Il diritto all’oblio è veramente possibile? Secondo Google, no

La Riforma Cartabia, come ben sappiamo, ha introdotto cambiamenti importanti per quanto riguarda l’applicazione del diritto all’oblio.

Secondo il nuovo art. 64 ter, sulle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, prevede che la persona per cui è stata pronunciata una sentenza di proscioglimento, oppure di non luogo a procedere, possa richiedere che venga preclusa l’indicizzazione oppure che venga disposta la deindicizzazione online dei dati personali che vengono riportati nel provvedimento o nella sentenza, attenendosi dunque all’art. 17 del Regolamento generale per la protezione dei dati.

Deindicizzare non significa cancellare

La procedura non è affatto complicata: la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento annota che è titolo esecutivo per «la sottrazione dell’indicizzazione, da parte dei motori di ricerca generalisti, di contenuti relativi al procedimento penale, rispetto a ricerche condotte a partire dal nominativo dell’istante»

La disposizione, tuttavia, non deve generare false illusioni, visto che deindicizzare non vuole dire cancellare. Dunque, in altri termini, il risultato ottenuto sarà soltanto quello che i dati personali che vengono inseriti nei motori di ricerca non verranno più associati a parole chiave inerenti al reato contestato.

Risulta sufficiente, infatti, eseguire una diversa ricerca, inserendo il nome di un coimputato, oppure quello del magistrato che ha condotto le indagini del caso: et voilà, ecco che la notizia deindicizzata ricompare. La normativa ha creato un bel mercato di società, infatti, che cancellano completamente dal web le notizie.

Dichiara Enrico Costa, responsabile giustizia di Azione, che ha lavorato moltissimo alla norma: «Non si poteva ottenere di più. È evidente che di un personaggio pubblico, coinvolto in una vicenda giudiziaria, anche se assolto, si troverà sempre traccia della notizia».

Anche Google parla chiaro in merito alla questione: se la notizia viene aggiornata agli sviluppi recenti della vicenda giudiziaria, dunque, all’assoluzione, potrà difficilmente essere “deindicizzata”. Inoltre, bisogna sempre valutare l’interesse alla reperibilità delle informazioni che vengono riportate, se si riveste un ruolo pubblico.

Anche la Corte di Giustizia e il Comitato europeo per la protezione dei dati indicano «la prevalenza dell’interesse generale ad avere accesso alle informazioni quando l’interessato esercita un ruolo pubblico, anche per effetto della professione svolta o delle cariche ricoperte».

Il Comitato europeo per la protezione dei dati chiarisce che «a titolo di esempio, politici, alti funzionari pubblici, uomini di affari e professionisti possono essere solitamente considerati come coloro che svolgono un ruolo nella vita pubblica. Vi è un argomento a favore del diritto del pubblico a ricercare le informazioni rilevanti rispetto al loro ruolo e alle attività pubbliche».

Per le Linee Guida del Comitato europeo per la protezione dai dati, invece, riguardo la natura giornalistica di un’informazione e dal fatto che venga pubblicata da un giornalista, che come lavoro deve informare, «costituiscono elementi a conferma del sussistente interesse pubblico alla notizia».


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