Cassazione: non è possibile rinunciare al gratuito patrocinio

Coinvolta in una causa civile, una persona, dopo essere venuta a conoscenza della vittoria nella controversia, aveva deciso di rinunciare al patrocinio a spese dello Stato, poiché aveva intenzione di far pervenire tutte le spese legali al proprio difensore.

La Cassazione, tuttavia, ha emanato un parere negativo, mettendo in luce l’impossibilità per coloro che beneficiano del gratuito patrocinio di rinunciare a questo vantaggio dopo aver avviato e concluso il procedimento legale.

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 31928/2023, evidenzia un punto circa il gratuito patrocinio, ovvero che il difensore non può rinunciarvi per conto del beneficiario.

La vicenda, nello specifico, riguardava l’acquisto di un terreno, nel quale l’attore richiedeva al convenuto il pagamento del doppio della caparra, poiché questo non aveva concluso l’accordo a seguito della fase preliminare.

La Cassazione ha deciso di annullare la decisione impugnata, accogliendo le richieste del ricorrente. È emerso, infatti, che il difensore del ricorrente, ammesso al gratuito patrocinio, ha espresso la volontà del suo assistito di deviare le spese verso il proprio procuratore, rinunciando, quindi, al patrocinio a spese dello Stato.

La richiesta, sempre secondo la Cassazione, non implica una rinuncia del beneficio dell’assistito. Il gratuito patrocinio e la distrazione delle spese hanno finalità differenti, oltre ad operare su livelli diversi. Nel primo caso si garantisce il diritto di difesa a coloro che non possono permetterselo, mentre il secondo attribuisce un diritto proprio al difensore.

Il difensore non potrà agire sui diritti sostanziali, anche circa il diritto all’assistenza dello Stato riguardo le spese legali. La rinuncia proviene soltanto dal beneficiario, considerato anche il fatto che il gratuito patrocinio potrà essere revocato esclusivamente in casi specifici, così come indicato dal Dpr n. 115 del 2002, art. 136.

Dunque, se la parte che beneficia del gratuito patrocinio vince la causa, sarà condannata al pagamento delle spese a favore dello Stato. Il difensore, invece, dovrà provvedere a richiedere il compenso (art. 82 e 130 dello stesso Dpr).


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I televisori ci osservano?

I televisori, nonostante i passi avanti fatti nel mondo della tecnologia, continuano ad essere presenti nelle nostre vite. In Europa ci sono più di 250 milioni di abitazioni con un televisore; i prezzi per l’acquisto di questi dispositivi sono molto convenienti, e anche per questo sostituiamo i televisori con sempre maggior frequenza.

Nei primi anni Duemila, la diffusione delle tecnologie LCD e LED hanno cambiato molte cose. Infatti, in assenza del tubo catodico e dei componenti necessari per il suo funzionamento, la costruzione di questi dispositivi ha cominciato ad essere sempre più semplice e meno costosa.

Nel corso degli ultimi 20 anni il costo dei televisori più economici si è ridotto notevolmente. Ad oggi, un televisore da 32 pollici, con un’ottima definizione e capacità di collegarsi ad internet, ha un prezzo compreso tra i 150 e i 250 euro.

Grazie a pratiche commerciali molto aggressive, nel giro di poco tempo le cinesi TCL e Hisense sono diventate le principali aziende produttrici di televisori in tutto il mondo. Per questo motivo, le aziende storiche sono state costrette ad abbassare i prezzi, dando vita ad una corsa al ribasso.

Tuttavia, il vero costo nascosto dei televisori è il loro controllo sulle nostre attività. Tutte le smart-TV sono sempre connesse ad Internet, e per questo forniscono preziose statistiche, riguardo i loro utilizzi, ai produttori, che vendono tali dati ad altri soggetti, come società di servizi in streaming.

Un televisore raccoglie dati sul tempo in cui viene tenuto acceso, ogni quanto si cambia canale, quando si mette in pausa un film o l’episodio di una serie tv. Ulteriori dati riguardano il tempo dedicato all’utilizzo di un’app, la frequenza con la quale questa viene avviata e in che momento della giornata.

I sistemi operativi di alcuni televisori, oltre a mostrare l’elenco dei contenuti e delle app disponibili, mostrano anche alcuni annunci pubblicitari simili a quelli che troviamo online. Anche in questo caso la raccolta dei dati potrebbe aiutare moltissimo gli inserzionisti a capire quante volte è stata visualizzata la loro pubblicità, quali e quante persone l’hanno aperta e ulteriori dettagli.

Queste attività potrebbero fruttare dei grossi ricavi per un singolo produttore, che magari ha centinaia di milioni di televisori attivi nelle abitazioni di tutto il mondo. Si parla, infatti, di parecchi miliardi di euro all’anno.

Per i più critici, tale forma di guadagno aggiuntiva passa attraverso dei meccanismi meno evidenti, poiché tutte le informazioni riguardanti la raccolta dati sono solitamente contenute nella documentazione del televisore, e gli avvisi che vengono mostrati quando viene attivato non sono poi così chiari.

Anche le app presenti sulle smart-TV, come quelle delle piattaforme streaming, effettuano una raccolta dati, che spesso fanno su più dispositivi, ovvero su smartphone, computer e tablet. In base a questi dati vengono consigliati i contenuti da vedere, quali film e quali serie produrre.

I dati raccolti vengono analizzati e gestiti senza possibilità di risalire ai singoli utenti, ma nonostante tutto non dovrebbero essere sottovalutati i risvolti sulla nostra privacy.

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Stop alla pubblicazione delle ordinanze cautelari

Gli artificieri di Roma hanno un nuovo cane robot

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È arrivato lo stop alla pubblicazione, sino al termine delle indagini preliminari o dell’udienza preliminare, delle ordinanze di custodia cautelare.

La Camera ha votato positivamente il blitz di Enrico Costa (Azione), che, dopo essersi ancorato alla disciplina relativa alla presunzione d’innocenza, ha visto l’approvazione dello spostamento della soglia della pubblicazione legittima degli atti investigativi, come le intercettazioni, spesso utilizzati dal mondo della cronaca giudiziaria.

Siamo di fronte ad un emendamento alla legge di delegazione comunitaria, approvata dall’Aula con 160 sì e 70 no. Un precedente consisteva nel percorso di conversione del decreto legge con cui il Governo aveva deciso di ampliare la possibilità di intercettare reati di mafia. Il Parlamento aveva introdotto alcune misure restrittive, quali la limitazione degli ascolti “a strascico”.

In ogni caso, gli effetti non avverranno nell’immediato, poiché ci saranno sei mesi di tempo per includere tutte le indicazioni in un decreto legislativo.


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Convivenza prematrimoniale: per la Cassazione conta per l’assegno di divorzio

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I carabinieri hanno arruolato Saetta, un cane robot, assegnato al Nucleo Artificieri di Roma per svolgere interventi ad alto rischio. È una novità per l’Italia e per le forze dell’ordine: lo scopo è garantire altissimi standard di sicurezza del personale, per poter migliorare l’efficacia a livello operativo.

Al cane robot è stato dato il nome Saetta, che richiama il simbolo che si trova sulle vetture di pronto intervento. Saetta potrà essere controllato grazie ad un tablet sino ad una distanza di 150 metri, e sarà in grado di muoversi su terreni inagibili e normalmente non percorribili da veicoli “normali”.

Saetta effettuerà delle pericolose attività di ricognizione per ultimare, al posto dei militari, operazioni anti sabotaggio. Tutto questo grazie alla sua incredibile capacità di mobilità e di rimozione di ostacoli.

Il nuovo cane robot del Nucleo Artificieri di Roma mapperà i luoghi grazie a dei sistemi di rilevazione avanzati, che portano alla luce eventuali minacce e individuerà anche le più lievi tracce di agenti chimici, radiologici e di esplosivo.

Saetta utilizzerà il proprio braccio robotico per riuscire ad asportare ordigni, anche i grandi petardi inesplosi, che spesso minacciano la salute dei cittadini nelle zone urbane. Inoltre, il robot rifornirà gli equipaggiamenti militari che non possono muoversi.


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Nella decisione sul diritto all’assegno di divorzio, il giudice dovrà tenere in considerazione anche della convivenza precedente al matrimonio.

Le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno riconosciuto la stessa identica valenza del matrimonio al tempo trascorso come coppia di fatto. Si tratta di una decisione storica, che strizza l’occhio ai cambiamenti culturali, ignorati completamente dalla legge n. 898 del 1970.

Per i giudici «la convivenza prematrimoniale è ormai un fenomeno di costume sempre più radicato nei comportamenti della nostra società cui si affianca un accresciuto riconoscimento dei legami di fatto intesi come formazioni familiari e sociali di tendenziale pari dignità rispetto a quelle matrimoniali».

La Suprema Corte ha invitato a considerare i casi in cui prima del matrimonio ci sia stata una convivenza, «avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase “di fatto” di quella medesima unione e la fase “giuridica”».

Nella decisione relativa al diritto e all’entità dell’assegno, il giudice dovrà procedere con la verifica del contributo dato a chi lo richiede «alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi».

Si deve valutare l’esistenza, nel corso della convivenza prematrimoniale, delle «scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all’interno del matrimonio e cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio».

Dunque, la giurisprudenza si fa carico dell’evoluzione dei costumi sociali, adeguandosi alla nuova interpretazione di «famiglia, un concetto caratterizzato da una commistione intrinseca di fatto e diritto».

Dunque, ad oggi, non si può ignorare la convivenza prematrimoniale, soprattutto se protratta nel tempo, con la nascita di un figlio e con il «consolidamento» dei ruoli domestici, possibile causa di «scompensi» che si proiettano sul matrimonio e sul divorzio.

Leggiamo nella sentenza: «Non si tratta, quindi, di introdurre una, non consentita “anticipazione” dell’insorgenza dei fatti costitutivi dell’assegno divorzile, in quanto essi si collocano soltanto dopo il matrimonio, che rappresenta, per l’appunto, il fatto generatore dell’assegno divorzile, ma di consentire che il giudice, nella verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’assegno al coniuge economicamente più debole, nell’ambito della solidarietà post coniugale, tenga conto anche delle scelte compiute dalla stessa coppia durante la convivenza prematrimoniale, quando emerga una relazione di continuità tra la fase “di fatto” di quella medesima unione, nella quale proprio quelle scelta siano state fatte, e la fase “giuridica” del vincolo matrimoniale».

I sacrifici reddituali e professionali «non dipendono dall’esistenza tra le parti di un vincolo matrimoniale, ma dalla configurabilità di una vita familiare, tutelata dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo».


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Dal 2024 verranno introdotte alcune novità relative alla pensione degli avvocati, che si basano sulla riforma del sistema di previdenza forense.

Con la riforma della previdenza forense è stato rivisto il sistema pensionistico dell’Avvocatura. In particolar modo, si prevede il passaggio dal calcolo retributivo al calcolo contributivo. Presenti anche alcune modifiche importanti che aumentano l’incentivazione per l’iscrizione dei neoiscritti, che potranno versare una quota molto inferiore.

Si prevede, inoltre, la possibilità di scelta per tutti i praticanti di iscriversi o meno a Cassa Forense. L’iscrizione alla Cassa sarà obbligatoria soltanto nel momento di iscrizione all’Albo.

Cassa Forense adempie a due obiettivi differenti, ovvero alla previdenza (l’erogazione della pensione) e alla protezione (incentivi per affrontare eventi gravi quali premorienza o invalidità). Dunque, la Cassa assicura ad ogni iscritto mezzi adeguati per affrontare tutte le esigenze.

Per accedere alla pensione di vecchiaia si dovranno rispettare alcuni requisiti:

  • la pensione di vecchiaia è prevista a 70 anni d’età e con 35 anni di contributi;
  • la pensione anticipata è prevista tra i 65/70 anni d’età e con 35 anni di contributi;
  • la pensione di vecchiaia contributiva è prevista a 70 anni d’età e con 5 anni di contributi;
  • la pensione di anzianità è prevista a 62 anni e con 40 anni di contributi.

Dal 2024, le pensioni di vecchiaia, anticipata e anzianità verranno riunite nella pensione di vecchiaia, e ci saranno anche dei requisiti d’accesso differenti. Saranno sufficienti 20 anni di anzianità e un calcolo completamente contributivo.

Per i nuovi iscritti, alla quota versata verrà aggiunto un nuovo punto percentuale, in veste di contributo integrativo. In caso di maternità, paternità e adozione, calcolando la nascita oppure l’adozione dei figli, verrà aumentato un anno rispetto all’età anagrafica, aumentando la pensione di vecchiaia per tutti gli iscritti con sistema contributivo.


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Avvocato e pubblico dipendente: nessuna compatibilità

Nordio, stretta sulla intercettazioni: ddl entro febbraio

Avvocato e pubblico dipendente: nessuna compatibilità

Secondo l’articolo 98 della Costituzione, i dipendenti pubblici sono al servizio esclusivo della Nazione. Questo è quanto stabilito nei giorni scorsi dalla Corte di Cassazione, con l’ord. n. 31776: un dipendente pubblico non può assolutamente essere a “metà” servizio della Nazione.

La Suprema Corte, infatti, ha confermato un orientamento orientato costituzionalmente quanto ineccepibile normativamente. L’incompatibilità a livello forense dovrà essere interpretata con estrema intransigenza, consentendo l’indipendente e l’autonomo svolgimento del mandato professionale nell’interesse pubblico.

Tale principio non può essere in alcun modo violato da leggi finanziarie o di stabilità o da fonti di livello secondario o subordinato. La legge forense, secondo la Consulta è stata ritenuta “straordinaria”, in quanto dedita alla regolazione della difesa dei diritti inviolabili dell’uomo.

Con la legge n. 662/1996 si rimosse l’incompatibilità tra i dipendenti pubblici part-time e le professioni intellettuali, senza fare affidamento alle norme costituzionali. Il dipendente pubblico diviene infatti al pieno servizio della Nazione, e assumerà doveri di terzietà e imparzialità.

Per quanto riguarda la professione forense, invece, è stata trascurata l’assoluta incompatibilità con tutti gli impieghi pubblici retribuiti, a prescindere dall’orario, ad eccezione degli avvocati dipendenti pubblici, assegnati esclusivamente e stabilmente ad un ufficio legale indipendente ed autonomo dalle altre strutture dell’Ente.

L’attività del dipendente pubblico, d’altra parte, è contraddistinta da alcuni obblighi e da determinate facoltà che vanno ad identificare un particolare status di lavoratore subordinato, con un obbligo di fedeltà alla PA.

Dunque, il rapporto di servizio è basato «sul dovere d’ufficio di perseguire e proteggere l’interesse pubblico primario affidato alla cura dell’amministrazione stessa, in base al principio di legalità dell’azione amministrativa».

In questo contesto pesano, sul dipendente pubblico, obblighi specifici in base ai principi di imparzialità e di buon andamento della PA, come l’obbligo di fedeltà esclusiva alla Nazione.

Lo scorso 15 novembre la Corte di Cassazione ha ricordato che non è necessaria una prova della derivazione di un «disservizio, danno o pericolo», relativo alla violazione da parte del dipendente, poiché il rischio è intrinseco nell’opzione legislativa della valutazione pericolosa della «commistione» riguardante la professione forense.


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Carlo Nordio, durante la festa di Fratelli d’Italia ha affermato che la riforma della separazione delle carriere dei giudici e dei pm «non è stata insabbiata». Oltre a questo ha annunciato anche una stretta sul sequestro di pc e telefoni degli indagati.

Ad Atreju, la festa di Fratelli d’Italia, si è molto parlato di giustizia e di scontro tra politica e toghe, ritornato in voga negli ultimi tempi.

Il Guardasigilli Nordio, durante un’intervista ad Adnkronos, ha garantito come il governo rispetterà completamente il programma previsto dalle riforme, come la separazione delle carriere, che richiede una modifica della Costituzione. Dichiara: «La riforma del premierato ha la priorità, ma quella giustizia non verrà insabbiata, arriverà subito dopo».

Un altro tema importante è quello delle intercettazioni. In particolar modo, si parla di una stretta sul sequestro di pc e di cellulari degli indagati da parte dei pm. «Sequestrare un telefonino è sequestrare una vita, in quanto ormai è pieno di atti riservati, anche se per fortuna la Consulta ha fatto piazza pulita sulla corrispondenza».

Entro il prossimo febbraio entrerà in vigore un nuovo disegno di legge sulle intercettazioni, che seguirà le proposte avanzate dalla Commissione giustizia del Senato. Il pm, con le nuove regole, dovrà motivare la richiesta di sequestro, per poterla circoscrivere nel tempo.

Inoltre, l’indagato potrà realizzare anche una copia dei dati che si trovano sul cellulare, al fine di verificare se ci sono state manomissioni. Per Nordio questa sarà «una rivoluzione copernicana».


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Il nuovo regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale apre la strada a nuovi scenari giuridici ed economici. Di certo l’Europa ha fatto una scelta importantissima, che inciderà molto sulle nostre vite.

Per Lucilla Gatt, direttrice del Research Centre of European Private Law e docente di diritto privato e diritto delle nuove tecnologie, «questa volta non sono solo parole ma anche fatti: con l’AI Act l’Unione Europea diventa il riferimento non tanto e non solo di una regolamentazione generale di una delle tecnologie più disruptive della storia dell’umanità ma, più incisivamente, si impone, come spazio territoriale e ordinamentale dove, entro breve tempo, si dovranno sviluppare strumenti per classificare le AI in base al livello di rischio di danno sull’essere umano e sull’ambiente, nonché strumenti che ne misurino l’impatto sui diritti fondamentali, mentre per altre sarà necessario dimostrare volta per volta che l’immissione sul mercato è comunque compatibile con il rispetto di questi diritti».

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A Bruxelles, per Gatt, è stata fatta una «scelta etica chiara, nel senso di una prevalenza della dimensione dell’interesse pubblico su quell’interesse privato». Di certo, il mondo dell’avvocatura si ritaglierà un ruolo da protagonista.

«Cambia la prospettiva della tutela dell’essere umano e dell’ambiente di fronte allo sviluppo tecnologico. L’approccio è quello di una tutela ex ante, che si concretizza in processi di misurazione del livello di rischio e di certificazione della compliance ai diritti fondamentali sul modello del GDPR», prosegue.

Gli avvocati «saranno chiamati a contribuire alla creazione di questi strumenti di misurazione del rischio e della compliance ai fundamental rights, nonché a rivedere le categorie civilistiche di quantificazione del danno derivante da un prodotto dotato di AI, dando il giusto peso all’inosservanza totale o parziale di questi obblighi preliminari di misurazione. È un mondo nuovo quello che si apre agli avvocati, abituati a ragionare in termini di risarcimento ex post. E, inoltre, nell’era degli standard e degli indici di misurazione gli avvocati dovranno sempre più ricorrere a programmi di quantificazione automatica del danno».

In ambito giuridico, le applicazioni dotate di intelligenza artificiale «vengono classificate nell’AI Act come ad alto rischio di impatto dannoso sull’essere umano e saranno, dunque, tra le prime a dover essere sottoposte ad una valutazione di conformità ai diritti fondamentali. Allo stato, dunque, lo sviluppo alquanto scomposto dell’AI in ambito forense e giudiziario dovrebbe andare incontro ad un momento di pausa o, meglio, ad una fase di adeguamento alla nuova regolamentazione europea».

Secondo la docente di Scienza politica e riti della legalità nell’era digitale Daniela Piana, l’intelligenza artificiale «rappresenta oggi e per il futuro un orizzonte, un ambito di scoperta e l’origine di molte sfide alle garanzie così come le abbiamo pensate ad attuate sino ad oggi. Gli sviluppi recenti che si sono prospettati a livello internazionale, prima ancora che europeo, ci hanno obbligato a riflettere su quale sia l’asticella al di sotto della quale non siamo disposti ad andare rischiando di sacrificare la tutela della persona al raggiungimento di obiettivi connessi all’efficienza, all’innovazione e al profitto».

Per gli avvocati si pongono delle nuove questioni per quanto concerne l’utilizzo dell’IA. Dichiara Piana: «L’avvocatura è depositaria di una cultura della garanzia nella giurisdizione di una dinamica dialettica. Deve però essere costruito un percorso di consapevolezza in merito alla professionalità forense e su come un algoritmo potrà intervenire e cosa attiene alla cruciale “riserva di umanità”, ossia l’esercizio dell’autonomo giudizio dal quale dipende la legittimazione stessa del rendere giustizia».

La giustizia non è un calcolo, poiché «dipende dall’autonomo e critico esercizio del ragionamento umano, avente una intrinseca dimensione istituzionale che bypassa quella soggettiva individuale. Un ragionamento che si basa sul dubbio, una delle forme dell’intelligenza professionale, deontologica ed istituzionale di cui l’avvocatura è voce nella giurisdizione».

Conclude: «Dobbiamo costruire una cultura che mette le proprie radici nella deontologia, nella conoscenza e nella professionalità. Senza dimenticare la condivisione di certificazioni di strumenti di cui l’avvocatura si può avvalere e di cui è in grado di darne conto».


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Augusto Barbera, 85 anni e professore emerito di diritto all’Università di Bologna, è stato eletto presidente della Corte Costituzionale.

Rispondendo ad una domanda circa la parità di genere, il neo Presidente dichiara: «Per quanto riguarda la questione femminile posso scatenarmi, nel senso che la Corte costituzionale non solo ha le carte in regola ma è andata avanti».

«Tanto è stato fatto anche con le sentenze», prosegue. La Corte, nel 1962 ha «aperto l’accesso alla magistratura e agli altri impieghi pubblici al genere femminile», mentre con la sentenza del 1968 «è intervenuta sul reato di adulterio, che era condannato per le donne ma non per gli uomini».

Nel 1975 arriva la decisione sull’interruzione volontaria di gravidanza che «ha aperto la strada alla legge 194». Recentemente, nel 2022, è arrivata la decisione sul doppio cognome e quest’anno «quella sulla procreazione medicalmente assistita che ha affermato l’irrevocabilità del consenso dell’uomo dopo la fecondazione».

In ogni caso, per il Presidente il traguardo non è ancora stato raggiunto. «Non è invece ancora stato attuato l’invito della Corte a tenere conto dei diritti del nato anche se frutto di una relazione penalmente non consentita, mi riferisco ad esempio alla gestazione per altri. Lì c’è un problema aperto, una ferita ancora aperta nell’ordinamento italiano che spetta poi al Parlamento chiudere».

Per quanto riguarda l’istituzione del matrimonio, secondo Barbera «la norma è stata sottoposta ad una lettura che è più avanzata, che tiene conto di ciò che è accaduto nella società in questi ultimi decenni». Sottolinea, comunque, che la «rilettura di una norma costituzionale» dev’essere «fatta non in maniera sola e isolata» in quanto appartenente «alla capacità della società, dei giudici, della Corte Costituzionale».

Infatti, «nessun giudice può muoversi da solo, neanche la Corte costituzionale e nessuna maggioranza politica può prescindere dai giudici, cioè si tratta di rinnovare il testo costituzionale leggerlo in un “contesto”, per rinnovare l’ordinamento costituzionale nel suo complesso».

Il codice civile, fino alla riforma del diritto di famiglia del 1975 stabiliva che «il marito è il capo della famiglia; la moglie segue la condizione civile di lui, ne assume il cognome ed è obbligata ad accompagnarlo dovunque egli crede opportuno di fissare la sua residenza».

Nel nuovo testo, invece, (art. 144 del codice civile), «i coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa».


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