Titolare Effettivo, Tar Lazio: sospeso obbligo comunicazione

Con l’ordinanza n. 8083 del 7/12/2023, il Tar Lazio ha sospeso l’efficacia del decreto del 29 settembre 2023 «Attestazione dell’operatività del sistema di comunicazione dei dati e delle informazioni sulla titolarità effettiva».

Il provvedimento del Ministero, pubblicato in GU lo scorso 9 ottobre, è ufficialmente entrato in vigore oggi, lunedì 11 dicembre 2023, obbligando a comunicare i nomi dei titolari effettivi dei trust, delle società fiduciarie e di istituti affini a trust e camere di commercio.

Sono state accolte, dunque, le istanze avanzate da Assofiduciaria.

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Il processo di individuazione del titolare effettivo si basa sulla normativa riguardante la prevenzione del riciclaggio. Spiega l’Avvocato Vittorio Provera: «In sintesi ed avuto riguardo alle persone giuridiche, il titolare effettivo è la persona fisica o le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente ovvero il relativo controllo».

Prosegue: «Per le società, in particolare, sarà richiesta l’entità della partecipazione detenuta dal titolare effettivo. Qualora non sia possibile individuare un titolare effettivo sulla base di tali criteri, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche titolari dei poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione della persona giuridica».

Per lo studio legale internazionale Cms, tale adempimento potrebbe impattare su più di un milione di imprese italiane, dunque potrebbe comportare «possibili rischi in termini di sanzioni e responsabilità, anche penali».

Secondo la IV Sezione del Tar, le «articolate censure formulate dal ricorrente involgono anche questioni di compatibilità eurounitaria». Considerando il periculum in mora, ritiene «meritevole di tutela l’interesse della parte ricorrente al mantenimento della res adhuc integra sino alla definizione del giudizio nel merito», sospendendo quindi l’efficacia del dm in questione.

È stata fissata per il 27 marzo 2024 l’udienza pubblica per la trattazione del merito del ricorso.


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Falso avvocato: ecco come funziona la truffa

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Una donna anziana di 82 anni residente a Firenze è stata truffata da un finto avvocato, che è riuscito a sottrarle 10mila euro. Il caso ha riportato alla luce la truffa del falso avvocato, che approfitta della buona fede delle persone, soprattutto se anziane.

Nel primo pomeriggio, un complice del truffatore ha contattato il marito della donna, chiedendo se potesse ritirare una raccomandata alla stazione dei Carabinieri. Successivamente, il presunto avvocato si sarebbe presentato direttamente a casa della donna, raccontandole una storia tanto drammatica quanto convincente.

Il truffatore avrebbe raccontato che la figlia era rimasta vittima di un incidente stradale, che era finita in grossi guai e che per questo aveva bisogno di 8mila euro. La storia risultava molto più credibile soprattutto grazie all’aiuto di un complice e di alcune telefonate false.

L’anziana vittima ha detto di non aver soldi in casa: in quel momento, il finto avvocato ha fatto finta di essere in contatto con i Carabinieri e con il marito, che le ha fornito indicazioni circa la presenza di grosse somme di contanti dentro casa.

L’anziana, completamente sotto choc e molto preoccupata per come stava la figlia, ha invitato il truffatore a cercare questo denaro con lei. Il truffatore, non trovando alcuna banconota, è riuscito a farsi consegnare gioielli preziosi, anche gli anelli che indossava.

Il finto avvocato, assieme ad un bottino di 10mila euro, è scappato, è l’anziana ha compreso la situazione soltanto quando è arrivato il marito.

La truffa del falso avvocato è efficace soprattutto grazie alla sensazione di fiducia che suscita nelle persone. I truffatori studiano attentamente le dinamiche familiari delle vittime prima di colpirle, creando le condizioni adatte affinché possano risultare credibili e rendendo le vittime molto vulnerabili.

Si tenta di creare un diversivo per poter lasciare da sola una persona dentro casa. Poi, viene raccontata una storia che fa preoccupare la vittima: per questo motivo, la persona truffata entra completamente nel panico e fatica a pensare lucidamente.

La vittima si fida del malvivente, grazie a manipolazioni di tipo emotivo, e viene indotta a credere che la soluzione migliore al problema sia consegnare la grande somma di denaro richiesta.

Tutti potrebbero diventare vittima di truffa. È necessario sospettare sempre di chiunque, soprattutto nel caso in cui venga richiesto del denaro; è opportuno anche non fare entrare sconosciuti in casa e non dare oggetti di valore e soldi a nessuno.


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Spid: il 61% degli italiani ne è in possesso, anche se frenano le attivazioni

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Il Consiglio dell’Unione Europea e il Parlamento sono riusciti a trovare un accordo per l’approvazione dell’AI Act, la prima legge in assoluto che regolamenta l’utilizzo e lo sviluppo dei sistemi di IA. Lo scopo della legge è quello di indicare quali sono gli usi consentiti e quali sono quelli vietati per quanto concerne la tutela della privacy dei cittadini Ue.

Dopo aver trovato un accordo di tipo politico, il testo verrà perfezionato dai tecnici, che scriveranno la versione ultima della legge. Successivamente, verrà approvato dal Consiglio e dal Parlamento Ue.

La proposta era stata avanzata dalla Commissione Ue già nel 2021; tuttavia, ha richiesto tantissimo tempo, soprattutto perché c’è stato un enorme sviluppo tecnologico negli ultimi due anni. Tutto questo ha costretto l’Ue a tenere in considerazione di nuove problematiche di un settore che si sta espandendo velocemente, ma senza delle regole precise.

L’iniziativa avanzata dalla Commissione copre vari ambiti e applicazioni dell’IA: per esempio, si tratta il tema delle assunzioni del personale, ma anche degli algoritmi che governano le auto a guida autonoma, così come dei sistemi di riconoscimento facciale.

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Il riconoscimento facciale è stato completamente vietato, tranne nei casi in cui sussista una minaccia per un attacco terroristico, per ricercare delle vittime e nel corso di indagini importanti (sequestri, omicidi, violenza sessuale).

Non sarà permesso, inoltre, utilizzare delle tecnologie al fine di calcolare il «punteggio sociale» degli individui. Si tratta di una pratica molto diffusa in Cina, visto che a tutti i cittadini vengono assegnati dei punti a seconda dei loro comportamenti.

Vietati anche i sistemi per il riconoscimento biometrico che si basano su dati sensibili, quali religione, idee politiche e orientamento sessuale. Non potranno nemmeno essere utilizzate immagini prese dal web al fine di creare un database per il riconoscimento facciale.

Divieto di riconoscere le emozioni negli ambienti scolastici e nei posti di lavoro, ma anche di sviluppare algoritmi capacci di manipolare i comportamenti degli individui.

Nella legge si descrive anche un’IA ad alto impatto, ovvero sistemi che hanno una grandissima potenza di calcolo. Per il momento, soltanto ChatGPT rientra nella categoria, che dovrà impegnarsi nel rispettare regole riguardanti la trasparenza nei processi per l’addestramento dell’IA e della condivisione della documentazione tecnica.


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36,4 milioni di cittadini, ovvero il 61% della popolazione, ha attivato il sistema di identità virtuale SPID, che permette l’accesso ai servizi online della PA.

Nonostante l’alta aderenza al servizio, nel 2023 il tasso di crescita delle attivazioni è rallentato, rendendo difficile rispettare l’obiettivo stabilito dal Pnrr di raggiungere, entro giugno 2026, 42,3 milioni di identità digitali.

I dati sono stati raccolti grazie ad una ricerca svolta dal Politecnico di Milano, dall’osservatorio Digital Identity.

36,4 milioni di cittadini maggiorenni, secondi l’analisi svolta, sono in possesso di Spid, registrando, nel 2022, accessi pari ad oltre un miliardo. Tuttavia, nonostante i numeri, la crescita delle attivazioni di Spid per l’accesso ai servizi della PA sta rallentando.

Da gennaio a novembre 2023 si è registrato un incremento del 9%, mentre nell’anno precedente si è registrato un aumento del 23%.

Secondo i dati raccolti, 39,3 milioni di cittadini possiedono la carta d’identità elettronica, e nel corso di un solo anno i rilasci di questo documento sembrano essere aumentati del 23%, anche se, la versione digitale della Cie, è fortemente sottoutilizzata, con soltanto 4 milioni di utenti che la utilizzano per l’accesso ai servizi online.

In ogni caso, il rallentamento è stato osservato anche negli altri Paesi. In Svezia e Norvegia, i sistemi di identità digitale hanno raggiunto l’80% della popolazione; tuttavia, i simili all’Italia hanno rallentato la spinta della pandemia.

Per esempio, in un anno in Francia l’identità digitale è salita dal 60% al 61%, in Belgio si è passati dal 56% al 58% mentre in Portogallo soltanto il 54% della popolazione ne è in possesso.

In ogni caso, per Giorgia Dragoni, direttrice dell’Osservatorio Digital Identity, «il 2023, per l’identità digitale si può riassumere in due parole chiave: evoluzione e sperimentazione. Continua il processo di consolidamento dei sistemi lanciati negli scorsi anni nei vari Paesi europei e aumentano le possibilità di utilizzo nel mondo digitale e fisico».

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Il CNF, con il parere n. 39/2023, come risposta ad un quesito avanzato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trento, afferma che per un docente universitario che risulta iscritto nell’elenco speciale non è obbligatorio l’adempimento della stipula assicurativa.

Nel caso in cui un docente eserciti la professione, nonostante i limiti prestabiliti dall’Ordinamento Universitario, sarà soggetto a tali limiti e all’obbligo di stipula dell’assicurazione.

Secondo l’art. 12 della legge n. 34/2012, «L’avvocato ha l’obbligo di stipulare polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile che deriva dall’esercizio della professione, compreso quella per la custodia di documenti, somme di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito dai clienti».

Dunque, professori e ricercatori universitari a tempo pieno, iscritti nell’elenco presente all’art. 15 della legge 247/2012, con status giuridico indicato nel quesito, potranno svolgere un’attività professionale nei limiti previsti dall’Ordinamento Universitario.

Nello specifico, lo stesso Ordinamento Universitario preclude l’esercizio dell’attività professionale. Dunque, i soggetti interessati non hanno alcun obbligo di stipula della polizza assicurativa, visto che alla radice manca il presupposto del rischio assicurativo.


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La “bocciatura” all’esame conclusivo di Scuola Forense, che è obbligatorio per essere ammessi all’esame per l’abilitazione alla professione forense, dovrà essere impugnata di fronte al Tar, e non dinanzi al CNF.

Rientrano all’interno della giurisdizione del CNF le controversie relative al rilascio del certificato di compiuto tirocinio, tenendo presente comunque che il Consiglio non potrà annullare il rifiuto di compiuta pratica del COA, fondato sulla valutazione da parte di Scuola Forense.

Lo chiarisce il CNF, con la sentenza n. 257 del 24 novembre 2023.

Ai fini dell’ammissione, oltre allo svolgimento regolare del tirocinio professionale, gli avvocati praticanti regolarmente iscritti al Registro dal 1° aprile 2022 dovranno seguire un corso obbligatorio di durata minima di 160 ore, che dovrà svolgersi nel corso dei 18 mesi di tirocinio.

Tutti i corsi saranno tenuti dal Consiglio dell’Ordine, anche attraverso le Scuole Forensi, così come dalle associazioni forensi idonee e da altri soggetti previsti dalla legge. I contenuti, per poter garantire omogeneità nella preparazione e nel giudizio su tutto il territorio nazionale, potranno essere strutturati con libera determinazione, ma pur sempre tenendo presente le linee guida fornite dal CNF.

La partecipazione positiva ai corsi obbligatori per i praticanti avvocati presuppone la frequenza di circa l’80% delle lezioni, così come il superamento di due verifiche che permettono l’accesso ad esame conclusivo, che, se non verrà superato, non consentirà il rilascio del certificato di compiuto tirocinio. Ciò implica, inoltre, la ripetizione dell’ultimo semestre di formazione, con verifica relativa.

Se è vero che le Scuole Forensi non hanno una personalità giuridica autonoma, e sono riferibili direttamente ai Consigli dell’Ordine, per quanto concerne i corsi obbligatori per gli avvocati praticanti, l’impugnazione della valutazione dell’esame conclusivo che viene eseguita dalle Scuole Forensi fa parte della giurisdizione del Tar, e non del Cnf.

Le controversie, invece, che hanno per oggetto il rilascio oppure il diniego del certificato del tirocinio sono compito della giurisdizione speciale del CNF. Leggiamo: «Non vi è dubbio che la giurisdizione di questo Consiglio sussista con riferimento al diniego del certificato di compiuta pratica. Nella materia della tenuta dell’Albo e dei relativi Registri, infatti, il Consiglio Nazionale Forense ha giurisdizione generalizzata».

Il CNF non potrà annullare il diniego della pratica del COA, che si basa sulla valutazione della Scuola Forense per il mancato superamento dell’esame finale previsto dal corso obbligatorio per praticanti.

Il difetto di giurisdizione rilevato sugli atti della Scuola Forense non funge da impedimento per il giudice naturale di disapplicare l’illegittimo provvedimento amministrativo, che costituisce il presupposto dell’atto impugnato, sul quale il giudice naturale ha esclusiva giurisdizione.

In ogni caso, anche la richiesta della tutela cautelare è stata presentata in mancanza di presupposti, non tenendo presente l’invocata d’urgenza. Il provvedimento anticipatorio della sentenza, ovvero il rilascio del certificato della pratica, richiesto dalla ricorrente, «al fine di consentire alla ricorrente di perfezionare la propria domanda di iscrizione all’esame per la sessione 2023/2024» non avrebbe utilità.

Infatti, la scadenza per presentare la domanda d’iscrizione è stata fissata all’11 novembre 2023, ovvero successivamente alla proposta di ricorso. «L’atto lesivo, ovvero il mancato rilascio del Certificato, ha difatti esaurito i suoi effetti negativi senza che il provvedimento del giudice possa rimediarvi».


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Un avvocato, a seguito dello svolgimento della sua professione in una procedura fallimentare, e dopo aver richiesto la liquidazione dei suoi compensi a seconda di quanto definito giudizialmente, ha deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione per contestare la decisione presa dal Tribunale di Brescia, che rifiutava altre richieste di compenso da parte dell’avvocato.

Con l’ordinanza n. 32558/2023, la Cassazione conferma che la determinazione degli onorari dell’avvocato nel corso di una procedura fallimentare corrisponde ad un atto giurisdizionale autonomo, che risulta separato dalle decisioni riguardanti le spese processuali.

Basandosi su tale presupposto, la Corte ribadisce un principio fondamentale, cioè che la determinazione degli onorari che il cliente doveva all’avvocato non è determinato dalle disposizioni del giudice, che troviamo nella sentenza che ha condannato la controparte agli onorari e alle spese di causa.

Tale distinzione è decisiva poiché l’obbligo del pagamento degli onorari da parte del cliente ha fondamento nel contratto della prestazione dell’opera. Per quanto concerne la parte soccombente, invece, l’obbligo risulta collegato al principio di causalità nei confronti dell’esito del procedimento legale.

Si sottolinea anche che, con il passaggio dal sistema tariffario al sistema dei parametri (legge 241/2012), se non concordato per iscritto tra avvocato e cliente, l’importo del compenso verrà determinato sulla base dei parametri stabiliti dal D.M. 55/2014.

Nello specifico, le spese processuali sono state liquidate in modo maggiore rispetto a quanto è stato indicato dal giudice delegato, consentendo all’avvocato di richiedere una somma aggiuntiva per il lavoro svolto.

La Corte concorda che tale somma extra avrebbe dovuto essere liquidata poiché la prestazione era vantata dalla massa fallimentare, evitando in tal modo un arricchimento illecito per la procedura fallimentare.

La Cassazione, dunque, accoglie il ricorso che è stato presentato dal professionista.


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Come scaricare i certificati ANPR

Approvata una norma scritta da ChatGPT

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Dal prossimo 11 dicembre gli avvocati potranno scaricare gratuitamente i certificati anagrafici dal sito dell’ANPR, l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente. La nuova procedura semplifica il lavoro legale, rendendo più semplice accedere a documenti molto importanti.

Gli avvocati potranno scaricare 13 tipologie di certificato anagrafico da parte dei cittadini che sono iscritti all’ANPR. Si tratta di documenti quali certificati di nascita, cittadinanza, atti di matrimonio, stato civile e stato di famiglia.

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Per effettuare l’accesso si dovrà procedere con l’autenticazione tramite SPID, CIE o CNS, scegliendo la finalità della richiesta, ovvero uso notifica, stragiudiziale oppure in giudizio, dichiarando inoltre l’intenzione di procedere in quanto esecuzione di un mandato professionale.

Al fine di garantire sicurezza, il sistema procede con la verifica dell’iscrizione dell’Avvocato all’Ordine Forense mediante i sistemi di interoperabilità con l’Albo del CNF.

L’avvocato dovrà inserire i dati identificativi del soggetto per il quale richiederà in certificato, come CF, nome, cognome, data e luogo di nascita.

Invece, per riuscire ad ottenere la data precisa del mandato, l’avvocato potrà utilizzare la marcatura temporale che gli è stata fornita dal fornitore della firma digitale, o, in alternativa, auto-inviandosi una PEC contenente la copia del mandato. Attenzione, perché questo punto è fondamentale affinché la richiesta abbia valenza legale.

L’avvocato, dopo aver effettuato la richiesta, potrà scegliere se scaricare il certificato dal sito dell’ANPR, oppure se riceverlo tramite mail o al proprio domicilio digitale.

Cliccando sopra questo link sarà possibile consultare la guida operativa alla procedura pubblicata dal CNF. 


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Approvata una norma scritta da ChatGPT

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A Porto Alegre, una città brasiliana di circa 1,5 milioni di abitanti, i 36 membri del consiglio comunale hanno approvato una norma che è stata scritta completamente da ChatGPT.

La norma in questione permette ai cittadini di ottenere in maniera gratuita la sostituzione dei contatori dell’acqua che sono stati rubati, ed è ufficialmente entrata in vigore il 23 novembre. Tuttavia, fino a qualche giorno fa, quasi tutti i consiglieri non sapevano che era stata scritta da un software di IA.

Il consigliere che aveva avanzato la proposta della norma, Ramiro Rosário, ha rivelato pubblicamente il fatto durante un’intervista rilasciata al Washington Post. L’atto in questione durerebbe normalmente circa tre giorni; tuttavia, grazie ad un comando testuale di poche centinaia di caratteri, ChatGPT ha svolto il lavoro in 15 secondi.

Il comando inserito recitava: «Scrivi una norma municipale per la città di Porto Alegre, di origine legislativa e non esecutiva, che vieti al Dipartimento municipale dell’acqua e delle fognature di addebitare al proprietario dell’immobile il pagamento di un nuovo contatore dell’acqua in caso di furto».

La proposta avanzata da ChatGPT, secondo Rosário è stata sbalorditiva, poiché conteneva idee che non gli erano ancora passate per la mente, come fissare il termine di 30 giorni per sostituire i contatori rubati.

Il consigliere si dice anche molto ottimista circa il futuro di questo tipo di tecnologia: «Ritorno a quella frase che è già diventata un cliché in questo argomento: nessuno sarà sostituito dall’intelligenza artificiale, ma tutti potremmo essere sostituiti da coloro che sanno come usare l’intelligenza artificiale. Quindi dobbiamo prepararci ad affrontare questo percorso».

Ha aggiunto di aver deciso di aspettare un paio di settimane prima di rivelare la verità, visto che, secondo lui, se l’avesse fatto prima, la proposta non sarebbe mai stata votata. «Molti dei miei colleghi hanno ancora dei pregiudizi contro l’intelligenza artificiale, e non volevo rischiare che una norma utile e giusta non venisse votata solo perché scritta da una chatbot».

Alcuni consiglieri non hanno reagito in maniera positiva alla rivelazione di Rosário: per Hamilton Sossmeier, il presidente del Consiglio, questo potrebbe essere un «pericoloso precedente».


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È stata recentemente segnalata una truffa riguardo ad alcune multe false per il parcheggio. Si tratta di multe che vengono lasciate sul parabrezza delle auto, e sono praticamente identiche alle multe reali.

Tuttavia, si tratta di una multe false, che si presentano su un foglio con sopra il simbolo del Comune, affiancato alla scritta “Notifica di Violazione”. Nelle finte multe è presente anche la targa del veicolo e un messaggio, molto simile a quello di un verbale ufficiale.

È presente, inoltre, un Qr Code, che dovrà essere utilizzato per pagare la “sanzione” di 25 euro, con la proposta di uno sconto del 50% se verrà pagata entro cinque giorni. Si tratta, senza alcuna ombra di dubbio, di un segnale di truffa.

Un altro dettaglio utile a comprendere se la multa che abbiamo ricevuto è falsa è la data che troviamo riportata sul verbale, come 05 dicembre 2024. Una data, ovviamente, improbabile per la ricezione di una multa.

I 25 euro da pagare, così come la promessa di uno sconto del 50% non corrispondono alle tariffe ufficiali, poiché si prevede uno sconto del 30% se il pagamento viene effettuato entro i primi cinque giorni.

Le multe per divieto di sosta, inoltre, non vengono più lasciate sul parabrezza delle auto: ora la notifica arriva sul fascicolo del cittadino, oppure tramite tradizionale copia cartacea.

Se ti accorgi di aver ricevuto una di queste finte multe, procedi immediatamente a segnalare il fatto alle autorità locali, e non seguite le istruzioni riportate per il pagamento!


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