bodycam polizia

Perché le forze dell’ordine in Italia non usano le Bodycam?

Si è riaperto il dibattito sulla necessità di dotare le forze dell’ordine italiane di bodycam e di targhette identificative, con tanto di numero di matricola. Si muove verso questa direzione un progetto di legge presentato nel 2022 dalla senatrice Cucchi, ancora fermo in Parlamento.

Le bodycam sono dei dispositivi che registrano immagini, audio e video, utilizzate molto all’estero. L’anno scorso, il ministero dell’Interno aveva pubblicato delle linee guida per riuscire a regolare l’utilizzo delle 1.000 bodycam acquistate per le forze dell’ordine.

Il ministero, con una circolare diffusa a gennaio 2022, ha assegnato 700 bodycam a 15 reparti mobili della Polizia di Stato e 249 bodycam ai Carabinieri. Secondo la direttiva, devono essere utilizzate soltanto in situazioni di rischio, come «ulteriore strumento di documentazione degli accadimenti e, nel contempo, di tutela del personale operante».

Nella circolare, oltre alle norme sull’impiego delle bodycam, troviamo anche quelle che riguardano il trattamento dei dati acquisiti, che può avvenire soltanto da un operatore autorizzato, che dovrà trasferire i file su appositi server, nei quali verranno conservati per sei mesi.

Gli agenti possono avviare la registrazione soltanto con un ordine espresso dal responsabile del servizio, mentre i file possono essere consultati subito, ma soltanto per motivi urgenti.

I pareri del Garante per la Privacy

Il Garante per la Privacy, dopo aver valutato tutte le disposizioni nazionali e sovranazionali, e tenendo presente che le bodycam raccolgono dati personali, nel 2017 ha emesso i pareri 6197365 e 6197012, al fine di disciplinare i principi secondo i quali si dovranno attenere gli uffici pubblici per l’utilizzo delle tecnologie.

Il dibattito è stato parecchio lungo e il Garante, pur consentendo l’utilizzo delle bodycam, ne vieta la registrazione continua. Non appena i dati vengono trasferiti nei server di destinazione, inoltre, dovranno essere rimossi subito dalla memoria delle bodycam.

Immagini certificate dallo Stato

La senatrice Cucchi ha rilasciato un’intervista all’Huffington Post, dichiarando che «per estendere l’utilizzo delle bodycam è sufficiente una circolare del dipartimento della Pubblica sicurezza e un confronto preventivo con le organizzazioni di rappresentanza del personale che, dal Silp Cgil sino a quelle autonome, condividono da tempo tale linea».

«I primi a volere le telecamere non possono non essere proprio le poliziotte e i poliziotti, che durante tutte le manifestazioni sono ormai immortalati da migliaia di telefonini pronti a cogliere qualsiasi comportamento. Con le bodycam, almeno in parte, ci sarebbe un riequilibrio e una maggiore tutela anche per i cittadini attraverso immagini certificate dallo Stato, senza rischio di manipolazioni».

Cosa dice il Gdpr

In Europa, i singoli Paesi devono tener conto delle norme del Gdpr. Sono tantissime le forze di polizia che utilizzano le bodycam, e il problema della privacy ha trovato una soluzione condivisa.

I volti delle persone, infatti, vengono oscurati, e viene creato un omologo gemello digitale nei confronti di eventuali fuggitivi o sospettati che la polizia sta ricercando, e lo fa attraverso parametri come corporatura, altezza e colori degli abiti, e non con le fotografie del loro viso.

Le bodycam giovano a tutti

Il Bureau of Justice Statistics, una specie di Istat americano, ha stilato una graduatoria dei vantaggi delle bodycam:

  1. Sicurezza degli agenti;
  2. Miglioramento della qualità delle prove;
  3. Riduzione del numero di denunce da parte dei civili;
  4. Riduzione della responsabilità degli agenti.

L’impiego delle bodycam, dunque, gioverebbe alle forze dell’ordine, alla giustizia e alla collettività.

In linea di massima, si può dire che, basandosi sugli studi e sulle statistiche sulle bodycam, si sono registrate meno lamentele della comunità, anche rispetto all’operato delle forze dell’ordine, confermando la natura difensiva di questi strumenti.


LEGGI ANCHE:

Riforma della giustizia: Cdm per abuso d’ufficio e intercettazioni

Grazie all’intelligenza artificiale ascolteremo una nuova canzone dei Beatles

riforma giustizia nordio

Riforma della giustizia: Cdm per abuso d’ufficio e intercettazioni

È atteso per domani, dopo mesi di annunci, il Consiglio dei ministri per la discussione della Riforma della Giustizia. Oggi si terrà il primo vaglio nel Preconsiglio, ovvero la riunione tecnica preparatoria del Consiglio dei Ministri.

Nella proposta è previsto un unico disegno di legge con 8 articoli, che contengono interventi riguardo intercettazioni, informazioni di garanzia, custodia cautelare e reati contro la PA, a partire dall’abuso d’ufficio e dal traffico di influenze illecite.

Con questa scelta, il governo vorrebbe rendere un tributo a Silvio Berlusconi: infatti, il ministro Nordio ricorda l’importanza del suo ruolo nel dibattito sulla giustizia, che aveva intenzione di «orientare in senso garantista e liberale».

Leggi anche: Negoziazione assistita: cosa cambia con la Riforma Cartabia?

I riflettori sono ora puntati sulla riforma dell’abuso d’ufficio, tema su cui si è discusso sia dentro che fuori dalla maggioranza.

Favorevole sin da subito alla cancellazione del reato, e ritenuto come causa principale della «paura della firma», da parte degli amministratori locali, Nordio sembra aver superato i dissensi interni alla maggioranza, per quanto riguarda questa scelta così radicale.

Tutte le maggiori riserve provenivano dalla Lega, anche se l’impegno del ministro per rimodulare tutto l’insieme dei reati contro la PA ha convinto anche Salvini a dare l’ok finale.

«Sulla riforma dell’abuso di ufficio c’è l’accordo politico», ricordando come su 1000 fascicoli aperti, 995 si concludono con un nulla di fatto. Anche le condanne sono poche – soltanto 18 nel 2021.

Un altro tema molto caldo è sicuramente quello delle intercettazioni. L’intervento previsto all’interno del ddl rappresenta il primo step, e punta alla tutela dei terzi estranei alle indagini. L’obiettivo è quello di evitare che tali conversazioni finiscano sotto atti di indagine che verranno divulgati.

Si tratta del primo passaggio verso una riforma ancora più ampia. «In un tempo successivo faremo una radicale revisione del sistema delle intercettazioni che tuteli anche la correttezza delle indagini e combatta la strumentalizzazione che viene fatta con la diffusione pilotata» delle intercettazioni, spiega il ministro.

«Non si possono spendere 200 milioni all’anno per intercettazioni che si rivelano nella maggioranza dei casi inutili», continua Nordio.

Invece, per quanto riguarda la custodia cautelare, c’è l’intenzione di intervenire con una duplice azione: sulla richiesta avanzata dal pm ci dovrà essere un organo collegiale, e non soltanto un giudice. L’indagato, prima della richiesta di effettuare il carcere preventivo, dovrà essere interrogato.

Cambia anche l’informazione di garanzia per aver maggior tutela dell’indagato, visto che, come spiega Nordio, nel momento in una persona riceve «l’avviso e il suo nome esce sui giornali, la condanna è già anticipata».


LEGGI ANCHE:

Grazie all’intelligenza artificiale ascolteremo una nuova canzone dei Beatles

Bando Cassa Forense per l’acquisto di strumenti informatici per lo Studio Legale

beatles intelligenza artificiale

Grazie all’intelligenza artificiale ascolteremo una nuova canzone dei Beatles

I Beatles, con 12 album in studio, centinaia di milioni di dischi venduti e decine di singoli, sono stati una delle band con maggior successo commerciale nella storia della musica. Paul McCartney, che nel gruppo scriveva, suonava e cantava, oggi annuncia di aver utilizzato un software di intelligenza artificiale per registrare il «brano finale dei Beatles».

McCartney racconta in un’intervista come l’intelligenza artificiale gli sia servita per riuscire ad estrarre da una registrazione di bassa qualità la voce di John Lennon per inserirla in una nuova registrazione effettuata in studio.

Non è stato specificato il nome del brano, ma per BBC dovrebbe essere Now and Then, brano composto nel 1978 da Lennon. Anche Kenneth Womack, docente di musica pop alla Monmouth University e autore di vari libri sui Beatles è d’accordo.

Now and Then

Now and Then è una delle canzoni che apparivano su una cassetta indirizzata a McCartney, che Yoko Ono gli consegnò dopo la morte del marito. Composta da Lennon a New York, poco prima della sua morte, la canzone non è mai stata pubblicata ufficialmente, anche se online sono presenti alcune versioni.

Nella cassetta in questione, Lennon suonava il piano e cantava alcuni nuovi brani nel suo appartamento a New York. Real Love e Free As A Bird furono registrate e riarrangiate da McCartney, Harrison e Starr. Now and Then, invece, non fu mai completata in modo soddisfacente, anche perché, secondo Harrison, la registrazione della voce di John Lennon sulla cassetta era di bassa qualità, con un ronzio di sottofondo.

Nel 2009 fu pubblicata una nuova versione del brano senza ronzio, su un bootleg, ovvero un disco pubblicato dai fan, che non ha nulla di ufficiale. Nessuno sa da dove arrivasse quella registrazione. Per qualcuno, è stata portata via dall’appartamento di Lennon dopo la sua morte, anche se l’audio aveva una qualità migliore rispetto a quella su cui avevano lavorato i Beatles.

Da anni, McCartney aveva intenzione di registrare la canzone, e ora ha capito di avere la possibilità di farlo grazie a nuovi software audio.

Per esempio, il regista Peter Jackson, per il suo documentario The Beatles: Get Back, ha utilizzato dei programmi per riuscire ad isolare le voci dei Beatles nelle registrazioni con tanti rumori di fondo, affinché potessero essere più chiare e comprensibili.

In realtà, separare le tracce audio per ripulirle dai rumori di fondo ed intervenire con filtri ed effetti per riuscire a modificarle è una pratica diffusa ormai da tempo. Tuttavia, dal racconto di McCartney capiamo che per lavorare in modo efficace su Now and Then è stato necessario ricorrere ai software utilizzati nel documentario di Jackson.

Racconta McCartney: «Siamo riusciti a prendere la voce di John e a renderla pulita grazie all’intelligenza artificiale e poi abbiamo mixato la canzone come si farebbe normalmente. L’abbiamo appena completata e sarà pubblicata quest’anno».

McCartney aveva già utilizzato questo software durante un concerto, per simulare un duetto con Lennon nel brano I’ve Got a Feeling. «E’ un po’ inquietante ma anche entusiasmante, perché è il futuro. E’ una cosa che al momento ci stiamo tutti attrezzando a capire e gestire, dovremo solo capire dove andrà a parare».


LEGGI ANCHE:

Bando Cassa Forense per l’acquisto di strumenti informatici per lo Studio Legale

Amazon utilizzerà l’IA per scoprire le recensioni false

bando strumenti informatici cassa forense

Bando Cassa Forense per l’acquisto di strumenti informatici per lo Studio Legale

Cassa Forense, per promuovere l’aggiornamento tecnologico in campo legale, ha stanziato 1 milione e 600 mila euro per l’acquisto di strumenti informatici, da parte di avvocati e praticanti.

Verrà offerto il rimborso sino al 50% per acquistare strumenti informatici, con una spesa massima di 1.500 euro. Un’opportunità estesa a tutti coloro che risultano iscritti o che hanno una procedura d’iscrizione in corso presso l’Ente previdenziale.

Il contributo verrà calcolato come il 50% del totale della spesa che è stata sostenuta per acquistare gli strumenti informatici, al netto dell’IVA, e verrà erogato soltanto per le spese che riguardano un solo tipo di strumento informatico tra quelli indicati nel bando.

Tra gli strumenti inclusi nel contributo troviamo:

– desktop pc;
– notebook;
– monitor;
– monitor con webcam microfono casse audio integrale;
– tablet;
– cuffie, auricolari, microfono;
– webcam;
– stampante multifunzione laser;
– sistema video ed audio per videoconferenze;
– lavagne interattive e sistema audio video per video conferenze;
– licenza antivirus e software per la gestione degli studi legali e relativi applicativi e
aggiornamenti;
– firewall;
– abbonamento per l’utilizzo di piattaforme per videoconferenze;
– dispositivi per l’archiviazione, server protezione e/o condivisione dei dati dello
studio;
– abbonamento e/o acquisto di servizi di cyber security per la protezione delle reti
professionali dello studio legale.

A proposito:dai un’occhiata ai prodotti Servicematica😊

Per garantire un’equa distribuzione delle risorse, Cassa Forense ha stabilito le condizioni specifiche per riuscire a beneficiare di tale contributo.

Bisognerà essere in regola con tutte le comunicazioni reddituali alla Cassa per tutto il periodo d’iscrizione e non aver ottenuto un rimborso totale o parziale per le stesse identiche finalità da parte di altri enti.

La scadenza per la presentazione della domanda di contributo è stata fissata al 15 giugno 2023, entro le ore 24. Si potrà presentare la domanda con la procedura messa a disposizione online da Cassa Forense. I richiedenti dovranno allegare, in formato telematico, una copia delle fatture quietanzate oppure delle ricevute di pagamento riguardo gli acquisti effettuati.

Tale iniziativa mira a sostenere gli avvocati italiani nel processo di adeguamento agli strumenti informatici di oggi, permettendo loro di migliorare l’efficacia e l’efficienza degli Studi Legali. Gli avvocati, con questa opportunità di rimborso, potranno investire nelle tecnologie all’avanguardia per riuscire ad offrire un servizio sempre più competitivo e qualificato nell’esercizio della professione.

Clicca qui sopra per leggere il bando del concorso, e qui sopra per inviare la richiesta online.


LEGGI ANCHE:

Amazon utilizzerà l’IA per scoprire le recensioni false

Premio Serafino Famà: 2.600 euro per praticanti e giovani avvocati

amazon recensioni false ia

Amazon utilizzerà l’IA per scoprire le recensioni false

Amazon sfrutterà l’intelligenza artificiale per riuscire a velocizzare alcune attività, come l’individuazione di prodotti che risultano danneggiati ancor prima della spedizione. Inoltre, ha comunicato che l’intelligenza artificiale viene già utilizzata per riuscire a scoprire le recensioni fake e per scrivere un riassunto di quelle affidabili.

Da anni, Amazon tenta di contrastare la pubblicazione delle recensioni false: il problema principale è rappresentato dai broker, che utilizzano piattaforme di terze parti, come i social network, per riuscire ad acquistare, vendere e ad ospitare recensioni false.

Il colosso fondato da Bezos sfrutterà modelli di machine learning per poter analizzare migliaia di dati e per rilevare tempestivamente comportamenti fraudolenti.

Di recente sono stati adottati degli strumenti di intelligenza artificiale molto più sofisticati, che considerano diversi parametri per poter individuare recensioni fake, quali numero di login, cronologia, correlazione tra l’account dell’utente e quello del venditore.

Grazie ai nuovi metodi, comunica Amazon, sono già state bloccate più di 200 milioni di recensioni fake nel 2022. Sostanzialmente, quello che fa l’intelligenza artificiale, in questo caso, è capire se le recensioni sono state scritte da un’altra intelligenza artificiale.


LEGGI ANCHE:

Premio Serafino Famà: 2.600 euro per praticanti e giovani avvocati

Siete pronti a passare ore ed ore con un visore sulla testa?

Premio Serafino Famà

Premio Serafino Famà: 2.600 euro per praticanti e giovani avvocati

È stato pubblicato il bando di concorso per il premio biennale dedicato all’avvocato Serafino Famà. L’iniziativa da parte della Camera penale di Catania è ormai giunta alla sua 11esema edizione, e ha sempre avuto lo scopo di ricordare il penalista, ucciso nel 1995 dalla mafia, emblema della dedizione alla professione forense, che arriva sino al sacrificio personale.

Il premio, corrispondente a 2.600 euro, sarà assegnato ad un praticante abilitato o ad un giovane avvocato, autore e firmatario di un atto giudiziario depositato nell’ambito di un procedimento penale, nel quale sia stato difensore o sostituto processuale.

La scadenza per poter partecipare al concorso è stata fissata al 31 luglio 2023, ed entro tale data bisognerà inviare gli elaborati alla PEC della Camera penale di Catania, camerapenalecatania@pec.it

Per poter partecipare bisogna presentare:

  • l’atto giudiziario con attestazione di deposito alla Cancelleria Segreteria del Magistrato che lo ha ricevuto;
  • il certificato di iscrizione all’Albo o al registro dei Praticanti;
  • una presentazione sintetica del processo nel quale è stato prodotto l’atto.

I candidati, per preservare la riservatezza dei soggetti coinvolti negli atti giudiziari, dovranno occultarne le generalità o qualsiasi indizio che permetta di risalire all’identità di questi.

La Commissione sarà composta da Presidente dell’Unione della Camere penali italiane, dal Presidente del COA catanese, dal Presidente della Camera Penale di Catania e da tre membri designati da quest’ultima, che dovrà scegliere tra avvocati, magistrati e docenti universitari.

Hai bisogno di una PEC? Servicematica può aiutarti. Clicca qui sopra per avere maggiori informazioni.


LEGGI ANCHE:

Siete pronti a passare ore ed ore con un visore sulla testa?

Le Autorità possono attivare da remoto il microfono e la fotocamera dello smartphone?

apple vision

Siete pronti a passare ore ed ore con un visore sulla testa?

È un momento importante per i visori per la realtà virtuale e per la realtà aumentata. Apple ha appena presentato il suo visore Vision Pro, dopo il lancio di un nuovo visore sia da parte di Meta che di Lenovo. Sicuramente resteranno in circolazione per un bel po’ di tempo, ma non è detto che tutti siano disposti ad indossarli.

Dopo un decennio dalla derisione dei Google Glass, l’ultimo annuncio Apple ha suscitato parecchie perplessità simili. Il visore in alluminio sembra essere progettato con cura, anche se le immagini mostrate da Apple non rappresentano in alcun modo comodità o praticità nell’indossare un computer facciale.

Il nuovo visore Apple fa discutere

Anche se Apple riuscisse a conquistare i fan della produttività e la loro immaginazione, non sembra così semplice l’idea trovare una base di utenti che abbiano intenzione di spendere 3.499 dollari per il suo visore.

Infatti, l’indossabilità resterebbe un gran problema. Apple non ha rivelato quanto pesa il suo Vision Pro, e nemmeno quanto dura esattamente la batteria. Dalle immagini, tuttavia, sembra che il dispositivo sia molto ingombrante e collegato ad una batteria esterna.

Dichiara Leo Gebbie, analista che si occupa di realtà virtuale: «Le persone hanno una tolleranza limitata quando si tratta di indossare qualcosa sulla testa per un periodo di tempo prolungato. Un oggetto che va indossato tutto il giorno deve essere sottile, leggero e comodo. Nessuno ha ancora raggiunto questo obiettivo nel mondo della Vr».

Leggi anche: Zuckerberg ha creato l’ufficio virtuale

Il visore Apple, così come altri modelli, è un dispositivo per la realtà mista, che consente agli utenti di interagire con alcuni elementi virtuali e con una parte del mondo reale. Questo passaggio attraverso il mondo reale è un aspetto su cui Apple si è concentrata tantissimo per il lancio di Vision Pro, presentando il visore in quanto oggetto da indossare mentre si cammina.

Dunque, non c’è rischio di urtare continuamente mobili, animali, bambini, ecc, anche se essendo un visore, oscura l’intero campo visivo. I Google Glass (così come i Facebook Ray-Ban di Meta) non hanno tutte le funzioni che offre il Vision Pro, ma consentono comunque di vedere tutto intorno.

Inoltre, gli schermi che utilizziamo tutti i giorni non sembrano essere del tutto affidabili: pensiamo alle situazioni in cui un’app si blocca. Se dovesse accadere la stessa cosa con il campo visivo intero, l’utente potrebbe restare al buio.

Inoltre, i visori non hanno un aspetto così accattivante. Si tratta di dispositivi che non sono così discreti da poter essere indossati con disinvoltura: chi, in aereo, per guardare Netflix, indosserebbe un visore senza sentirsi in imbarazzo?

È probabile che nel corso dei prossimi anni i visori per la realtà virtuale diventino meno ingombranti, più sottili e più semplici da indossare. Tali dispositivi dovranno, inoltre, superare il senso di isolamento che caratterizza queste esperienze immersive.


LEGGI ANCHE:

Le Autorità possono attivare da remoto il microfono e la fotocamera dello smartphone?

Triplicati i siti che pubblicano fake news con l’Intelligenza Artificiale

Le Autorità possono attivare da remoto il microfono e la fotocamera dello smartphone?

In Francia si sta molto discutendo di una disposizione controversa all’interno di un disegno di legge approvato dal Senato. Secondo quanto è stato stabilito, le Autorità potranno attivare da remoto microfoni e fotocamere sugli smartphone degli utenti a loro insaputa.

Tale misura ha due principali obiettivi, ovvero geolocalizzare gli utenti in tempo reale, abilitando l’acquisizione di suoni e di immagini a distanza. Il legislatore prevede che tali strumenti possano essere utilizzabili soltanto per contrastare reati gravi, ovvero quelli che prevedono una reclusione di almeno 10 anni.

Nonostante non sia stato approvato in Parlamento, il provvedimento è stato stigmatizzato, in quanto ogni dispositivo mobile potrebbe diventare un potenziale strumento di sorveglianza di massa. La disposizione è stata ritenuta sproporzionata, visto il gran rischio di aprire le porte ad un modus operandi che impatterà negativamente sulla privacy dei cittadini.

Il ministro della Giustizia francese difende il provvedimento, dichiarando che le tecniche di attivazione di microfoni e videocamere da remoto si utilizzano già ora. Oggi è ancora necessaria l’installazione fisica di dispositivi per il monitoraggio, attività che potrebbe risultare rischiosa per gli inquirenti.

Il provvedimento sarebbe sostenuto anche da tutele per quanto riguarda l’attuazione pratica, che sarà esclusivamente subordinata all’approvazione di un giudice, per assicurare la tutela della legalità e dei diritti.

Spyware

L’attivazione da remoto del microfono e della fotocamera dello smartphone, all’insaputa dell’utente che non fornisce alcun consenso, è qualcosa di possibile a livello teorico. Per poter eseguire un’azione in questo senso, un aggressore potenziale dovrebbe compromettere il dispositivo con l’installazione di un particolare software, uno spyware.

Dopo essere entrato in esecuzione sullo smartphone, l’app consentirà effettivamente ad un utente remoto di assumere il controllo di un gran ventaglio di funzionalità del dispositivo, come l’utilizzo di microfono e fotocamera.

I malintenzionati potrebbero sferrare un attacco che porta direttamente all’installazione e al caricamento di app spia in diversi modi: potrebbero sfruttare vulnerabilità del sistema operativo non ancora risolte, oppure applicazioni non sicure, o ancora, tecniche di ingegneria sociale per potere l’utente ad installare volontariamente il software malevolo.

Trojan di Stato

In Italia si possono utilizzare app per monitorare le attività degli utenti sui loro dispositivi: si tratta dei captatori informatici, ovvero i trojan di Stato, che vengono utilizzati soltanto nelle ipotesi di reato più gravi, che registrano tutte le operazioni svolte dagli utenti, andando a condividerle con le forze di polizia.

Per utilizzare i trojan di Stato bisogna installarli preventivamente sui dispositivi delle persone oggetto di indagine.

Il disegno di legge francese, nella sua forma attuale, va oltre tutto questo, e sembra anche prevedere delle possibilità in più: infatti, le autorità potrebbero essere anche autorizzate a richiedere ai gestori di app di terze parti di collaborare per poter acquisire audio, video e foto.

Per poter ottenere queste informazioni, si dovranno seguire delle specifiche procedure legali. Ma arrivati a questo punto, sembra che la privacy degli utenti verrà sacrificata per effettuare indagini di polizia.

Eventuali ordini giudiziari potrebbero entrare in contrasto con la cifratura end-to-end (utilizzata da WhatsApp, per esempio), ma anche di altre misure di sicurezza che impediscono al gestore del servizio e a soggetti terzi di accedere alle informazioni personali degli utenti.

La maggior parte degli sviluppatori di app risponderà, verosimilmente, che attivare fotocamera e microfono non è possibile a distanza, ma soltanto su richiesta esplicita dell’utente. Introdurre un comportamento diverso potrebbe all’installazione di una backdoor (una codice grazie al quale un utente può entrare come amministratore di siti o pc senza esserne autorizzato) all’interno delle singole app.

Con tutto quello che ne consegue: pensiamo ai potenziali problemi di sicurezza che ne deriverebbero se utenti senza autorizzazione scoprissero in che modo sfruttare la backdoor oppure il giudizio negativo che le app potrebbero ottenere in sede di audit.

Dunque, il provvedimento francese apre ad un precedente molto importante, destinato a far discutere oltre i confini del Paese.


LEGGI ANCHE:

Triplicati i siti che pubblicano fake news con l’Intelligenza Artificiale

Chi sono i facilitatori digitali annunciati dal Governo?

fake news intelligenza artificiale

Triplicati i siti che pubblicano fake news con l’Intelligenza Artificiale

NewsGuard, l’agenzia americana che si occupa di monitorare gli organi di stampa e che pubblica dei report periodici sulla loro affidabilità ha di recente fatto debuttare il Centro di Monitoraggio delle informazioni che vengono generate dall’IA.

Lo scopo è quello di tenere sotto controllo siti che pubblicano notizie inaffidabili, in quanto generate dall’IA. Oggi, questi siti sarebbero circa 150: NewsGuard produrrà report, fact-checking e analisi per quanto riguarda la disinformazione e le narrazioni fake che riguardano l’intelligenza artificiale.

Nell’ultimo mese questi siti hanno cominciato a triplicarsi. NewsGuard tenta di studiare in che modo i media statali cinesi e russi abbiano utilizzato dei testi generati dall’intelligenza artificiale per riuscire a diffondere affermazioni false facendole sembrare vere.

Leggiamo in una nota di NewsGuard: «Il China Daily ha citato ChatGPT come fonte a supporto della notizia falsa secondo cui gli Stati Uniti gestiscono un bio-laboratorio in Kazakistan che starebbe conducendo ricerche sulla trasmissione dei virus dai cammelli all’uomo al fine di sviluppare un’arma biologica da utilizzare contro la Cina. Ad aprile, un altro sito generato dall’IA ha dato la falsa notizia della morte dell’attuale presidente degli Stati Uniti, Joe Biden».

All’interno del centro di monitoraggio è inoltre disponibile il numero dei siti Unreliable AI-Generated News, Uain. In questi siti le notizie sono inaffidabili, create dall’intelligenza artificiale, e lavorano con poca o con nessuna supervisione da parte dell’uomo.

Fino ad ora, sono stati identificati ben 150 siti Uain, e gli analisti hanno intenzione di continuare ad aggiornare il Centro di Monitoraggio.

Pubblicità e scarsa trasparenza

Lo scorso maggio, quando NewsGuard ha cominciato il monitoraggio dei siti Uain, il numero complessivo era di 49. Dichiara Steven Brill, l’amministratore delegato: «Uno dei motivi per cui 5 anni fa abbiamo creato NewsGuard era la facilità e il basso costo di produzione delle content farm».

«I siti di notizie generati dall’intelligenza artificiale di oggi sono simili alle content farm macedoni», continua, «che diffondevano disinformazione qualche anno fa, con la differenza che i costi di produzione sono ancora più bassi e che queste nuove fonti possono diventare ancora più prolifiche grazie ai progressi dell’intelligenza artificiale».

L’altro amministratore delegato di NewsGuard, Gordon Crovitz, ricorda come «la maggior parte di questi siti è stata creata sulla base del modello commerciale che genera entrate dalla pubblicità programmatica, che sembra funzionare bene. I marchi non hanno alcuna intenzione di inserire annunci su siti che non sono sicuri per la loro reputazione, eppure la scarsa trasparenza del sistema di gestione della pubblicità programmatica fa sì che le loro inserzioni, fornite da aziende di tecnologia pubblicitaria come Google, appaiano comunque su questi siti».

Fake news

Secondo le stime, l’intelligenza artificiale generativa consentirà ad un numero sempre maggiore di aziende di aumentare i 2,6 miliardi di dollari da parte delle entrate pubblicitarie che ogni anno vengono destinati ai siti che pubblicano fake news.

Leggiamo nel report di NewsGuard che questi siti, di solito hanno dei nomi generici, come World Today News e Top News Press, e pubblicano costantemente tantissimi articoli su argomenti diversi tra loro.

Questi siti operano con poca o addirittura nessuna supervisione umana, pubblicando articoli scritti da bot. Dunque, non offrono affatto dei contenuti giornalistici tradizionali.

Sono riconoscibili in quanto utilizzano un linguaggio ripetitivo, banale, tipico dei testi prodotti dai modelli di intelligenza artificiale generativa. Per NewsGuard, questi articoli contengono anche informazioni false.


LEGGI ANCHE:

Chi sono i facilitatori digitali annunciati dal Governo?

Meglio WhatsApp o Telegram?

facilitatori digitali

Chi sono i facilitatori digitali annunciati dal Governo?

È nata una nuova rete di luoghi fisici dove rivolgersi per potersi avvicinare alle pratiche digitali senza alcuna ansia.

La Rete nazionale dei punti di facilitazione è il nome dato al network di sportelli nel quale si potrà gestire la propria identità digitale, attivando lo Spid, per esempio, oppure per ottenere informazioni riguardo la propria identità digitale, sull’app IO e per accedere all’Anagrafe Online.

Sarà possibile anche prendere confidenza con fake news, chiamate, videochiamate, servizi di home banking e servizi online.

I cittadini potranno contare sull’assistenza dei cosiddetti facilitatori digitali”, ovvero enti locali, comuni e rappresentanti del terzo settore, che parteciperanno al progetto con bandi regionali, sostegno delle società in-house e con l’apertura dei punti di facilitazione in tutta Italia.

L’iniziativa conta sul Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio, e ha un obiettivo ambizioso, ovvero potenziare l’inclusione e le competenze digitali di due milioni di cittadini italiani entro il 2026.

Il progetto fa parte del PNRR, e mira a fornire sostegno a quelle fasce della popolazione maggiormente esposte ai rischi delle differenze digitali a livello culturale, che allontana il nostro Paese dalla media Ue. Infatti, soltanto il 46% della popolazione è in possesso delle competenze digitali di base, contro una media del 54% all’interno dei Paesi membri Ue.

Spiega Alessio Butti, sottosegretario con delega all’Innovazione tecnologica: «Con la firma dei Piani operativi da parte di tutte le Regioni entriamo nel vivo di un progetto fondamentale per la digitalizzazione del paese. Grazie alle risorse del PNRR, che per questa misura mette a disposizione 135 milioni di euro, l’obiettivo è creare 3mila presìdi in tutta Italia, sia fisici che itineranti, per diffondere la cultura digitale, contrastare il digital divide e favorire l’inclusione delle categorie più fragili».

«Dall’utilizzo dell’App IO all’anagrafe digitale», continua Butti, «ma anche gli adempimenti fiscali o gli acquisti online, grazie al lavoro dei facilitatori puntiamo ad aumentare le competenze digitali di base di 2 milioni di cittadini entro il 2026».

Leggi anche: I dipendenti della PA sono al minimo storico

I fondi saranno in mano alle regioni e alle province autonome per poter aprire i nuovi punti, con lo scopo di semplificare i rapporti tra cittadini e PA. I facilitatori digitali, molto probabilmente, saranno operatori del terzo settore oppure dipendenti pubblici che avranno ricevuto una formazione ad hoc.

I cittadini, rivolgendosi a tali sportelli, potranno ricevere l’aiuto necessario per accedere ai servizi digitali della PA, come la piattaforma PagoPA, il Fascicolo Sanitario Elettronico e l’Anagrafe. Inoltre, riceveranno assistenza per servizi come la dichiarazione dei redditi precompilata, i servizi previdenziali, l’abbonamento per il trasporto pubblico locale, i servizi assistenziali e previdenziali.

L’iniziativa prevede anche ulteriori attività che vadano a consentire ai cittadini di raggiungere un livello base per quanto riguarda le competenze digitali che richiede il mondo del lavoro, l’inclusione sociale, lo sviluppo personale e la cittadinanza attiva.


LEGGI ANCHE:

Meglio WhatsApp o Telegram?

Sta girando una brutta truffa che prosciuga i conti postali

Iso 27017
Iso 27018
Iso 9001
Iso 27001
Iso 27003
Acn
RDP DPO
CSA STAR Registry
PPPAS
Microsoft
Apple
vmvare
Linux
veeam
0
    Prodotti nel carrello
    Il tuo carrello è vuoto