Cassazione: problema tecnico blocca il deposito del ricorso, ma la Corte lo salva in extremis

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9985/2025, ha accolto un ricorso che era stato inizialmente respinto per un errore tecnico del sistema informatico. Il caso, originato da una decisione della Corte d’Appello di Catania, ruotava attorno a due temi centrali: la validità del deposito telematico del ricorso e la corretta applicazione della riduzione di pena prevista dal rito abbreviato.

Il problema tecnico e la rimessione in termini

Il difensore dell’imputato aveva provato a depositare telematicamente il ricorso in Cassazione il 27 luglio 2024, rispettando formalmente i termini. Tuttavia, il sistema rifiutava il deposito a causa di una discordanza nei nomi delle parti, dovuta a un disallineamento tra i dati del primo grado e quelli dell’appello. Il legale si è accorto del problema solo tre giorni dopo, il 30 luglio, quando i termini erano ormai scaduti.

Il ricorso è stato quindi ripresentato il 31 luglio, con una richiesta di rimessione in termini fondata su un malfunzionamento oggettivo e imprevedibile. La Cassazione ha accolto l’istanza, riconoscendo che il mancato deposito nei termini non dipendeva da negligenza, ma da un problema tecnico non imputabile al difensore. Il ricorso è stato così dichiarato ammissibile.

L’errore della Corte d’Appello: pena ridotta meno del dovuto

Nel merito, la Suprema Corte ha anche ravvisato un errore nella determinazione della pena da parte della Corte d’Appello. L’imputato aveva scelto il rito abbreviato, che prevede una riduzione di un terzo sulla pena. Tuttavia, la pena era stata ridotta da 15 mesi a un anno, anziché ai 10 mesi spettanti. La Cassazione ha quindi annullato senza rinvio la sentenza impugnata, rideterminando la pena detentiva in 10 mesi, lasciando invariata la multa a 400 euro.

Un precedente importante

La sentenza rappresenta un precedente rilevante in tema di rimessione in termini per cause tecniche legate al processo telematico. Allo stesso tempo, ribadisce il principio della corretta applicazione delle riduzioni di pena previste dai riti alternativi, a tutela dei diritti dell’imputato.


LEGGI ANCHE

Alberto Del Noce eletto nuovo presidente dell’Unione Nazionale delle Camere Civili

Eletto a Napoli dall'Assemblea dei delegati al termine di un congresso che ha visto la partecipazione di avvocati da tutta Italia.

Luci e ombre nel pubblico impiego: la Corte dei Conti lancia l’allarme su costi, età media e smart working

Nel 2025 la spesa per il lavoro pubblico raggiunge i 201 miliardi. La magistratura contabile invita a garantire l’efficienza e il merito. E sullo smart…

avvocato minacciato

24 gennaio, giornata internazionale dell’avvocato minacciato

Il 24 gennaio di ogni anno si celebra la giornata internazionale dell’avvocato minacciato. Questa ricorrenza è stata istituita nel 2009 per richiamare l’attenzione delle istituzioni…

Cassa Forense: 19 nuovi bandi per il 2025 a sostegno di professione, salute e famiglia

Professione legale, un welfare che cresce: al via i bandi 2025 di Cassa Forense

Per il 2025 Cassa Forense ha deliberato 19 nuovi bandi a supporto degli iscritti, con un impegno economico di circa 20 milioni di euro destinato a sostenere la professione forense, la salute e la famiglia. L’investimento complessivo in misure assistenziali per l’anno ammonta a oltre 82 milioni di euro.

L’obiettivo dichiarato è chiaro: accompagnare gli avvocati e i praticanti anche nei momenti più delicati, garantendo un sistema di welfare moderno, accessibile e solidale.

I bandi classici e le novità 2025

Oltre ai bandi tradizionali – tra cui quelli per l’acquisto di strumenti informatici e per il rimborso delle spese dei centri estivi per i figli minori – il 2025 porta con sé nuove opportunità di sostegno. Tra queste:

  • Contributi per praticanti avvocati finalizzati alla preparazione dell’esame di abilitazione;
  • Contributi per spese di alloggio in studentati;
  • Un bando specifico per avvocate e praticanti vittime di violenza, segno tangibile dell’attenzione verso le questioni di genere e del contrasto alla violenza.

Tre aree di intervento: professione, salute e famiglia

I bandi si articolano lungo le tre direttrici storiche dell’assistenza forense:

  1. Professione
  2. Salute
  3. Famiglia

I beneficiari sono gli avvocati e praticanti iscritti alla Cassa, oltre ai pensionati per invalidità. L’elenco completo con date di apertura e chiusura è disponibile nella sezione dedicata del sito ufficiale:
 www.cassaforense.it/ricerca-bandi-assistenza

Regole di partecipazione e requisiti

Gli iscritti possono partecipare a più bandi della stessa tipologia, ma in caso di esito positivo della prima domanda, le successive saranno automaticamente escluse, secondo l’ordine cronologico di presentazione.

Fondamentale è verificare la propria regolarità contributiva e dichiarativa al momento della domanda. Non è infatti consentita la regolarizzazione postuma. A tal fine, è stato integrato un collegamento diretto alla propria posizione personale nella procedura online di candidatura.

Scadenze da ricordare:

  • I contributi minimi si considerano scaduti al 30 settembre;
  • In caso di rateizzazioni o rottamazioni, si è in regola solo se le rate pregresse sono state pagate entro le scadenze previste.

Per qualsiasi dubbio sulla propria posizione, è attivo il call center di Cassa Forense al numero 06/51.43.53.40, dal lunedì al venerdì (8.00–19.00) e il sabato (8.00–13.00).


LEGGI ANCHE

Pendenze penali al minimo storico, male invece il civile: il monitoraggio del 3° trimestre 2024

Diminuiscono le pendenze penali e l’arretrato civile, mentre i procedimenti civili pendenti registrano un incremento.

Affitti senza registrazione, il contratto è nullo: cosa rischiano proprietari e inquilini

Senza registrazione all’Agenzia delle Entrate l’accordo è giuridicamente inesistente. Possibili rimborsi per gli inquilini, niente sfratto per i proprietari e indennizzi inferiori al canone pattuito.

Piantedosi vuole introdurre il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici

Matteo Piantedosi, il Ministro dell’Interno, ha intenzione di introdurre il riconoscimento facciale negli ospedali, nelle stazioni e nelle aree commerciali di Milano, Roma e Napoli.…

Il futuro del lavoro è già qui: entro il 2030 il 60% dei lavoratori dovrà reinventarsi

Lavoro 2030: la rivoluzione (non solo) tecnologica che ci aspetta

Il mondo del lavoro sta cambiando a una velocità mai vista prima. A lanciare l’allarme – ma anche un invito ad agire – è il World Economic Forum, secondo cui entro il 2030 il 60% della forza lavoro mondiale dovrà aggiornare le proprie competenze per restare competitiva. Una trasformazione che ha un motore chiaro: l’intelligenza artificiale.

Ma non si tratta soltanto di tecnologia. Il vero cambiamento è umano.

IA e nuove competenze: la doppia sfida

L’intelligenza artificiale non si limita a sostituire alcune professioni, ma ridefinisce processi, ruoli e competenze. E mentre da un lato sarà fondamentale imparare a utilizzare strumenti legati all’AI, dall’altro si renderà sempre più necessario rafforzare abilità trasversali, come la resilienza, la leadership, l’intelligenza emotiva, l’agilità, la curiosità e l’apprendimento continuo.

Il cambiamento è inevitabile: prepararsi è una scelta

Il WEF stima che quasi il 40% delle competenze oggi richieste sarà obsoleto entro pochi anni. Alcuni mestieri spariranno, altri nasceranno. Ma il vero discrimine sarà la capacità di cogliere le nuove opportunità.

Per restare nel mercato del lavoro, aggiornarsi non è più un’opzione, ma una necessità. Investire nel proprio sviluppo – sia tecnico che personale – è il passo più importante per affrontare il cambiamento non come minaccia, ma come occasione di crescita.

Costruire il futuro, un giorno alla volta

Il futuro del lavoro non è qualcosa da temere. È una costruzione collettiva, che passa dalla consapevolezza individuale e da un impegno costante nella formazione continua. Le istituzioni, le aziende e i singoli lavoratori dovranno collaborare per sostenere l’adattamento ai nuovi scenari.

Perché il lavoro che verrà non lo si aspetta. Si costruisce.


LEGGI ANCHE

Pagamenti con assegni post-datati: per il CNF violano il decoro professionale

La sentenza n. 47/2025 ribadisce il divieto di accettare pagamenti irregolari: condotta contraria a probità e decoro, con gravi ripercussioni sull’immagine della professione forense

Compensi professionali: interessi moratori dalla messa in mora, anche stragiudiziale

Una recente ordinanza della Cassazione chiarisce i criteri per la decorrenza degli interessi di mora sui crediti degli avvocati: rileva la costituzione in mora, non…

mediazione stretta di mano

Termine per gli organismi di mediazione, OCF: “Urgente la proroga”

L'Organismo Congressuale Forense, alla luce dell’imminente scadenza normativa del 15 agosto, richiama l’attenzione sulla necessità di proroga del DM 150/2023

ANM a sostegno di Emergency, Sant’Egidio e associazionismo cattolico

L’Associazione nazionale magistrati in prima fila per un progetto di beneficenza in vista della Pasqua. Ieri mattina il segretario generale Rocco Maruotti e il presidente della commissione Legalità Gaspare Sturzo hanno preso parte ai banchetti di Emergency a Roma acquistando duecento colombe, per sostenere l’impegno della ong per le vittime di guerra nella Striscia di Gaza, dove Emergency è presente nella zona di Khan Younis con una clinica di salute primaria, oltre ad offrire supporto medico e logistico all’ambulatorio dell’associazione Cfta (Culture & Free Thought Association).

Le colombe saranno donate dall’Associazione nazionale magistrati in parte alla Comunità di Sant’Egidio che le distribuirà agli istituti penitenziari in vista della Pasqua e in parte al progetto ‘Diplomazia della solidarietà’, una raccolta in favore delle persone in difficoltà assistite dalla Caritas di Roma, dall’Associazione Solidarietà e Speranza di suor Paola, e dalle Parrocchie della XVIII Prefettura della diocesi di Roma, da padre Vittorio, parroco di Regina Coeli, e dall’elemosiniere di Sua Santità Konrad Krajewski. Un progetto curato da monsignor Marco Malizia, consigliere ecclesiastico del ministero degli Esteri.

“Pace, solidarietà e sussidiarietà sono tre elementi cardine di un impegno che deve riguardare tutti noi. La cura per le persone più fragili deve essere al centro delle nostre attività sempre. Siamo consapevoli che il dramma delle carceri è una ferita profonda per il nostro Paese e vorremmo che questo gesto rappresentasse un messaggio simbolico di attenzione rispetto a quel mondo”, dichiara il segretario generale Anm Rocco Maruotti.

“Abbiamo deciso di dare il nostro contributo alla campagna di Emergency da un lato e alle raccolte solidali dell’associazionismo cattolico dall’altro perché riteniamo sia una parte integrante della nostra fedeltà costituzionale e del nostro impegno laico quotidiano. E’ un messaggio simbolico a cui teniamo molto”, aggiunge il presidente della commissione Legalità dell’Anm Gaspare Sturzo.

“Siamo particolarmente lieti del contributo dell’Associazione nazionale magistrati. Un bel segno di partecipazione, ma anche di gioia per donne e bambini meno fortunati. Un messaggio di speranza e pace”, afferma monsignor Marco Malizia, consigliere ecclesiastico del ministero degli Esteri.


LEGGI ANCHE

Datori di lavoro tra test sierologici ai dipendenti e isolamento da Immuni

Datori di lavoro tra test sierologici ai dipendenti e isolamento da Immuni

Cosa succede se un lavoratore che ha scaricato l’app Immuni riceve la notifica di essere entrato in contatto con un infetto? Quali sono le conseguenze…

La Lega si compatta attorno a Zaia e rilancia sull’elezione diretta delle Province

"Totale sintonia e condivisione degli obiettivi fra Matteo Salvini, Luca Zaia e l’intero consiglio federale. Il Veneto è un modello di buon governo apprezzato a…

Rapporto avvocatura 2025, Aiga: “Trend preoccupante ma i giovani possono guidare cambiamento”

A differenza dei colleghi più anziani, ancorati a modelli tradizionali, i giovani manifestano infatti una maggiore apertura verso nuove forme di aggregazioni professionali”. Lo afferma…

Tasse: a non pagarle sono le grandi imprese

Tra il 2000 e il 31 gennaio 2025 l’ammontare complessivo delle tasse, dei contributi, delle imposte, delle bollette, delle multe, etc., non riscosse dal fisco italiano o da altri enti[1] ha raggiunto i 1.279,8 miliardi di euro[2]. Di questi, ben 822,7 miliardi (pari al 64,3 per cento del totale), sono in capo alle persone giuridiche, ovvero alle Spa, alle Srl, ai consorzi, alle cooperative, etc. Altri 300,4 miliardi (il 23,5 per cento) sono ascrivibili alle persone fisiche, vale a dire i lavoratori dipendenti, i pensionati e altri percettori di reddito. Infine, i rimanenti 156,7 miliardi (solo il 12,2 per cento del totale) sono riconducibili alle persone fisiche con attività economica, categoria comunemente composta da artigiani, commercianti, esercenti, liberi professionisti, etc. (vedi Graf. 1). Anche questi dati – estrapolati dall’Ufficio studi della CGIA dall’indagine presentata dal direttore dell’Agenzia delle entrate/Riscossione nell’audizione tenutasi presso il Senato una quindicina di giorni fa[3] – dimostrano che in Italia ad evadere il fisco sono, in particolare, i grandi contribuenti e non i piccoli. Insomma, l’infedeltà fiscale si annida soprattutto nelle società di capitali e solo in piccola parte nelle micro imprese e tra i lavoratori autonomi che, addirittura, annoverano un carico residuo non riscosso in questi ultimi 25 anni pari a poco più della metà del dato riferito alle persone fisiche. Ovvero all’ammontare complessivo dei debiti fiscali in capo ai lavoratori dipendenti e ai pensionati che, ricordiamo, sono tassati alla fonte e, pertanto, non dovrebbero, almeno in linea puramente teorica, evadere alcunché. Cosa che, invece, nella realtà di tutti i giorni non accade.

Solo 3,47 milioni di grandi imprese hanno più di 822 miliardi di debiti col fisco

Dei 22,26 milioni di contribuenti con carichi residui affidati tra il 2000 e il 31 gennaio 2025, solo 2,86 milioni (il 12,8 per cento del totale) sono persone fisiche con attività economica (ditte individuali, società di persone, lavoratori autonomi, etc.). Altri 3,47 milioni (il 15,6 per cento del totale) sono persone giuridiche (società di capitali) e ben 15,93 milioni (il 71,6 per cento del totale) fanno riferimento alla categoria delle persone fisiche (lavoratori dipendenti, pensionati, etc) (vedi Graf. 2). Nonostante le grandi imprese con debiti fiscali non ancora onorati siano relativamente poche, presentano però un carico residuo “spaventoso”; come dicevamo più sopra pari a 822,7 miliardi di euro.

Evasori: solo 13 su 100 sono lavoratori autonomi

Se ce ne fosse ancora bisogno, questi dati forniti dall’Agenzia delle entrate-Riscossione confermano quanto sostiene da decenni la CGIA: i lavoratori autonomi non sono un popolo di evasori, come spesso vengono descritti dall’opinione pubblica. È indubbio che in questa categoria vi sia anche chi non adempie ai propri obblighi fiscali; tuttavia, le statistiche ufficiali ci dicono che in questi ultimi 25 anni solo 13 evasori su 100 hanno una partita Iva e il debito fiscale complessivo (156,7 miliardi di euro) ha un’incidenza sul dato totale molto contenuto e pari al 12,2 per cento.

Per contrastare l’evasione serve un fisco più efficiente

I risultati ottenuti negli ultimi anni dalla lotta contro l’evasione fiscale indicano l’opportunità di continuare a seguire il percorso intrapreso, intensificando gli sforzi verso la semplificazione del sistema tributario e il conseguente miglioramento della relazione tra fisco e contribuente. È fondamentale sfruttare in modo sempre più efficiente i dati detenuti dall’Amministrazione fiscale, al fine di ottimizzare i controlli su fenomeni che, secondo le valutazioni dell’Agenzia delle Entrate, presentano elevati livelli di rischio. Tra questi si annoverano: le frodi IVA; l’uso improprio di crediti inesistenti e/o aiuti economici non dovuti; la fittizia dichiarazione di residenza fiscale all’estero e l’occultamento di patrimoni al di fuori dei confini nazionali[4]. Sono modalità di evasione che, a differenza di quelli imputabili agli artigiani e ai piccoli commercianti[5], sono ascrivibili quasi esclusivamente ai grandi contribuenti.

Lazio, Campania e Lombardia al top per mancati pagamenti

A livello territoriale il debito fiscale pro capite più elevato maturato in questi ultimi 25 anni è in capo ai residenti del Lazio con 39.673 euro. Seguono i campani con 27.264 euro e i lombardi con 25.904 euro. Le situazioni più virtuose, invece, le scorgiamo nelle regioni a statuto speciale del Nord. Se in Valle d’Aosta il debito pro capite ancora da riscuotere è di 12.533 euro, in Friuli Venezia Giulia è di 11.125 euro e in Trentino Alto Adige di soli 6.964 euro (vedi Graf. 3). Se invece misuriamo i mancati pagamenti di tasse e contributi, etc. in valore assoluto, la situazione più critica si verifica in Lombardia con 259,3 miliardi di euro di debiti. Seguono il Lazio con 226,7 miliardi, la Campania con 152,5 miliardi e l’Emilia Romagna con 87,9 miliardi (vedi Tab. 1). Ovviamente i dati negativi del Lazio e della Lombardia sono decisamente condizionati dalla presenza in queste due regioni della stragrande maggioranza delle big tech, delle multinazionali e dei grandi gruppi industriali presenti nel Paese.

[1] Inps, Inail, Comuni, Province, Regioni, Camere di Commercio, etc.

[2] Al netto degli importi di difficile recuperabilità, di quelli interessati da specifici provvedimenti di sospensione e da quelli sottoposti ad azioni esecutive e/o cautelari, secondo l’Agenzia delle entrate-Riscossione sono ancora potenzialmente aggredibili solo 101,2 miliardi euro.

[3] Audizione del Direttore dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, Avv. Vincenzo Carbone, “Indagine conoscitiva sulla gestione del magazzino fiscale in carico all’Agenzia delle entrate-Riscossione”, Senato della Repubblica, VI Commissione Finanze Tesoro, Roma, 27 marzo 2025.

[4] Audizione del Direttore dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, Avv. Ernesto Maria Ruffini, Senato della Repubblica 6ª Commissione Finanze e Tesoro, Roma, 27 febbraio 2024, pag. 12.

[5] Come la mancata emissione degli scontrini o delle fatture.


LEGGI ANCHE

Da oggi in vigore la Riforma Cartabia. Le preoccupazioni di giudici e avvocati

E’ arrivato il fatidico giorno: da oggi entra in vigore la riforma della Giustizia di Marta Cartabia. Tuttavia, magistrati e avvocati lanciano l’allarme. Aiga, Anf,…

Pensioni, lo stop all’aumento dell’età potrebbe costare 3 miliardi: tutte le novità dal 2027

Il blocco dell’adeguamento automatico alla speranza di vita, annunciato dal governo, avrebbe un impatto pesante sui conti pubblici. Ecco come cambierebbero i requisiti per vecchiaia…

Concordato preventivo, per Cassa Forense l’opzione è neutra, si paga sul reddito effettivo

Gli avvocati che aderiscono al concordato preventivo biennale continuano a versare i contributi sulla base del reddito effettivamente prodotto. È quanto chiarisce Cassa Forense per…

Truffa dello Spid, l’allarme dell’Inps: “Non cliccate su quei link”

Occhio al finto SMS dell’Inps: la nuova frontiera della truffa digitale colpisce lo Spid

Il Sistema Pubblico di Identità Digitale, chiave d’accesso ai servizi della Pubblica Amministrazione, è finito nel mirino di una sofisticata campagna di phishing. I truffatori si spacciano per l’Inps, utilizzando tecniche di spoofing per far apparire come autentico l’invio di SMS o email. Nel messaggio, viene chiesto di aggiornare i propri dati attraverso un link: cliccandolo, si finisce su un sito web identico a quello ufficiale, ma completamente truffaldino.

L’allarme dell’Inps e di Cert-AgID

L’Inps ha chiarito che non invia mai SMS contenenti link cliccabili, e invita i cittadini a prestare massima attenzione. Anche Cert-AgID, l’organismo dell’Agenzia per l’Italia Digitale che si occupa di sicurezza informatica nella PA, ha riscontrato un’impennata dei tentativi di truffa legati al falso nome dell’Istituto nazionale della previdenza sociale.

Cosa succede una volta cliccato sul link

Il sito truffaldino richiede dati personali: nome, cognome, codice IBAN, documenti d’identità, buste paga e perfino selfie o video per il riconoscimento facciale. Dopo aver premuto su “Conferma” o “Avanti”, i truffatori acquisiscono tutte le informazioni necessarie per creare un falso Spid e usarlo per accedere a servizi pubblici a nome della vittima.

In alcuni casi viene anche simulato un errore tecnico, così da richiedere ulteriori upload e ottenere più immagini e documenti possibili, aumentando la qualità e la quantità dei dati raccolti.

Cosa possono fare con i tuoi dati

Le conseguenze del furto d’identità digitale possono essere gravi:

  • attivazione fraudolenta di uno Spid a nome della vittima;
  • modifica dell’IBAN presso enti pubblici per deviare pagamenti;
  • rivendita dei dati nel dark web;
  • uso illecito per sottoscrivere contratti o richiedere finanziamenti.

Cosa fare se si è caduti nella trappola

Chiunque abbia fornito i propri dati attraverso questi canali deve:

  1. Sporgere denuncia immediata presso la Polizia Postale, portando con sé SMS, email ricevute e i documenti inviati;
  2. Effettuare una segnalazione online sul sito della Polizia Postale;
  3. Controllare i propri conti correnti, verificando che l’IBAN non sia stato modificato e che i pagamenti spettanti non siano stati dirottati.

LEGGI ANCHE

green pass esercenti servicematica

Può un cliente chiedere a un esercente di mostrare il proprio green pass?

L’estensione della certificazione sanitaria sui luoghi di lavoro a partire dal prossimo 15 ottobre pone una questione di cui ancora poco si è dibattuto: può…

proposta legge magistratura quindici giorni carcere

Saman, Nordio: “Estradata la madre, grazie alle autorità pakistane”

La donna, condannata alla pena dell’ergastolo con sentenza di primo grado dalla corte di assise di Reggio Emilia insieme al marito, era latitante dal primo…

Animali come esseri senzienti: svolta storica nella tutela penale con la Legge Brambilla

Approvata in via definitiva dal Senato, la riforma ridefinisce il ruolo giuridico degli animali, introduce pene più severe, nuove fattispecie di reato e strumenti più…

La Commissione avvia consultazioni per la revisione del regolamento dell’UE sulla cybersicurezza

Allo scopo di rafforzare la resilienza dell’UE contro le crescenti minacce informatiche, la Commissione lancia una raccolta di contributi per valutare e rivedere il regolamento dell’UE sulla cibersicurezza del 2019. L’iniziativa riflette l’impegno della Commissione a semplificare le norme.

La revisione si concentrerà sul mandato dell’Agenzia dell’Unione europea per la cibersicurezza (ENISA) nonché sul quadro europeo di certificazione della cibersicurezza e punta ad affrontare le sfide in materia di sicurezza della catena di approvvigionamento delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). Allo stesso tempo essa rappresenta un’opportunità per semplificare le norme in materia di cibersicurezza. Ottimizzando l’obbligo di informazione, la Commissione intende agevolare l’attuazione, ridurre la burocrazia e promuovere un ambiente favorevole alle imprese.

Le parti interessate (autorità competenti degli Stati membri, autorità di cibersicurezza, imprese e associazioni di categoria, ricercatori ed accademici, organizzazioni dei consumatori e cittadini) sono invitate a fornire il proprio parere sul portale Dì la tua fino al 20 giugno.

Ulteriori informazioni sono disponibili online.


LEGGI ANCHE

Avvocati: mille euro per ogni figlio a famiglie monogenitoriali

C'è tempo fino al 31 dicembre per presentare la domanda di partecipazione al bando di Cassa Forense

Locazioni non registrate: la Cassazione chiarisce i limiti della “riconduzione a congruità”

Una recente ordinanza della Suprema Corte definisce il trattamento dei contratti scritti ma non registrati stipulati prima del 2016: sì alla rideterminazione del canone, ma…

#quittok: i giovani che danno le dimissioni in diretta su TikTok

Su TikTok sta diventando virale dare le dimissioni in diretta. Infatti, in questi giorni, tantissimi utenti stanno condividendo video che immortalano l’esatto momento in cui…

Carceri, Nordio ammette: “Solo 33 istituti con spazi per l’affettività. Non possiamo fare miracoli”

Soltanto una minoranza degli istituti penitenziari italiani dispone attualmente di spazi adeguati per garantire l’esercizio del diritto all’affettività da parte dei detenuti, come sancito dalla recente pronuncia della Corte Costituzionale. A rivelarlo è stato il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, durante un question time alla Camera dei Deputati in risposta a un’interrogazione sul tema. Su un totale di 189 carceri, solo 32 hanno confermato la presenza di aree idonee, spesso richiedendo significativi interventi edilizi, mentre ben 157 hanno dichiarato di non avere spazi sufficienti.

Il Guardasigilli ha definito la sentenza della Consulta, che ha dichiarato illegittimo il divieto generalizzato di colloqui intimi senza sorveglianza visiva, come un passo fondamentale verso l’umanizzazione della pena. Tuttavia, ha anche sottolineato come l’attuazione di tale principio si scontri con una realtà infrastrutturale complessa, accumulatasi nel corso del tempo. “Il governo è impegnato a trovare soluzioni – ha assicurato Nordio – ma conciliare questo diritto con le esigenze di sicurezza, la conformità degli edifici e la disponibilità del personale presenta sfide non immediate”.

Per affrontare la carenza di spazi, il Ministero ha annunciato di aver ripreso un progetto sperimentale denominato MI MA (Moduli di Affettività e Maternità), avviato nel 2020 in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma presso il carcere femminile di Rebibbia. Si tratta di un prototipo di struttura modulare in legno, realizzata con un occhio al contenimento dei costi, pensata specificamente per ospitare colloqui e momenti di intimità tra i detenuti e i loro affetti. L’intenzione è di estendere questo modello ad altre case circondariali, creando aree dedicate e valorizzando al contempo le competenze lavorative interne agli istituti.

Nonostante l’impegno dichiarato, Nordio ha ammesso la complessità della situazione: “È con rammarico che constato come spesso la realtà dei fatti si discosti dal quadro normativo e giurisprudenziale. Le problematiche del nostro sistema carcerario sono radicate e richiedono tempo e risorse significative per essere superate. Ci stiamo lavorando con la massima attenzione, ma non possiamo compiere miracoli”.

La Corte Costituzionale, nella sua sentenza, aveva evidenziato come l’obbligo indiscriminato di controllo a vista durante i colloqui privasse i detenuti della possibilità di esprimere affetto verso i propri cari, anche in assenza di ragioni di sicurezza specifiche. Ciò era stato ritenuto in contrasto con i principi di dignità umana e di rieducazione della pena sanciti dalla Costituzione, nonché con la normativa europea in materia di diritti umani. La Consulta aveva auspicato un’azione sinergica tra legislatore, magistratura di sorveglianza e amministrazione penitenziaria per dare concreta attuazione al diritto all’affettività intramuraria, con la gradualità necessaria. La sentenza non si applica ai detenuti in regime di 41-bis o sottoposti a sorveglianza speciale.


LEGGI ANCHE

studenti italiani chatgpt

L’Intelligenza Artificiale nel mirino degli hacker: una corsa agli armamenti digitali

L'AI Generativa ha portato con sé nuove opportunità, ma anche nuove sfide in termini di sicurezza informatica. Le aziende devono essere consapevoli di questi rischi…

Riforma Cartabia: anche i Pronto Soccorso hanno dubbi

Non bastano i problemi di sovraffollamento e quelli collegati all’incolumità e alla sicurezza degli operatori sanitari. Arrivano anche nei pronto soccorso i dubbi sulla riforma…

Una legge contro il Body Shaming

Lo stigma del ciccione attraversa tutte le età, soprattutto nel mondo del web, visto l’alto numero di haters spietati. Attaccare una persona per il suo…

Intercettazioni, giro di vite sulla durata: pubblicata la legge Zanettin

È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 83 del 9 aprile 2025 la legge 31 marzo 2025, n. 47, meglio nota come “legge Zanettin”, che apporta significative modifiche alla disciplina in materia di durata delle operazioni di intercettazione. Il testo integrale della legge è disponibile in allegato alla Gazzetta.

La nuova normativa entrerà in vigore il prossimo 24 aprile 2025, quindici giorni dopo la sua pubblicazione, come consuetudine. L’intervento legislativo introduce un importante limite temporale all’articolo 267, comma 3 del codice di procedura penale, stabilendo che: «Le intercettazioni non possono avere una durata complessiva superiore a quarantacinque giorni, salvo che l’assoluta indispensabilita’ delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione».

Parallelamente, la legge interviene sull’articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, introducendo una specifica deroga per i reati ai quali si applica il regime speciale delle intercettazioni previsto da tale decreto. Per un primo commento e un’analisi più approfondita delle novità introdotte, si rimanda all’articolo già pubblicato sulla nostra Rivista (clicca qui).

Tuttavia, già in questa fase iniziale, emergono diverse questioni interpretative che potrebbero impattare significativamente sull’applicazione pratica della nuova legge. Tra i nodi cruciali da sciogliere spiccano:

  • Il regime intertemporale: Come si applicherà la nuova disciplina alle intercettazioni già in corso al momento dell’entrata in vigore? Prevarrà il principio del tempus regit actum per il computo del limite dei 45 giorni e per la valutazione degli elementi che giustificano eventuali proroghe?
  • La portata del limite complessivo: Il tetto dei 45 giorni si riferisce all’intera fase delle indagini preliminari o alle singole operazioni di intercettazione? Elementi che giustificano il superamento di tale limite possono emergere anche al di fuori delle intercettazioni già attive per 45 giorni?
  • La motivazione delle proroghe: Quale sarà la portata e la natura degli elementi specifici e concreti che dovranno essere addotti per giustificare una proroga oltre il termine ordinario?
  • Pluralità di reati e concorso di persone: Come si applicherà la nuova regola in caso di più reati contestati o di coinvolgimento di più persone, anche in relazione a eventuali aggiornamenti delle iscrizioni nel registro degli indagati nel corso delle indagini?

Questi interrogativi aprono un dibattito cruciale sull’effettiva portata e sulle implicazioni pratiche della “legge Zanettin”, la cui applicazione richiederà un’attenta valutazione da parte degli operatori del diritto.


LEGGI ANCHE

Rete divisoria carceri

Nordio annuncia un nuovo piano per il monitoraggio del Fentanyl nelle carceri

Il Ministro della Giustizia ha annunciato l’avvio di un programma di monitoraggio rigoroso per la diffusione del fentanyl all’interno delle carceri italiane. La dichiarazione è…

computer portatile

Nuova minaccia per i dispositivi Windows

È stata scoperta una nuova vulnerabilità all’interno dei sistemi Windows, che permette ai cybercriminali di prendere il controllo dei dispositivi e di infettarli con malware…

Formazione e mobilità sociale: la sfida per una società della longevità sostenibile

Italia a rischio demografico e sociale: tra calo della popolazione attiva, disuguaglianze educative e basso capitale umano. Serve un investimento strategico sull'istruzione e sulla formazione…

DeepSeek sfida l’Occidente: la Cina accelera sull’intelligenza artificiale nonostante le restrizioni USA

L’industria dell’intelligenza artificiale sta attraversando una delle sue fasi più dinamiche e imprevedibili. In un contesto dominato da modelli sempre più avanzati e da una competizione globale serrata, una nuova e sorprendente protagonista irrompe sulla scena: la cinese DeepSeek, fondata da Liang Wenfeng.

Alla fine di gennaio, DeepSeek ha annunciato il rilascio del suo modello linguistico R1, nella versione da 671 miliardi di parametri. Un colosso dell’IA capace, secondo alcuni benchmark, di superare le performance del celebre ChatGPT. Ma non è solo la potenza del modello a fare notizia: DeepSeek è riuscita a svilupparlo in appena due mesi, con un investimento di soli 5,2 milioni di dollari. Un colpo da maestro, che ha causato un crollo del 23% del titolo Nvidia, colosso americano dei chip.

Il trionfo di DeepSeek ha un significato che va ben oltre i meri dati tecnici. Si inserisce infatti in quella che sempre più analisti definiscono una nuova guerra fredda tecnologica, incentrata sul controllo dell’IA. Da una parte gli Stati Uniti, decisi a mantenere la supremazia attraverso restrizioni sull’export di tecnologie avanzate, in particolare verso la Cina; dall’altra, un Paese capace di aggirare i vincoli e innovare, spingendosi oltre i limiti imposti.

Il cuore del conflitto sono i server IA e le GPU Nvidia, diventate bene strategico. Con i modelli di punta (come A100, A100X e H100) vietati all’export verso la Cina, Nvidia ha commercializzato una versione “limitata” chiamata A800 e poi H800, con connessioni NVLink depotenziate del 33% (da 600 GB/s a 400 GB/s), per ostacolare lo sviluppo cinese.

Tuttavia, il team di DeepSeek ha risposto con creatività e maestria ingegneristica. Attraverso sofisticate tecniche di reverse engineering e un’ottimizzazione a livello di microcodice, sono riusciti a riconfigurare le GPU H800, allocando solo 20 dei 132 multiprocessori per la comunicazione tra server. Una soluzione brillante, che ha ripristinato prestazioni elevate, sfruttando ogni bit disponibile del sistema.

In parallelo, DeepSeek ha integrato algoritmi di pipeline avanzati e ha probabilmente personalizzato ulteriormente le funzioni interne delle GPU tramite il linguaggio PTX (Parallel Thread Execution) di Nvidia. Il risultato? Un training fluido, potente, e competitivo.

L’impresa di DeepSeek è la prova che, nell’arena dell’intelligenza artificiale, l’ingegno umano può ancora prevalere sulla sola potenza di calcolo. E rappresenta un campanello d’allarme per i giganti americani come Google, Amazon, Apple e Meta, i quali – dopo anni di investimenti miliardari – si trovano di fronte a un concorrente agile, efficiente e determinato.


LEGGI ANCHE

diffamzione chat

Diffamazione in chat: per la Cassazione non è aggravata

La diffamazione in chat non è aggravata, come invece avviene nel caso dei social e dei siti internet. L’offesa non sembra essere arrecata con la…

Cassazione: niente TFR mensile in busta paga senza una causale specifica

Una recente sentenza ribadisce i limiti all’autonomia contrattuale tra datore e lavoratore sulle anticipazioni del trattamento di fine rapporto: vietata l’erogazione continuativa senza motivazione prevista…

Una giustizia più veloce, ma senza strappi: arrivano le misure tampone per centrare il Pnrr

Slitta l’entrata in vigore delle nuove funzioni per i giudici di pace e del tribunale per la famiglia. Intanto parte una task force di magistrati…

Iso 27017
Iso 27018
Iso 9001
Iso 27001
Iso 27003
Acn
RDP DPO
CSA STAR Registry
PPPAS
Microsoft
Apple
vmvare
Linux
veeam
0
    Prodotti nel carrello
    Il tuo carrello è vuoto