bambino sorridente

Mantenimento figli: la Cassazione ripristina la sospensione feriale dei termini processuali

Un importante chiarimento è giunto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in materia di mantenimento dei figli e sospensione feriale dei termini processuali. Con una recente pronuncia, la Suprema Corte ha ribaltato l’orientamento espresso nell’ordinanza n. 18044 del 2023, stabilendo che la sospensione feriale continua ad applicarsi ai giudizi relativi alla modifica del contributo di mantenimento per i figli.

La vicenda trae origine da un caso specifico in cui un ex marito aveva richiesto l’esonero dall’obbligo di versare il mantenimento alle figlie ormai maggiorenni. Il Tribunale di Napoli aveva respinto la richiesta, mentre la Corte d’Appello aveva invece accolto il ricorso. La questione è poi giunta in Cassazione, dove si è sollevato il dubbio sulla tempestività del ricorso, depositato applicando la sospensione feriale dei termini.

Proprio in merito alla sospensione feriale, la Cassazione, con l’ordinanza del 2023, aveva equiparato le obbligazioni alimentari al mantenimento dei figli, disponendo la non applicazione della sospensione feriale. Tale orientamento aveva creato non pochi problemi interpretativi e abbreviato le scadenze processuali per le parti.

Le Sezioni Unite, con la recente pronuncia, hanno però smontato questa tesi, riaffermando due principi fondamentali:

  • Tutela del diritto di difesa: La sospensione feriale mira a garantire il diritto al riposo dei legali, senza tuttavia pregiudicare il diritto di difesa garantito dall’art. 24 della Costituzione.
  • Distinzione tra alimenti e mantenimento: Le cause relative agli alimenti, escluse dalla sospensione, sono diverse dalle cause di separazione o divorzio che riguardano il mantenimento dei figli. Quest’ultimo risponde a finalità di solidarietà familiare e non a mere esigenze di bisogno.

Alla luce di ciò, la Suprema Corte ha stabilito che la sospensione feriale continua ad applicarsi ai giudizi di modifica del mantenimento dei figli, con la sola eccezione del caso di urgenza, debitamente motivata ai sensi dell’art. 92 dell’Ordinamento Giudiziario.


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Intelligenza Artificiale: al via la strategia italiana per il 2024-2026

Un documento completo per lo sviluppo responsabile dell’AI

A pochi giorni dalla pubblicazione dell’AI Act sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea e dall’avvio delle audizioni in Commissione al Senato sul disegno di legge italiano sull’intelligenza artificiale, è stato reso disponibile online il testo integrale della Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026.

Un comitato di esperti per una strategia lungimirante

Il documento, elaborato da un comitato di esperti di alto livello presieduto dal professor Gianluigi Greco, mira a supportare il Governo nella definizione di una cornice normativa e strategica per la gestione e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale in Italia. Il comitato, composto da 14 personalità di spicco nel campo dell’AI, ha lavorato con l’obiettivo di delineare un percorso che consenta all’Italia di assumere un ruolo di primo piano in questo settore strategico.

Un passo cruciale per l’Italia nel panorama globale dell’AI

La Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale rappresenta un passo fondamentale per il posizionamento del Paese nel panorama globale dell’AI e della transizione tecnologica. Il documento sottolinea l’impegno del governo nel creare un ambiente sicuro, etico e inclusivo per lo sviluppo dell’AI, massimizzando i benefici e minimizzando i potenziali rischi associati a questa tecnologia.

Quattro macroaree per lo sviluppo dell’AI in Italia

Dopo un’attenta analisi del contesto globale e del posizionamento italiano nel settore, la strategia definisce le azioni strategiche da intraprendere, suddivise in quattro macroaree:

  1. Ricerca: investire nella ricerca e nell’innovazione per l’avanzamento del settore AI in Italia.
  2. Pubblica Amministrazione: promuovere l’adozione dell’AI nella PA per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi.
  3. Imprese: supportare le imprese italiane nell’adozione dell’AI per aumentare la competitività.
  4. Formazione: potenziare le competenze in materia di AI nella forza lavoro per favorire l’occupazione e l’innovazione.

Un sistema di monitoraggio e un quadro normativo solido

La strategia include inoltre un sistema di monitoraggio per la sua attuazione e un’analisi del contesto normativo di riferimento. Il lavoro del comitato è stato supportato da una Segreteria Tecnica istituita presso l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID).

L’Italia pronta per un futuro con l’intelligenza artificiale al centro

“Ringrazio tutti gli esperti del Comitato per il loro prezioso contributo alla redazione della Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026”, ha dichiarato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’innovazione, Alessio Butti. “Questo documento rappresenta un punto di riferimento fondamentale per il governo nel delineare le politiche sull’AI e dimostra la nostra ferma volontà di guidare lo sviluppo di questa tecnologia in modo sicuro ed efficace”.

Il Direttore Generale di AgID, Mario Nobile, ha sottolineato l’importanza di una regolamentazione e di uno sviluppo dell’AI responsabili per garantire un futuro sicuro e prospero. “Le università e i centri di ricerca italiani, posizionati al settimo posto a livello mondiale, dimostrano la nostra capacità di innovazione e le nostre competenze diffuse. Insieme alle nostre imprese competitive a livello globale, questo rappresenta un terreno fertile per lo sviluppo dell’AI in Italia”.

Il Coordinatore del Comitato, il professor Gianluigi Greco, ha evidenziato come la strategia elaborata inquadri l’intelligenza artificiale come un motore di sviluppo per il Paese, valorizzando le sue peculiarità e promuovendo soluzioni trasparenti, affidabili e in linea con i valori italiani.

La pubblicazione di questa strategia rappresenta un passo avanti fondamentale per l’Italia, che si prepara ad un futuro in cui l’intelligenza artificiale avrà un ruolo sempre più centrale nello sviluppo economico e sociale del Paese.


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Focus | Legge Nordio: abolizione dell’abuso d’ufficio e restrizione del traffico di influenze illecite

Il 10 luglio la Camera ha approvato il disegno di legge del Ministro Nordio. L’articolo 1 di questa legge abroga l’abuso d’ufficio e modifica la disciplina del traffico di influenze illecite, restringendo significativamente l’area del penalmente rilevante nei delitti contro la pubblica amministrazione. La nuova definizione del traffico di influenze è molto restrittiva, rendendo meno punibili certe condotte precedentemente incriminate.

La legge introduce cinque nuovi requisiti che limitano l’applicazione del reato di traffico di influenze illecite:

  1. Le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale devono essere effettivamente utilizzate ed esistenti.
  2. L’utilizzazione delle relazioni deve avvenire intenzionalmente per compiere atti delittuosi.
  3. L’utilità data o promessa al mediatore deve essere economica.
  4. La mediazione gratuita è limitata alla remunerazione del pubblico funzionario per l’esercizio delle sue funzioni.
  5. La mediazione onerosa deve mirare a indurre il pubblico ufficiale a compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio costituente reato.

Sono previste due cause di non punibilità: il ravvedimento postdelittuoso e la denuncia tempestiva e volontaria del fatto. Le nuove norme riducono significativamente l’ambito di applicazione del reato di traffico di influenze, suscitando dubbi sulla loro compatibilità con gli obblighi internazionali derivanti dalle convenzioni sulla corruzione del Consiglio d’Europa e dell’ONU.

La legge Nordio potrebbe quindi sollevare questioni di legittimità costituzionale per la possibile violazione di tali obblighi internazionali.


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Avvocati minacciati sui social per difendere presunti femminicidi: l’Osservatorio li difende

Cagliari, 23 luglio 2024 – Ancora una volta, avvocati che difendono persone accusate di femminicidio vengono minacciati sui social network. L’Osservatorio avvocati esprime solidarietà ai colleghi della Camera Penale di Cagliari e denuncia l’ennesimo episodio di “giustizialismo da tastiera”.

Nel mirino una collega rea, secondo gli aggressori online, di aver svolto con professionalità il proprio dovere richiedendo l’attenuazione della misura cautelare del carcere in favore del suo assistito, accusato di femminicidio.

“Sono inaccettabili le provocazioni e i messaggi di minaccia che, ancora una volta, colpiscono le avvocate e gli avvocati che difendono persone accusate di gravi delitti”, afferma l’Osservatorio in una nota. “La collega in questione ha semplicemente svolto il proprio mandato con competenza e dedizione, come da codice deontologico. È sconcertante che, soprattutto sui social, si metta in discussione il diritto di difesa, uno dei pilastri fondamentali dello Stato di diritto”.

L’Osservatorio sottolinea come tali attacchi siano particolarmente odiosi quando diretti a donne avvocato. “Sembra che per alcuni, essere donna sia incompatibile con la difesa di chi è accusato di reati contro altre donne. Si tratta di esternazioni figlie di una pericolosa deriva populista che non ha nulla a che fare con la giustizia”, prosegue la nota. “Secondo questa subcultura, alcuni imputati non meritano la difesa e la semplice accusa si identifica automaticamente con la colpevolezza”.

L’Osservatorio conclude ribadendo che “presunzione di non colpevolezza e inviolabilità del diritto di difesa sono le precondizioni essenziali per un giusto processo. Attaccare chi difende questi principi significa minare le fondamenta stesse della democrazia”.

La Camera Penale di Cagliari, cui la collega è iscritta, ha già denunciato le minacce alle autorità competenti. L’Osservatorio avvocati invita tutti i colleghi a fare lo stesso in caso di simili episodi e ad esprimere solidarietà ai colleghi minacciati.


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IMU: doppia esenzione per coniugi con esigenze di vita documentate, anche in Comuni diversi

La controversia in oggetto riguarda l’esenzione IMU per l’abitazione principale di una coppia coniugale. I coniugi, pur avendo stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in due immobili distinti ubicati in Comuni differenti, lamentano l’irrogazione di IMU su entrambi gli immobili da parte dei rispettivi Comuni.

Motivi della decisione:
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 19684/2024, ha accolto il ricorso dei contribuenti, statuendo che il diritto all’esenzione IMU per l’abitazione principale spetta a ciascuna delle persone legate da vincolo di coniugio o unione civile che, a causa di comprovate esigenze di vita, abbiano fissato la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi.

Rilevanza giuridica:
La pronuncia in esame rappresenta un importante precedente giurisprudenziale in materia di IMU, ampliando la portata dell’agevolazione per l’abitazione principale. In particolare, la Corte riconosce l’esistenza di due distinte abitazioni principali quando sussistano concrete necessità che obbligano i componenti del nucleo familiare a dimorare in immobili separati.

Precedenti giurisprudenziali:
La decisione si innesta in un filone giurisprudenziale consolidato che, già in passato, aveva riconosciuto l’esenzione IMU per due abitazioni principali in caso di comprovate esigenze di vita, come ad esempio quelle derivanti da motivi di lavoro, salute o studio.

Implicazioni pratiche:
L’ordinanza in esame ha rilevanti ricadute pratiche per le coppie coniugali o unite civilmente che, per motivi di forza maggiore, siano costrette a vivere in immobili diversi. In tali ipotesi, i contribuenti potranno beneficiare dell’esenzione IMU su entrambi gli immobili, a condizione che dimostrino l’esistenza di concrete esigenze che giustifichino la loro dislocazione abitativa.

Differenze con la sentenza 3903/2022:
E’ importante sottolineare che la pronuncia in esame si discosta da quanto statuito dalla precedente sentenza della Corte di Cassazione n. 3903/2022, la quale aveva stabilito il principio di una sola abitazione principale per nucleo familiare, salvo eccezioni per comprovate esigenze di vita. L’ordinanza 19684/2024 supera tale limite, riconoscendo il diritto all’esenzione IMU per due abitazioni principali in presenza di concrete necessità.


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Salva Casa: via libera dalla Camera alla sanatoria per difformità e variazioni essenziali

Via libera al decreto Salva Casa, il provvedimento che punta a sbloccare il mercato immobiliare bloccato da anni a causa di piccole irregolarità edilizie. Il testo, approvato dalla Camera e ora destinato al Senato che dovrà varare definitivamente il testo entro il 28 luglio, rappresenta un’importante novità per il settore e per i cittadini.

Sanatoria più facile e ampia
Al centro del provvedimento c’è la possibilità di sanare con la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) sia le parziali difformità minori, sia le variazioni essenziali, anche in caso di vincoli paesaggistici. Viene così superato il principio della “doppia conformità”, che fino ad oggi condizionava la sanatoria all’adeguamento sia alle norme vigenti al momento dell’abuso, sia a quelle attuali.

Riduzione delle oblazioni e tolleranze più ampie
Il decreto riduce inoltre la misura massima dell’oblazione, che scende da 30.284 euro a 10.328 euro, mentre il minimo resta fissato a 1.032 euro. Vengono inoltre ampliate le tolleranze costruttive, che per i mini appartamenti con superficie inferiore ai 60 metri quadrati arrivano fino al 6%.

Sottotetti e micro-appartamenti: nuove regole per l’abitabilità
Il Salva Casa introduce nuove norme per i sottotetti, che potranno essere trasformati in abitazioni anche se non rispettano le distanze minime dagli edifici e dai confini, a condizione che siano comunque rispettate le altezze massime e che non vengano modificate le superfici. Per quanto riguarda i micro-appartamenti, i requisiti minimi di superficie e altezza sono stati modificati per consentire la loro abitabilità. In particolare, per una persona è prevista una superficie minima di 20 mq (contro i 28 mq precedenti), mentre per due persone la superficie minima sale a 28 mq (contro i 38 mq precedenti). L’altezza interna minima scende invece da 2,70 metri a 2,40 metri.

Cambi di destinazione d’uso sempre ammessi
Il decreto stabilisce che i cambi di destinazione d’uso degli immobili saranno sempre ammessi, con o senza opere, tranne che per i piani terra e i seminterrati, per i quali il cambio di destinazione d’uso è demandato alla pianificazione regionale e agli strumenti urbanistici comunali.

Calcoli più facili per le pratiche di sanatoria
Per semplificare il lavoro degli uffici comunali, il decreto introduce nuove regole per il calcolo dell’oblazione in caso di interventi in parziale difformità dal permesso di costruire e di variazioni essenziali. In questi casi, la somma da pagare sarà pari al doppio del contributo di costruzione incrementato del 20% se l’intervento è soggetto a oneri, oppure al contributo di costruzione incrementato del 20% se l’intervento non è soggetto a oneri. Nei casi di “doppia conformità”, l’oblazione sarà ridotta della metà.

Un provvedimento atteso da anni
Il Salva Casa è un provvedimento atteso da anni da operatori immobiliari, cittadini e Comuni. Si stima che in Italia ci siano circa 2 milioni di immobili con difformità edilizie, che bloccano le compravendite e creano un ostacolo all’efficientamento energetico del patrimonio edilizio. Il decreto rappresenta un primo passo importante per sbloccare questa situazione e per dare nuova vita al settore immobiliare.

Le novità in sintesi

  • Sanatoria con SCIA per difformità minori e variazioni essenziali, anche in caso di vincoli paesaggistici
  • Riduzione del contributo di sanatoria
  • Tolleranze costruttive più ampie per i mini appartamenti
  • Nuove regole per l’abitabilità di sottotetti e micro-appartamenti
  • Cambi di destinazione d’uso sempre ammessi
  • Calcoli più facili per le pratiche di sanatoria

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Aiga: dl “carcere sicuro”, resta l’emergenza

Rimane alto, con un trend in preoccupante crescita, il numero di suicidi in carcere, complice anche l’arrivo del gran caldo che aggrava ancor di più una situazione già difficile tanto da determinare rivolte nelle carceri, con grave pericolo per l’incolumità anche degli agenti della polizia penitenziaria.

Il recente DL n. 92/2024 “carcere sicuro”, pur positivo per alcuni aspetti, non porta con sé alcuna misura idonea ad incidere nell’immediato sul grave problema del sovraffollamento carcerario e dei suicidi dei detenuti.

AIGA accoglie con favore le misure del recente DL che determinano un incremento del numero di agenti di Polizia Penitenziaria, l’assunzione di nuovi Dirigenti Penitenziari e la previsione di una formazione specialistica per gli agenti penitenziari che operano nelle strutture minorili.

Bene anche l’aumento del numero delle telefonate per i detenuti in un’ottica di maggior tutela dei diritti e dei rapporti familiari e lo “snellimento” previsto per la procedura di concessione della libertà anticipata pur ritenendo che – per affrontare l’emergenza del sovraffollamento – sarebbe necessario un intervento che preveda un aumento dei giorni di riduzione della pena per ogni semestre di detenzione.

Si condivide anche l’istituzione dell’Albo delle Comunità e delle strutture disponibili all’accoglienza in regime di misure alternative di persone tossicodipendenti, quasi il 30% della popolazione carceraria, e di  quelle prive di fissa dimora o risorse domiciliari esterne, con l’auspicio tuttavia che a ciò consegua un considerevole investimento di risorse per l’ampliamento di dette strutture ed il rafforzamento di quelle esistenti.

Si manifestano, invece, forti perplessità per ciò che concerne il divieto di accesso ai programmi di giustizia riparativa ai detenuti al “41 bis”, in considerazione della direzione a cui la pena deve tendere con riferimento a tutte le tipologie di soggetti condannati.

“Prendiamo atto con favore della volontà di intervenire ed affrontare l’emergenza carceraria, sottesa anche all’approvazione del D.L. n. 92/2024”,

afferma il Presidente Nazionale Carlo Foglieni.

“È tuttavia necessaria

– precisa Foglieni –

l’adozione di ulteriori misure che tengano conto dell’ampio numero di detenuti con fine pena inferiore ai due e ai tre anni, con la correlata necessità di modificare anche l’articolo 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario, nonché di disposizioni che incidano significativamente sul procedimento per la concessione delle misure alternative alla detenzione”.

“L’auspicio

– conclude il responsabile dell’Osservatorio Nazionale Aiga sulle Carceri Mario Aiezza

è quello che si intervenga con una riforma organica dell’ordinamento penitenziario che preveda, tra l’altro, la semplificazione delle procedure davanti al magistrato di sorveglianza, la facilitazione del ricorso alle misure alternative, l’eliminazione di automatismi e preclusioni all’accesso ai benefici penitenziari, l’incentivazione della giustizia riparativa, l’incremento del lavoro intramurario ed esterno, la valorizzazione del volontariato, il riconoscimento del diritto all’affettività e degli altri diritti di rilevanza costituzionale, assicurando così effettività alla funzione rieducativa della pena”.


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Lo afferma in una nota la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati.

“La frequenza con cui il ministro si lascia andare a commenti irriguardosi per l’autonomia e l’indipendenza della magistratura ci impedisce di dirci sorpresi da questa ennesima esternazione – prosegue la nota -. Non ci libera però dal dovere di ricordare che la nostra Costituzione, meritevole di essere letta e riletta non meno dei grandi classici del pensiero filosofico, è incentrata sul principio di eguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini, abbiano o meno un incarico per mandato elettorale, e stabilisce, proprio nel suo primo articolo, che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione stessa”.

“Non v’è spazio nella nostra democrazia per pretese di impunità per quanti hanno ricevuto un mandato elettorale, perché anche la sovranità popolare, di cui gli eletti sono espressione, incontra limiti, quelli posti in Costituzione. E la Costituzione affida alla giurisdizione, che si pronuncia in nome del popolo italiano, e che quindi non ha un minor grado di legittimazione democratica, il controllo di legalità anche nei confronti dei rappresentanti dei pubblici poteri, seppure eletti. Questa cornice di principi inderogabili assicura effettività alla vita democratica del Paese. Coltiviamo con ostinazione la speranza che stia a cuore a tutti, specie a quanti hanno il dovere istituzionale di preservarla”,

conclude la Giunta dell’Anm.


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Uffici del Giudice di Pace, AIGA in stato di agitazione

AIGA aderisce allo stato di agitazione proclamato dall’Assemblea dell’Organismo Congressuale Forense (OCF) nel corso della seduta del 19 e 20 luglio u.s., condividendo la forte preoccupazione per la drammatica situazione in cui versano gli Uffici dei Giudici di Pace, afflitti da croniche inefficienze dettate soprattutto dalla carenza del personale giudicante ed amministrativo, condizione aggravata ulteriormente dalla mancata formazione del personale al repentino recepimento del processo telematico e dell’adeguamento delle infrastrutture tecnologiche.

Già lo scorso 26 giugno la nostra Associazione aveva rappresentato tale situazione al Ministro della Giustizia, On.le Carlo Nordio, chiedendo la proroga dell’entrata in vigore dell’ampliamento delle competenze dell’ufficio del Giudice di Pace, così da avere il tempo di poter colmare le scoperture degli organici amministrativi e giudicanti, proponendo al contempo l’adozione di alcuni interventi idonei per cercare di risolvere le problematiche che più interessano gli uffici del giudice di Pace:

  • ingiunzioni di pagamento emesse direttamente dagli avvocati, così da sgravare gli uffici dal peso dei procedimenti monitori;
  • assegnazione presso gli uffici del Giudice di Pace del personale delle Regioni, previa idonea formazione dello stesso;
  • potenziamento del potere notificatorio ed esecutivo degli avvocati (pignoramenti presso terzi, etc.), anche incentivando i cittadini ad adottare il “domicilio digitale”, e “privatizzazione” dell’U.N.E.P. o, più precisamente, l’affidamento delle stesse ad un libero professionista esercente una funzione di pubblico interesse, con collocamento degli attuali addetti presso gli uffici del Giudice di Pace;
  • applicazione degli addetti all’Ufficio del Processo anche agli uffici del Giudice di Pace.

La grave situazione – la cui risoluzione risulta non più procrastinabile – lede il diritto dell’avvocatura, in particolare dei più giovani che affollano le aule ed i corridoi degli uffici del Giudice di Pace, di poter svolgere appieno la professione, oltre a costituire una mancata risposta alla domanda di giustizia dei cittadini. L’Aiga auspica dunque un solerte intervento delle istituzioni politiche e rimane in attesa delle determinazioni in merito alle iniziative che le Istituzioni Forensi vorranno intraprendere in caso del prolungarsi dell’emergenza.


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Bambino di due anni in carcere con la madre: “Dice solo apri e chiudi”

Giacomo ha quasi due anni e mezzo e da quasi dieci mesi vive in una cella di Rebibbia con sua madre. Non corre, non gioca, non interagisce con altri bambini e quasi non parla.

Le sue uniche parole sono “si”, “no”, “mamma”, “papà” e soprattutto “apri” e “chiudi”, quelle che pronuncia ogni giorno quando varca i cancelli per tornare dal nido al carcere.

Giacomo è l’unico bambino di Rebibbia. Sua madre, una donna italiana di trent’anni che sta scontando una pena per reati minori, è stata arrestata lo scorso ottobre. Anche il padre si trova in carcere e Giacomo lo incontra una volta a settimana.

Il piccolo ha maturato un ritardo nello sviluppo psico-motorio a causa delle condizioni in cui vive. Non parla, non corre, è sovrappeso e porta ancora il pannolino. La sua vita si consuma tutta in una manciata di metri quadrati, davanti alla tv. L’unico momento di gioia arriva tre volte a settimana, quando una volontaria dell’associazione “A Roma Insieme-Leda Colombini” lo porta al nido.

“Lui è contentissimo di andare al nido“, racconta la volontaria. “Quando salgo a prenderlo lo trovo dietro il vetro di sicurezza con le sbarre che mi aspetta. Mi vede e gli si illumina il viso”.

Al pomeriggio, però, Giacomo sa che il cancello si chiuderà di nuovo alle sue spalle. E ripete: “Chiudi, chiudi“.

Come è possibile che il bambino non sia in una casa famiglia con sua madre? Il suo caso è finito nel labirinto della burocrazia.

Mentre la politica litiga sull’emendamento al ddl Sicurezza che riguarda le detenute con figli piccoli, Giacomo resta in carcere. Secondo i dati del Viminale, al momento sono 26 i bambini dietro le sbarre in Italia.

“È una situazione inaccettabile”, commenta l’associazione Antigone. “Serve un cambio di passo per tutelare i diritti dei bambini in carcere”.


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