Pene più severe per chi aggredisce il personale sanitario e danneggia strutture del SSN

Il nuovo decreto-legge 137/2024, approvato dalla Camera senza voti contrari, introduce importanti misure di sicurezza per il personale sanitario e per le strutture del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Tra le novità principali vi sono l’arresto in flagranza differita e la possibilità di reclusione fino a cinque anni per chi danneggia strutture sanitarie.

L’arresto in flagranza differita, spiegato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, consente l’arresto entro 48 ore dall’evento, quando non sia possibile intervenire immediatamente. Questa misura è stata accolta con favore dagli operatori del settore, come Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed, che la definisce un importante deterrente. Anche Pierino Di Silverio di Anaao Assomed si è detto soddisfatto, sottolineando che era una richiesta prioritaria della categoria.

Il decreto prevede inoltre una procedura rapida per i reati di danneggiamento alle strutture sanitarie, con pene fino a cinque anni di reclusione e multe fino a 10.000 euro, che aumentano in caso di atti commessi in gruppo. Infine, le tutele sono estese anche al personale di sicurezza complementare, in caso di lesioni con pene fino a cinque anni, e fino a sedici anni per lesioni gravissime.


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Ministero giustizia: l’app per il processo penale telematico funziona regolarmente

Roma, 13 novembre 2024 – Nessun collasso dell’applicativo per il processo penale telematico creato dal Ministero della Giustizia che secondo il report della Dgsia funziona regolarmente. Tra il 1° settembre 2024 e il 31 ottobre 2024 risultano aperti dagli utenti degli uffici giudiziari italiani un totale di 785 ticket di II livello, di questi sono soltanto 5 i ticket aperti con un oggetto basato sulla “instabilità” del sistema, che sarebbe stata riscontrata durante la redazione di provvedimenti tramite il wizard di Word Online.

L’applicazione contiene, inoltre, un completo elenco di modelli di provvedimenti a disposizione dei magistrati che possono caricare autonomamente su APP il proprio provvedimento, redatto in base al modello creato personalmente, e depositarlo telematicamente come prevede la legge.

Come spiega una nota del ministero, il provvedimento redatto dal PM non dipende da una validazione della segreteria del PM, come erroneamente riportato da alcuni organi di stampa, ma in base al Codice di procedura penale è la segreteria del PM che consente il “deposito” dell’atto nel sistema informatico.

Non risponde al vero, inoltre, secondo la nota del Ministero, che il sistema dell’accettazione automatica dei depositi degli avvocati – prevista dalla legge – non verifichi la “coerenza” dell’atto e riceva atti processuali destinati ad altro ufficio giudiziario. È sufficiente ricordare che il difensore ha diritto di depositare nel fascicolo informatico tutti gli atti processuali che ritiene necessari per esercitare il suo diritto di difesa e sarà poi solo il magistrato a decidere, nel contraddittorio tra le parti, se il deposito è inammissibile.

Si precisa, infine, conclude la nota ministeriale, che il sistema informatico non iscrive affatto automaticamente un procedimento penale a seguito della semplice denuncia depositata dall’avvocato. L’applicativo APP assicura solo l’accettazione automatica della denuncia trasmessa telematicamente nei sistemi giustizia; spetta poi esclusivamente al PM decidere se iscrivere un nuovo procedimento penale e a carico di chi, come prescritto dall’art. 335 c.p.p.


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La PA al passo con i tempi: Servicematica e la digitalizzazione della giustizia in convegno a Montecitorio

In un’epoca caratterizzata dalla rapidissima evoluzione delle tecnologie digitali, anche il mondo della giustizia è chiamato a innovare per rispondere alle nuove esigenze dei cittadini e delle imprese. La digitalizzazione dei processi giudiziari rappresenta una sfida ambiziosa ma fondamentale per garantire maggiore efficienza, trasparenza e accessibilità al sistema.

“L’informatizzazione della giustizia: innovazioni e sfide nel processo di digitalizzazione” è il nuovo appuntamento della rassegna “Dialoghi sui diritti”, organizzata dalla testata “Avvocati”, che si terrà il 18 novembre alle ore 14:30 presso Montecitorio.

L’incontro vedrà la partecipazione di esponenti istituzionali ed esperti di settore, tra cui Ettore Sala, Capo dipartimento Innovazione tecnologica del Ministero della Giustizia, Federica Santinon, della Fondazione Italiana per l’Innovazione Forense, Matteo Zandonà e Gianluca Zandonà di Servicematica, azienda all’avanguardia nell’innovazione tecnologica applicata al settore giustizia.

L’evento, introdotto dal deputato Devis Dori e moderato dalla giornalista Rosa Colucci, sarà trasmesso in diretta sul sito della Camera dei Deputati e sui canali della rivista “Avvocati”.

Per partecipare all’evento è necessario accreditarsi scrivendo a: redazione.avvocati@gmail.com


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“Udienze fissate al 2028: questa non è giustizia”. Gli avvocati scendono in piazza contro la carenza di giudici di pace

Torino – Gli avvocati alzano la voce contro una giustizia che sembra aver perso il passo con le esigenze dei cittadini. L’altro ieri, in piazza, si è tenuta una manifestazione organizzata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino per denunciare il grave stato di emergenza che affligge la giustizia di prossimità. Tra i partecipanti anche Alberto Del Noce, presidente dell’Unione Nazionale delle Camere Civili, che ha espresso preoccupazione per il collasso dei tribunali di pace.

La situazione è critica – “Non possiamo più tollerare una giustizia di prossimità soffocata da inefficienze e ritardi strutturali,” ha dichiarato Del Noce. “In tutta Italia, le udienze vengono fissate con anni di ritardo, posticipando fino al 2028 processi che dovrebbero risolversi in tempi rapidi. Questa non è giustizia.” La crisi non è limitata a Torino, ma si estende su scala nazionale, dove gli uffici del Giudice di Pace sono travolti da carichi di lavoro insostenibili.

L’appello al Governo – La richiesta degli avvocati è chiara: un intervento tempestivo da parte del Governo per potenziare le risorse e garantire una giustizia accessibile e tempestiva. “Non si tratta solo di questioni procedurali,” ha aggiunto Del Noce, “ma di diritti fondamentali dei cittadini che vengono negati.”


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Ancona, nasce la cittadella giudiziaria

Nel cuore di Ancona, su un’area di 9.000 metri quadrati, sorgerà la nuova cittadella giudiziaria. La ristrutturazione dell’ex sede Inps di piazza Cavour, inutilizzata da otto anni, accoglierà al suo interno la Corte d’Appello, la Procura Generale della Repubblica, il Tribunale di Sorveglianza e l’Ufficio Notificazioni, Esecuzioni e Protesti. L’edificio, dal valore di 5,8 milioni di euro, è stato recentemente trasferito al Demanio per conto del Ministero della Giustizia. Ieri, durante una conferenza stampa, i sottosegretari di Giustizia e Economia, Andrea Del Mastro e Federico Albano, hanno presentato i dettagli del progetto che rappresenta un passo importante per la riorganizzazione della giustizia nel capoluogo marchigiano.


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Giudici di pace, Nesta (COA Roma): “Situazione destinata a peggiorare”

Tanti colleghi in piazza Cavour a Roma per protestare contro la grave situazione del giudice di pace nella Capitale e in generale in tutto il territorio nazionale. La manifestazione è stata indetta dal COA Roma dopo i molti appelli lanciati alle Istituzioni per sanare la gravissima scopertura d’organico del giudice di pace nella Città eterna, che vede la presenza di appena 56 giudici onorari in servizio, a fronte di una pianta organica che ne prevederebbe 210: il 72% in meno. Una situazione catastrofica, a fronte di una mole di lavoro enorme: ogni anno a Roma vengono presentati 33000 ricorsi per decreto ingiuntivo e si discutono 29000 cause. Per ogni giudice di pace civile – 41 dei 56 – dunque oltre 800 decreti ingiuntivi a testa e per tutti 517 cause ciascuno ogni anno.

Siamo qui per sensibilizzare l’opinione pubblica e per rivendicare il diritto dei cittadini ad avere giustizia in tempi ragionevoli, come previsto dalla Costituzione. La nostra non è una manifestazione per rivendicazioni di categoria – ha spiegato il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, Paolo Nesta – Siamo qui per denunciare pubblicamente la denegata giustizia innanzi al Giudice di Pace“.

Fin dalla scorsa primavera l’Ordine di Roma ha sollevato la questione tanto del trasferimento delle sedi degli uffici romani del Giudice di Pace, quanto quella della copertura della pianta organica.

Se riguardo al trasferimento degli Uffici del Giudice di Pace, civile e penale abbiamo sventato il pericolo – spiega Nesta  – ben diversa la questione della carenza di giudici. Abbiamo proposto una soluzione che noi ritenevamo di buon senso, cioè destinare immediatamente allo svolgimento delle funzioni di GdP i vincitori del concorso assegnati per un biennio all’ufficio per il processo, ma il CSM ha bocciato la proposta “.

Di qui la decisione di protestare pubblicamente, sottolineando – prosegue il Presidente – che tale situazione già di per sé grave, diventerà drammatica nel 2025 con l’ulteriore aumento di competenza del giudice di pace”. “È chiaro che di fronte a tale situazione noi Avvocati dobbiamo reagire – conclude Nesta – per far capire ai nostri interlocutori che i cittadini non sono più disposti a tollerare l’inerzia e il disinteresse per la giustizia“.


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La legittima difesa richiede un concreto pericolo attuale per giustificare l’uso della forza

Con la sentenza n. 41528 del 12 novembre 2024, la Corte di Cassazione ha chiarito i criteri per valutare la legittima difesa reale o putativa e l’eccesso colposo. Per invocare questa scriminante, il giudizio deve basarsi su una valutazione “ex ante”, tenendo conto delle specifiche circostanze del caso. Il giudice deve quindi considerare sia le modalità del singolo episodio sia i fatti precedenti che possono aver influenzato la percezione di pericolo imminente.

Il caso concreto

Nel caso in esame, F.E., coinvolta in continui contrasti di vicinato, ha utilizzato spray urticante contro A.M. dopo che quest’ultima si era introdotta nel suo giardino e si era impossessata di un tubo di irrigazione. La Corte d’Appello di Venezia ha parzialmente modificato la sentenza di primo grado, ma l’imputata ha ricorso in Cassazione, sostenendo che le sue azioni rientrassero nella legittima difesa.

La sentenza

La Cassazione ha confermato che per applicare l’esimente della legittima difesa è necessario un grave e attuale stato di pericolo. Lo stato di “grave turbamento” dell’agente, che può giustificare una reazione di difesa, deve derivare dalla situazione pericolosa e non da cause preesistenti.


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Il CNF chiarisce le spese forfettarie per gli avvocati

Con il Parere n. 38 del 28 giugno 2024, il Consiglio Nazionale Forense (CNF) ha risposto a un quesito del COA di Torino, stabilendo che le spese forfettarie spettano automaticamente all’avvocato, anche senza una specifica richiesta o allegazione, a differenza delle spese vive, che devono essere documentate e richieste espressamente dal legale.

Le spese forfettarie, previste dalla Legge n. 247/2012 e dal D.M. n. 55/2014, costituiscono un parametro vincolante per la liquidazione dei compensi, sia per il giudice che per le parti coinvolte. La Legge n. 49/2023 sull’equo compenso stabilisce inoltre la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato, come quelle che fissano compensi inferiori ai parametri stabiliti dalla legge.

Il CNF ha chiarito che una riduzione della percentuale del 15% prevista per le spese forfettarie comporta una diminuzione del compenso dell’avvocato, violando così le norme sull’equo compenso. Inoltre, il CNF ha ricordato che, in alcune pronunce del TAR del 2024, sono state ritenute illegittime offerte al ribasso sui compensi, specificando però che tale disciplina non si applica agli avvocati, ma riguarda altre professioni come ingegneri e architetti, per i quali non è prevista la voce delle spese forfetarie.


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Sicurezza informatica, ogni azienda dovrà investire circa 200 mila euro in due anni

La Direttiva europea Nis 2, recepita in Italia dal Decreto Legislativo 138/2024, presenta sfide enormi per le aziende: lo afferma Michele Colajanni, docente dell’Università di Bologna e esperto di cybersecurity, in un’intervista al Fatto quotidiano. Colajanni, che dirige il Corso di Perfezionamento in Cyber Security Management, è scettico sulle soluzioni previste, ritenendo che l’Europa sia arrivata tardi e abbia reagito in modo eccessivo, creando troppe normative sovrapposte.

La direttiva obbliga circa 40-50 mila organizzazioni, comprese imprese pubbliche e private, a rafforzare la loro sicurezza informatica. Si stima che ogni azienda dovrà investire circa 200 mila euro in due anni, ma le risorse finanziarie e le competenze per farlo sono scarse. Molte piccole e medie imprese, infatti, investono attualmente solo 10-20 mila euro l’anno in sicurezza.

Il problema non è solo tecnologico, ma culturale, e che la vera sfida sarà sensibilizzare i top manager. Le aziende, spesso poco preparate, rischiano di accorgersi delle vulnerabilità solo dopo un attacco informatico.

Se da un lato la direttiva mira a creare una protezione comune, Colajanni avverte che le sanzioni potrebbero essere inefficaci per le aziende che non sono ancora pronte a rispettare gli obblighi. Invece di multare, suggerisce di adottare un approccio più graduale, con supporto e tutoraggio, affinché le imprese possano evolversi nella gestione della sicurezza informatica.


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Processo Penale Telematico: nuovo fallimento dell’app ministeriale

Il processo di digitalizzazione della giustizia, previsto dalla legge del 2023, continua a slittare. Il passaggio agli atti digitali, obbligatorio dal 1° gennaio 2024, è stato già rinviato al 1° gennaio 2025, ma un nuovo ritardo è ora all’orizzonte. Il 5 novembre, il Ministero della Giustizia ha dovuto fare i conti con i fallimenti dell’applicativo che avrebbe dovuto attuare l’obbligo del telematico nel processo penale.

Il sistema, infatti, ha mostrato gravi malfunzionamenti: dopo pochi minuti di utilizzo, collassa e perde i documenti. L’app presenta lacune importanti, come la mancata convalida di arresti, decreti penali e patteggiamenti. Inoltre, il sistema non riesce a verificare la coerenza tra atto e titolo, accetta depositi nei fascicoli sbagliati e non gestisce correttamente scadenze e urgenze.

A complicare ulteriormente le cose, il sistema iscrive automaticamente un procedimento in base alla denuncia dell’avvocato, un’azione che dovrebbe invece spettare al procuratore. Questo episodio evidenzia come le soluzioni tecnologiche, quando mal implementate, possano influire negativamente sull’esercizio della giurisdizione.


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