Giorgio Ambrosoli

11 luglio 1979: 45 anni dall’assassinio di Giorgio Ambrosoli, eroe della lotta contro la mafia

Quarantacinque anni fa, l’11 luglio 1979, un sicario mafioso assassinava a Milano l’avvocato Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana (BPI) di Michele Sindona. Un delitto efferato che ha segnato la storia del nostro Paese, divenendo simbolo della lotta contro la mafia e l’illegalità.

Ambrosoli, un uomo onesto e coraggioso, si era impegnato con tenacia e dedizione a smascherare le trame illecite di Sindona, potente banchiere legato alla criminalità organizzata. Il suo lavoro minuzioso e inflessibile rappresentava una minaccia per gli interessi mafiosi, condannandolo a morte.

L’assassinio di Ambrosoli provocò un’ondata di indignazione e mobilitazione nella società civile. Il suo sacrificio non fu vano: diede forza al movimento antimafia e contribuì ad accendere i riflettori sulla pervasività delle organizzazioni criminali in Italia.

Oggi, a 45 anni di distanza, la figura di Giorgio Ambrosoli continua a essere un faro di legalità e moralità. Il suo esempio ci ricorda che la lotta contro la mafia è un dovere di tutti, un impegno quotidiano che richiede coraggio, tenacia e senso di responsabilità.


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Conflitto tra avvocato e PM, la Camera Penale di Cosenza interviene a difesa dell’avv. Ledonne

Durante un’udienza presso il Tribunale di Verona, l’avvocato Ugo Ledonne si è trovato al centro di una controversia che ha fatto discutere. In difesa del suo assistito, Ledonne si è opposto a una domanda del Giudice ritenendola nociva per la genuinità della testimonianza. La reazione del pubblico ministero è stata drastica, accusando Ledonne di oltraggio a magistrato e chiedendo la trasmissione degli atti alla Procura.

I fatti

L’avvocato Ledonne, agendo come difensore, ha esercitato il diritto di opporsi a una domanda del Giudice, definendola nociva e potenzialmente fuorviante per il teste. Questo diritto è sancito dall’articolo 499 del codice di procedura penale, come confermato dalla Cassazione (Sez. IV, sentenza n° 15331 del 2020). Nonostante la legittimità dell’opposizione, il pubblico ministero ha reagito duramente, non intervenendo nel merito ma richiedendo immediatamente la trasmissione degli atti alla Procura per un presunto reato di oltraggio a magistrato.

La reazione della Camera Penale di Cosenza

La Camera Penale di Cosenza ha espresso piena solidarietà all’avvocato Ledonne, denunciando l’episodio come un grave attacco ai principi fondamentali dello Stato di diritto, in particolare all’autonomia e all’indipendenza dell’avvocatura. La Camera ha richiesto al Ministro della Giustizia di valutare la condotta del pubblico ministero, considerandola potenzialmente disciplinabile ai sensi degli articoli 2 e 14 del d.lgs. 109/2006.

Appello al Ministro della Giustizia

Secondo l’articolo 2, lettera d) del d.lgs. 109 del 23 febbraio 2006, tra gli illeciti disciplinari dei magistrati rientrano i comportamenti gravemente scorretti nei confronti dei difensori. La Camera Penale di Cosenza ha chiesto al Ministro di verificare se la condotta del pubblico ministero, che ha richiesto la trasmissione degli atti per oltraggio a magistrato, rientri in tale fattispecie e, in caso affermativo, di promuovere un’azione disciplinare.

Un precedente pericoloso

L’episodio, oltre a rappresentare una violazione del diritto di difesa, è stato definito dalla Camera Penale di Cosenza come un tentativo di intimidire l’azione difensiva dell’avvocato, prospettando l’iscrizione di Ledonne nel registro degli indagati per un reato punibile con fino a cinque anni di reclusione. Questa vicenda solleva preoccupazioni per la libertà di esercizio della professione legale e la tutela dei diritti degli imputati.

Solidarietà e supporto

Il documento della Camera Penale di Cosenza è stato trasmesso all’Unione delle Camere Penali Italiane e comunicato alla Camera Penale Veronese e al Coordinamento delle Camere Penali Calabresi, richiedendo una presa di posizione forte e unitaria per difendere l’integrità e l’autonomia della professione forense.


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Carceri: UCPI boccia il decreto, serve un intervento immediato per il sovraffollamento

L’Unione delle Camere Penali Italiane (UCPI) ha duramente criticato il decreto-legge n. 92/2024 approvato dal Governo per fronteggiare il sovraffollamento carcerario.

Ritardi e soluzioni inadeguate:

  • Le misure del decreto sono prive di urgenza e attuabili solo dopo 6 mesi, risultando completamente inadeguate per affrontare l’emergenza carceraria.
  • Il numero di detenuti (oltre 61.500) supera di gran lunga la capienza delle carceri (51.241 posti disponibili), senza alcuna misura concreta per ridurlo.
  • Nonostante i 54 suicidi in carcere nei primi sei mesi del 2024, il decreto ignora il monito del Consiglio d’Europa di rafforzare la prevenzione dei suicidi e l’assistenza sanitaria psicologica.

L’UCPI chiede interventi urgenti:

  • Riconoscendo la gravità della situazione, l’UCPI ribadisce la necessità di un intervento immediato e risolutivo.
  • L’Unione continuerà a promuovere iniziative su tutto il territorio nazionale per sensibilizzare il Governo e la politica sull’urgenza di risolvere il problema del sovraffollamento carcerario.

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Lecce, ferito in Tribunale: crolla una finestra addosso a un assistente giudiziario

Un assistente giudiziario è stato ferito ieri mattina nel Tribunale di Lecce quando una finestra del piano rialzato gli è caduta addosso. L’uomo, un cinquantenne in servizio negli uffici al sesto piano, si era fermato a prendere un caffè prima di iniziare il turno di lavoro quando ha provato ad aprire una finestra che ha ceduto improvvisamente.

Soccorso dai colleghi e trasportato in ospedale, l’uomo ha riportato una ferita alla testa ma, fortunatamente, le sue condizioni non sono gravi.

Secondo i testimoni, l’incidente è avvenuto intorno alle 8:00. Dopo il sinistro, la zona è stata transennata per motivi di sicurezza.


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Giustizia, ddl Nordio è legge: abolito l’abuso d’ufficio, nuove regole per intercettazioni e carcere preventivo

La Camera ha approvato in via definitiva il ddl Nordio con 199 voti favorevoli. Tra i sostenitori, inclusi molti sindaci del PD, c’è chi evidenzia che il 90% delle inchieste per abuso d’ufficio si concludono con un’assoluzione, causando la cosiddetta “paura della firma” che ostacola le decisioni dei pubblici ufficiali.

Stretta sulle intercettazioni

Il ddl Nordio introduce cambiamenti significativi nella gestione delle intercettazioni telefoniche, con l’obiettivo di proteggere le persone non coinvolte nelle indagini. Viene stabilito il divieto di pubblicare, anche parzialmente, il contenuto delle intercettazioni non riprodotto nei provvedimenti giudiziari o non utilizzato in dibattimento.

Interrogatorio preventivo

La riforma prevede nuove norme per la carcerazione preventiva. Le ordinanze di custodia cautelare dovranno essere decise da un collegio di tre giudici, anziché da un solo gip. Inoltre, prima dell’arresto, il sospettato deve essere sottoposto a un interrogatorio di garanzia.

Assoluzioni inappellabili

Un altro aspetto discusso della riforma è l’impossibilità per l’accusa di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento per reati con pena massima di quattro anni e una possibile multa, riguardanti contravvenzioni o delitti con citazione diretta a giudizio.


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Tribunale di Portoferraio: a corto di magistrati, udienze trasferite a Livorno

Portoferraio, 10 luglio 2024 – Ancora grane per il Tribunale di Portoferraio. Nonostante l’ufficio sia operativo da maggio 2023, con tanto di personale al completo, la stragrande maggioranza delle udienze relative a procedimenti civili e penali si tiene a Livorno.

Il motivo? La cronica carenza di magistrati.

Come denunciato dall’Avv. Paolo Di Tursi, presidente dell’Associazione Forense dell’Isola d’Elba, questa situazione costringe a vere e proprie “carovane” di testimoni, parti in causa, avvocati e altri professionisti a spostarsi da e per l’isola per ogni udienza.

“La Sezione Distaccata del Tribunale è stata riaperta su esplicita richiesta di tutte le forze politiche in Parlamento – spiega Di Tursi – ma di fatto non è in grado di svolgere le sue funzioni.”

Al momento, infatti, solo le udienze per gli sfratti si tengono effettivamente all’Elba. Per tutti gli altri casi, è necessario recarsi a Livorno, con notevoli disagi e costi per tutti i soggetti coinvolti.

“Non spetta a noi individuare le cause di questo problema o proporre soluzioni – continua Di Tursi – compito che spetta al Ministero della Giustizia e agli uffici competenti. Chiediamo però alla politica locale di attivarsi con decisione per fare chiarezza su questa situazione e per capire se ha davvero senso mantenere aperto un Tribunale che di fatto non funziona.”

L’avv. Di Tursi rivolge un appello anche alla stampa locale, affinché continui a tenere alta l’attenzione sul tema e approfondisca la vicenda. “Da parte nostra – conclude – c’è la massima disponibilità a collaborare, ma è necessario un sostegno concreto da parte di tutto il territorio.”


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Cassazione, arredi e mobili compresi nell’assegnazione della casa familiare

Roma, 10 luglio 2024 – La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 16691 del 17 giugno 2024, ha confermato che l’assegnazione della casa familiare ai figli minori o maggiorenni non autosufficienti comprende anche i mobili e gli arredi.

Nella pronuncia, la Prima Sezione Civile ha chiarito che il diritto dei figli di conservare l’ambiente domestico nel quale sono nati o cresciuti si estende non solo alle mura dell’abitazione, ma anche a tutti i beni che ne fanno parte integrante, come mobili, arredi, elettrodomestici e servizi.

L’obiettivo è quello di tutelare il benessere psicofisico dei figli, garantendo loro la continuità e la stabilità dell’ambiente familiare anche dopo la separazione dei genitori.

La Corte ha precisato che l’assegnazione dei mobili non comprende però i beni strettamente personali dell’altro coniuge, come ad esempio quelli che soddisfano esigenze specifiche.

La decisione della Suprema Corte si basa sul principio di tutela del minore, secondo cui il passaggio da un contesto familiare all’altro a seguito di eventi critici come la separazione non deve comportare un distacco traumatico dall’ambiente domestico. La casa familiare deve infatti rappresentare per i figli un punto di riferimento stabile e riconoscibile nel tempo.


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Giustizia, istituita la cabina di regia per le professioni economico-giuridiche

Con un decreto ministeriale del 5 luglio 2024, il Ministero della Giustizia ha istituito presso il suo Gabinetto la “Cabina di regia permanente per le professioni economico-giuridiche”. Sono stati nominati suoi componenti il Presidente del Consiglio nazionale forense, Francesco Greco, quello del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio e quello del Consiglio nazionale del Notariato, Giulio Biino. La cabina di regia è presieduta dal Ministro o dal Capo di gabinetto. Viceministro e i Sottosegretari di Stato partecipano di diritto ai lavori, previsti con cadenza mensile. La cabina di regia si avvarrà di una segreteria tecnico-organizzativa composta da Assunta Tillo, magistrato di Gabinetto, e Alfredo Federici, della segreteria particolare del Capo di gabinetto. La sua nascita era stata annunciata a maggio dal Ministro Carlo Nordio nel corso degli Stati generali dei commercialisti.

Secondo quanto affermato nel decreto istitutivo, l’organismo nasce per “costruire un canale di ascolto permanente con le professioni del comparto economico-giuridico in una logica ispirata alla leale collaborazione istituzionale” e perché una “stabile interlocuzione” con questi professionisti “può assicurare la tempestività dei loro contributi in vista dell’elaborazione di iniziative legislative efficaci e adeguate alle esigenze dei rispettivi settori di appartenenza”.

“Con l’istituzione della cabina di regia per le nostre professioni – affermano Greco, de Nuccio e Biino – il Ministro Nordio tiene meritoriamente fede all’impegno preso nei mesi scorsi e conferma una modalità di ascolto e dialogo preventivo con le nostre realtà finalizzato ad individuare assieme idee e soluzioni legislative nell’interesse generale. Si tratta di un riconoscimento estremamente significativo delle competenze e della funzione nazionale delle professioni economico-giuridiche e del contributo che da esse può venire per lo sviluppo del Paese”.


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Il troppo lavoro non giustifica la mancata formazione degli avvocati: la sentenza del Consiglio Nazionale Forense

Roma, 9 luglio 2024 – L’intensa attività lavorativa non può essere utilizzata come giustificazione per non adempiere agli obblighi di formazione e aggiornamento professionale. Questo è quanto stabilito dal Consiglio Nazionale Forense (CNF) nella sentenza n. 120/2024, pubblicata lo scorso 4 luglio sul sito del Codice deontologico.

La sentenza è il risultato del ricorso presentato da un’avvocata, sanzionata dal Consiglio Distrettuale di Disciplina di Torino con un avvertimento. L’avvocata aveva sostenuto di non aver potuto partecipare ai corsi di formazione obbligatori a causa della mole di lavoro particolarmente intensa nel periodo in questione.

Nel suo ricorso, l’avvocata ha argomentato che la gestione di numerosi e complessi casi legali aveva assorbito interamente il suo tempo, impedendole di rispettare l’obbligo formativo. Ha inoltre sottolineato come il lavoro svolto durante quel periodo avesse contribuito significativamente alla tutela dei diritti dei suoi clienti, rafforzando così implicitamente le sue competenze professionali.

Il Consiglio Nazionale Forense ha rigettato il ricorso, stabilendo che l’intensa attività lavorativa non può essere considerata una scriminante valida per il mancato adempimento agli obblighi di formazione. Secondo il CNF, la formazione continua rappresenta un pilastro fondamentale per garantire l’aggiornamento e la competenza degli avvocati, indispensabile per la corretta amministrazione della giustizia e la tutela dei diritti dei cittadini.

Il CNF, nella sua sentenza, ha ribadito che il dovere di formazione continua è una responsabilità ineludibile per ogni avvocato, indipendentemente dalla mole di lavoro. Questo obbligo non è solo una formalità burocratica, ma una necessità per mantenere un elevato standard professionale e per assicurare una difesa efficace e aggiornata ai propri assistiti. La mancata formazione non solo mette a rischio la qualità del servizio legale offerto, ma compromette anche l’integrità e la credibilità della professione forense.


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Santalucia (Anm): “Se la giustizia è malata, la causa è il ministero”

“Noi abbiamo bisogno del ministro e del ministero, l’organo preposto ad assicurare alla giustizia i servizi necessari. Quando il ministro dice che la giustizia è malata, quasi quasi penso a dargli ragione perché quando entro nel mio ufficio e non ho stampanti e computer… Insomma, ci sono difficoltà quotidiane”. Queste le parole di Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm), a margine del comitato direttivo centrale.

Santalucia ha espresso preoccupazione per le dichiarazioni del ministro della Giustizia, sottolineando che le carenze strutturali sono una delle principali cause dei problemi del sistema giudiziario. “Se di malattia si deve parlare – ha continuato Santalucia – secondo le parole del ministro, che io non userei perché evocano sfiducia nei cittadini, questa è una malattia che riguarda soprattutto il ministero della Giustizia. Ci dia le risorse per poter lavorare bene e meglio. Oggi la magistratura si dibatte con carenze strutturali”.

Il presidente dell’Anm ha poi criticato la recente decisione del ministro di prorogare di un anno l’entrata in vigore della riforma del Tribunale per le persone minori e la famiglia. “Non perché l’abbiamo chiesto noi, ma perché il ministero non è in grado di assicurarne l’operatività. Le strutture ministeriali non sono in grado di garantire la telematizzazione del processo penale, che pure era uno degli obiettivi del PNRR. Tutte queste difficoltà si riflettono sui risultati”.

Santalucia ha concluso affermando che, nonostante le difficoltà, i risultati ottenuti dalla magistratura sono positivi grazie al sacrificio dei suoi membri, piuttosto che a un adeguato stanziamento di risorse. “Non parlerei di malattia, ma di un grande impegno di tutta la magistratura al servizio dell’utenza. Su questo invochiamo un aiuto del ministro”.


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