Privacy e piattaforme di videoconferenza: aziende chiamate a dare risposte entro settembre

Privacy e piattaforme di videoconferenza: aziende chiamate a dare risposte entro settembre

Molti di noi hanno conosciuto le piattaforme di videoconferenza durante la quarantena: senza Teams, Zoom e Skype non saremmo mai stati in grado di portare avanti il nostro lavoro, proseguire la nostra formazione o rimanere in contatto con amici e parenti.

Ma è proprio durante la quarantena che, oltre ai pregi, ne abbiamo scoperto anche i difetti.
Le notizie di violazioni della privacy sono fioccate rapidamente, portando le autorità in materia a osservare con più attenzione l’operato delle aziende erogatrici e a chiedere loro provvedimenti.

I SUGGERIMENTI DI SEI AUTORITÀ PER LA PRIVACY DESTINATI ALLE PIATTAFORME DI VIDEOCONFERENZA

Tra i provvedimenti più recenti e impegnativi, la lettera aperta sottoscritta dalle autorità per la privacy di Australia, Canada, Gibilterra, Hong Kong, Svizzera e Regno Unito, indirizzata a tutte le aziende che offrono servizi di videoconferenza e teleconferenza.

La lettera è stata inviata direttamente a Microsoft, Cisco, Zoom, House Party e Google, erogatrici dei principali software.

Le sei autorità chiedono una maggiore attenzione alla sicurezza, la privacy by design, la trasparenza e l’equità, ma anche di approfondire la conoscenza dei propri utenti e di cedere a questi più controllo sui propri dati.

Viene suggerito di implementare la crittografia end-to-end per tutte le comunicazioni, l’accesso con autenticazione a due fattori, di imporre la scelta di password più complesse e l’aggiornamento costante del software da parte degli utenti.

Molto importante è poi la gestione delle informazioni raccolte e l’eventuale elaborazione da parte di soggetti terzi.

Infine, alle aziende è richiesto di informare gli utenti in modo chiaro e completo su quali dati esse raccolgano, cosa se ne facciano e come vengano conservati.

Le autorità per la privacy ammettono che la lista di problemi da loro evidenziati non è affatto esaustiva e comunicano che la mancata risoluzione potrebbe comportare violazioni della legge (e quindi sanzioni?), nonché la perdita di fiducia degli utenti.
Le aziende sono chiamate a offrire risposte entro il 30 settembre 2020, a dimostrazione del loro reale impegno.

Le piattaforme di videoconferenza rimarranno parte della nostra vita quotidiana per molto tempo ancora e, anzi, in alcuni casi lo saranno per sempre. Molte sono le informazioni personali che condividiamo con e tramite questi strumenti ed è quindi importante che le aziende erogatrici mantengano una condotta attenta e rispettosa.
Come si legge nella lettera: «la facilità di rimanere in contatto non deve andare a scapito della protezione dei dati personali e del diritto alla privacy».

Qui il link al testo originale della lettera.

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Ricordarci dell’esistenza delle truffe telefoniche può essere difficile oggi, considerando la grande attenzione che si dà a quelle perpetrate attraverso i canali digitali. Ma il phishing, la truffa via mail, può essere declinato anche in vishing, o voice phishing, il cui obiettivo è sempre carpire le nostre informazioni personali, ma via telefono.

COME FUNZIONA IL VISHING

Esistono varie tipologie di vishing:

  • forzare l’utente alla sottoscrizione di un contratto apparentemente economico senza comunicare l’esistenza di clausole onerose,
  • registrare le risposte affermative o negative dell’utente e usarle a sua insaputa (“Parlo con Mario Rossi?” “Sì”. Ecco, questo “sì” viene utilizzato come conferma per altre richieste non esplicitate),
  • comunicare falsi tentativi di accesso alle carte di credito o al conto corrente dell’utente, chiedere a questo dati sensibili (il CVV o codici di accesso) per bloccare i tentativi e utilizzare poi questi dati per effettuare prelievi.
  • – raccogliere informazioni personali dell’utente che, incrociate con quelle presenti sui social o altri canali digitali, consentono di rubarne l’identità e svolgere attività illegali a suo nome.

Se il phishing viene frequentemente bloccato dai sistemi di sicurezza del gestore di posta elettronica, altrettanto non si può dire per il vishing che fa leva sull’emotività delle persone. L’operatore, spacciandosi per un finto operatore bancario o una qualsiasi figura che sembra autorizzata a porre certe richieste, è in grado di ingenerare senso di urgenza e di pericolo nel malcapitato. Inoltre, spesso è già a conoscenza di alcune informazioni personali del truffato ed è proprio comunicando tali informazioni che riesce ad abbattere la diffidenza del suo interlocutore.

Privato della sua unica difesa, questo ultimo fornisce volentieri tutti i dati richiesti, accorgendosi solo molto tempo dopo di addebiti ingiustificati o denaro mancante.

In alcuni casi, le chiamate di vishing non sono fatte da un operatore in carne e ossa ma sono preregistrate.

COME PROTEGGERSI DALLE TRUFFE TELEFONICHE

Riuscire a individuare in fretta se si sta cadendo vittima di un tentativo di vishing non è affatto facile. L’unica arma è la consapevolezza: diffidare dalle chiamate da parte di numeri di telefono sconosciuti e ricordarsi che nessuna azienda seria, tanto meno la nostra banca, ci chiederebbe mai dati personali, bancari o codici di sblocco via telefono.

Attenzione dunque a non comunicare mai le proprie credenziali d’accesso e in caso ci si accorgesse di essere caduti nella trappola avvisare le Forze dell’Ordine indicando quali informazioni personali sono state condivise con i truffatori.

[Per approfondire: La nuova cybertruffa in auge è il vishing, Il Sole 24 Ore; Il vishing e la truffa del “consenso rubato”: cos’è e come difendersi dal phishing vocale, Cybersecurity360]

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Modello 5/2020: calcolo, scadenze e modalità di invio

Modello 5/2020: calcolo, scadenze e modalità di invio

Cassa Forense ha pubblicato le linee guida sulla procedura d’invio del Modello 5/2020.

MODELLO 5/2020: CALCOLO DELLE SOMME

Le somme dovute sono calcolate in modo automatico a partire dai dati inseriti nel Modello:

  • – il reddito netto professionale (2019),
  • – il volume d’affari (2019),
  • – lo status di chi compila (praticante, avvocato iscritto, avvocato con agevolazioni nei primi 8 anni, pensionato).

La contribuzione ordinaria è pari a:

  • – il 14,5% per il calcolo del contributo soggettivo sul reddito netto professionale fino al tetto oltre il quale è dovuta la contribuzione del 3%;
  • – il 4% per il calcolo del contributo integrativo sul volume d’affari dichiarato ai fini dell’IVA.

Anche chi avesse un reddito pari a zero dovrà inviare il Modello.

SCADENZE DI INVIO E PAGAMENTO

A causa dei disagi generati da COVID-19, la data entro la quale inviare il Modello è stata posticipata dal 30 settembre al 31 dicembre 2020.

Il pagamento può avvenire:

  • – in due rate con scadenza 31 luglio e 31 dicembre. La data della prima rata può essere variata a patto che il pagamento delle due rate venga effettuato entro il 31.12.2020;
  • – in unica soluzione entro il 31.12.2020, senza interessi e sanzioni;
  • in due rate annuali di pari importo con scadenza 31 marzo 2021 e 31 marzo 2022, con un interesse dell’1,50%, su base annua, senza sanzioni;
  • mediante iscrizione nel ruolo 2021 (ruolo che sarà formato a ottobre 2021), maggiorati degli interessi dell’1,50%, senza sanzioni, con possibilità di ottenere rateazioni.

Vige il principio di tolleranza nel ritardo dell’invio del modulo e anche del versamento: se questo rientra negli 8 giorni successivi alla scadenza (8 gennaio 2021) non sono previste sanzioni.

MODALITÀ DI INVIO E PAGAMENTO

In fase di compilazione del modulo 5/2020 si deve scegliere obbligatoriamente un metodo di pagamento fra quelli disponibili.

Le alternative sono:

  • MAV bancari personalizzati;
  • – il servizio di pagamento tramite carta di credito “Forense Card”;
  • bonifico e c/c postale personalizzati.

La compilazione del Modello va eseguita in via telematica tramite il sito di Cassa Forense, seguendo questo percorso: accesso riservato – posizione personale – inserimento del proprio codice meccanografico e pin.

Per informazioni più approfondite vi invitiamo a leggere il comunicato di Cassa Forense.

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Nella nota informativa 83 del 14 luglio 2020, il CNDCEC rivolge, insieme al CNF e CNN, la richiesta all’ABI e alla Banca d’Italia di abbandonare la prassi di identificare il professionista delegato come titolare effettivo dei conti bancari aperti per le procedure esecutive immobiliari.

Il professionista può essere un notaio, un avvocato o un commercialista.

La prassi è una novità degli ultimi mesi e le tre istituzioni «ritengono tale impostazione adottata dalle banche errata, sia dal punto di vista concettuale, per i precisi poteri affidati al giudice della procedura, sia per quanto concerne i rischi connessi alla normativa in materia di antiriciclaggio».

PROFESSIONISTA DELEGATO TITOLARE EFFETTIVO DEI CONTI BANCARI. COSA NON FUNZIONA

Il professionista delegato è colui che gestisce le somme ricavate dalle vendite degli immobili esecutati, che forma il progetto di distribuzione e che gira ai creditori quanto incassato.

Per fare tutto ciò, deve aprire un conto corrente bancario relativo alla singola procedura, pertanto deve compilare la modulistica richiesta dalla banca, compresa quella indicata dal Decreto Antiriciclaggio D.L. 231/2007.

La decisione delle banche di imporre che il delegato non sia più il Presidente del Tribunale ma il professionista incaricato della procedura è, secondo le tre associazioni, in contrasto con quanto indicato dal Decreto Antiriciclaggio.

Un primo motivo è che il professionista delegato alla vendita si muove sotto la direzione del Giudice dell’Esecuzione.
È un soggetto esecutivo che segue solo gli aspetti operativi della gestione della vendita, mentre è il giudice delegato ad avere il potere di direzione e rappresentanza. Si potrebbe dire che il giudice è la testa che comanda e il professionista il braccio che esegue.
Poiché la figura del Giudice è soggetta a cambi di sezione e di tribunale, ecco che per comodità si è sempre indicato il Presidente del Tribunale come titolare effettivo dei conti bancari aperti per le procedure esecutive immobiliari.

Un secondo motivo è che la gestione da parte del professionista abbassa il rating bancario di questo. L’apparente possesso di diversi conti e somme che a volte possono essere elevate, ma da cui il professionista non ricava alcun beneficio, ha dunque un impatto che va oltre la dimensione giuridica della sua figura fino alla sua sfera privata.

La richiesta avanzata da CNDCEC, CNF e CNN alle banche è quella di fare un passo indietro e tornare a indicare come titolare effettivo dei conti bancari aperti per le procedure esecutive immobiliari il Presidente del Tribunale presso cui è pendente la procedura esecutiva.

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Il Decreto Rilancio 34/2020, convertito con modifiche con la Legge 77/2020 ha introdotto un’interessante novità: la possibilità per il giudice di sostituire l’udienza per il giuramento del CTU (art. 193 c.p.c) con una dichiarazione scritta.

Come abbiamo già avuto modo di vedere, nel testo del Decreto recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, sono presenti diverse novità che riguardano il processo civile telematico. Alcune di queste si riferiscono all’art.83 del precedente D.L. 18/2020 del 17 marzo.

Le modifiche riguardano i depositi telematici, le note scritte, le udienze da remoto e anche le condotte del consulente tecnico d’ufficio.

L’UDIENZA PER IL GIURAMENTO DEL CTU

Con il Decreto Rilancio l’udienza per il giuramento del CTU può essere sostituita da una dichiarazione firmata digitalmente dallo stesso e allegata al fascicolo telematico.

Ciò può avvenire solo su disposizione del giudice e, esattamente come per l’udienza per il giuramento, prima che il consulente proceda con la propria perizia.

IL FUTURO DEL PROCESSO TELEMATICO

La sostituzione dell’udienza per il giuramento del CTU, così come tutte le altre disposizioni del Decreto Rilancio rimarranno valide fino al 31 ottobre 2020.

È però altamente possibile che le novità introdotte per far fronte all’emergenza sanitaria di questi mesi vengano mantenute anche oltre tale data.

Del resto, gli investimenti fatti e pianificati per la digitalizzazione della Giustizia e della PA non avrebbero molto senso se non portassero a un cambiamento di rotta definitivo.

Certamente, la sperimentazione non è finita e sarà necessario correggere il tiro, ma il futuro dei processi sarà sempre più telematico.

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UNCC presenta il piano straordinario per la Giustizia

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L’UNCC, Unione Nazionale delle Camere Civili, ha presentato al Ministro Bonafede il proprio piano straordinario per la Giustizia.

Il progetto si compone di 3 punti e ha l’obiettivo di ridurre gli arretrati, l’inefficienza del sistema e i limiti d’accesso alla Giustizia per le fasce più economicamente deboli della società.

I 3 PUNTI DEL PIANO STRAORDINARIO DI UNCC


PUNTO 1) INTERVENTI SUGLI ASPETTI ORGANIZZATIVI ED ORDINAMENTALI

Secondo l’UNCC, l’assunzione di nuovo personale amministrativo e di nuovi magistrati, il miglioramento delle sedi giudiziarie e la digitalizzazione su cui tanto punta Bonafede non sono misure sufficienti.

La riforma della Giustizia civile dovrebbe partire dalla riconfigrazione dell’Ufficio del Processo, fallito a causa della carenza di personale, mezzi e tirocinanti, e della scarsa propensione di molti magistrati a collaborare con questi ultimi.

La soluzione potrebbe essere un reclutamento straordinario di tirocinanti, retribuiti, e un sistema di ricompense per i giudici più collaborativi e più capaci di aumentare il numero di sentenze depositate.

È importante poi riformulare la valutazione del lavoro dei magistrati, considerando anche le loro capacità di organizzazione del lavoro.

PUNTO 2) INTERVENTI SUL PROCESSO

Molti i suggerimenti dell’UNCC. Per esempio:

  • -incentivare il procedimento sommario,
  • -disporre meccanismi per il contenzioso “seriale”,
  • -introdurre la possibilità per i giudici di imporre sanzioni pecuniarie per il ritardato adempimento degli obblighi delle sentenze,
  • -introdurre l’istituto dei danni punitivi,
  • rendere obbligatorio l’arbitrato in alcune materie, a tariffe calmierate,
  • -dare agli arbitri, in specifiche materie, la possibilità di emettere provvedimenti cautelari e/o di urgenza,
  • -favorire la mediazione obbligatoria e la negoziazione assistita attraverso incentivi fiscali,
  • -estendere la negoziazione assistita alla materia del lavoro,
  • -armonizzare la disciplina processuale con quella del processo telematico,
  • -consentire agli avvocati l’accesso telematico ai registri dell’anagrafe del Ministero degli Interni per semplificare i procedimenti di notificazione.

PUNTO 3) INTERVENTI DI INCENTIVO/DISINCENTIVO SUI COMPENSI

L’UNCC spiega che «la leva dei compensi può essere estremamente efficace per incentivare comportamenti virtuosi o, al contrario, disincentivare quelli opportunistici, sia per le parti che per gli avvocati».

Un esempio riguarda il Gratuito Patrocinio, che dovrebbe essere regolarmente e adeguatamente retribuito per evitare che gli avvocati lo rifiutino.

Per rendere poi la Giustizia davvero accessibile, sarebbe opportuno eliminare almeno il raddoppio del contributo unificato in caso di rigetto dell’impugnazione: mantenerlo significa rendere l’impugnazione un privilegio solo per coloro che possono permetterselo.

Questa è solo una panoramica dei contenuti della proposta inviata a Bonafede. Per approfondire, vi invitiamo a leggere il documento integrale del piano straordinario presentato dall’UNCC.

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Certamente la vita degli avvocati è diventata più semplice grazie all’art.28 del Decreto Semplificazioni 76/2020 che permette di notificare gli atti via PEC anche alle PA che non hanno mai comunicato il proprio indirizzo al Reginde.

Il Reginde, registro generale degli indirizzi elettronici, non è il solo registro a cui può attingere un avvocato, ma il decreto legge 179/2012 l’ha classificato come unico elenco “ufficiale” di indirizzi PEC delle PA

Al D.L. 179/2012 va dunque fatta risalire la genesi di una delle maggiori perplessità vissute dagli avvocati: come si può notificare telematicamente un atto a una PA se il suo indirizzo PEC non è presente nell’unica fonte ufficiale?

Oltre a tale misura, ricordiamo che il decreto si focalizza sulla semplificazione e la digitalizzazione del sistema Italia e molte altre sono le disposizioni indicate in tal senso. Tra queste, per esempio, l’obbligo di rendere lo SPID l’unico sistema di accesso ai servizi online della pubblica amministrazione.

NOTIFICARE GLI ATTI VIA PEC NON NEL REGINDE: PROBLEMI DI NULLITÀ

Molti avvocati chiedevano da tempo che venisse risolta la questione della validità degli indirizzi PEC tratti da altri registri, primo fra tutti l’IPA, l’indice dei domini digitali della pubblica amministrazione.

A dir la verità, lo stesso decreto legge 179/2012 aveva fissato una data, il 30 novembre 2014, entro la quale le PA avrebbero dovuto comunicare il proprio indirizzo PEC al Reginde. Tante non lo hanno mai fatto, costringendo gli avvocati a recarsi agli sportelli per effettuare le notifiche cartacee anche durante il lockdown.

Ricordiamo che la possibilità di notificare gli atti via PEC anche alle PA che non hanno mai comunicato il proprio indirizzo al Reginde è realtà dal 17 luglio 2020, e che gli atti vanno sempre notificati all’indirizzo primario indicato nel registro di riferimento.

Con tale disposizione si superano i limiti dell’art. 160 c.p.c., secondo il quale una notifica effettuata a mezzo PEC a un indirizzo non indicato nel Reginde deve considerarsi nulla.

Oggi, dunque, la burocrazia e la stessa Giustizia appaiono un po’ più vicine ai modelli di innovazione digitale a cui l’intero paese deve aspirare, soprattutto davanti alla sfide portate dall’attuale contesto sociale, economico e sanitario.

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Il Decreto Semplificazioni (n.76 del 16 luglio 2020) prevede che dal 1 marzo 2021 si possa accedere ai siti web di INPS, Agenzia delle Entrate e altri servizi della pubblica amministrazione solo attraverso lo SPID o la carta d’identità elettronica.

Questa decisione rappresenta un ulteriore passo verso la digitalizzazione della PA.
Sette mesi forse sono pochi, ma l’impatto del COVID sul lavoro, i servizi e la società stessa impone una reazione veloce e previdente.

Il Ministro dell’Innovazione, Paola Pisano, ha dichiarato che «la Pubblica Amministrazione dovrà pensare in digitale. Le norme intendono dare una spinta forte, attraverso regole chiare e scadenze da rispettare, alla trasformazione digitale del Paese. È un processo, ma deve cominciare subito».

L’introduzione dell’accesso tramite SPID non elimina drasticamente l’uso del PIN o di altre credenziali. Il decreto ha contemplato l’ipotesi che la PA non sia in grado di adeguarsi entro marzo 2021, considerando di mantenere attive le attuali forme d’accesso ai servizi non oltre la data del 30 settembre 2021.

INPS  ha comunicato tramite la circolare 87 del 17 luglio che il passaggio graduale dal PIN allo SPID inizierà il 1° ottobre 2020, data a partire dalla quale non rilascerà più nuovi codici di accesso (fanno eccezione i minori diciotto anni e i cittadini extracomunitari, per i soli servizi loro dedicati).
I PIN già attivati rimarranno validi fino al 28 febbraio 2021.

COS’È SPID

SPID è l’acronimo di Sistema Pubblico di Identità Digitale.
Tramite la creazione di un’unica identità digitale, costituita da credenziali (nome utente e password), i cittadini e le imprese possono accedere a tutti i servizi online della pubblica amministrazione.

Per ottenerlo serve:
– un documento d’identità valido (la carta d’identità, il passaporto o la patente),
– la tessera sanitaria con il codice fiscale,
– un indirizzo email,
– un numero di telefono cellulare.

Lo SPID copre 3 livelli di sicurezza, in base al tipo di servizio al quale si vuole accede.

Il primo livello permette l’autenticazione tramite il nome utente e la password dello SPID stesso. Riguarda i servizi più semplici.

Il secondo, oltre al nome utente e alla password, richiede un’ulteriore password ‘usa e getta’ (OTP – One Time Password), comunicata tramite sms. È applicato a servizi che richiedono più attenzione alla privacy.

Il terzo livello di autenticazione richiede l’uso di un certificato di firma digitale o remota. È richiesto quando si accede a servizi che trattano dati molto sensibili.

Ottenere uno SPID è facilissimo. Potete visitare il nostro shop online e scegliere la soluzione più adatta. Scopri lo SPID di Servicematica.

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Complici gli effetti di COVID-19, la digitalizzazione negli studi legali si è fatta intensa e veloce, forse più di quando gli avvocati fossero pronti ad affrontare, come dimostrano le opinioni contrastanti sulle disposizioni prese dal Governo in materia di giustizia.

La tecnologia applicata all’avvocatura non si limita però solamente ai depositi telematici e alle udienze da remoto. Riguarda anche l’organizzazione del lavoro, smart working in primis, e il marketing legale.

Prima di capire quale sarà l’eredità lasciata da questa quarantena è bene comprendere a che punto è la digitalizzazione negli studi legali.

DIGITALIZZAZIONE: LA GRANDEZZA DELLO STUDIO LEGALE FA LA DIFFERENZA

La possibilità per uno studio legale di poter sfruttare i vantaggi delle tecnologie dipende dal budget a disposizione: più è elevato e più sarà possibile investire in strumenti e competenze.

Fortunatamente, uno dei lati positivi della digitalizzazione è che si tratta di un processo che può essere affrontato a tappe e modulato in base alle proprie risorse e alle esigenze.

La grandezza dello studio legale è dunque un parametro che può fare la differenza.

Nel report prodotto dall’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale del Politecnico di Milano (maggio 2020), gli studi legali vengono categorizzati in:

  • – micro studi (< 3 professionisti)
  • – piccoli studi (fino a 10)
  • – studi medi (fino a 30)
  • – grandi studi (> 30)

Il report mostra come le diverse categorie abbiano preferenze diverse in fatto di digitalizzazione.

Tra le tecnologie considerate nel report sono:

CRM (customer relationship management): sono sistemi che permettono di gestire i profili di clienti già acquisiti o potenziali. Permettono di raccogliere informazioni, profilare e decidere quali azioni compiere in base alle caratteristiche del singolo. 

Document Management System (“sistema di gestione dei documenti”): strumenti che permettono di organizzare i documenti digitalizzati o nativi digitali e di crearne altri anche in forma collaborativa.

Workflow (“flusso di lavoro”): pratiche e strumenti che consentono di snellire l’operatività, facilitare alcune operazioni o la comunicazione fra soggetti, eliminare blocchi e ostacoli all’efficienza.

Intranet: è la rete che collega i computer interni allo studio, non collegata a Internet. Permette lo scambio di informazioni tra i vari apparecchi e l’accesso di tutti i presenti ai database aziendali.

Extranet: è un’estensione della rete Intranet alla quale possono limitatamente accedere, tramite autentificazione, anche utenti esterni.

Data Warehouse: si tratta di database in cui si raccolgono dati sulla propria attività provenienti da fonti diverse. Quando è necessari prendere una decisione, si può attingere a questo magazzino per svolgere un’analisi e giungere alla giusta conclusione.

Piattaforme E-Learning: l’insieme di strumenti informatici che permettono di portare avanti programmi educativi.

Sito web: la vetrina dello studio sul web, il biglietto da visita attraverso il quale farsi conoscere, la porta di ingresso digitale con cui agganciare gli utenti e convertirli in clienti.

Forum/Wiki/Blog/Chat: strumenti che consentono di rafforzare la relazione con l’utente/potenziale cliente attraverso la condivisione di contenuti utili o l’assistenza.

Archivi organizzativi: archivi di dati e documenti.

Il report del Politecnico di Milano si basa su un campione di 3.300 studi e indica le seguenti preferenze in base alla dimensione degli studi:

– la tecnologia più utilizzata nei micro studi sono gli archivi (57 sul totale),
– i piccoli studi fanno un buon uso della rete Intranet (55), di archivi (52) ma anche del sito web (45),
– gli studi medi utilizzano il sito (68), Intranet (65), gli archivi (57) e il document management (46),
– i grandi studi sfruttano tutte le tecnologie in modo più omogeneo, ma dimostrano un particolare interesse verso il sito (88), gli archivi (84), Intranet (69) e il document management (50).

Considerando la spinta alla remotizzazione dei processi in tutti i settori della giustizia e la possibilità di una seconda ondata di contagi da Coronavirus, il prossimo autunno si prospetta interessante e impegnativo per gli avvocati.

La digitalizzazione negli studi legali è ormai un dato di fatto.

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Problemi di accesso alle caselle email Webmail e IMAP di Register.it

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Se oggi fate fatica ad accedere alla vostra posta elettronica acquistata su Register.it, sappiate che il provider ha effettivamente individuato alcuni problemi.

La natura di questi non è stata comunicata, ma riguarda l’accesso ai servizi webmail e IMAP.

La posta PEC risulta operativa, così come gli altri servizi.

L’azienda ha comunicato poco fa che l’errore è stato risolto e si scusa per il disagio, garantendo che nessun messaggio di posta dei clienti è andato perduto.

È possibile monitorare l’evoluzione della situazione direttamente sul sito https://status.register.it

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