vista esterna di un carcere

OCF: “Piena solidarietà all’avv. Carlo De Stavola per le minacce subite durante il processo sulle violenze nel carcere ‘F. Uccella’”

Roma 21/05/2024 – L’Organismo Congressuale Forense si unisce all’Ordine degli Avvocati di Santa Maria Capua Vetere a sostegno dello stato di agitazione proclamato per i gravi fatti accaduti durante l’udienza del processo sulle violenze avvenute nel 2020 nel carcere “Francesco Uccella”.
Lo scorso 14 maggio presso l’aula bunker del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, l’Avv. Carlo De Stavola, difensore di alcuni degli agenti penitenziari imputati, è stato minacciato durante l’interrogatorio dal teste-detenuto Gennaro Romano, mente era nel pieno svolgimento della sua attività professionale.

«Ti faccio due buchi in testa» la minaccia pronunciata dal teste, che si aggiunge ad un quadro intimidatorio che da tempo mina la serenità del processo, che nel corso delle sue 76 udienze ha già registrato episodi analoghi nei confronti di alcuni legali.
Sulla base di queste considerazioni l’Ordine degli Avvocati di Santa Maria Capua Vetere ha chiesto al Presidente del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, al Presidente della Corte di Appello, al Procuratore Generale, ai Responsabili della sicurezza del Palazzo di Giustizia e a tutte le Istituzioni competenti, di avviare un’indagine per accertare eventuali responsabilità, ed evitare che casi simili si ripetano.
L’Organismo Congressuale Forense sostiene tutte le iniziative necessarie a ribadire l’intangibilità del diritto di difesa, in ogni sua declinazione, nonché tutelare l’onorabilità e l’incolumità degli Avvocati, presidio irrinunciabile del processo.

 


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uomo con immobile in mano

Plusvalenza da immobile o azienda: tassazione al contratto, non al pagamento

La Corte Suprema di Cassazione, con sentenza n. 13965 del 20 maggio 2024, ha stabilito che la plusvalenza da cessione di un immobile o di un’azienda si verifica al momento della stipula del contratto di compravendita, e non al momento del pagamento del prezzo o dell’eventuale scioglimento del contratto stesso.

Momento rilevante: il contratto

Ai fini fiscali, la plusvalenza, ovvero il guadagno derivante dalla vendita di un bene a un prezzo superiore al suo costo di acquisto, si verifica nel momento in cui viene perfezionato il contratto di compravendita. Questo avviene con la firma del contratto stesso, che rappresenta il momento in cui si verifica il cosiddetto “effetto traslativo”, ovvero il trasferimento della proprietà del bene dall’acquirente al venditore.

Irrilevanza delle vicende successive

Secondo la Cassazione, le vicende successive alla stipula del contratto, come ad esempio il mancato pagamento del prezzo da parte dell’acquirente o lo scioglimento del contratto stesso, non hanno alcuna rilevanza ai fini della determinazione della plusvalenza tassabile.

Esempio

Ipotizziamo la vendita di un immobile al prezzo di €100.000, il cui costo di acquisto era di €50.000. La plusvalenza tassabile sarà di €50.000, e sarà dovuta al momento della firma del contratto di compravendita, indipendentemente dal fatto che l’acquirente paghi poi effettivamente il prezzo pattuito o che il contratto venga successivamente sciolto.

 


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Cassazione: sospensione esecuzione immobili e termini per reati connessi

La Corte Suprema di Cassazione, con sentenza n. 13989 del 20 maggio 2024, ha stabilito che la sospensione dei termini e la proroga di cui all’art. 20 della Legge n. 44 del 1999 riguardano sia i processi esecutivi (forzata) che di cognizione (ordinari).

La sospensione opera quando il Procuratore della Repubblica dispone indagini per i reati che hanno causato l’evento lesivo per cui è stata chiesta la sospensione.

Termini e proroga

L’art. 20 Legge n. 44/1999 prevede la sospensione dei termini di prescrizione, decadenza e perenzione, nonché la proroga dei termini processuali, per un periodo massimo di sei mesi, prorogabile per ulteriori sei mesi, a favore di chi abbia subito un evento lesivo a causa di un reato per il quale sia stata disposta dal Procuratore della Repubblica competente un’indagine.

Processi esecutivi e di cognizione

La Cassazione ha chiarito che la sospensione dei termini e la proroga riguardano sia i processi esecutivi, che hanno lo scopo di ottenere la coattiva attuazione di un diritto accertato, sia i processi di cognizione, che hanno lo scopo di accertare l’esistenza o meno di un diritto.

Indagini su reati connessi

La sospensione opera esclusivamente nel caso in cui il Procuratore della Repubblica abbia disposto indagini per i reati che hanno causato l’evento lesivo per cui è stata chiesta la sospensione.


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Responsabilità medica: Cassazione, risarcimento solo se provato nesso causale

La Corte Suprema di Cassazione, con ordinanza n. 14001 del 20 maggio 2024, ha stabilito che in caso di richiesta di risarcimento del danno da responsabilità medica, il paziente ha l’onere di dimostrare il nesso causale tra la condotta del medico e il danno subito.

La dimostrazione del nesso causale deve avvenire secondo il criterio del “più probabile che non”, che non si basa solo su statistiche, ma anche su elementi concreti del caso specifico. Se il nesso causale non è provato con sufficiente certezza, la domanda di risarcimento viene respinta.

Onere della prova

Secondo la Cassazione, l’onere della prova grava sul paziente, che deve dimostrare che la condotta del medico è stata la causa del danno subito. La prova può essere fornita attraverso qualsiasi mezzo idoneo, comprese le testimonianze di periti.

Criterio del “più probabile che non”

Il criterio del “più probabile che non” non richiede una prova certa e incontrovertibile del nesso causale. Tuttavia, il paziente deve dimostrare che è più probabile che il danno sia stato causato dalla condotta del medico, piuttosto che da altre cause.

Elementi concreti del caso

La valutazione del nesso causale deve essere basata su una valutazione complessiva di tutti gli elementi concreti del caso, tra cui la gravità del danno, la condotta del medico, le condizioni di salute del paziente e le altre possibili cause del danno.

Nesso causale incerto

Se il nesso causale non è provato con sufficiente certezza, la domanda di risarcimento del danno deve essere respinta. Ciò significa che il paziente non avrà diritto a nessun risarcimento per il danno subito.


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“L’Avvocatura incontra la città”: un servizio di consulenza legale gratuita a Padova

L’Ordine degli Avvocati di Padova e la Fondazione forense patavina ha organizzato l’edizione 2024 de “L’Avvocatura incontra la città”. Fino al prossimo 25 maggio gli avvocati patavini faranno conoscere ai cittadini il loro lavoro.

Dichiara Francesco Rossi, presidente del Coa, ai microfoni del Dubbio: «Fra gli obiettivi che il Consiglio dell’Ordine di Padova si è dato vi è quello di tentare di riaffermare l’autorevolezza di una professione che ha il suo ruolo essenziale nella tutela degli interessi e dei diritti dei cittadini, a partire dai soggetti più deboli».

«Da qui», prosegue, «è nata l’idea di promuovere iniziative anche di carattere pubblico e, tra queste, la realizzazione di un progetto che vuole essere occasione per rappresentare alla cittadinanza padovana e non solo l’impegno sociale di cui è capace l’avvocatura, dentro e fuori le aule di giustizia».

Ci saranno molti appuntamenti interessanti. Uno di questi avverrà il 25 maggio, “Giornata della consulenza legale gratuita”. Gli avvocati, nel “Centro Culturale San Gaetano”, incontreranno i cittadini e offriranno consulenze gratuite.

Spiega Raffaella Moro, presidente della Fondazione Forense di Padova: «Nell’arco della giornata gli avvocati che hanno aderito all’iniziativa presteranno, secondo il proprio ambito di competenza, un servizio di consulenza gratuita a tutti i cittadini che vorranno avvalersene, nelle aree del diritto penale, diritto amministrativo, diritto tributario, persone e famiglia, successioni, diritti reali, obbligazioni e contratti, diritto del lavoro e previdenza, responsabilità civile, locazioni, procedure esecutive e concorsuali, diritto societario e dell’impresa, diritto bancario, mediazione e Adr, tutela del consumatore, privacy e diritto della rete».

Il fine «della giornata dedicata alla consulenza gratuita, oltre a far percepire il ruolo sociale dell’avocato, mira a far comprendere ai cittadini che, in molte occasioni, rivolgersi preventivamente ad uno specialista, senza attendere di avere l’atto di citazione o il ricorso in mano, può evitare la controversia giudiziale da risolvere nelle aule di giustizia, con conseguente risparmio di tempo e denaro. Con una sottolineatura: la consulenza non deve essere generica ma specialistica e adeguata al singolo caso, perché oggi non ci può essere l’avvocato conoscitore di tutto lo scibile giuridico e un servizio legale d’eccellenza non può che essere un servizio specialistico».


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Cassazione | Rito ordinario per decreto ingiuntivo in materia locatizia emesso da giudice ordinario

Con l’ordinanza n. 13693 del 16 maggio 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione del rito da seguire per l’opposizione a un decreto ingiuntivo in materia locatizia emesso da un giudice civile ordinario.

Rito ordinario, non speciale locatizio:

La Suprema Corte ha chiarito che l’emissione di un decreto ingiuntivo in materia locatizia da parte di un giudice civile ordinario non comporta automaticamente l’applicazione del rito speciale locatizio. In altre parole, il semplice fatto che il decreto ingiuntivo riguardi una controversia locatizia non determina l’adozione del rito accelerato previsto per tale tipologia di contenzioso.

Principi di apparenza e ultrattività del rito:

La Corte ha infatti richiamato i principi di apparenza e ultrattività del rito. Secondo tali principi, l’ingiunto (il debitore) è legittimato a seguire le regole processuali indicate nel decreto ingiuntivo per proporre opposizione, anche se tali regole risultino erronee. In altre parole, l’ingiunto può basarsi sul rito ordinario indicato nel decreto ingiuntivo, anche se il rito corretto sarebbe quello speciale locatizio.

Conseguenze pratiche:

La conseguenza pratica di tale orientamento è che l’ingiunto non incorre in decadenze o preclusioni se propone opposizione con rito ordinario, anche se il rito corretto sarebbe quello speciale locatizio.

Tuttavia, è importante precisare che la scelta del rito ordinario da parte dell’ingiunto non preclude al giudice la possibilità di mutare il rito in quello speciale locatizio, se ne ricorrono i presupposti.


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Cassazione | Notifica della cartella esattoriale, prova con relata e/o avviso di ricevimento

Con l’ordinanza n. 13691 del 16 maggio 2024, la Corte di Cassazione ha fatto chiarezza sui mezzi con cui l’agente della riscossione può provare il perfezionamento della notifica di una cartella esattoriale e della relativa data.

Relata e/o avviso di ricevimento:

Secondo la Suprema Corte, la prova del perfezionamento della notifica della cartella esattoriale e della relativa data di consegna al destinatario è assolta mediante la produzione della relata di notifica e/o dell’avviso di ricevimento. Entrambi i documenti devono recare il numero identificativo della cartella notificata.

Non è necessaria la copia della cartella:

Per provare la regolare notifica della cartella esattoriale, non è necessario allegare una copia della cartella stessa. La Corte ha infatti chiarito che, una volta giunta all’indirizzo del destinatario, la cartella deve ritenersi ritualmente consegnata. Questo principio si basa sulla presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 del codice civile.

Presunzione di conoscenza:

La presunzione di conoscenza stabilisce che una comunicazione giunta al destinatario, a suo indirizzo, si presume da lui conosciuta. Tale presunzione è superabile solo se il destinatario dimostra di essersi trovato, senza sua colpa, in una condizione che gli ha impedito di prendere conoscenza della comunicazione.

Onere della prova:

Spetta quindi all’agente della riscossione dimostrare l’avvenuta notifica della cartella esattoriale producendo la relata di notifica e/o l’avviso di ricevimento. Il contribuente, invece, può tentare di superare la presunzione di conoscenza dimostrando l’impossibilità di aver preso cognizione della cartella per motivi non imputabili a sua negligenza.


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Cassazione | Recesso del collaboratore autonomo e prescrizione

Con l’ordinanza n. 13642 del 16 maggio 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione della prescrizione del diritto del collaboratore autonomo di agire per l’accertamento della natura subordinata del rapporto e la relativa riammissione in servizio, in caso di recesso unilaterale del collaboratore o di cessazione naturale del rapporto.

Prescrizione ordinaria, non decadenza:

La Suprema Corte ha chiarito che, in tali ipotesi, l’azione del collaboratore autonomo è soggetta ai termini di prescrizione ordinaria e non al regime decadenziale previsto dall’art. 32, comma 3, lettera b), della legge n. 183/2010.

Quest’ultimo regime, infatti, si applica esclusivamente al caso di recesso del committente, non essendo estensibile alle ipotesi in cui la risoluzione del rapporto avvenga per iniziativa del collaboratore o per la sua naturale scadenza.

Ratio della distinzione:

La ragione di questa distinzione risiede nel fatto che, in caso di recesso del collaboratore o di cessazione naturale del rapporto, non vi è un atto unilaterale del committente da parte del lavoratore. Di conseguenza, non sussistono le condizioni per l’applicazione del regime decadenziale, che è volto a tutelare il rapido accertamento della natura subordinata del rapporto in caso di recesso unilaterale datoriale.

Mancanza di un atto da contestare:

In tali ipotesi, infatti, manca un atto specifico del committente che il lavoratore abbia interesse a contestare o confutare. Il collaboratore autonomo, infatti, non ha subito un’imposizione unilaterale da parte del committente, ma ha semplicemente esercitato il proprio diritto di recedere dal rapporto o ha visto il rapporto cessare per scadenza naturale.

Conseguenze pratiche:

La distinzione operata dalla Corte di Cassazione ha conseguenze pratiche. In caso di recesso del collaboratore autonomo o di cessazione naturale del rapporto, il lavoratore avrà a disposizione un termine più lungo (la prescrizione ordinaria) per agire in giudizio per l’accertamento della natura subordinata del rapporto e la relativa riammissione in servizio.


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Cassazione | La funzione duplice della caparra confirmatoria

Con l’ordinanza n. 13640 del 16 maggio 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito la duplice funzione della caparra confirmatoria, un istituto giuridico disciplinato dall’art. 1385 del codice civile.

1. Garanzia dell’esecuzione del contratto:

In primo luogo, la caparra confirmatoria assolve a una funzione di garanzia dell’esecuzione del contratto. In caso di inadempimento di una delle parti, la parte adempiente può trattenere la caparra a titolo di risarcimento forfettario del danno subito. La caparra rappresenta quindi una sorta di “penale privata” che dissuade le parti dall’inadempiere alle proprie obbligazioni contrattuali.

2. Facoltà di recesso:

Oltre alla funzione di garanzia, la caparra confirmatoria attribuisce alla parte non inadempiente la facoltà di recedere unilateralmente dal contratto. In tal caso, la caparra funge da indennizzo forfettario per il mancato adempimento dell’altra parte. La parte non inadempiente può quindi scegliere di recedere dal contratto e trattenere la caparra, senza bisogno di rivolgersi al giudice.

Tuttavia, la scelta di recedere non è obbligatoria. La parte non inadempiente può infatti decidere di non avvalersi della facoltà di recesso e di agire in giudizio per ottenere l’adempimento del contratto o la sua risoluzione, con il risarcimento del danno integrale. In questo caso, la caparra non potrà essere incamerata dalla parte adempiente e non potrà essere richiesta il suo raddoppio.


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Disconoscimento copie fotostatiche in giudizio: la Cassazione fa chiarezza

Con l’ordinanza n. 13638 del 16 maggio 2024, la Corte di Cassazione ha fornito importanti precisazioni in merito al disconoscimento delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio.

Modalità di disconoscimento:

La Suprema Corte ha chiarito che, sebbene il disconoscimento delle copie fotostatiche non sia soggetto a rigorosi formalismi, è comunque necessario che avvenga in modo chiaro e univoco per essere efficace. In particolare, la parte che intende contestare l’autenticità delle copie è tenuta a:

  • Specificare quale documento intende disconoscere;
  • Indicare le differenze concrete tra la copia e l’originale che ne minano la conformità.

Insufficienza di formule generiche:

L’utilizzo di formule generiche o di mere clausole di stile non è sufficiente per disconoscere le copie fotostatiche. La contestazione deve essere specifica e circostanziata, consentendo al giudice di valutare la fondatezza delle doglianze e l’effettiva sussistenza di difformità tra copia e originale.

Obbligo di motivazione:

La Corte di Cassazione ha inoltre sottolineato l’importanza della motivazione nella dichiarazione di disconoscimento. La parte che contesta le copie deve infatti fornire le ragioni che la inducono a ritenere le stesse non conformi all’originale.

Rilevanza ai fini probatori:

Il corretto disconoscimento delle copie fotostatiche assume rilevanza ai fini probatori del giudizio. Se la contestazione è efficace, le copie non potranno essere utilizzate come prova dal giudice.


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