Divorzio: nessun obbligo di concorrere alle spese universitarie del figlio fuori sede

In caso di divorzio, la spesa destinata al corso di studi della figlia fuori sede, nonostante sia particolarmente dotata e in una prestigiosa università privata, non ricade nella ripartizione al 50% delle spese straordinarie, in quanto oggetto di una quantificazione analitica dei costi.

Questo è quanto stabilito dalla Corte di cassazione con ordinanza 15229 depositata martedì 30 maggio 2023, che ha accolto con rinvio il ricorso di un padre che sosteneva metà della spesa, anche se aveva chiaramente espresso una volontà contraria, vista l’impossibilità di fronteggiare i costi.

La Corte d’appello, dopo essere stata interpellata sulla congruità della ripartizione dei costi delle spese universitarie, ovvero le tasse e il canone di locazione per l’alloggio, si è così espressa: «Ravvisata la rispondenza della scelta all’interesse della figlia, in ragione del suo brillante percorso di studi e del progetto di vita sviluppato in ambito familiare, ha affermato che i genitori erano obbligati a concorrere alla relativa spesa secondo le proprie possibilità, che ha ritenuto sostanzialmente omogenee in ragione dell’attività lavorativa svolta come insegnanti, rilevando che il padre non aveva sufficientemente dimostrato l’impossibilità di sostenere l’onere relativo al pagamento della metà delle spese straordinarie per il costo di studi universitari della figlia».

Im padre, proposto ricorso, contesta alla Corte di merito di aver valutato «come analoghe le condizioni reddituali dei due genitori, senza considerare che il padre non poteva detrarre l’assegno di mantenimento per la figlia, non percepiva gli assegni familiari e non poteva detrarre le tasse universitarie, oltre ad essere gravato dal canone di locazione della sua abitazione».

Secondo la Prima Sezione Civile, si deve tenere in considerazione che «la quantificazione della contribuzione straordinaria, pur mutuando i criteri già indicati per l’assegno di mantenimento quanto alla comparazione dei redditi dei genitori ed alla opportuna proporzionalità della partecipazione, non assolve ad un’esigenza esclusivamente perequativa, come l’assegno di mantenimento, perché la contribuzione straordinaria ha la funzione di assicurare la provvista per specifiche esigenze dei figli, ritenute proporzionate al loro interesse, e ciò, evidentemente, tende a riverberarsi nello specifico apprezzamento che il giudice di merito deve compiere per stabilirne la ripartizione».

«Rimane fermo che», continua, «nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, spetta al giudice di merito verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore, commisurando l’entità della spesa rispetto all’utilità e alla sua sostenibilità in rapporto alle condizioni economiche dei genitori, salvo che l’altro genitore non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso».

Si tratta di principi generali che trovano piena applicazione anche relativamente alle «spese straordinarie dovute per il figlio maggiorenne, ma non economicamente autosufficiente, come incontestato nella specie».

Per questa ragione, «ferma ed incontestata la ricorrenza dell’interessa per la figlia a seguire il percorso universitario prescelto, la statuizione sulla commisurazione della partecipazione paterna e sulla relativa sostenibilità risulta essere fondata su una mera petizione di principio».

Proseguono i giudici: «In assenza di una concreta quantificazione delle spese straordinarie ritenute apprezzabili ed accoglibili, la valutazione sulla effettiva congruità della commisurazione della quota delle stesse con le capacità reddituali del genitore che aveva prospettato la propria incapacità alle maggiori spese connesse alla frequenza della specifica università privata in questione, fuori sede, risulta svolta in termini astratti, senza nemmeno che venga in considerazione la possibilità per l’uno o per l’altro genitore di godere di sgravi o detrazioni fiscali o altro, atte ad alleggerire l’impegno economico e da considerare nella concreta determinazione».


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