DAC 6

Direttiva DAC 6: gli avvocati dovranno denunciare gli assistiti?

Ancora nel maggio del 2018 veniva approvata la Direttiva Europea 2018/822, detta DAC 6, che impone ai soggetti intermediari che partecipano a determinate transazioni sospette di comunicare tali transazioni all’Agenzia delle Entrate. In parole più semplici, commercialisti, tributaristi, notai, consulenti del lavoro, fiduciari, persino banche e anche avvocati dovranno segnalare i clienti che intendono evadere il fisco.

Gli stati membri dell’Unione Europea erano tenuti a recepire la direttiva DAC 6 entro il 31 dicembre 2019 e ad applicarla dal 1° luglio 2020.

Per il momento, la direttiva DAC 6 e l’obbligo di segnalazione si applicano solo alle operazioni transfrontaliere di aziende medio-grandi

L’obiettivo è sempre la lotta all’evasione incrementando la collaborazione tra le autorità fiscali dei vari Paesi UE.

DAC 6: EVASIONE, SEGRETO PROFESSIONALE E SANZIONI

In un’intervista a Libero, il commercialista Federico Grigoli ha spiegato che «il recepimento della direttiva DAC 6 stravolge la funzione del professionista che deve rispettare delle regole deontologiche tra le quali l’obbligo di riservatezza verso le attività dei clienti. Ma non solo, perché la stessa normativa europea riconosce a chiunque il “diritto al silenzio” ovvero la possibilità di non “autodenunciarsi” e questo è in contrasto con la legge in corso di recepimento. Del resto chi ha intenzione di fare nero di solito non va da un commercialista o un tributarista. Il vero problema è che a causa di questa normativa anche l’avvocato che dà un consiglio al proprio cliente per fargli pagare meno tasse rispettando la legge potrebbe essere sanzionato per mancata comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Non è un segreto per nessun operatore del diritto, infatti, che i confini con l’elusione sono sempre molto labili e difficili da dimostrare in giudizio».

L’obbligo alla denuncia non rientra certamente tra i compiti di avvocati, i commercialisti e altri intermediari i quali, peraltro, sono spesso vincolati dal segreto professionale. La Direttiva DAC 6 rischia quindi di porli in conflitto con i codici deontologici.

Inoltre, come sarà possibile stabilire se il consiglio di un professionista volto a far risparmiare il proprio cliente in modo legale sia, appunto, un consiglio onesto o volontà di evadere il fisco?

CONTENUTI DELLA DIRETTIVA DAC 6

I soggetti intermediari devono verificare la presenza di almeno uno dei seguenti potenziali elementi di rischio fiscale:

1. elementi distintivi generici,  tipicamente presenti negli schemi potenzialmente aggressivi, e, cioè:

    – la condizione di riservatezza che può comportare la non comunicazione ad altri intermediari o alle autorità fiscali delle modalità con cui il meccanismo potrebbe garantire un vantaggio fiscale;
    –  il pagamento di una commissione (o un interesse, una remunerazione per i costi finanziari e altre spese) per il meccanismo o la serie di meccanismi e tale commissione è fissata in riferimento;
    – la commercializzazione di schemi che sono replicabili e facilmente utilizzabili da più contribuenti e che comportano l’uso di documentazione standardizzata;

2. elementi distintivi specifici che potrebbero essere collegati al criterio del vantaggio principale;

3. elementi distintivi specifici collegati alle operazioni transfrontaliere;

4. elementi distintivi specifici riguardanti gli accordi di scambio automatico di informazioni nell’Unione;

5. elementi distintivi specifici relativi ai prezzi di trasferimento.

La presenza del fattore di rischio dovrebbe far scattare l’obbligo di comunicazione ma, poiché non implica la presenza di una vera strategia di pianificazione fiscale aggressiva, né di comportamenti volti all’elusione e/o all’evasione fiscale è necessario valutare altri due parametri:

l’esistenza di un vantaggio fiscale derivante dal comportamento che il soggetto sta mettendo in atto;
considerare se il vantaggio fiscale è maggiore o minore rispetto ad altri benefici (per esempio, la necessità di proteggere segreti industriali).
Solo se il vantaggio fiscale dovesse prevalere rispetto agli alti vantaggi ottenibili, la comunicazione sarà obbligatoria.

Sono previsti casi in cui l’intermediario è esonerato dalla comunicazione:
– se la denuncia è effettuata da un altro intermediario;
– se si è in presenza di segreto professionale ma solo quando la posizione giuridica del cliente è sotto esame;
– in caso di atti di difesa o di rappresentanza del cliente in un procedimento dinanzi l’autorità giudiziaria.

Le sanzioni vanno dai 2000 ai 21000 euro, con un aumento in caso di mancata comunicazione o di  comunicazione incompleta o inesatta.

La Direttiva DAC 6 contiene altre disposizioni, molte delle quali suscitano perplessità e confusione.
Al momento preferiamo non addentrarci oltre, poiché solo 4 Stati membri hanno già recepito pienamente la direttiva e tra questi non figura l’Italia (Ungheria, Lituania, Polonia e Slovenia lo hanno già fatto).
Attendiamo quindi la pubblicazione del Decreto Legislativo di recepimento della DAC 6 per capire meglio la situazione.

[Fonte: Fiscopiù]

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