Come inserire una nuova risorsa all’interno dello Studio Legale?

Tutte le più grandi aziende si basano sulle risorse umane: grandi imprenditori come Leonardo del Vecchio, Adriano Olivetti ed Enzo Ferrari si sono basati su questo principio.

Oggi, le risorse umane sono diventate capitale umano, un reale investimento da parte di aziende e studi legali. Questo investimento prevede alcune fasi importanti: prima di tutto, la selezione delle risorse migliori, e successivamente l’inserimento di tali risorse nello studio, facendo sì che queste manifestino il loro talento.

La fase di selezione

La prima fase di selezione è molto delicata. Infatti, non è soltanto lo studio a selezionare il candidato, ma anche il candidato deve selezionare lo studio.

In questo processo entrano in gioco fattori economici e logistici, ma anche fattori ambientali, come il clima che si respira nello studio, valoriali, sociali, di work-life balance, prospettive di crescita e carriera.

La selezione, partendo anche dalla descrizione del lavoro e arrivando al colloquio, che sia in presenza oppure online, dovrebbe tener conto di tutti questi aspetti, che andranno definiti, affrontati e condivisi sin dalle prime fasi del colloquio.

On-boarding: l’ingresso nello Studio

Per rendere un risorsa umana un reale capitale per un’azienda, bisogna porre l’accento sull’efficacia della selezione, che dovrà essere in grado di individuare, nella marea di candidati, quelli che sono effettivamente in linea con le esigenze e con lo stile dello studio.

Tuttavia, non è da escludere nemmeno il modo in cui avviene l’ingresso della risorsa, e tutte le condizioni in cui verrà collocata al fine di dare il massimo delle sue potenzialità.

Parliamo di una fase delicata, quella dell’on boarding. È un’espressione che nasce dall’idea che un’azienda o uno studio legale sia una nave, su cui far salire i vari collaboratori, ognuno con il suo ruolo e la sua funzione.

Ogni collaboratore dovrà contribuire alla navigazione dello studio, per renderlo più efficiente e competitivo rispetto alle altre navi che navigheranno nello stesso mare. L’efficienza delle risorse non dipenderà soltanto dalle caratteristiche personali, ma anche dalle condizioni lavorative in cui si ritroverà.

Ogni persona, se inserita nel giusto contesto, riuscirà a sviluppare talenti e a sentirsi abbastanza motivato da crescere e dare il meglio. In caso contrario, ovvero se ci si ritrova in un contesto o ambiente disincentivante e molto rigido, si finirà per perdersi lungo il cammino.

Il processo d’inserimento di una risorsa umana nello studio legale potrebbe determinare le sue performance e la sua intera carriera lavorativa.

Il mentoring: prendere per mano i nuovi arrivati

Qual è il primo step del procedimento d’inserimento di una nuova risorsa nello studio legale?

Che la nuova risorsa sia un giovane o un professionista con molta esperienza, ci troveremo sempre di fronte ad una persona che entra in un nuovo contesto, fatto di persone con regole, abitudini e prassi.

Dietro ogni ruolo c’è una persona, con il suo carattere, le sue emozioni, i suoi talenti e i suoi limiti. In qualsiasi studio si creano relazioni, dinamiche, amicizie e invidie. È normale.

La nuova risorsa dovrà essere accompagnata per mano in questo mondo, per comprendere al meglio le dinamiche del nuovo contesto in cui andrà ad inserirsi. Non dovrà mai sentirsi come un “pesce fuor d’acqua”, evitando così di farla entrare in conflitto con i colleghi, portandola alla demotivazione e all’ansia.

Nella prima fase dell’inserimento un soggetto diventerà un mentore per il nuovo entrato, facendogli, in tal modo, da guida. Questo è il processo del mentoring, dove si prende per mano la risorsa per mostrarle l’organizzazione dello studio, gli aspetti salienti del lavoro, tutte le procedure e gli strumenti da utilizzare, aiutandola anche a comprendere relazioni e dinamiche.

Dunque il mentore fa, e la nuova risorsa ascolta, guarda, prende appunti. Il principio alla base di tutto questo è l’apprendimento per imitazione. Il nuovo entrato, in questo modo, si sentirà curato, apprenderà tutto quello che è necessario che apprenda evitando che commetta errori, che spesso creano equivoci e attriti.

Il tutoring: poniamoci accanto alla nuova risorsa

Durante la seconda fase “ci si sporca le mani”. Il mentore, qui, si trasforma in tutor, ovvero una persona che non si pone davanti, ma accanto alla nuova risorsa.

Adesso “il nuovo collaboratore fa le cose, e il tutor lo corregge”. Infatti, se non si fanno le cose, sbagliando, non si impara nulla. La teoria fine a se stessa è inutile nel saper fare.

Dunque, la nuova risorsa si metterà alla prova, mentre il tutor lo correggerà, spiegandogli anche perché e come rimediare. Questa pratica porta velocemente la nuova risorsa ad imparare direttamente sul campo, diventando così autonoma.

La delega: testare la propria autonomia sul campo

Dopo la fase del tutoring finisce la prima parte del processo d’inserimento. Ora, anche se la nuova risorsa è stata messa nella condizione di agire, non è ancora completamente autonoma.

Ed ecco che le verranno delegate alcune attività, perimetrate e di breve durata, in modo tale che la persona riesca a verificare direttamente sul campo il suo livello d’autonomia.

In questa fase, si dovranno fissare riunioni di confronto per riuscire a monitorare il lavoro, ma anche eventuali difficoltà che il nuovo collega sta incontrando.

Continuiamo a fare incontri di verifica

L’ultimo step dell’inserimento della nuova risorsa prevede la fase di autonomia.

È vero che non si finisce mai di imparare, quindi per un po’ di tempo è consigliato continuare a fare degli incontri di verifica, in cui è possibile confrontarsi e capire se le cose funzionano per il meglio.

Tale procedura è molto semplice da comprendere, ma di solito non viene eseguita, che sia per mancanza di tempo, di cultura o di personale. Tuttavia, permetterebbe di evitare situazioni di conflitto, inefficienze, turnover e demotivazione.

Senza tutto questo, lasceremo la nuova risorsa in balìa degli eventi: i primi a rimetterci, saremmo proprio noi.

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