Cnf, equo compenso: chiarimenti sull’esecutività del parere di congruità

Le disposizioni sull’equo compenso devono applicarsi anche senza una pattuizione preventiva tra le parti. Fornisce il chiarimento sulla legge 49/2923 il CNF, a seguito di alcuni quesiti posti dagli Ordini degli Avvocati di Bari, Brindisi, Bologna, Massa Carrara, Padova, Pisa e Torino.

La delucidazione è arrivata in seguito ad una domanda posta sull’art.7 della legge relativa al «parere di congruità con efficacia di titolo esecutivo».

In particolar modo a risposta si è concentrata sull’applicazione o meno dei compensi richiesti dopo la pattuizione preventiva tra le parti, e sui compensi richiesti basandosi sulla convenzione oppure basandosi su «ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché vincolante per il professionista».

Secondo il CNF, l’art. 7 deve applicarsi «ai rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale […] regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie e delle imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro…».

Prosegue il CNF: «E’ pacifica l’applicazione alle prestazioni rese nell’ambito di convenzioni così come a ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché vincolante per il professionista». Questo consente «di ritenere che le disposizioni in materia di equo compenso si applichino anche in assenza di pattuizione preventiva tra le parti».

«Se infatti per pattuizione preventiva di intende il perfezionamento di un accordo sul compenso, è giocoforza ritenere che il riferimento, di cui all’articolo 2, agli accordi preparatori anticipi l’applicabilità della legge anche alla fase preparatoria e, dunque, antecedente alla pattuizione».

La pattuizione preventiva, di conseguenza, non è necessaria per l’applicabilità della legge.

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L’articolo 7, ribadisce il CNF, non può applicarsi ad ogni contratto d’opera professionale, ma soltanto con quelli che vengono stipulati con i “clienti forti”. Inoltre, l’art. 7 rimanda alla legge 241/1990 per quanto riguarda la procedura fa eseguire nell’adozione del parere di congruità, per la quale il richiamo sembra essere «comprensivo evidentemente anche dell’obbligo motivazionale, che è peraltro coessenziale alla funzione di garanzia ascritta al rispetto delle norme in materia di procedimento amministrativo».

Sempre l’art. 7 introduce un nuovo titolo esecutivo stragiudiziale, che soddisfa tutti i requisiti previsti dal codice di rito, ovvero un diritto certo, esigibile e liquido, senza che ostacoli la natura stragiudiziale del titolo. Di conseguenza, passati 40 giorni senza che la controparte debitrice faccia opposizione al giudice, «il titolo esecutivo può ritenersi validamente formato senza necessità di ulteriori adempimenti, e il credito può, pertanto, procedere alle conseguenti azioni esecutive».

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Ai sensi dell’art. 11 della legge 49/2023, le disposizioni non devono applicarsi «alle convenzioni in corso, sottoscritte prima della data di entrata in vigore della medesima legge». L’art. 7 potrà essere applicato solo alle prestazioni che si basano su convenzioni stipulate dopo l’entrata in vigore della legge.

Per il CNF è corretto riportare l’art. 7 comma 1, nella parte in cui si afferma che «il parere di congruità emesso dall’ordine o dal collegio professionale sul compenso o sugli onorari richiesti dal professionista costituisce titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate, se rilasciato nel rispetto della procedura di cui alla legge 7 agosto 1990, n.241, e se il debitore non propone opposizione innanzi all’autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 281-undecies del codice di procedura civile, entro quaranta giorni dalla notificazione del parere stesso a cura del professionista».


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