistema di allarme pubblico

Simpliciter.ai

Nasce Simpliciter.ai, una versione di ChatGPT per Avvocati

Una delle critiche che solitamente si fa a ChatGPT è la sua tendenza nel generare delle citazioni che non esistono, così come norme inesatte, che potrebbero compromettere l’accuratezza delle risposte che fornisce il sistema (si tratta del fenomeno delle allucinazioni).

ChatGPT, infatti, è una versione base di un modello linguistico che possiede caratteristiche utili per più persone possibili, che non ha accesso in tempo reale alle banche dati e non dispone della possibilità di analizzare i documenti.

I modelli di base vengono solitamente addestrati su domini generali, rendendoli meno efficaci per compiti specifici. Da queste limitazioni nasce Simpliciter.ai, uno strumento che unisce una banca dati aggiornata e modelli di linguaggio recenti.

Simpliciter non è stato progettato per rispondere a tutte le domande del mondo, ma soltanto per l’analisi dei documenti e per la ricerca legale: in tal modo, gli avvocati potranno dedicarsi ad attività “più importanti”, come la gestione del cliente.

In questo modello è stata integrata una banca dati corposa, contenente la normativa aggiornata, sentenze degli ultimi 25 anni e oltre un milione di documenti indicizzati, non disponibili online.

L’intelligenza artificiale generativa potrebbe semplificare alcuni compiti legali, che solitamente richiedono molto tempo. Dunque, i professionisti in questo modo potranno aumentare la loro produttività concentrandosi su lavori che risultano più impattanti nella pratica legale.

Nonostante l’evoluzione rapida nel mondo della tecnologia legale, è fondamentale sottolineare come i professionisti del settore dovranno sempre essere a capo del processo, utilizzando le intelligenze artificiali come assistenti.

Simpliciter non è un servizio fornito da Servicematica.

Per maggiori informazioni visitate il sito simpliciter.ai


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Mercoledì 28 giugno 2023 alle ore 12 tutte le persone che si trovavano in Toscana hanno ricevuto un sms sullo smartphone: si tratta del primo test del sistema di allarme pubblico IT-alert, che avviserà la popolazione italiana in caso di emergenze collegate ad alluvioni, terremoti, eruzioni vulcaniche, collassi di grandi dighe o incidenti nucleari.

Il messaggio è comparso automaticamente sulla schermata principale degli smartphone degli utenti:

«Questo è un MESSAGGIO DI TEST del sistema di allarme pubblico italiano. Una volta operativo ti avviserà in caso di grave emergenza. Per informazioni vai sul sito www.it-alert.it e compila il questionario».

Il sistema di allarme pubblico IT-alert viene gestito dalla Protezione Civile Nazionale ed è basato sulla tecnologia cell-broadcast, che consente di inviare messaggi a tutti i dispositivi coperti da un gruppo di celle telefoniche vicine a livello geografico. In tal modo sarà possibile delimitare precisamente la zona interessata dall’allerta.

Per ricevere il messaggio non è necessario fare nulla, se non avere il telefono acceso e una connessione telefonica. IT-alert funziona anche se la connessione non è delle migliori e se la banda telefonica è satura, ovvero collegata ad un gran numero di persone.

Sistemi del genere esistono anche in altri paesi, come Regno Unito, Stati Uniti, Paesi Bassi, Canada e Giappone. Il messaggio verrà ricevuto anche se non c’è credito nello smartphone, e non bisognerà scaricare alcuna app.

Il messaggio di allerta apparirà sulla schermata principale, bloccando temporaneamente le altre funzioni e le altre app dello smartphone. Per ritornare ad utilizzare lo smartphone, bisognerà accedere alla notifica e confermare di aver ricevuto il messaggio, che scomparirà dello schermo ed apparirà soltanto nelle notifiche del telefono.

Con questa tecnologia non sono presenti rischi per la privacy, visto che non verranno installati particolari software e non verranno nemmeno utilizzati dati personali. Il messaggio verrà inviato senza che il sistema possa poi tracciare lo smartphone e geolocalizzarlo.

Il sistema di allarme pubblico è previsto da una direttiva europea risalente al 2018, anche se in Italia è stato introdotto con un DL del 2019, grazie al quale è cominciata la fase sperimentale, che continuerà sino al 2024, quando sarà operativo in maniera definitiva.

I primi test effettuati su scala ridotta sono avvenuti l’anno scorso, durante alcune esercitazioni della Protezione Civile. Sull’isola di Vulcano sono stati infatti inviati due messaggi a tutti i dispositivi presenti nella zona: il primo conteneva informazioni riguardo un imminente evento eruttivo, con tutte le norme di comportamento da seguire, mentre l’altro comunicava che l’esercitazione era stata conclusa.

Le prossime giornate di test sono programmate per il 30 giugno in Sardegna, in Sicilia il 5 luglio, in Calabria il 7 luglio e in Emilia-Romagna il 10 luglio.


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crisi notai

Crisi di vocazioni anche tra i notai: soffrono soprattutto i giovani e le donne

Soffrono anche i notai. Secondo i dati diffusi dalla Cassa del Notariato riguardo le disparità in questa categoria si nota come lo stereotipo del notaio affermato e ricco debba essere aggiornato e declinato voce per voce.

Ci sono sempre meno atti notarili: si è passati dai 4,6 milioni del 2010 ai 3,9 milioni del 2022. Soffrono soprattutto i giovani e le donne: «Per un giovane sotto i 35 anni, nel primo anno di attività, il repertorio non supera i 20mila euro, e in alcuni casi, come nel 2020, si è fermato a poco più di 12mila euro», spiega il Presidente della Cassa del Notariato Vincenzo Pappa Monteforte.

Di certo, di fronte agli stipendi dei lavoratori dipendenti e agli incassi degli autonomi, il notaio registra introiti importati. Gli under 45, per esempio, nel 2022 hanno dichiarato un repertorio medio di 83mila euro, ovvero, oltre il doppio dei 37mila euro di reddito medio degli altri liberi professionisti.

Tuttavia, il confronto con il passato preoccupa: nel 2006, lo stesso giovane dichiarava più di 126mila euro di compensi. Nel giro di 15 anni, dunque, si è perso oltre un terzo del valore.

La crisi, in realtà, colpisce anche i senior, visto che nello stesso identico periodo tutti i notai over 45 hanno perso circa il 31% del valore del loro repertorio.

Alle donne va peggio

Alle donne va ancora peggio, con un gender pay gap che attraversa l’intera categoria, a prescindere dall’età. Sotto i 40 anni una donna, in media, guadagna 58mila euro, mentre un uomo ne guadagna 91mila.

Il divario si allarga all’apice della carriera: nella fascia d’età tra 50 e 59 anni, i notai uomini raggiungono 128.911 euro, mentre le colleghe donne 79.565: si tratta di una differenza del 40%.

I numeri parlano chiaro

Per Pappa Monteforte, «i numeri parlano chiaro. La categoria sta conoscendo i fenomeni del prepensionamento e del calo delle vocazioni, entrambi sinonimi di una sostanziale sconfitta del sistema notariato».

Si tratta di «tematiche che non possono essere analizzate senza riflettere sulla troppo diseguale ripartizione interna della ricchezza e sul payback, cioè sul tempo necessario per ripagarsi gli studi, comparando costi, mancati introiti e successiva crescita professionale, oramai anche nel notariato vicino ai 10 anni».

I notai di nuova nomina, nell’ultimo quinquennio, sono stati 757, 400 uomini e 357 donne, e rappresentano il 15% della popolazione notarile attiva al 31 dicembre 2022.

Conclude il presidente: «Dobbiamo trasmettere ai giovani notai un messaggio chiaro: solo muovendosi tempestivamente possono costruire un’età avanzata serena. La soluzione c’è già e si chiama pensione modulare. Attraverso una contribuzione complementare si permette a ciascun iscritto attivo di aumentare in misura volontaria la propria aliquota contributiva, al fine di ottenere una pensione più elevata».


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Aggredisce e picchia il presidente di Commissione dopo essere stato bocciato all’esame da avvocato

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Nuovo Codice della Strada: stretta contro alcol e sostanze stupefacenti

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha presentato, durante una conferenza stampa, i contenuti di un DL sulla sicurezza stradale, che modifica il Codice della Strada, aumentando anche i casi in si prevede la sospensione della patente di guida.

Il testo deve ancora passare dal Parlamento per l’approvazione, dunque è probabile che venga modificato prima di essere approvato definitivamente.

Il DL si concentra molto sulla guida dopo aver assunto alcol o sostanze stupefacenti, e prevede che vengano aumentate le sanzioni previste per le persone che guidano dopo aver bevuto alcol. Inoltre, si stabilisce che chi assume sostanze stupefacenti e guida commetta un reato, anche se non è in uno stato di «alterazione psico-fisica».

Nel DL si prevede che, se una persona viene trovata a guidare in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico superiore a 0.5 grammi per litro ma non superiore a 1,5, allora le verrà vietato di guidare dopo aver assunto alcol, a prescindere dalla quantità.

Inoltre, dovrà sottoporsi ad una visita medica per ottenere la revisione della patente e le sanzioni saranno aumentate di un terzo se verrà trovato a guidare di nuovo sotto l’influenza di alcol.

Nel DL si prevede l’utilizzo dell’alcolock, ovvero un dispositivo che impedisce che il veicolo parta se viene rilevato nel conducente qualsiasi tasso alcolemico.

La polizia stradale potrà prelevare la saliva di chi ritiene che stia guidando sotto effetto di sostanze stupefacenti, obbligatorio nel caso in cui avvenga un incidente.

Se i test preliminari fatti sul momento sono positivi, allora la polizia stradale potrà impedire la guida alla persona fermata, disponendo il fermo del veicolo e ritirando la patente, senza attendere esami di laboratorio. In questo caso la patente potrà essere sospesa dal prefetto fino a quando la persona non verrà sottoposta a visita medica.

Il testo del DL non è ancora stato diffuso, ma comprende delle misure riguardo bici e monopattini elettrici, sui dispositivi anti-abbandono per bambini con meno di tre anni e sull’utilizzo delle cinture di sicurezza anche per i passeggeri posteriori.

Salvini, nella conferenza stampa, ha dichiarato che sarà obbligatorio l’utilizzo del casco, così come la sottoscrizione di un’assicurazione per l’utilizzo dei monopattini elettrici. Inoltre, si è parlato anche di inasprimento delle sanzioni, con la sospensione della patente, per coloro che vengano trovati mentre utilizzano il cellulare alla guida.


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Aggredisce e picchia il presidente di Commissione dopo essere stato bocciato all’esame da avvocato

Arrivano le storie su Telegram!

avvocato aggredito dopo bocciatura esame

Aggredisce e picchia il presidente di Commissione dopo essere stato bocciato all’esame da avvocato

L’avvocato Antonio Lanfranchi ha denunciato sui social un grave episodio, che lo ha visto come protagonista. Infatti, l’avvocato sarebbe stato aggredito e brutalmente picchiato da un aspirante avvocato milanese di 35 anni.

Il giovane aveva partecipato alle selezioni per poter accedere alla professione: di fronte alla sua bocciatura, tuttavia, ha deciso di prendere a pugni e a morsi l’avvocato, presidente della quarta sottocommissione per gli esami di abilitazione alla professione forense.

L’aspirante avvocato ha provocato a Lanfranchi fratture alle costole, al naso e alla mascella. «Non si è capaci di fare autocritica, addossando agli altri la responsabilità dei propri insuccessi, in un contesto in cui fin dai banchi di scuola i ragazzi vengono difesi ad oltranza dai loro genitori anche di fronte a meritati giudizi negativi», dichiara l’avvocato.

«Stiamo alimentando una società di persone deboli, inadeguate nell’affrontare anche i più semplici ostacoli e, nello stesso tempo, stiamo sempre più diffondendo la cultura della violenza, dell’odio, dello scontro personale», prosegue.

Nel post Lanfranchi puntualizza: «Non sono solo le gravi ferite subite che mi addolorano, ma la deriva che interessa la nostra società e, in essa, la nostra professione. E mi addolorano i commenti, anche di qualche collega, che giudicando gli esami una farsa, quasi giustificano il gesto, biasimando chi si erge arbitrariamente a “professorone”».

«Non ritengo di potermi identificare in questa figura, avendo cercato sempre di svolgere il mio ruolo con modestia ed equilibrio e con grande rispetto per gli altri. Mi confortano, d’altra parte, gli attestati di solidarietà e di stima prevenutimi da tanti colleghi, magistrati, operatori…», conclude.

Il CNF ha diffuso una nota, nella quale «desidera esprimere la sua più profonda solidarietà all’avvocato messinese Antonio Lanfranchi, presidente di una commissione d’esame per l’abilitazione forense di Messina, che, nei giorni scorsi, è stato aggredito brutalmente di fronte al Tribunale da un aspirante avvocato che è stato successivamente arrestato. Il CNF biasima l’aggressione ed esorta a denunciare qualunque tipo di violenza in tutti i contesti. Il Consiglio Nazionale Forense si rivolge all’avvocato Lanfranchi con un messaggio di sostegno e solidarietà, augurandogli una pronta guarigione».


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Arrivano le storie su Telegram!

Da oggi si può ottenere la certificazione UNI 11871

telegram stories

Arrivano le storie su Telegram!

 

 

Mentre WhatsApp annuncia la funzione canali e un restyling grafico nella sua versione Beta, anche il CEO di Telegram, Pavel Durov, ha annunciato che a partire da luglio 2023 arriveranno le storie.

Le stories sono divenute note prima con Snapchat e poi sono diventate un must su Instagram e altre piattaforme di messaggistica. Ora, la funzione arriverà anche su Telegram.

Le storie su Telegram, secondo quanto anticipato da Durov, non erano previste, visto che la società si era detta contraria all’introduzione di una feature disponibile praticamente ovunque.

Tuttavia, gli utenti hanno cominciato a fare pressioni in questo senso, convincendo i gestori del servizio ad adottare la funzione. Funzioneranno nello stesso modo in cui funzionano su Instagram o su WhatsApp.

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Gli utenti potranno decidere a chi mostrare le Storie, se a tutti, se ad alcuni contatti, oppure ad amici intimi, aggiungendo didascalie oppure link al loro interno, taggando altri utenti Telegram oppure anche pubblicando contemporaneamente foto e video realizzati in pieno stile BeReal.

Sarà possibile anche salvare le Storie sul proprio profilo, al fine di renderlo più colorato oppure più informativo. Sarà inoltre possibile scegliere la durata della storia, tra 6, 12, 24 o 48 ore, oppure mostrarle in modo permanente sul profilo mettendole in evidenza, come su Instagram.

Durov specifica che i test interni hanno convinto il team di Telegram, che sta ultimando le prove prima del rilascio ufficiale della funzione. Il CEO crede che le storie segneranno «una nuova era su Telegram», che diventerà sempre più social.

L’annuncio è arrivato proprio quando le storie su YouTube sono state cancellate. L’azienda ha detto di volersi concentrare su altre funzioni, in particolar modo sugli Shorts: «A partire dal 26 giugno 2023, l’opzione non sarà più disponibile. Le storie che sono già pubblicate in quella data scadranno sette giorni dopo essere state originariamente pubblicate».


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Da oggi si può ottenere la certificazione UNI 11871

Intelligenza Artificiale: cosa rischiano gli Avvocati?

Certificazione UNI 11871

Da oggi si può ottenere la certificazione UNI 11871

Avvocati, commercialisti e contabili a partire da oggi, 27 giugno 2023, potranno ottenere la certificazione UNI 11871, certificazione di conformità per una moderna e corretta gestione degli Studi Professionali.

Con la Prassi di Riferimento UNI/PdR 146 presentata da ASLA, l’Associazione Italiana degli Studi Legali Associati, si definiscono i criteri e il regolamento secondo cui gli organismi di certificazione verificheranno se gli Studi rispondono positivamente ai criteri organizzativi, come la gestione dei rischi, la definizione di ruoli interni, la sostenibilità, la programmazione degli obiettivi, l’inclusione lavorativa e la tutela della diversità, tutti previsti dalla norma UNI.

A livello europeo, l’Italia è il primo Paese a dotarsi della Norma. Sottolinea il Presidente di ASLA, Giovanni Lega: «Occorre un’interpretazione di quello che è il mondo degli Studi Legali in Italia. Perché quando parliamo di creazione e protezione del valore, va compreso quello della sostenibilità, cioè della capacità della realtà che si andrà a certificare di sostenersi nel tempo. Per creare valore e proteggerlo bisogna cercare di avere delle strutture che alla base siano duratura, quindi ben organizzate».

Gli Studi che risulteranno conformi potranno esibire il marchio UNI-ASLA 11871, che testimonierà il loro impiego nell’ottimizzazione dei processi organizzativi. Tutto questo è possibile grazie a due bandi di finanziamento, per una somma totale complessiva di 1.5 milioni di euro, proposti da Cassa Forense, che verranno deliberati entro il prossimo luglio.

I bandi, destinati ad avvocati che esercitano la professione individualmente e agli studi legali associati, prevedono un contributo che andrà a coprire il 50% della spesa complessiva, sino ad un massimo di 5.000 euro.

Dichiara Valter Militi, il presidente della Cassa Nazionale Forense: «Con questo bando vogliamo aiutare e sostenere chi desidera approcciarsi alla professione in modo più strutturato e organizzato anche nel caso di singoli professionisti. Crediamo che questa Norma consentirà di fare un deciso passo in avanti nell’affermazione di quello che consideriamo un valore: il modello organizzativo, la struttura, la forma di uno Studio e le sue regole».

Si tratta di una norma pensata per far crescere gli Studi Professionali. Con i bandi di finanziamento, anche gli studi di più piccoli potranno dimostrare il loro valore, posizionandosi anche in maniera più competitiva sul mercato.

Inoltre, con la certificazione, gli studi diventeranno perfetti candidati per i luoghi di lavoro più attrattivi per i giovani talenti, che hanno bisogno sempre di più di un progetto e di una visione a cui aderire.

Gli studi che riusciranno ad ottenere la certificazione, per esempio, si impegnano nel promuovere le pari opportunità e l’inclusività dei loro professionisti, assicurandosi dei percorsi di formazione dedicati e una crescita interna, risaltando le individualità di tutti.

Anche la tutela della genitorialità rientra tra i vari principi valorizzati da questa norma. Oltre a tutto ciò, la certificazione di conformità risulterà utile per accedere ad incarichi professionali nell’ambito degli appalti, dei bandi di gara.

Al fine di facilitare l’applicazione della Norma UNI 11871, UNI ha organizzato il percorso formativo La nuova Norma UNI 11871 sugli studi professionali di avvocati e dottori commercialisti. Principi, attuazione e audit, che si terrà nei giorni 13, 20 e 27 settembre.

Per maggiori informazioni, potete cliccare sopra questo link.


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Ormai l’intelligenza artificiale ha bussato alle porte degli Studi Legali in veste di “facilitatore”, svolgendo per conto dell’avvocato ricerche giurisprudenziali, in particolar modo quelle più sofisticate.

È un gran bel vantaggio, e i presunti pericoli di estinzione della professione dell’avvocato, per il momento, non ci sono, visto che l’avvocato deve fornire istruzioni specifiche alle macchine.

L’intelligenza artificiale e altri strumenti di analisi sono senza dubbio accessori molto utili, forse indispensabili per poter esercitare al meglio la professione forense in quest’epoca digitale.

Con l’ormai inevitabile diffusione dell’intelligenza artificiale, comunque, non per forza gli avvocati verranno automaticamente sostituiti da laptop, pc, tablet o altri mezzi robotici.

Che cosa vogliamo dall’Intelligenza Artificiale?

Il digital lawyer è un avvocato o un esperto di diritto che ha anche la capacità di sovraintendere processi di ricerca, sviluppo, programmazione e analisi, utilizzando strumenti tecnologici, ed è vivo e vegeto, in carne ed ossa.

L’intelligenza artificiale, invece, è «un algoritmo in grado di analizzare, definire strategie e trarre conclusioni per completare compiti tipicamente eseguiti dagli esseri umani».

Ma che cosa vogliamo veramente dall’intelligenza artificiale e come sfruttare al meglio tutte le potenzialità di questi strumenti nell’ambito delle attività legali?

Strumenti utili, ma non perfetti

Negli Studi Legali, i software di intelligenza artificiale aiutano ad automatizzare le attività.

Se da un lato, tuttavia, tutto questo viene vissuto come un guadagno, visto l’aiuto nelle attività seriali, dall’altro ci si preoccupa che i software di intelligenza artificiale sostituiscano in tutto e per tutto gli avvocati, prendendo decisioni al posto loro.

La digital transformation e l’intelligenza artificiale potrebbero invece essere di grande aiuto, per ottimizzare il lavoro dello Studio e agevolare il passaggio dalla carta al digitale.

Secondo un rapporto pubblicato dal Thomson Reuters Institute, «la grande maggioranza degli Studi Legali intervistati afferma che l’Intelligenza Artificiale offre applicazioni utili nelle loro operazioni quotidiane».

Si tratta di uno strumento utile ma non perfetto, visto che richiede la supervisione dell’essere umano, che deve controllare tutte le risultanze prodotte dall’intelligenza artificiale. Dunque, nessuna sostituzione degli avvocati, almeno, non a breve.

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Un fattore fondamentale da prendere in considerazione nei lavori di routine è il risparmio di tempo, visto che questi sistemi impiegano pochi minuti per completare operazioni che richiederebbero giornate intere.

Soprattutto quando i fascicoli sono molto voluminosi, ecco che un sistema di intelligenza artificiale supporta in pieno l’avvocato, diventando un ausilio molto prezioso.


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Sin dal momento della loro presentazione, è stato chiaro come gli AirTag di Apple potessero rappresentare una minaccia per la privacy.

Nel 2021, Apple ha deciso di lanciare il tracker Bluetooth a banda ultralarga: da un lato è stato accolto come metodo eccellente per poter ritrovare alcuni oggetti che utilizziamo ogni giorno, come chiavi, portafogli, valige e telecomandi della televisione; ma dall’altro, gli esperti di cybersecurity hanno prontamente sollevato qualche dubbio.

E infatti, l’utilizzo improprio e illecito degli AirTag non è tardato ad arrivare.

Dopo le tante segnalazioni di utilizzi illeciti degli AirTag arrivate alla polizia statunitense, sono stati diffusi avvertimenti sugli utilizzi criminali di questi dispositivi. Apple ha provveduto ad aggiornare la pagina di supporto dedicata agli AirTag fornendo maggiori informazioni e condannando l’utilizzo del dispositivo per tracciare le persone.

Leggiamo: «Se viene rilevato che un AirTag, un paio di AirPods o un accessorio nella rete Dov’è traccia illegalmente una persona, le forze dell’ordine possono richiedere a Apple tutte le informazioni disponibili a supporto delle indagini».

Segnali a cui prestare attenzione

Se avete un iPhone, in base al modello potete scoprire eventuali AirTag che vi stanno registrando. Se avete un modello con iOS 14.5 o con una versione più recente del sistema operativo, dovreste ricevere una notifica push ogni volta in cui un AirTag resta nelle vicinanze per un periodo di tempo troppo lungo.

Se clicchiamo sulla notifica, esiste la possibilità che gli AirTag emettano un suono, al fine di localizzare il dispositivo.

Esiste anche un’app per Android lanciata da Apple, che si chiama Trova Tracker: in questo caso dovranno essere gli utenti ad avviare la scansione per trovare eventuali AirTag nei dintorni.

Per Eva Galperin della Electronic Frontier Foundation, non è semplice capire perché la funzionalità dell’app sia limitata: «In realtà si tratta di una limitazione nel modo in cui funziona l’ecosistema e le app Android. Ho invitato Apple e Android a lavorare insieme per incorporare nel sistema operativo Android il livello di mitigazione che Apple fornisce in iOS, ma questo richiede molta cooperazione tra due gruppi che normalmente sono rivali».

Alcune guide per riuscire a ritrovare gli AirTag raccomandano di utilizzare uno scanner Bluetooth, ma per Galperin questo non è un metodo così affidabile per riuscire a rilevare i tracker Apple. «Ho provato a usare diversi scanner Bluetooth per rilevare gli AirTag, ma non funzionano sempre».

Come disattivare un AirTag

Se troviamo un AirTag, la prima cosa da fare per disattivarlo è rimuovere la batteria. Basterà capovolgere il dispositivo in modo tale che il lato con il logo Apple sia rivolto verso noi. Poi, basterà premere sul logo e ruotarlo in senso antiorario.

A questo punto, potremmo rimuovere il coperchio per estrarre la batteria. In ogni caso, come riportato nella pagina di supporto Apple, è bene rivolgersi alla polizia se temiamo di trovarci in pericolo.

Online si trovano tantissime storie di donne che denunciano episodi di stalking a causa degli AirTag. Tuttavia, per Galperin non è un problema soltanto femminile. «Lavoro con le vittime di abusi tecnologici da molti anni, e direi che circa due terzi delle vittime che vengono da me sono donne. Ma un terzo sono uomini. Sospetto che il numero sarebbe più alto se non ci fosse un tale pregiudizio legato all’essere vittima o sopravvivere a un abuso».


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