Nuove regole per il deposito degli atti penali: obblighi, eccezioni e opzioni facoltative dal 1° gennaio 2025

Pubblicato nella notte, il Decreto che modifica l’articolo 3 del D.M. 217/2023 introduce importanti cambiamenti per gli avvocati in materia di deposito degli atti penali. Le novità, operative da domani 1 gennaio 2025, prevedono un maggiore ricorso al portale telematico, con alcune eccezioni e possibilità facoltative.

Deposito obbligatorio al portale
A partire dal 1° gennaio 2025, sarà obbligatorio utilizzare il portale per il deposito di tutti gli atti destinati a:

  • Procura della Repubblica (compresa la Procura Europea);
  • Tribunale (inclusi GIP e GUP);
  • Procura generale, limitatamente ai procedimenti di avocazione.

Eccezioni al deposito obbligatorio
Fino a date specifiche, sarà consentito il deposito non telematico (tramite PEC o in forma cartacea) per alcune tipologie di atti:

  • Fino al 31 dicembre 2025: Atti destinati al Tribunale (inclusi GIP e GUP) relativi a:
    a) Procedimenti di misure cautelari (Libro IV del codice di procedura penale);
    b) Impugnazioni in materia di sequestro probatorio.
  • Fino al 31 marzo 2025: Atti relativi ai riti abbreviato, direttissimo e immediato destinati al Tribunale (inclusi GIP e GUP).

    Nota: Il portale resta obbligatorio per atti destinati alla Procura per questi riti.

Deposito facoltativo al portale
Sino al 31 dicembre 2026, sarà possibile depositare anche tramite il portale (mantenendo quindi le opzioni cartacea e PEC) gli atti destinati a:

  • Giudice di pace;
  • Corte d’appello;
  • Procura generale.

Inoltre, sempre entro la stessa scadenza, sarà possibile il deposito anche al portale per gli atti destinati a:

  • Tribunale e Procura per i minorenni;
  • Magistrato e Tribunale di sorveglianza;
  • Corte di Cassazione e Procura generale presso la Cassazione.
    Tale possibilità è subordinata all’attestazione di funzionalità da parte del DGSIA.

Esclusioni dal portale
Restano escluse dall’obbligo del portale le seguenti categorie di procedimenti:

  • Misure di prevenzione;
  • Procedimenti disciplinati dai Libri X e XI del codice di procedura penale.

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Nonostante i progressi tecnologici e l’attenzione mediatica, l’Intelligenza artificiale (IA) non ha ancora trovato una diffusione capillare tra le imprese italiane. Nel 2024, solo l’11,4% delle aziende ha integrato l’IA nel proprio patrimonio tecnologico, un dato in crescita rispetto al 2021 ma ancora lontano da una piena adozione. Lo rivela un’analisi di Unioncamere e Dintec basata sui dati dell’Osservatorio Punti Impresa Digitale delle Camere di commercio.

Nel frattempo, le imprese italiane hanno concentrato gli investimenti in altre tecnologie, come il Cloud, i sistemi di pagamento digitali e la cybersicurezza. Tuttavia, l’IA è destinata a diventare centrale nei programmi futuri: tra il 2025 e il 2027, quasi il 19% delle aziende intende puntare su questa tecnologia, che balza al primo posto tra le priorità strategiche.

Un’adozione territoriale e settoriale non omogenea
L’adozione dell’IA in Italia non è uniforme e presenta una netta prevalenza nel Centro-Nord. Il 68% delle imprese che già la utilizzano si trova in Lombardia, Piemonte, Lazio, Emilia-Romagna e Veneto. Tra le città più avanzate spiccano Milano, Roma, Torino, Verona e Reggio Emilia.

A livello settoriale, la maggior parte delle imprese che ha integrato l’IA opera nel comparto dei servizi, evidenziando un orientamento verso l’innovazione soprattutto nelle attività legate al digitale e alla gestione dati.

Uno sguardo al futuro
Nonostante i numeri attuali, il panorama appare promettente. L’interesse crescente verso l’IA dimostra che il sistema produttivo italiano sta prendendo consapevolezza del potenziale strategico di questa tecnologia. Con un aumento degli investimenti e una diffusione più equilibrata tra i territori, l’IA potrebbe diventare un elemento chiave per la competitività delle imprese italiane nei prossimi anni.


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Restano disponibili per la scelta di sede 542 posti complessivi, in 20 distretti di Corte d’Appello.

L’inoltro del modulo di disponibilità all’assunzione da parte dei candidati sarà consentito dalle ore 15 del 30 gennaio 2024 alle ore 12 del 10 gennaio 2025.

TUTTI I DETTAGLI NELLA SCHEDA DI SINTESI


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La questione della definizione di “Paesi sicuri” resta al centro del dibattito europeo sull’accoglienza dei migranti. Il prossimo 25 febbraio 2025, la Corte di giustizia dell’Unione europea sarà chiamata a pronunciarsi su un tema che continua a sollevare interrogativi di carattere giuridico e umanitario.

Nel frattempo, la Suprema Corte di Cassazione ha deciso di sospendere ogni provvedimento relativo al ricorso del governo contro le mancate convalide del trattenimento di migranti in Albania. La decisione, presa accogliendo la richiesta della Procura generale, sottolinea l’importanza del dialogo tra giurisdizioni, evidenziando come la Cassazione intenda collaborare con spirito di leale cooperazione senza tradurre la propria posizione in un principio di diritto vincolante fino alla pronuncia della Corte UE.

La posizione della Cassazione
Secondo l’Ordinanza interlocutoria della Cassazione, la designazione di un Paese come “sicuro” è prerogativa del Ministro degli Affari Esteri e degli altri Ministri competenti. Tuttavia, spetta al giudice di convalida verificare la legittimità di questa designazione, soprattutto in procedimenti urgenti come quelli legati al trattenimento dei migranti.

In casi limite, il giudice deve accertare se la valutazione ministeriale abbia superato i confini della ragionevolezza o sia divenuta non rispondente alla realtà, considerando eventuali persecuzioni diffuse e costanti che renderebbero il Paese non sicuro per il richiedente. La Cassazione ribadisce che il rispetto dei diritti fondamentali, incluso quello delle minoranze, è un elemento imprescindibile per definire uno Stato come Stato di diritto.

L’attesa per la Corte UE
La Cassazione ha rinviato la decisione del ricorso, sottolineando la necessità di attendere il giudizio della Corte di giustizia UE, che si esprimerà su plurimi ricorsi pregiudiziali, provenienti sia dall’Italia che dal Tribunale amministrativo di Berlino. Questi ricorsi sono destinati a influenzare il principio di diritto che la Cassazione stabilirà per il futuro, tenendo conto delle indicazioni sovranazionali.

Il quadro europeo
La definizione di “Paesi sicuri” è una questione cruciale nel dibattito migratorio, come dimostrano anche le recenti dichiarazioni del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha evidenziato la necessità di chiarire i criteri alla base di tale concetto.


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“L’Associazione Italiana Giovani Avvocati, in attesa di esaminare il testo delle modifiche dell’articolo 3 D.M. n. 217/2023, prende atto della preannunciata decisione del ministero della Giustizia di non prorogare l’entrata in vigore dell’obbligatorietà del deposito telematico degli atti relativi all’udienza preliminare, ai riti speciali (ad eccezione del rito direttissimo) e al dibattimento, prevedendo, al contempo, la possibilità del deposito con modalità non telematiche (“doppio binario”) sino al 1° aprile 2025 per quelli relativi al rito direttissimo e sino al 31 dicembre 2025 per quelli relativi ai procedimenti cautelari e, per i soli magistrati, alla fase delle indagini preliminari”. Lo afferma il presidente AIGA, Carlo Foglieni.

“La nostra associazione è da sempre favorevole alla digitalizzazione del sistema giustizia, consapevole dei benefici che ne derivano”, sottolinea Foglieni. “Tale cambiamento comporta, tuttavia, un approccio interdisciplinare che deve tener conto di diversi aspetti: dalle infrastrutture tecnologiche ai processi organizzativi degli uffici giudiziari, dalla formazione del personale alla collaborazione tra le istituzioni e, ovviamente, dalla tutela del diritto di difesa. Per tale motivo, in questo ulteriore periodo di sperimentazione del Processo Penale Telematico, è di fondamentale importanza garantire la piena ed effettiva funzionalità del sistema al fine di evitare, in caso di malfunzionamento, di pregiudicare il diritto di difesa, prevedendo, in quest’ultimo caso, la possibilità per gli avvocati di effettuare il deposito anche con modalità non telematiche”.


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Attacco informatico a InfoCert: violati dati personali di clienti, credenziali al sicuro

InfoCert, uno dei principali provider di identità digitale SPID in Italia, ha annunciato di essere stata vittima di un attacco informatico che ha portato alla pubblicazione non autorizzata di dati personali relativi a clienti registrati nei sistemi di un fornitore terzo. La società ha rassicurato che l’integrità dei propri sistemi informatici non è stata compromessa, e che nessuna credenziale o password di accesso ai servizi InfoCert è stata coinvolta.

L’attacco e i dati trafugati

Secondo quanto emerso, gli attaccanti sarebbero riusciti a trafugare circa 5,5 milioni di registrazioni, inclusi 1,1 milioni di numeri di telefono e 2,5 milioni di indirizzi email. Parte di questi dati sarebbe già stata condivisa online dagli hacker come prova per attirare potenziali acquirenti.

L’azienda ha dichiarato di aver rilevato l’incidente il 27 dicembre scorso, durante le consuete attività di monitoraggio dei propri sistemi. Tuttavia, ha precisato che la violazione riguarda i sistemi di un fornitore terzo e non quelli direttamente gestiti da InfoCert.

Le indagini in corso

InfoCert ha assicurato che sono in corso approfondite verifiche sull’accaduto, e che verranno presentate le necessarie denunce alle autorità competenti. La società sta lavorando per chiarire la portata dell’attacco e fornire ulteriori dettagli ai propri clienti nei prossimi giorni.

La risposta dell’azienda

Nonostante la gravità dell’incidente, InfoCert ha voluto tranquillizzare i propri utenti: “Nessuna credenziale di accesso ai servizi InfoCert e nessuna password è stata compromessa”. Questa dichiarazione mira a ridurre il timore di un possibile utilizzo fraudolento delle identità digitali dei clienti.


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L’IA “noiosa”, elemento chiave per il futuro dell’Europa

L’intelligenza artificiale, soprattutto nella sua applicazione più visibile come l’IA generativa, è al centro delle trasformazioni globali. Ma il vero valore dell’IA risiede spesso in ciò che Stefano Quintarelli su La Repubblica definisce “IA noiosa”. Si tratta di un utilizzo consolidato e meno spettacolare di sistemi intelligenti per ottimizzare logistica, ridurre scorte, difettosità e inefficienze nei processi aziendali. Questo tipo di approccio, apparentemente meno ambizioso, si rivela spesso fondamentale per migliorare la marginalità delle imprese rispetto ai concorrenti che non lo adottano.

L’impatto sui modelli di business

La capacità di queste applicazioni di ottimizzare funzioni specifiche, pur lontana dai riflettori, ha effetti dirompenti sull’efficienza operativa. Le aziende che adottano questa tecnologia ottengono un vantaggio competitivo significativo, soprattutto in un contesto di globalizzazione che richiede rapide risposte a cambiamenti di mercato.

L’Europa di fronte al bivio dell’innovazione

Secondo Quintarelli, l’Europa potrebbe non soccombere alla pressione di giganti come gli Stati Uniti e la Cina, a patto di acquisire consapevolezza delle proprie risorse. La differenza principale non è tecnologica ma legata alla disponibilità di capitali: il vecchio continente soffre di un sistema finanziario prudente, che limita le scommesse su innovazioni audaci.

Il rischio maggiore, tuttavia, è quello di una deregolamentazione incontrollata come quella che potrebbe affermarsi negli Stati Uniti. Qui, figure come Elon Musk stanno spingendo per eliminare restrizioni sulla guida autonoma e altre applicazioni dell’IA. Al contrario, la Cina si orienta verso soluzioni collettive, con meno riguardo per i diritti individuali ma con una regolamentazione più rigorosa.

Le sfide dell’IA generativa

I grandi modelli linguistici (LLM), come ChatGPT, Gemini e Claude, stanno cambiando il modo in cui si producono e si consumano informazioni. Tuttavia, la tendenza a generare contenuti inesatti o “allucinazioni” rappresenta una minaccia per la qualità delle informazioni stesse. Quintarelli paragona questi modelli a “stagisti digitali” che possono essere utilissimi ma richiedono supervisione costante.

Un futuro di speranze e incertezze

Guardando al 2025, le domande sul futuro dell’IA restano molte: emergerà una vera intelligenza artificiale superiore a quella umana? Gli Stati Uniti domineranno il mercato o l’Europa riuscirà a mantenere la sua identità etica?

Quello che è certo, conclude Quintarelli, è che l’adozione dell’IA, sia nella sua forma più innovativa che in quella “noiosa”, sarà un elemento chiave per il progresso. Ma per sfruttare appieno questo potenziale, l’Europa dovrà ritrovare il coraggio di investire su se stessa e mantenere alta la propria bussola valoriale.


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L’Italia ha il più alto numero di imprenditrici in UE

Nonostante continuiamo ad avere il tasso di occupazione femminile più basso d’Europa, l’Italia presenta, in termini assoluti, il numero più elevato di lavoratrici indipendenti. Nel 2023, le donne italiane in possesso di partita IVA che lavorano come artigiane, commercianti, esercenti o libere professioniste ammontano a 1.610.000, a fronte di 1.433.100 presenti in Francia e 1.294.100 occupate come autonome in Germania. Un record europeo che evidenzia ulteriormente la notevole propensione degli italiani, sia maschi che femmine, all’imprenditorialità. A segnalarlo è l’Ufficio studi della CGIA.

L’assoluto primato delle imprenditrici assume una rilevanza ancor più significativa se consideriamo che la popolazione femminile italiana in età lavorativa, compresa tra i 20 e i 64 anni, è costituita da 17.274.250 persone; al contrario, la Francia registra un surplus di 1,9 milioni di donne rispetto a tale cifra e la Germania supera addirittura il nostro dato di ben 7,3 milioni.

QUASI 8 DONNE SU 10 GUIDANO UN’IMPRESA DI SERVIZI O COMMERCIALE

Circa il 56 per cento delle donne imprenditrici attive nel nostro Paese è impiegato nel settore dei servizi alla persona (quali parrucchiere, estetiste, tatuatrici, massaggiatrici, pulitintolavanderie, ecc.) e nei servizi alle imprese (in qualità di titolari o socie di agenzie di viaggio, agenzie immobiliari, imprese di pulizie, noleggio di veicoli, agenzie pubblicitarie, fotografe, video maker, studi di commercialisti e consulenti del lavoro). Inoltre, poco meno del 20 per cento opera nel commercio, mentre poco oltre il 10 per cento è attivo nell’Horeca e circa un ulteriore 6 per cento nell’industria, medesima percentuale si riscontra anche nell’agricoltura.

A DIFFERENZA DEI MASCHI, LE DONNE ASSUMONO DONNE

Il basso tasso di occupazione femminile in Italia è principalmente attribuibile all’elevato carico di lavoro domestico che grava sulle spalle delle donne. Purtroppo, il nostro Paese ha storicamente investito in misura limitata nello sviluppo dei servizi sociali e della prima infanzia, penalizzando le donne in modo duplice. In assenza di adeguati investimenti in questi ambiti non sono stati creati nuovi posti di lavoro che avrebbero potuto essere occupati prevalentemente da donne. Numerosi studi a livello internazionale dimostrano come l’imprenditoria femminile possa rappresentare una chiave per incrementare l’occupazione femminile; infatti le donne che fanno impresa tendono ad assumere altre donne in misura significativamente maggiore rispetto ai loro colleghi maschi.

L’AUTOIMPIEGO COME STRUMENTO PER TORNARE NEL MERCATO DEL LAVORO E CONSEGUIRE I PROPRI SOGNI 

La letteratura specializzata evidenzia almeno due fattori che motivano le donne a intraprendere un percorso imprenditoriale. Il primo è strutturale ed è correlato alla condizione socio-economica: situazioni di disoccupazione, tradizioni familiari o la presenza di incentivi economici inducono a considerare l’imprenditorialità come necessità. Il secondo fattore è motivazionale e concerne ragioni intrinseche che spingono le donne ad abbracciare tale opportunità; questo aspetto sembra rispecchiare maggiormente la sensibilità femminile. Grazie all’autoimprenditorialità, le donne possono gestire con maggiore flessibilità gli impegni lavorativi insieme a quelli familiari. Inoltre, coloro che si trovano in condizioni di inattività a causa della nascita di un figlio incontrano notevoli difficoltà nel reinserirsi nel mercato del lavoro. L’autoimpiego si è affermato come uno degli strumenti più efficaci per riconquistare protagonismo nella propria vita professionale e realizzare i propri obiettivi e aspirazioni nella speranza di ottenere risultati economici gratificanti e una maggiore indipendenza.

A CAGLIARI, BENEVENTO E AVELLINO LE PROVINCE DOVE L’INCIDENZA DELLE IMPRESE FEMMINILI SUL TOTALE E’ MAGGIORE

In Italia sono le province del Mezzogiorno a registrare l’incidenza percentuale più elevata di imprese a conduzione femminile sul totale delle attività presenti in ciascuna delle 105 realtà territoriali monitorate dall’Ufficio studi della CGIA. A guidare la graduatoria nazionale è Cagliari con il 40,5 per cento delle attività guidate da donne sul totale provinciale (in valore assoluto sono 13.340). Seguono Benevento con 30,5 per cento (9.227), Avellino con il 30,2 per cento (11.149), Nuoro con il 29,3 per cento (6.743) e Chieti con il 28,9 per cento (11.009). La prima provincia del Nord è La Spezia che si colloca al 18° posto a livello nazionale con una incidenza del 26,4 per cento (4.582). Se, invece, riformuliamo la classifica nazionale in base al numero assoluto di imprese femminili, in vetta scorgiamo la Città Metropolitana di Roma con 76.519 attività “in rosa” (pari al 22,7 per cento del totale delle imprese presenti a livello provinciale). Seguono Milano con 57.341 (17,9 per cento), Napoli con 55.904 (21,7 per cento), Torino con 44.051 (22,4 per cento) e Bari con 27.975 (28,9 per cento) (vedi Tab. 3).


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Separazione delle carriere, primo provvedimento in ordine del giorno alla Camera l’8 gennaio

Roma – “L’augurio che faccio a tutti noi e alla comunità nazionale per il 2025 è mettere nello zaino solo quello che è davvero utile per andare più veloce e riuscire a vedere quello che è davvero essenziale”. Con queste parole, la premier Giorgia Meloni ha inaugurato Piazza Pia a Roma, un evento dedicato al Giubileo, in presenza del vicepremier Matteo Salvini.

Un messaggio simbolico che sembra rivolto anche alla maggioranza di governo, per sottolineare la necessità di mantenere la stabilità, chiudendo la porta a ipotesi di rimpasti, come quella ventilata da Salvini dopo l’assoluzione sul caso Open Arms. L’idea del leader della Lega di tornare al Viminale appare per ora accantonata.

Riforme in arrivo: separazione delle carriere in primo piano

Il 2025 si preannuncia un anno cruciale per il governo, con le riforme al centro dell’agenda. La separazione delle carriere dei magistrati sarà il primo provvedimento in discussione alla Camera l’8 gennaio, dopo la pausa natalizia. Una priorità condivisa non solo dalla premier, ma anche dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, Forza Italia e lo stesso Salvini.

La proposta, fortemente contestata dall’Associazione Nazionale Magistrati, trova però un consenso trasversale: Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi hanno espresso sostegno, complici anni di inchieste politiche finite nel nulla.

Autonomia differenziata e premierato: riforme in salita

Se la separazione delle carriere sembra su un binario preferenziale, il destino dell’autonomia differenziata appare più incerto. La legge Calderoli ha subito un duro colpo dalla Corte Costituzionale con la sentenza 192 del 14 novembre, che ne ha ridimensionato la portata. Inoltre, l’attesa per il giudizio sull’ammissibilità del referendum abrogativo previsto a gennaio potrebbe ulteriormente rallentare il processo.

Non meno complesso il percorso del premierato, fermo alla Camera dopo il primo via libera del Senato a giugno. Ostacolato da questioni irrisolte, come la legge elettorale necessaria per eleggere il premier, e dalla possibile sovrapposizione con il referendum sull’autonomia, il progetto resta in una fase di pausa strategica.

Le sfide del 2025: riforme e stabilità

Meloni punta a fare della riforma della giustizia il pilastro del suo governo, consapevole che le altre proposte potrebbero dividere ulteriormente l’elettorato. Se il referendum sull’autonomia sarà bocciato, il premierato potrebbe tornare al centro del dibattito. In caso contrario, l’esecutivo si concentrerà sulle riforme meno divisive per mantenere la coesione nella maggioranza e fronteggiare le sfide del nuovo anno.


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Pubblicato il bando per 54 dirigenti al Ministero della Giustizia

Il Ministero della Giustizia ha pubblicato sul proprio sito l’avviso relativo a un nuovo concorso pubblico, indetto dalla Direzione generale del Personale e della Formazione del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria. Si tratta di un’opportunità per l’assunzione a tempo indeterminato di 54 dirigenti di seconda fascia presso il Dipartimento per l’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi.

Come partecipare
Le candidature devono essere inviate esclusivamente per via telematica attraverso il Portale “inPA”, dove è disponibile il bando completo. Gli interessati devono autenticarsi tramite SPID, CIE, CNS o eIDAS e compilare il modulo online. È indispensabile disporre di un indirizzo PEC personale o di un domicilio digitale.

Il termine per la registrazione, la compilazione e l’invio della domanda è fissato alle ore 23:59 del 6 febbraio 2025. La scadenza, perentoria, decorre dal giorno successivo alla pubblicazione dell’avviso sul Portale “inPA” e sul sito del Ministero.

Le prove d’esame
Il percorso selettivo prevede due prove scritte e una prova orale. Il concorso, che non veniva bandito dal 2007, mira a colmare le carenze di organico negli uffici giudiziari, ricercando candidati con competenze specifiche nella gestione di questi ambiti.

Obiettivi del bando
Con questo concorso, il Ministero punta a rafforzare la struttura amministrativa degli uffici giudiziari, in un’ottica di miglioramento dell’efficienza e della funzionalità del sistema giustizia.

Per ulteriori dettagli, è possibile consultare la scheda di sintesi disponibile sul sito ufficiale del Ministero della Giustizia e sul Portale “inPA”.


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