Lavori urgenti, delibere e convocazioni condominiali: tre nuove pronunce della Cassazione

La Cassazione torna a dettare regole chiare e rigorose in materia condominiale, pronunciandosi su tre aspetti di grande interesse pratico per amministratori, condomini e legali di settore. Con le ordinanze nn. 16351, 16397 e 16399, depositate nei giorni scorsi, la Suprema Corte interviene su tre questioni delicate: i lavori urgenti eseguiti autonomamente da un condomino, l’impugnazione di delibere condominiali successive e le modalità di convocazione dell’assemblea.

Lavori urgenti: niente rimborso se manca il requisito dell’immediata indifferibilità
Con l’ordinanza n. 16351/2025, la Seconda sezione civile ha respinto il ricorso di un condomino che chiedeva il rimborso di oltre 60mila euro per interventi alla copertura e alle tubazioni di scarico condominiali. La Corte ha stabilito che i lavori, risalendo a tre anni prima e in presenza di un precedente provvedimento d’urgenza a carico del condominio, non potevano più qualificarsi come urgenti ai sensi dell’art. 1134 c.c. e che il rimedio non è l’iniziativa privata, ma il ricorso al giudice per l’esecuzione forzata. Il principio di diritto affermato chiarisce che il rimborso è dovuto solo se l’urgenza è effettiva e dimostrabile, e se non era possibile avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini.

Delibere “sananti”: quando viene meno l’interesse a impugnare
Con l’ordinanza n. 16397/2025, la Cassazione si è espressa sul caso di una delibera di manutenzione straordinaria impugnata da un condomino. Una successiva assemblea aveva approvato nuovamente i lavori, rimuovendo le cause di invalidità. I giudici hanno chiarito che in casi simili il condomino perde interesse a proseguire l’azione sull’originaria delibera, ormai superata. Il principio di diritto stabilisce che, a fronte di una nuova delibera adottata in modo regolare e con contenuto identico, ogni motivo di censura sulla precedente viene meno, salvo contestare eventuali errori sulla dichiarazione di cessata materia del contendere o sulla liquidazione delle spese di lite.

Convocazioni assembleari: la mail ordinaria non è valida
Infine, l’ordinanza n. 16399/2025 ribadisce una regola spesso ignorata nella prassi condominiale: l’avviso di convocazione dell’assemblea non può essere inviato tramite semplice email. Anche se il condomino aveva accettato tale modalità di comunicazione, la Cassazione ha precisato che, per legge, l’avviso deve avvenire con posta raccomandata, PEC, fax o consegna a mano. Il rigoroso rispetto di queste forme è inderogabile, a tutela del diritto di partecipazione di tutti i condomini e della validità delle deliberazioni.


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Carcere per madri e donne incinte: il Magistrato di Sorveglianza di Bologna blocca l’effetto retroattivo del “decreto sicurezza”

Arriva da Bologna una decisione destinata a tracciare una linea interpretativa netta sulle modifiche introdotte dal cosiddetto “decreto sicurezza”. Con un provvedimento del 3 giugno 2025, il Magistrato di Sorveglianza ha infatti escluso la possibilità di applicare retroattivamente la nuova disciplina sul differimento dell’esecuzione della pena detentiva per donne incinte o madri di bambini di età inferiore a un anno.

Il decreto sicurezza, intervenendo sugli articoli 146 e 147 del codice penale, ha trasformato quella che era una misura obbligatoria di differimento dell’esecuzione della pena in una facoltà valutativa del giudice. Una scelta normativa che ha suscitato numerose polemiche, perché consente — seppure attraverso la detenzione attenuata negli ICAM — la carcerazione di donne in gravidanza o madri di neonati.

Il Magistrato di Sorveglianza bolognese, nella prima applicazione della nuova disciplina, ha però affermato la natura sostanziale — e non meramente processuale — della modifica normativa. Conseguentemente, ha escluso che possa operare il principio tempus regit actum, applicando invece il fondamentale principio di irretroattività della legge penale più severa sancito dall’articolo 25 della Costituzione.

Nel caso concreto, è stata così prorogata la misura di detenzione domiciliare concessa a una donna che, al momento del primo provvedimento di differimento, era in stato di gravidanza e che ora è madre di un bambino di pochi mesi. Il provvedimento ha ritenuto che, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del decreto, continui a valere la disciplina più favorevole prevista dall’articolo 146 del codice penale nella sua precedente formulazione.

La decisione richiama i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 32 del 2020, secondo cui l’irretroattività deve applicarsi anche alle modifiche normative che incidono in modo determinante sul regime di libertà personale del condannato. In questo caso, infatti, si tratta — per dirla con la Consulta — di stabilire se la persona “sta dentro o sta fuori dal carcere”, circostanza che investe direttamente i diritti inviolabili tutelati dalla Carta.

Una decisione che non solo riafferma il primato dei principi costituzionali, ma che anticipa i nodi di legittimità che si presenteranno, inevitabilmente, quando verranno sottoposti all’esame dei giudici casi relativi a fatti commessi dopo l’entrata in vigore della nuova normativa.


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Avvocati, inadempienza su Modello 5 e obbligo formativo: sanzione non automatica

Non basta il semplice conteggio degli illeciti commessi per determinare la sanzione disciplinare a carico di un avvocato: occorre, piuttosto, una valutazione d’insieme che tenga conto della gravità delle condotte, dell’eventuale riconoscimento di responsabilità e del comportamento processuale complessivo dell’incolpato. Lo ha ribadito il Consiglio Nazionale Forense nella recente sentenza n. 423 del 18 novembre 2024, con cui ha attenuato la pena inflitta a un avvocato accusato di non aver inviato il Modello 5 per l’anno 2018 e di aver omesso l’obbligo formativo per il triennio 2017/2019.

Il professionista, inizialmente colpito da una sospensione di un mese dall’esercizio della professione, ha spiegato le proprie mancanze con una contrazione del reddito, ricordando di aver sempre assolto in precedenza agli obblighi previdenziali e formativi. Ha inoltre chiesto che fossero valutate le sue attività di aggiornamento e divulgazione giuridica, documentando spontaneamente l’avvio di una procedura di regolarizzazione.

Il CNF, nel richiamare i principi fissati dal Codice deontologico forense e dalla giurisprudenza di legittimità, ha ribadito che nei procedimenti disciplinari è imprescindibile una valutazione unitaria del comportamento complessivo dell’avvocato. La sanzione da irrogare non può dunque ridursi alla mera somma delle singole pene previste per ciascun addebito, ma deve essere calibrata in relazione alla gravità dei fatti, al grado di colpa o dolo, alla condotta tenuta prima e dopo l’illecito e alle eventuali conseguenze per i clienti e per l’immagine della professione.

Nel caso specifico, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione attenuata dell’avvertimento, considerato il leale comportamento processuale del ricorrente e il riconoscimento spontaneo delle omissioni.


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Guerra in Medio Oriente, nessun aumento al distributore

A poco più di una settimana dallo scoppio della guerra tra Israele e Iran, in Italia non abbiamo ancora registrato alcun significativo aumento del prezzo alla pompa dei carburanti. Anzi, le prime indicazioni segnalano un leggero ribasso delle quotazioni di gran parte dei prodotti petroliferi. Sia chiaro: è ancora presto per fare un primo bilancio, tuttavia la situazione odierna è molto diversa da quella verificatasi nel febbraio del 2022, quando la Russia invase l’Ucraina.

Allora, dopo 15 giorni dall’inizio delle ostilità, il prezzo della benzina salì del 16,9 per cento, quello del diesel addirittura del 23,8 per cento. Se, in termini monetari, a inizio marzo di tre anni fa il costo della “verde” superò i 2 euro al litro, per il gasolio il prezzo massimo lambì questa soglia. Solo successivamente, grazie al taglio delle accise introdotto dal Governo Draghi, i prezzi alla pompa sino alla fine del 2022 scesero ai livelli registrati al termine dell’anno precedente. In questi giorni, quando ci rechiamo nell’area di servizio a fare il pieno al nostro veicolo (auto, furgone aziendale, mezzo pesante, etc.), in modalità self la benzina la paghiamo attorno a 1,7 euro al litro, mentre il gasolio intorno a 1,6.

E’ comunque utile sottolineare che l’Iran non ha la stessa capacità produttiva della Russia. Secondo i dati riferiti al 2024[1], su quasi 103 milioni di barili di petrolio estratti nel mondo ogni giorno, la Repubblica Islamica contribuisce per “soli” 3,8 milioni, mentre Mosca per 11,2. Certo, se la situazione dovesse precipitare, con un allargamento del teatro di guerra e/o una chiusura dello Stretto di Hormuz – dove, ricordiamo, transita il 30 per cento circa del petrolio mondiale e quasi il 20 per cento del gas – quasi sicuramente assisteremmo ad uno choc petrolifero spaventoso ad una impennata dei prezzi su scala globale di tutte le materie prime.

Dopo aver messo a punto queste riflessioni, l’Ufficio studi della CGIA tiene a precisare che di fronte all’orribile tragedia della guerra – che provoca morti, feriti, distruzione e miseria – parlare di effetti economici in capo a Paesi, come il nostro, che vivono a 3.500 chilometri dal conflitto, rischia di essere cinico e irrispettoso, in particolare nei confronti delle vittime di questo dramma.

Ma rincari di luce e gas per 13,7 miliardi

Se, come abbiamo visto più sopra, almeno per il momento non sono previste tensioni sul fronte dei prezzi dei carburanti, la stessa cosa non possiamo ipotizzarla per l’energia elettrica e il gas. Ancorchè gli effetti sulle bollette delle imprese non siano riconducibili alla guerra in Medio Oriente, l’Ufficio studi della CGIA ha stimato in 13,7 miliardi in più (pari al +19,2 per cento) il costo che le imprese italiane dovranno sostenere quest’anno rispetto al 2024.  Di cui 9,7 per le bollette della luce e 4 per quelle del gas. L’Ufficio studi della CGIA è giunto a questi risultati ipotizzando che per l’anno 2024[2] e per il 2025 i consumi in capo alle aziende siano gli stessi di quelli registrati nel 2023. Per quanto concerne i costi, invece, quelli del 2025 sono stati calcolati considerando un prezzo  medio dell’energia elettrica di 150 euro per MWh e di 50 per il gas, rispettando la proporzione di 3 a 1 tra i due prezzi così come verificatosi mediamente negli anni 2023 e 2024; dal momento che i prezzi attuali di energia elettrica e gas viaggiano su una media semestrale (da gennaio 2025 ai primi 15 giorni di giugno) di 119 euro per MWh per i primi e di 43 per MWh per i secondi, l’ipotesi media annua di 150 euro al MWh e di 50 MWh sarebbe rispettata con prezzi medi dell’ordine dei 180 MWh per l’energia elettrica e di 60 MWh per il gas nell’intero secondo semestre del 2025: si tratterebbe quindi di una ipotesi di massima come indicato in precedenza. Si fa presente che l’aumento dei costi energetici per le imprese risulterà meno che proporzionale rispetto alla variazione dei prezzi della borsa energetica (vedi Graf. 4),  in quanto l’aumento del prezzo della materia prima non impatta su tutto il costo complessivo della bolletta (che comprende anche costi di commercializzazione, trasmissione, oneri, tasse, margini ecc.). Pertanto, rispetto ad un’ipotesi di aumento del prezzo della materia prima del 38% (stimato per il 2025 rispetto al 2024), le rispettive crescite dei costi per le imprese risulteranno inferiori (+18% per l’energia elettrica e +25% per il gas).

Rincari top in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto

A livello regionale, visto che la maggioranza delle attività produttive e commerciali sono ubicate al Nord, i rincari relativi al 2025 di luce e gas interesseranno, in particolare, le aree che presentano i consumi maggiori: vale a dire la Lombardia con un aggravio di 3,2 miliardi di euro, l’Emilia Romagna con +1,6 miliardi, il Veneto con +1,5 e il Piemonte con +1,2. Sull’incremento di costo previsto per quest’anno che, ricordiamo, a livello nazionale dovrebbe essere pari a 13,7 miliardi, 8,8 (pari al 64 per cento del totale), saranno in capo alle aziende settentrionali. Le aree regionali che, invece, saranno meno interessate dagli aumenti sono, ovviamente, quelle più piccole; come la Basilicata che dovrebbe registrare una variazione pari a +118 milioni, il Molise con +64 e la Valle d’Aosta con +44.

Ecco l’elenco dei settori più a rischio rincari

Con un eventuale aumento dei costi delle bollette elettriche, i settori più “colpiti” potrebbero essere quelli che registrano i consumi più importanti. Riferendoci ai dati dei consumi pre-Covid, essi sono:

  • metallurgia (acciaierie, fonderie, ferriere, etc.);
  • commercio (negozi, botteghe, centri commerciali, etc.);
  • altri servizi (cinema, teatri, discoteche, lavanderie, parrucchieri, estetiste, etc.);
  • alimentari (pastifici, prosciuttifici, panifici, molini, etc.);
  • alberghi, bar e ristoranti;
  • trasporto e logistica;
  • chimica.

Per quanto concerne le imprese gasivore, i comparti che potrebbero subire gli effetti economici maggiormente negativi potrebbero essere:

  • estrattivo (minerali metalliferi ferrosi e non ferrosi, etc.);
  • lavorazione e conservazione alimenti (carni, pesce, frutta, ortaggi, oli e grassi, etc.);
  • produzione alimentare (pasta, pasti, gelati, etc.)
  • confezione e produzione tessile, abbigliamento e calzature;
  • fabbricazione/produzione legno, carta, cartone, ceramica, utensileria, plastica e chimica;
  • fabbricazione apparecchiature elettriche ed elettroniche, macchine utensili e per l’industria, etc.;
  • costruzione di navi e imbarcazioni da diporto.

[1] https://it.dailyforex.com/

[2] I dati non sono ancora stati ufficializzati


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Bonus casa 2025: detrazioni al 50% per la prima abitazione, conferme e novità su Ecobonus, Sismabonus e Superbonus

Bonus ristrutturazioni, Ecobonus e Sismabonus elevati al 50% per le spese sostenute nel 2025 per gli interventi sulla prima casa. Lo sconto fiscale resta più elevato di quello ordinario (36%) anche se l’immobile viene adibito ad “abitazione principale” al termine dei lavori e vale anche per le pertinenze. Sono alcuni dei chiarimenti contenuti nella circolare n. 8/E – pdf di oggi, con cui l’Agenzia fa il punto sulle novità introdotte dalla legge di Bilancio 2025 in materia di bonus edilizi. Spazio anche a chiarimenti sugli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale, in tema di Superbonus per condomìni e Onlus e sulla ripartizione della detrazione in dieci quote annuali. Confermato inoltre per il 2025 il bonus mobili con un limite di spesa di 5mila euro.

Detrazioni maggiorate per gli interventi sull’abitazione principale – Come stabilito dalla legge di Bilancio 2025, le detrazioni fiscali per interventi di recupero del patrimonio edilizio, Ecobonus e Sismabonus sono prorogate fino al 2027, con aliquote maggiorate per i proprietari (o titolari di diritti reali di godimento) nel caso in cui l’immobile sia adibito ad abitazione principale. In particolare, per la “prima casa” lo sconto fiscale sale al 50% (al posto del 36%) per le spese sostenute quest’anno e al 36% (anziché 30%) per quelle affrontate negli anni 2026 e 2027. La detrazione resta quella più elevata anche se l’immobile è adibito a dimora abituale di un familiare del contribuente (coniuge, parente entro il terzo grado e affini entro il secondo). Per usufruire dell’agevolazione maggiorata, che spetta anche per gli interventi realizzati sulle pertinenze, come garage e cantine, è necessario che l’immobile venga adibito a prima casa alla fine dei lavori.

Incentivi rinnovati per soluzioni di riscaldamento eco-friendly – Nel 2025, continueranno a essere incentivati nell’ambito dell’Ecobonus e del bonus ristrutturazioni gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale maggiormente in linea con le esigenze di tutela dell’ambiente. I benefici fiscali si applicano infatti ai microcogeneratori (anche se alimentati da combustibili fossili), ai generatori a biomassa, alle pompe di calore ad assorbimento a gas e ai sistemi ibridi che integrano pompa di calore e caldaia a condensazione. Dal 2025, invece, non saranno più previsti incentivi per la sostituzione di impianti di riscaldamento invernale con caldaie a condensazione e con i generatori d’aria calda a condensazione, alimentati a combustibili fossili, in linea con la Direttiva UE 2024/1275. In questo caso, restano comunque detraibili le spese sostenute entro il 31 dicembre 2024, anche se gli interventi saranno completati dopo il 1° gennaio 2025.

Superbonus, ok all’opzione tramite integrativa entro il 31 ottobre – La circolare fornisce alcuni chiarimenti sulla detrazione del 65% delle spese sostenute nel 2025 prevista a favore dei condomìni, delle persone fisiche che realizzano interventi su edifici composti da 2 a 4 unità immobiliari, delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), delle Organizzazioni di volontariato (OdV) e delle Associazioni di promozione sociale (Aps). Lo sconto fiscale è infatti riconosciuto a patto che, entro il 15 ottobre 2024, risulti presentata la Cila, sia adottata la delibera assembleare per gli interventi effettuati dai condomini, sia presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo, se gli interventi comportano la demolizione e la ricostruzione degli edifici.

Infine, la circolare ricorda che i contribuenti che hanno sostenuto spese nel 2023 per interventi agevolati potranno scegliere di ripartire la detrazione in 10 quote annuali di pari importo e precisa che la scelta potrà essere effettuata presentando una dichiarazione integrativa entro il 31 ottobre 2025. In caso di maggior debito d’imposta, il versamento potrà essere effettuato senza sanzioni né interessi entro il termine per il versamento del saldo delle imposte relative al 2024.


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La Svezia dice stop ai video hard su richiesta: illegale acquistare contenuti sessuali personalizzati online

La Svezia si conferma all’avanguardia nella regolamentazione della prostituzione, anche nell’era digitale. Il Parlamento di Stoccolma ha approvato a larga maggioranza una riforma che vieta l’acquisto di contenuti sessuali personalizzati online, rendendo di fatto illegale pagare per video o performance su richiesta. È il primo Paese occidentale a introdurre un divieto di questo genere.

Non sarà vietato acquistare video a contenuto sessuale già disponibili sulle piattaforme, purché generici e accessibili a tutti gli utenti. Diventerà invece reato pagare per ottenere video personalizzati in cui il performer compie atti specifici richiesti dal cliente. La nuova norma entrerà in vigore il 1° luglio e rappresenta un aggiornamento digitale del cosiddetto modello nordico varato nel 1999, che penalizza i clienti della prostituzione ma non chi si offre.

Il ministro della Giustizia Gunnar Strömmer ha spiegato che il provvedimento nasce per colmare un vuoto normativo emerso con la diffusione di piattaforme come OnlyFans e servizi simili. “Se condanniamo chi acquista atti sessuali di persona, dobbiamo fare altrettanto per chi li acquista a distanza”, ha dichiarato Strömmer.

Chi verrà sorpreso a comprare contenuti personalizzati rischierà fino a un anno di carcere, mentre per il favoreggiamento della prostituzione digitale le pene possono arrivare a quattro anni.

Le proteste dei creator e delle associazioni di categoria non si sono fatte attendere. Per molti lavoratori e lavoratrici del sesso digitale questa decisione rappresenta un colpo durissimo: la vendita di video su richiesta è infatti una delle principali fonti di reddito per i creator, permettendo loro di lavorare in sicurezza, da casa, e in autonomia.

Secondo l’Associazione Europea per i Diritti dei Lavoratori del Sesso, la legge rischia di spingere molte persone verso il mercato nero, privandole di protezioni e strumenti di autotutela. “Proibire non significa far scomparire il fenomeno — commenta l’associazione — ma solo renderlo più pericoloso e invisibile”.


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Presunzione d’innocenza, l’Europa richiama l’Italia: aperta procedura d’infrazione

Nuovo capitolo nel complesso rapporto tra Italia e Unione Europea sul fronte della giustizia penale. La Commissione europea ha ufficialmente avviato una procedura di infrazione contro il nostro Paese per il mancato recepimento integrale della direttiva 2016/343/UE, che sancisce il principio della presunzione d’innocenza e il diritto degli indagati e imputati a partecipare effettivamente al proprio processo.

L’Italia, insieme alla Lituania, ha ricevuto una lettera di costituzione in mora, primo atto formale della procedura di infrazione. Da oggi ha due mesi di tempo per fornire chiarimenti e illustrare le misure eventualmente adottate per sanare le criticità evidenziate. In caso di mancata o insoddisfacente risposta, Bruxelles potrà proseguire con un parere motivato, preludio al possibile ricorso alla Corte di Giustizia dell’UE.

Al centro del richiamo europeo vi sono alcuni aspetti essenziali delle garanzie processuali che, secondo la Commissione, risultano ancora carenti nel nostro ordinamento. In particolare:

  • le limitazioni all’uso di misure coercitive in pubblico, come manette o altre restrizioni personali;
  • il diritto al silenzio e a non autoaccusarsi, tanto durante le indagini preliminari quanto nella fase di raccolta di dichiarazioni spontanee;
  • l’equilibrio tra informazione e rispetto della presunzione d’innocenza, tema da anni al centro di aspre tensioni tra poteri dello Stato e organi di stampa.

Se è vero che con il decreto legislativo n. 188 del 2021 il legislatore italiano ha introdotto importanti novità — vietando ad autorità pubbliche e uffici giudiziari di presentare prematuramente come colpevole chi è solo indagato o imputato, e disciplinando le modalità di comunicazione delle Procure — resta per Bruxelles il nodo di un recepimento frammentario e sbilanciato.

Ad aggravare il quadro, la recente introduzione della cosiddetta “norma bavaglio”, che vieta la pubblicazione, anche parziale, degli atti giudiziari che dispongono misure cautelari prima dell’udienza di dibattimento. Una misura che ha scatenato polemiche tra magistratura, politica e informazione, e che Bruxelles considera un’esasperazione difensiva più che un reale allineamento ai principi della direttiva.

La Commissione sottolinea infine che le modifiche finora approvate risultano concentrate quasi esclusivamente sulle modalità di comunicazione esterna dei procedimenti, mentre restano scoperti aspetti sostanziali come le garanzie sul trattamento degli imputati, la regolamentazione dell’uso di misure restrittive e il pieno rispetto del diritto a non collaborare contro se stessi.


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Intercettazioni richieste dall’estero: chi paga le spese? Il Ministero chiarisce i compiti, ma resta un nodo aperto

Chi paga le spese delle intercettazioni telefoniche eseguite in Italia su richiesta di un’autorità giudiziaria straniera? A tentare di sciogliere il nodo è intervenuto il Ministero della Giustizia, con il provvedimento n. 96104 del 17 maggio 2025, rispondendo a un quesito della Procura generale presso la Corte di Appello di Genova.

Il caso nasce quando il GIP del Tribunale di Genova, chiamato a dare esecuzione a un ordine di indagine europeo, ha disposto una serie di intercettazioni telefoniche, emettendo poi il decreto di liquidazione delle relative spese. Tuttavia, le fatture sono state trasmesse alla Procura della Corte d’Appello, creando incertezza sull’ufficio competente al pagamento.

Il chiarimento ministeriale

Nel suo provvedimento, il Ministero ha confermato che, poiché le spese di giustizia per le intercettazioni gravano sul capitolo di bilancio 1363, il soggetto legittimato a eseguire i pagamenti resta il funzionario delegato della Procura della Repubblica presso il Tribunale, indipendentemente dall’ufficio del magistrato che ha disposto la liquidazione.

Una precisazione importante per uniformare la prassi e superare incertezze operative che rischiavano di generare ritardi e contenziosi.

Cosa accade in caso di irregolarità?

Il Ministero si è anche soffermato su un punto non secondario: cosa deve fare il funzionario delegato se, durante l’istruttoria amministrativa, riscontra irregolarità nel decreto di pagamento? La risposta è netta: il funzionario dovrà informare il magistrato delle anomalie rilevate e, successivamente all’emissione dell’ordine di pagamento, valutare se inviare una segnalazione alla Procura della Corte dei conti, considerato che l’articolo 172 del Testo Unico sulle Spese di Giustizia (TUSG) prevede la responsabilità personale per i danni erariali derivanti da errori o irregolarità.

Resta irrisolto il nodo della liquidazione

Il provvedimento, però, lascia inevasa una questione cruciale: a quale autorità spetta emettere il decreto di liquidazione delle spese per intercettazioni richieste da autorità straniere? La Direzione Generale di Via Arenula ha infatti chiarito che la materia riguarda i presupposti processuali e le condizioni di esercizio della giurisdizione, profili che esulano dalla competenza amministrativa e pertanto non sono stati oggetto di indicazione.

Una soluzione solo parziale

In attesa di un intervento normativo o interpretativo più compiuto, il quadro resta quindi parziale. Se da un lato è stato definito chi deve materialmente provvedere al pagamento, dall’altro rimane aperta la questione di chi sia il soggetto titolato a liquidare le spese in casi transnazionali.


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Magistrati onorari europei, tra riforme e dignità professionale: il caso italiano e spagnolo al Congresso di Bergamo

Un confronto internazionale, ma anche un’occasione per rilanciare diritti e dignità di una categoria sempre più essenziale nell’amministrazione della giustizia europea. Si è svolto a Bergamo dal 9 all’11 maggio il Congresso annuale di Enalj, la rete europea dei magistrati onorari e laici, che ha riunito delegazioni da Austria, Belgio, Germania, Spagna, Polonia, Svezia e altri Paesi per discutere del ruolo e delle prospettive di chi, pur non appartenendo ai ranghi della magistratura ordinaria, garantisce ogni giorno il funzionamento della giustizia.

Italia protagonista con la nuova legge

Quest’anno, in particolare, l’Italia è salita sul palco internazionale con una novità significativa: l’approvazione della legge 51/2025, entrata in vigore il primo maggio, che riforma la magistratura onoraria confermando nella funzione i magistrati di lungo corso dopo una procedura valutativa. Una svolta attesa da anni e accolta positivamente dai colleghi europei, che in più occasioni avevano espresso solidarietà ai magistrati italiani.

Durante il congresso, sono stati illustrati i punti salienti della riforma e le criticità ancora irrisolte. Enalj, che cresce di anno in anno, ha inoltre istituito un Comitato per le Pari Opportunità, con il compito di vigilare sul rispetto della parità di genere e denunciare eventuali discriminazioni nei sistemi giudiziari dei Paesi membri.

Il caso spagnolo: una professione senza tutele

Al centro del dibattito anche il drammatico caso dei magistrati supplenti spagnoli, rappresentati per la prima volta nel network Enalj da tre associazioni. In Spagna, infatti, magistrati non di carriera — spesso avvocati — ricoprono ruoli di giudici e pubblici ministeri senza tutele adeguate: reperibilità obbligatoria 365 giorni l’anno, nessuna certezza di continuità lavorativa e impossibilità di esercitare altre professioni. Una condizione denunciata da anni ma mai risolta, nonostante anche la Corte di Giustizia UE (sentenza C-658/18) abbia stigmatizzato pratiche simili.

Gli stessi magistrati spagnoli hanno manifestato ammirazione per la recente riforma italiana, chiedendo che anche in patria venga avviato un percorso di riconoscimento e stabilizzazione.

Una nuova figura: il Giudice professionale non di carriera

Dal congresso di Bergamo è emersa anche una riflessione identitaria. Ha ancora senso definire “onorari” giudici che — come avviene in Italia e in altri Paesi — esercitano funzioni piene, pronunciano sentenze vincolanti, affrontano obblighi formativi e deontologici, e sono soggetti al controllo dei capi degli uffici?

Sempre più diffusa la proposta di superare la definizione di magistrato onorario, sostituendola con quella di Giudice professionale non di carriera, sottolineando così la piena dignità giuridica e professionale di chi, pur senza accedere al concorso ordinario, svolge a tutti gli effetti il ruolo di magistrato.

Un futuro europeo condiviso

Il confronto con le esperienze straniere ha confermato che il fenomeno dei magistrati onorari o laici, in forme diverse, esiste in tutti i sistemi giudiziari europei e rappresenta una componente imprescindibile per l’amministrazione della giustizia.

Il congresso si è chiuso con l’impegno di rafforzare la formazione europea comune e di estendere anche ai magistrati non di carriera l’accesso ai percorsi di aggiornamento internazionali, promuovendo progetti finanziati dall’Unione Europea come Select Project e richiamando le istituzioni nazionali a garantire pari opportunità e riconoscimento.


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Gli avvocati Usa sfidano Trump: causa contro la “campagna intimidatoria”

Nuovo fronte giudiziario per Donald Trump, stavolta aperto dal mondo degli avvocati. L’American Bar Association (ABA), la più grande organizzazione forense degli Stati Uniti con oltre 150.000 membri, ha infatti intentato causa contro l’ex presidente americano e la sua amministrazione, accusandoli di aver violato la Costituzione attraverso una serie di ordini esecutivi mirati a colpire gli studi legali critici nei confronti della Casa Bianca.

La causa è stata presentata al tribunale federale di Washington e punta a ottenere un’ordinanza che impedisca a Trump di proseguire quella che l’associazione definisce senza mezzi termini “una campagna intimidatoria” contro i principali studi legali americani.

“Non c’è mai stato un momento più urgente per difendere i nostri membri, la nostra professione e lo stato di diritto stesso”, ha affermato in una nota il presidente dell’ABA, William Bay, sottolineando il valore simbolico e civile della battaglia in corso.

La tensione tra il mondo forense e l’ex presidente si trascina ormai da mesi. Almeno quattro studi legali hanno già presentato ricorsi contro l’amministrazione Trump, ottenendo da altrettanti tribunali di Washington il blocco degli ordini esecutivi contestati.

A rappresentare l’ABA in questo nuovo procedimento sarà lo studio Susman Godfrey, da sempre in prima linea nei contenziosi di alto profilo. Mentre, sul fronte opposto, nove studi legali hanno stretto accordi con l’entourage di Trump, impegnandosi a offrire servizi legali per un valore complessivo vicino al miliardo di dollari su questioni di interesse condiviso con la Casa Bianca.


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