L’impugnazione senza firma digitale è inammissibile

Arriva dal Ministero un ulteriore chiarimento sulla riforma della Giustizia Cartabia. L’impugnazione sprovvista di firma digitale non è ammissibile, se poi l’avvocato ha provveduto a certificare la validità dell’atto attraverso un software riconosciuto e approvato dall’Agid.

È comunque irrilevante la validità della sottoscrizione da parte del legale sul mandato. Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso di un uomo con la sentenza 34099 del 2 agosto 2023. Il legale dell’uomo aveva trasmesso in cancelleria un appello senza firma digitale, presente soltanto sul mandato rilasciato per la difesa.

Per gli Ermellini non è rilevante che il software Agid abbia certificato, in un secondo momento, la genuinità dell’atto. L’appello, inoltre, è ammissibile soltanto se presenti irregolarità a livello di firma digitale, e non per una sua mancanza assoluta.

La verifica effettuata dal ricorrente, seppur in proprio, si basava su atti non corrispondenti necessariamente a quelli che risultano trasmessi tramite mail, ricevuti ed accettati dalla Cancelleria, e non è comunque sufficiente per riuscire a confutare l’attestazione della Cancelleria, che non rileva l’invalidità, l’irregolarità e l’assenza della firma digitale.

I Supremi giudici scrivono:

«Fermo quanto previsto dall’art. 591 del codice di procedura penale, nel caso di proposizione dell’atto ai sensi del comma 6-bis l’impugnazione è altresì inammissibile: a) quando l’atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore; b) quando le copie informatiche per immagine di cui al comma 6 – bis non sono sottoscritte digitalmente dal difensore per conformità all’originale; c) quando l’atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui al comma 4; d) quando l’atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è intestato al difensore».


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Avvocati di ieri e di oggi: com’è cambiata la professione nel corso del tempo?

I dati online sono monetizzabili

Avvocati di ieri e di oggi: com’è cambiata la professione nel corso del tempo?

L’avvocato è capace di adattarsi ai tempi che corrono: infatti, a differenza degli altri lavori che, con il trascorrere degli anni divengono obsoleti, l’attività del legale risulta sempre moderna.

Bisogna quindi aggiornarsi e studiare continuamente per riuscire a restare al passo con la giurisprudenza e con la dottrina. Contribuisce tantissimo a migliorare il lavoro del legale il mondo della tecnologia, che con le sue invenzioni rende poliedrica questa figura professionale.

Telefono, messaggi, chiamate e videochiamate sono i nuovi poteri dell’avvocato: ma in che modo utilizzarli in maniera efficiente?

L’avvocato, da sempre, ha un ruolo fondamentale, ovvero fa da interprete al diritto.

Fino a vent’anni fa, l’avvocato era una persona munita di 24 ore e di faldone: oggi, invece, ha uno smartphone e al massimo una borsa porta documenti.

Tutto il lavoro è digitalizzato, nonostante rimangano comunque gli incontri in ufficio e la presenza in tribunale. Gran parte del lavoro, tuttavia, è svolto sui propri device grazie ad una connessione con una rete.

L’avvocato in pochi click

Resta lo studio, la mole di lavoro, l’ufficio e le tante attività richieste; restano le norme, il codice deontologico, i diritti e i doveri, ma cambia il modo di fare l’avvocato, con vantaggi quali una maggior efficienza sul lavoro, l’ottimizzazione della propria attività, miglioramento della professione e raggiungimento degli obiettivi.

La maggior parte del lavoro viene svolta sui device, e contattare un cliente per concordare una parcella è un adempimento che si risolve in pochi click. Click utili anche per mettersi d’accordo su un appuntamento, rinviare un’udienza, definire una strategia e fornire informazioni in merito alla causa.

La tecnologia ha ottimizzato e innovato il lavoro dell’avvocato, soprattutto grazie ai software. Programmi super intuitivi sono in grado di archiviare, amministrare, gestire e comunicare, consentendo di risparmiare tempo e denaro.

Più tempo, più qualità

Utilizzare il proprio smartphone al fine di controllare una sentenza oppure verificare il proprio orientamento giurisprudenziale permette di svolgere l’attività in pochi istanti, senza dover per forza andare fisicamente in tribunale.

Non ne giova solo la professione, ma soprattutto i clienti, che incontreranno avvocati che possono dedicare loro più tempo, raggiungendo gli obiettivi molto più in fretta.

Un avvocato può puntare sul miglioramento qualitativo del lavoro e sui servizi forniti al fine di contraddistinguersi dalla concorrenza ed essere il preferito dai clienti. Il legale sfrutterà la versatilità della tecnologia per riuscire a svolgere il proprio lavoro in forme differenti, andando a fornire servizi oltre confine e facendosi conoscere grazie alla propria preparazione.

Avvocati di ieri e avvocati di oggi

L’avvocato di oggi si differenzia da uno antico, soprattutto perché racchiude tutto il suo mestiere nello smartphone: non solo lavorando, ma interagendo con clienti e con colleghi.

Nello smartphone, in particolar modo, è presente gran parte della vita dell’avvocato, e utilizzarlo nel migliore dei modi significa avere tra le mani uno strumento molto potente.

Con lo smartphone puoi accelerare i compiti in poco meno di metà giornata, con messaggi, videochiamate e strumenti appositi per inviare e ricevere documenti.

Il vero potere sta proprio nella possibilità di gestire il lavoro, non seguendo le esigenze degli altri ma attraverso l’adozione di criteri di ottimizzazione e di efficienza che rendono profittevole l’attività.

Con Giustizia Servicematica puoi accedere agli eventi di agenda, alle scadenze termini e alle tue udienze.
Dal tuo smartphone potrai scaricare i fascicoli e i documenti telematici, accedere al servizio Visure e chiedere assistenza, al nostro servizio helpdesk.

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I dati online sono monetizzabili

Truffa dello skimmer: attenzione alla clonazione del bancomat

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I dati online sono monetizzabili

I dati online sono monetizzabili. Lo stabilisce il regolamento Ue sui servizi digitali, il Digital Service Act, DSA, n. 2022/2065.

Con il regolamento si procede con la modifica della direttiva 2000/31, disciplinando la monetizzazione dei dati sotto due diversi profili: uno positivo, in quanto argomento dei futuri codici condotta riguardo le pubblicità online e uno in negativo, ovvero il divieto della monetizzazione per chi carica online contenuti illegali o contrari alle policy delle piattaforme.

La prospettiva del DSA è la monetizzazione dei dati, e non quella dell’utilizzo dei dati in quanto corrispettivi di servizi o di beni. Il problema si pone in relazione all’utilizzo dei dati nel ciclo produttivo con lo scopo di trarne profitto online.

Il DSA vuole disciplinare le attività dei provider, dei motori di ricerca e delle piattaforme online. Un aspetto interessante è l’invio di proposte commerciali che online potrebbero essere molto invasive, basandosi sulla schedatura delle persone.

A tal riguardo, l’art. 46 si appella all’autoregolamentazione dei protagonisti della catena comunicativa del marketing online, ovvero utenti e fornitori di servizi. Nell’articolo vengono indicati i temi che devono essere affrontati nei codici di condotta, come l’informazione riguardo la monetizzazione dei dati.

In ogni caso, non viene precisato a quali dati ci si riferisca, e questo potrebbe condurre ad interpretazioni che vadano ad includere dati sensibili. Tutto questo trova conferma proprio dal fatto che è lo stesso DSA ad escludere la possibilità di fare delle profilazioni pubblicitarie utilizzando specifici tipi di informazioni personali.

Nel Regolamento viene spiegato come «i codici di condotta dovrebbero inoltre includere misure volte a garantire che le informazioni significative sulla monetizzazione dei dati siano adeguatamente condivise lungo tutta la catena del valore».

Assumendo che i dati siano monetizzabili, anche i codici etici dovrebbero rendere completamente trasparenti tali operazioni. Nel DSA si parla della monetizzazione ma anche della demonetizzazione: «La monetizzazione – grazie agli introiti pubblicitari – delle informazioni fornite dal destinatario del servizio può essere limitata mediante la sospensione o la soppressione del pagamento in denaro o degli introiti connessi a tali informazioni».

Dunque, la demonetizzazione rientra all’interno delle attività che vengono svolte dai prestatori dei servizi intermediari che mirano a contrastare i contenuti illegali e le informazioni considerate incompatibili con le condizioni generali esposte all’art. 3.

Dato che sono misure che hanno effetti negativi, nel DSA vengono imposte alle piattaforme online alcuni meccanismi di reclamo contro le decisioni che vanno ad indicare se limitare, sospendere o cessare la capacità di monetizzazione delle informazioni che vengono fornite dai destinatari.


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Truffa dello skimmer: attenzione alla clonazione del bancomat

Amazon ha reso possibile il pagamento con il palmo della mano

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Truffa dello skimmer: attenzione alla clonazione del bancomat

Se il nostro Bancomat dovesse essere rifiutato da uno sportello automatico, probabilmente, il nostro primo pensiero andrebbe a qualche malfunzionamento. Tuttavia, non tutti sanno che questo potrebbe essere il sintomo di una truffa molto sofisticata, che consiste nella clonazione del bancomat della vittima.

Nel quartiere romano Monteverde un cliente ha recentemente subito una truffa al bancomat per un importo corrispondente a 1.000 euro. Il cliente in questione, tentando di prelevare dal suo sportello bancario, si è visto rifiutare il bancomat dalla macchina.

La sua prima sensazione è stata quella di un malfunzionamento dello sportello, anche se nei giorni successivi si è reso conto di un prelievo non autorizzato dal proprio conto.

Lo skimmer è un dispositivo destinato a scopi malevoli, che viene nascosto nella fessura del bancomat per registrare i dati della carta e del pin, consentendo la clonazione. Una volta ottenuti i dati, il criminale potrà prelevare da tutti gli sportelli.

Il cliente, visto il comportamento sospetto del bancomat, ha deciso di avvertire immediatamente la banca. La risposta dell’operatrice è stata parecchio rassicurante: «Non si preoccupi, è tutto a posto», ma in realtà non era per niente tutto a posto, visto che 1.000 euro sono stati prelevati senza che il cliente si fosse mai avvicinato al bancomat.

La vittima, dopo essersi accorta del raggiro, ha subito contattato la banca, che inizialmente ha deciso di riaccreditare l’importo. Dieci giorni dopo, tuttavia, l’istituto di credito ha deciso di riprendersi i soldi, poiché non erano presenti operazioni sospette.

Truffa dello skimmer: aumentano le vittime

Il cliente quindi ha deciso di rivolgersi alla polizia postale, e qui ha scoperto di non essere l’unica vittima della truffa dello skimmer, visto che tante altre persone sono state truffate in questo modo nel corso degli ultimi mesi.

Questi dispositivi sono molto sofisticati, ma soprattutto è molto semplice installarli negli sportelli automatici: le vittime si accorgono dei danni dopo giorni, quando il furto è già avvenuto e i soldi sono stati rubati.

Come riconoscere la truffa

Riconoscere uno skimmer potrebbe non essere semplicissimo per i non addetti ai lavori, visto che tali dispositivi sono progettati per somigliare il più possibile all’originale fessura del bancomat. In ogni caso, potrebbero esserci alcuni segnali utili.

Per esempio, se notiamo che ci sono adesivi o parti sovrapposte, un lettore di carte troppo spesso, se incontriamo difficoltà nell’inserire la carta o lentezza dell’apparecchio, forse è meglio non utilizzare lo sportello e avvisare subito la banca.

Che cosa fare

Nel caso specifico, l’istituto bancario ha rimborsato l’intero importo alla vittima, cambiando direzione all’ultimo minuto. Il problema è che le banche, dinanzi a truffe così sofisticate, hanno molta difficoltà nell’individuare le operazioni fraudolente. L’onere della prova ricade sulla vittima-cliente, che deve essere capace di dimostrare che ha custodito la propria carta senza rivelare a nessuno i suoi codici d’accesso.

In questi casi è importantissimo rivolgersi alle autorità competenti, per far luce sulla questione, ottenere il rimborso dovuto e contribuire alla lotta contro queste truffe.


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Amazon ha reso possibile il pagamento con il palmo della mano

Giustizia: carenze organico in tutta Italia

pagamenti amazon one

Amazon ha reso possibile il pagamento con il palmo della mano

Amazon ha messo a disposizione il servizio Amazon One, che dà la possibilità di pagare mostrando semplicemente il palmo della mano sullo scanner.

L’opzione era già disponibile in 200 dei 500 punti vendita di Whole Foods, ovvero una catena di supermercati USA acquisita dal colosso dell’e-commerce nel 2017 per 13 miliardi di dollari. Ora, il servizio verrà esteso in tutti i punti vendita.

Ma che cos’è il servizio Amazon One? Si tratta si un sistema di pagamento contactless, che, tramite la scansione del palmo della mano, con un lettore ottico permette di procedere con un acquisto. Oltre al dispositivo che legge la mano, a rendere possibile tutto questo troviamo un algoritmo customizzato, che si basa su dati biometrici.

Per registrarsi in uno dei punti vendita, i clienti dovranno soltanto inserire i dati della propria carta di credito, mostrando il palmo della mano allo scanner, affinché gli elementi vengano abbinati.

Amazon One è disponibile attualmente in più di 200 punti vendita Whole Foods, ma nei prossimi mesi verrà esteso in tutti gli altri punti vendita, visto che ha già registrato 3 milioni di utilizzi. Anche Panera Bread, una catena di ristoranti, ha cominciato ad installare questi terminali in alcuni punti vendita.

Amazon One si pone l’obiettivo di velocizzare i processi di pagamento e di identificazione, consentendo ai clienti di collegarsi e di accedere senza problemi ai programmi di fidelizzazione, verificando l’età e fornendo un accesso sicuro.

Firma del palmo

Amazon ha riferito di aver stretto accordi con Discover, American Express, Visa, MasterCard e le principali banche degli USA al fine di consentire ai titolari l’utilizzo di Amazon One. Per Amazon, questo sevizio è decisamente più sicuro, visto che l’unicità del palmo della mano di un individuo non può essere replicata in alcun modo da altri clienti.

Amazon One «non utilizza le immagini grezze del palmo della mano per identificare una persona», ma «analizza sia il palmo che la struttura della vena sottostante per creare una rappresentazione numerica e vettoriale unica, chiamata ‘firma del palmo’, per la corrispondenza dell’identità».

Dove finiscono i dati

La domanda è scontata: che fine fanno questi dati?

Per Amazon i dati biometrici dei clienti si trovano al sicuro, archiviati e protetti in un server Amazon. Ma alcuni esperti in materia di privacy hanno sollevato alcuni dubbi a riguardo.

Per esempio, nel 2021 alcuni senatori statunitensi hanno scritto all’azienda per riuscire ad ottenere chiarimenti su questo tipo di tecnologia e sul modo in cui Amazon avrebbe utilizzato i dati dei consumatori, per il tracciamento e per la pubblicità.

Amazon, oltre a precisare che non condivide tali dati con parti terze ha risposto che «i dati del palmo di Amazon One non vengono utilizzati da Amazon per scopi di marketing e non vengono acquistati o venduti ad altre società per scopi pubblicitari, di marketing o per qualsiasi altro motivo».

Di recente, tuttavia, Techcrunch ricorda come Amazon stia «affrontando una class action per non aver fornito un avviso adeguato ai sensi di una legge sulla sorveglianza biometrica di New York, in relazione all’uso dei suoi lettori Amazon One nei negozi Amazon Go».


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Giustizia: carenze organico in tutta Italia

Cosa sta succedendo con il reddito di cittadinanza?

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Giustizia: carenze organico in tutta Italia

In Italia, il settore giustizia vede una scopertura di organico del 22%. Dunque, mancano 9.739 operatori all’appello su 43.468, ovvero il totale della dotazione organica pubblicato online sul sito del ministero.

La carenza riguarda tutto il Paese, e i numeri sono stati illustrati dal ministero della Giustizia, che il 26 luglio ha pubblicato un interpello nazionale ordinario, in cui vengono comunicate le sedi a disposizione per la mobilità dei dipendenti.

Sul sito, dunque, sono disponibili tutte le schede delle regioni, tranne nel caso del Trentino cha ha una contabilità interna.

Tutte le regioni hanno dei ruoli scoperti: i dati peggiori si registrano in Lombardia, con 1.222 posti scoperti, Campania con 1.151 e Lazio con 1.104 posti mancanti.

Nel Lazio, una scheda è riservata agli Uffici centrali, che si trovano tutti nella capitale e contano carenze per 462 posti: si tratta del personale dei tribunali, dei giudici di pace, delle procure, del ministero e della Cassazione.

L’unica regione che ha un numero a doppia cifra è il Molise, che conta 97 posti mancanti. In Veneto sono scoperte 474 unità e in Emilia-Romagna 465: tra le regioni più grandi, sono quelle che sono messe meglio.

Tali scoperture di organico hanno recentemente interessato tutta l’agenda del governo, in particolare attraverso due decreti dedicati alla PA, sbloccando i concorsi nei mini-enti.

Inoltre, è arrivata la comunicazione da parte del ministero della giustizia dell’apertura di 7 nuovi uffici periferici: 333 assunti a Milano, Torino, Firenze, Venezia, Napoli, Roma e Palermo. Dal prossimo autunno, inoltre, varranno banditi dei concorsi per diversi profili professionali, con scorrimenti di graduatoria.

Leggiamo nella nota diffusa: «Si tratta di un importante passo in avanti verso l’attuazione di un reale decentramento amministrativo, per una maggiore vicinanza del ministero della giustizia ai territori».


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Cosa sta succedendo con il reddito di cittadinanza?

Una chiavetta che cancella all’istante tutti i dati del nostro device

reddito cittadinanza

Cosa sta succedendo con il reddito di cittadinanza?

Dal 1° agosto cambieranno le regole riguardo il reddito di cittadinanza. Già a partire da venerdì scorso, tanti degli attuali percettori del reddito hanno ricevuto un sms da parte dell’INPS per informarli che avrebbero smesso di ricevere il sussidio.

Si tratta di tutte quelle persone che per il governo sono in grado di lavorare, e che a partire da agosto potranno ricevere un sussidio un po’ più piccolo frequentando corsi di formazione per il lavoro. Secondo le stime, 169mila famiglie hanno già ricevuto questa comunicazione.

Infatti, nel fine settimana ci sono state varie proteste, visto che tante persone non avevano idea che avrebbero perso il sussidio; inoltre, le opposizioni e i sindacati hanno criticato il modo in cui è stato comunicato ai percettori, ovvero senza spiegazioni e con poco preavviso.

Della riforma del reddito si parla da mesi, ma gran parte delle persone coinvolte si trovano in gravi condizioni di indigenza, e non sembrano essere necessariamente informate rispetto alle decisioni prese dal governo.

Secondo gli ultimi dati raccolti dall’INPS, a giugno 895mila nuclei familiari hanno ricevuto il reddito di cittadinanza, ovvero 2 milioni di persone. L’attuale governo è sempre stato molto critico nei confronti del reddito, strumento introdotto nel 2019 da Lega e M5S.

I partiti della maggioranza sostengono, da sempre, che il reddito non abbia incentivato in alcun modo i percettori con possibilità di lavorare a farlo seriamente, e che, dunque, la misura faccia parte della concorrenza per quanto riguarda i lavori poco retribuiti.

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Con le nuove norme il reddito verrà sostituto da due strumenti. Il primo è l’assegno di inclusione, che entrerà in vigore il prossimo gennaio per le famiglie considerate più fragili, ovvero quelle in cui è presente un minore, una persona con disabilità o una persona con più di 60 anni.

Gli altri nuclei familiari, invece, hanno almeno una persona in grado di lavorare, e sono loro che stanno ricevendo gli sms da parte dell’INPS. Per loro la misura si chiamerà Supporto per la formazione e il lavoro, sarà meno consistente, con dei vincoli molto più stringenti e durerà al massimo un anno.

Come funziona l’assegno di inclusione

Per richiedere l’assegno di inclusione le famiglie devono dimostrare di avere un ISEE inferiore a 9.360 euro. Inoltre, bisogna avere un patrimonio mobiliare inferiore a 6mila euro.

Le regole, comunque, restano le stesse del reddito. L’importo massimo sarà di 500 euro per una persona single, a cui si possono aggiungere 280 euro destinati all’affitto. L’importo e i limiti varieranno a seconda di come è composta la famiglia.

L’assegno di inclusione potrà essere erogato per 18 mesi, anche se c’è la possibilità di rinnovo nei periodi successivi di 12 mesi. A precedere ogni rinnovo almeno un mese di sospensione.

E’ stato abbassato da 10 a 5 anni il tempo minimo di residenza in Italia per la richiesta. 733mila famiglie potranno, potenzialmente, beneficiare di questa misura.


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Una chiavetta che cancella all’istante tutti i dati del nostro device

Cybersecurity: l’Italia è debole su tecnologie e software

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Una chiavetta che cancella all’istante tutti i dati del nostro device

Redkey Usb V5 è un piccolo accessorio, progettato per rendere l’operazione di cancellazione dei dati salvati su pc, tablet e smartphone più semplice e rapida possibile. Un accessorio comodo da utilizzare anche per chi non ha particolari competenze informatiche.

Non richiede, inoltre, alcun piano di abbonamento, e dunque il sistema è pronto e operativo per poter essere utilizzato in maniera illimitata dopo l’acquisto.

Cancellare i dati su un dispositivo risulta necessario quando si vende il proprio pc portatile, lo smartphone o il tablet; ma anche quando bisogna restituire un apparecchio concesso in comodato d’uso, o quando si procede con la donazione di un device ad un’associazione benefica.

Ad ogni modo, a prescindere dal motivo originario, ripristinare i dati di fabbrica è un’opzione presente in tutti i sistemi operativi, anche se potrebbe risultare insufficiente se si ricerca la massima tranquillità.

In questo scenario, Redkey Usb V5 è una soluzione efficace e definitiva. Basta inserirlo nella porta usb del dispositivo e la procedura si avvia in maniera automatica, ripulendo tutto bene in profondità.

Il dispositivo risulta essere compatibile con praticamente qualsiasi dispositivo. Ci sono diverse versioni di Redkey Usb V5: si parte dalla versione di base, quella più economica, che costa 37 euro e si arriva alla versione Ultimate di 93 euro.

Possiamo finanziare il progetto, se vogliamo, su Kickstarter: le spedizioni cominceranno nel dicembre 2023 in ogni zona del mondo.


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Aziende ed istituzioni italiane hanno imparato che devono assolutamente prendere precauzioni contro i cybercriminali così come da alcuni governi.

Si pensi alle violazioni per scopi di spionaggio informatico messi in atto da Stati come Russia, Cina e Corea del Nord, anche se non mancano operazioni del genere da parte di nazioni considerate alleate.

Nel 2013 Edward Snowden aveva rivelato, per esempio, i dettagli del progetto Echelon, un’infrastruttura americana che doveva sorvegliare la Rete, anche se ci sono dei casi molto più eclatanti. Nel 2020 è emersa l’operazione Rubicone, ovvero un piano messo a punto dalla CIA per consentire a Germania e USA di spiare gli Stati di tutto il mondo attraverso un software molto utilizzato dai ministeri italiani.

Nel 2017, in Germania, avvenne un altro scandalo, che vedeva gli USA nel ruolo di spia nei confronti degli alleati.

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Per riuscire a costruire un’infrastruttura di Cybersicurezza efficace, bisogna ricorrere ad un gran numero di tecnologie e di prodotti: in Italia, l’offerta in tal senso è scarsa, quasi nulla. Anche se non è un problema di competenze o capacità.

Nel 2014 è nata Yoroi, un’azienda italiana che produce una gran quantità di software con funzioni che migliorano le performance degli analisti che combattono gli attacchi. Ermes Cyber Security, invece, è un’azienda di sicurezza informatica torinese, che ha creato una piattaforma di Browser security, unica in Europa nel suo genere.

Il prodotto consente agli utenti la navigazione in tutta sicurezza, evitando accuratamente le minacce che lo aggrediscono dal web, andando a filtrare dal phishing ai siti malevoli che portano a scaricare i malware.

Potremmo andare avanti con l’elenco delle aziende importanti nel settore (si pensi a SGBox e ad Endian); non è un problema economico, visto che quando un’azienda ha un progetto molto interessante, dimostrando anche di avere le capacità di portarlo avanti, i fondi non tardano ad arrivare.

Nonostante tutte le eccellenze, esistono delle aree che riguardano la sicurezza informatica che risultano scoperte, o comunque non del tutto attive, nelle quali troviamo soltanto aziende di piccole dimensioni che non sono riuscite ancora ad affermarsi.

Per esempio, due aree con un urgente bisogno di un player italiano sono quelle dell’IAM, Identity Access Management e del CIAM, Customer Identity Access Management. Gran parte delle violazioni informatiche avviene attraverso la violazione delle credenziali d’accesso.

Tecnologie del genere potrebbero fare la differenza tra attacco riuscito e attacco sventato. Tuttavia, in Italia nessuno punta su questo settore. Tale situazione costringe le aziende italiane a utilizzare prodotti esteri, sui quali non si ha un vero e proprio controllo.

Anche se i casi di violazioni informatiche e spionaggio sono rari, un’infrastruttura che protegge risorse strategiche non dovrebbe essere messa in condizione di correre rischi vista la mancanza di alternative affidabili al 100%.


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Cassa Forense: bando per la frequenza di corsi di alta formazione professionale

Cassa Forense, nelle iniziative dedicate al sostegno della professione, ha deciso di stanziare 1.500.000,00 euro per un bando per frequentare corsi di alta formazione professionale, in merito all’esercizio dell’attività forense.

Al bando possono partecipare Avvocati e Praticanti che al 27 luglio 2023 risultino regolarmente iscritti a Cassa Forense, oppure con procedimento d’iscrizione in corso, che non siano né sospesi o cancellati. Esclusi, invece, i titolari di pensione di vecchiaia.

Il contributo erogato sarà pari ad un massimo di 5.000,00 euro, ovvero il 50% della spesa, per frequentare un master/corso/scuola di specializzazione o di perfezionamento che duri almeno 30 ore, che deve concludersi entro il 2023.

I partecipanti dovranno essere in regola con tutte le comunicazioni reddituali a Cassa Forense nel loro periodo d’iscrizione. La domanda dovrà essere inviata entro il giorno 18 gennaio 2024, attraverso la procedura online presente su www.cassaforense.it.

I contributi verranno erogati sino ad esaurimento dello stanziamento attraverso una graduatoria inversamente proporzionale per quanto riguarda l’ammontare del reddito netto professionale.


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