Disabili: normativa per difendersi da maltrattamenti

Dalla convenzione dell’ONU alle leggi nazionali: opuscolo in difesa dei disabili

Nasce un opuscolo sui diritti delle persone con disabilità: una panoramica di facile consultazione sui reati discriminatori contro le persone i disabili. La volontà è di conciliare tutta la normativa attualmente vigente in materia conciliando il livello internazionale con quello nazionale. Inoltre, all’attenzione per le norme a tutela si affianca un excursus sui reati e comportamenti penalmente rilevanti.

Un’ aggravante speciale se la vittima dell’illecito è una persona disabile

L’OSCAD pubblica “L’odio contro le persone disabili”: opuscolo che sposa l’approccio sancito dalla Convenzione dell’ONU sui diritti delle Persone con disabilità. Infatti, l’idea è che la disabilità scaturisca dall’iterazione tra la minoranza (fisica, mentale, intellettiva, sensoriale) della persona e le barriere che ne impediscono la piena partecipazione alla società. Inoltre, la disabilità (disability) emerge come un insieme di “caratteristiche” da proteggere dal rischio di discriminazione (l’Art. 2 della Dichiarazione universale dei Diritti umani e Art. 14 della “Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”).

L’opuscolo chiarisce efficacemente come le tutele nei confronti dei disabili esistano, in Costituzione (artt.2 e 3), anche sul piano nazionale. Inoltre, un focus importante è dato alla condizione di “particolare vulnerabilità”: riconoscimento che implica -necessariamente- una serie importante di diritti imprescindibili. Infatti, secondo l’Art.36 legge 104, quando ad essere vittima dell’illecito è un disabile, deve essere applicata -in maniera trasversale alle diverse fonti del diritto- un’aggravante speciale.

In particolare, nel caso della violenza sessuale (Art.609 bis, comma 2 del Codice Penale) è specificato che -per avere rilevanza penale- l’accertamento dell’abuso della condizione di disabilità deve essere accertato caso per caso. Invece, riguardo i maltrattamenti presso le case di riposo, si fa riferimento alla condizione di disabilità come aggravante ai delitti di percosse, minacce e violenza privata. Infine, bullismo e cyberbullismo: qualora la vittima sia disabile, tutte le fattispecie di reato saranno integrate dalle rispettive aggravanti (Legge n.71/2017, art. 36 o 61, comma 1, n.5).

Opuscolo integrale “L’odio contro le persone disabili”

———-

LEGGI ANCHE:

Riforme del processo penale e civile: i dubbi del CNF

Esame avvocati: ministero rischia mega risarcimento

Riforme del processo penale e civile: i dubbi del CNF

Riforme del processo penale e civile: i dubbi del CNF

Il 14 maggio scorso il CNF ha pubblicato sul proprio sito un comunicato relativo alle anticipazioni del Governo sulle riforme del processo penale e civile, considerate non adeguate.

Nel comunicato vengono riportate le parole della presidente Maria Masi, che spiega quale sia il limite delle proposte:

“La riforma della giustizia deve mirare ad un nuovo e rinnovato approccio di sistema. L’obiettivo perseguito, ossia la riduzione del 40% dei tempi del processo civile e del 20% di quelli del processo penale, così come richiesto dalla Commissione Europea […] non potrà, comunque, raggiungersi se oltre ad intervenire sulle regole del processo non si agisce coraggiosamente anche sull’organizzazione degli uffici giudiziari, sugli investimenti funzionali e sulla carenza di organico di magistrati e personale amministrativo oltre che sull’equa responsabilizzazione di tutti gli operatori, compresi i magistrati”.

RIFORME DEL PROCESSO PENALE

Tra le varie misure previste dalle riforme del processo penale, vi è la riduzione dei tempi dei processi attraverso l’estensione dei riti alternativi. Fra questi, il patteggiamento permetterebbe il dimezzamento della pena, anziché la riduzione di un terzo. Verrebbero pero introdotti criteri più restrittivi per le impugnazioni in appello, insieme all’inappellabilità delle assoluzioni per i pm.

Per la prescrizione le strade potenziali sono due:
– riprendere la riforma Orlando (sospensione in appello di due anni invece che di un anno e mezzo, un anno di fermo in Cassazione, recupero del tempo in caso di sforamento);
– una soluzione ibrida tra prescrizione del reato, che si esaurirebbe con la richiesta di rinvio a giudizio, e improcedibilità per sforamento dei termini di fase, che ricadrebbe su tutti i gradi del processo.

RIFORME DEL PROCESSO CIVILE

Per quanto riguarda il processo civile, si punta al rafforzamento delle risoluzioni alternativa delle controversie, per arrivare a una situazione in cui la via giudiziale e stragiudiziale coesistano. 
È prevista l’estensione della mediazione obbligatoria, anche tramite incentivi fiscali, e della negoziazione assistita.

Altri emendamenti presentati riguardano: arbitrato, ufficio del processo, impugnazioni dei licenziamenti, creazione di un rito unificato per i procedimenti legati a famiglia e minori.

PERCHÈ LE RIFORME NON VANNO BENE

Il dubbio sollevato dal CNF è che le riforme tocchino solo i riti, ossia il risultato più immediato, e non la struttura del sistema. Ciò non permetterebbe di risolvere quei problemi a monte che causano una Giustizia lenta e non efficace.

Il rischio è che le riforme consentano sì una riduzione dei tempi ma a danno della tutela del diritto di accesso alla giustizia e alla difesa di tutti.

Ricordiamo che la riduzione dei tempi dei processi è richiesta dall’UE come condizione imprescindibile per l’erogazione dei fondi del Recovery Fund ed è quindi un nodo centrale da sciogliere per garantire un futuro al paese.

Scopri Servicematica e i suoi prodotti per gli avvocati.

——–

LEGGI ANCHE:

Avvocato tecnologico: nuovi scenari richiedono nuove competenze

Legge Severino e referendum sulla giustizia

 


LEGGI ANCHE

fascicolo processuale- omesso deposito sentenza

Conseguenze dell’omesso deposito della sentenza appellata

Se nel fascicolo processuale depositato manca la copia della sentenza, l’appello è improcedibile? Succede che una carrozzeria rimanga soccombente all’esito del giudizio promosso da lei…

Riforma Giustizia Civile

Cartabia firma il decreto di delega al governo per la Riforma della Giustizia Civile La Ministra della Giustizia Marta Cartabia firma il decreto costituzionale dei Gruppi di lavoro per l’attuazione degli schemi…

canapa

Ddl Sicurezza, l’allarme delle associazioni di settore: “Migliaia di aziende e posti di lavoro a rischio”

Una coltura dalle mille potenzialità, messa a rischio dall'emendamento al Decreto Sicurezza. Confagricoltura e altre associazioni di categoria hanno espresso forte preoccupazione per questa misura…

Esame avvocati: ministero rischia mega risarcimento

La piattaforma in tilt, all’esame da Avvocato 2021 visibili i dati dei candidati

Dati sensibili degli iscritti all’esame di abilitazione alla professione di Avvocato pubblicati in seguito al Data Breach del sito. Ora, il Ministero della Giustizia deve notificare la violazione al Garante entro 72 ore dalla scoperta della problematica. A questo punto, seguirà reclamo, al cui esito la parte lesa potrà agire dinanzi al Tribunale per ottenere il risarcimento.

La violazione dei dati prevede la stessa disciplina regolante le “attività pericolose”

13 Maggio 2021: esame abilitante alla professione di Avvocato; 25 mila aspiranti legali tentano di accedere al portale del Ministero della Giustizia. Qui, invece di trovare i propri dati, si trovano davanti dati anagrafici e sensibili di altri iscritti. Inoltre, subito dopo l’accesso al sistema, per click effettuati da altri utenti, alcuni candidati si vedono rientrare tra i rinunciatari.

Dunque, si tratta di Data Breach subìto dal Ministero della Giustizia: violazione all’integrità, alla riservatezza e alla disponibilità dei dati. Ora, il Ministero deve notificare la violazione al Garante, entro 72 ore, poi, quest’ultimo valuterà se comunicare l’avvenuto ai singoli interessati. Infatti, questi ultimi vedrebbero la loro eventuale richiesta di risarcimento sicuramente accolta: la violazione dei dati viene trattata come le “attività pericolose” (ex. Art.2050 c.c.)

A questo punto, l’azione principale che gli aspiranti avvocati lesi dal Data Breach potrebbero intraprendere è il reclamo. Disciplinato dall’Art. 77 GDPR, tale atto -circostanziato- serve a rappresentare una violazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali. In effetti, il suo vantaggio principale è la rapidità: al massimo dodici mesi dopo, la parte lesa potrà agire per il risarcimento.

———-

LEGGI ANCHE:

Avvocato tecnologico: nuovi scenari richiedono nuove competenze

Lavoratrice risarcita per condotte discriminatorie

Avvocato tecnologico

Avvocato tecnologico: nuovi scenari richiedono nuove competenze

L’innovazione tecnologica è un processo destinato a penetrare ogni settore, compreso quello della Giustizia. I primi passi sono già stati compiuti con l’introduzione del processo telematico e il COVID ha certamente accelerato la digitalizzazione di molti passaggi.

La figura dell’avvocato sarà inevitabilmente influenzata dai nuovi scenari che si prospettano, ma in che modo?

Già nel 2019 la Federation of Law Societies of Canada ha introdotto nel proprio codice di riferimento per i legali le competenze tecnologiche. All’epoca non sono stati pensati provvedimenti disciplinari in caso di violazioni di questo nuovo dovere. Nel frattempo Amy Salyzyn, professore associato dell’Università di Ottawa, ha individuato 6 caratteristiche dell’avvocato tecnologico.

Chiaramente il contesto italiano è diverso da quello canadese, ma vale comunque la pena prestare un po’ di attenzione a queste caratteristiche che potrebbero rappresentare un vantaggio competitivo per quegli avvocati più inclini ad adottarle.

LE 6 CARATTERISTICHE DELL’AVVOCATO TECNOLOGICO

Automazione

Automatizzare alcune fasi del proprio lavoro migliora l’efficienza, riduce gli sprechi di tempo e gli errori, genera migliori risultati.
L’automazione può riguardare la fatturazione elettronica, l’uso di database per l’archiviazione e la ricerca di fonti e riferimenti, l’uso di moduli o di sistemi di “filtraggio” della clientela.

Sicurezza

L’avvocato tecnologico deve essere consapevole dei rischi legati all’uso delle tecnologie. Deve essere in grado di implementare sistemi di sicurezza informatica per proteggere le proprie informazioni e quelle dei propri clienti.

Presenza online

È sicuro che alcune abitudini acquisite durante la pandemia non verranno messe da parte una volta terminata l’emergenza. Gli avvocati dovranno aumentare la propria presenza online, perché è ciò che i clienti, potenziali o già acquisiti, si aspettano.  Dovranno imparare a gestire piattaforme digitali per garantire la comunicazione e l’erogazione dei servizi. Dovranno essere al passo con le novità per non rimanere tagliati fuori.

Intelligenza artificiale

Con il tempo è possibile che la professione legale richieda l’uso di forme intelligenza artificiale, già peraltro in uso in altri ambiti della giustizia per “aiutare” le decisioni dei giudici, soprattutto all’estero.

Aggiornamento

Similmente a quanto detto per la presenza online, l’avvocato tecnologico deve essere aggiornato sulle tecnologie e gli strumenti digitali che costantemente vengono sviluppati. Questo aggiornamento non può essere solo teorico, ma deve essere anche bastato sull’uso diretto.

Etica

La conoscenza e l’uso delle tecnologie devono essere volti anche al miglioramento generale dell’amministrazione della giustizia, in modo da creare un sistema aperto, ordinato, imparziale.

Scopri Servicematica e i suoi servizi per gli avvocati.

——–

LEGGI ANCHE:

SMS e messaggi WhatsApp sono documenti a tutti gli effetti

Anagrafe digitale: tutte le sfide del futuro

Lavoratrice risarcita per condotte discriminatorie

Va risarcita perché invitata a rimanere a casa dal lavoro dopo la maternità

Con discorsi persuasivi era stata invitata a non rientrare al lavoro dopo la maternità, per non creare troppi problemi all’azienda. Per la Cassazione, questa è una condotta discriminatoria meritevole di risarcimento perché va contro il “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna”.

Così, la Corte accoglie la richiesta di una lavoratrice, condannando la S.r.l. datrice ed una sua superiore al pagamento dei danni e degli interessi legali.

E’ atto discriminatorio persuadere la lavoratrice a non rientrare dopo la maternità

La vicenda processuale vede la Corte accogliere la domanda di una lavoratrice nei confronti della S.r.l. datrice e di una sua superiore per atti discriminatori. Infatti, tra gennaio e giugno 2010, queste ultime avrebbero commesso atti discriminatori nei suoi confronti, al fine di indurne il licenziamento. La Corte ha ritenuto fondata la richiesta risarcitoria della lavoratrice in violazione al Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, art. 6 legge 28 novembre 2005, n.246.

Tuttavia, dopo la sconfitta in appello, la società datrice ricorre in Cassazione, adducendo i seguenti motivi di doglianza:

  • la condotta contestata alla dipendente non è qualificabile come discriminatoria;
  • la condotta contestata alla società non è discriminatoria in quanto il comportamento della dipendente è stato imprevedibile e istantaneo, quindi non evitabile;
  • la diretta superiore della dipendente non è la persona con la quale ella si è relazionata e -comunque- si tratta di un mero alterco tra colleghe.

Infine, dopo aver analizzato tutti i motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la Società e la dipendente al pagamento dei danni pari a 10.000 euro e al pagamento dell’intero costo del procedimento legale. Infatti, la Corte afferma: “A prescindere dalla formale collocazione gerarchica, [la dipendente] era autorizzata ad esprimere per conto della Società datrice posizioni in ordine al rientro dalla maternità […]”. Infine: “[La dipendente ha tenuto] un atteggiamento alla cui assunzione […] evidentemente si sentiva autorizzata o del quale poteva essere addirittura investita, ove fosse stato affidato a lei il compito di sospingere verso una decisione “spontanea” che la società non avrebbe potuto unilateralmente assumere […]”.

LEGGI ANCHE

SMS e messaggi WhatsApp sono documenti a tutti gli effetti

Anagrafe digitale: tutte le sfide del futuro


LEGGI ANCHE

Nordio difende Toti: “Non doveva dimettersi per un’indagine”

Il Ministro della Giustizia critica i pm: "Chi è eletto dal popolo deve restare in carica"

Meloni frena sulle riforme-urto: stop alla Giornata per Tortora per non irritare le toghe

Tregua strategica con la magistratura in vista del referendum sulla separazione delle carriere: saltano anche altre riforme giudiziarie

Chi c’è veramente dietro agli attacchi informatici alle nostre aziende di energia?

C’è una mano statale estera dietro agli attacchi informatici alle nostre aziende di energia? L’intelligence e le agenzie per le informazioni e la sicurezza interna…

SMS e messaggi WhatsApp sono documenti a tutti gli effetti

SMS e messaggi WhatsApp sono documenti a tutti gli effetti

SMS e messaggi WhatsApp sono considerati prove? Rientrano nella categoria delle intercettazioni?

Con la sentenza n. 17552/2021 la Cassazione si esprime nuovamente in materia.

IL CASO

Un giudice conferma la sentenza di primo grado di un imputato accusato dei reati di danneggiamento seguito da incendio (art 424 c.p comma 1) e atti persecutori (612 bis commi 1 e 2), e lo condanna al risarcimento dei danni in favore della vittima, l’ex compagna, costituitasi parte civile.

La sentenza giunge anche dopo l’analisi degli messaggi prodotti in foto dalla vittima.

L’imputato però ricorre, portando 3 motivi. Tra questi, il rigetto della richiesta di maggiori accertamenti tecnici volti a dimostrare l’autenticità dei messaggi portati dall’ex compagna.

SMS E MESSAGGI WHATSAPP SONO DOCUMENTI

La Cassazione ritiene il ricorso inammissibile.

Come già detto, la Corte già in passato si era espressa sulla validità di SMS e messaggi WhatsApp conservati nella memoria di un cellulare, indicando che sono considerati documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p.

La loro acquisizione tramite fotografia è pertanto legittima, poiché non rappresenta la captazione di un flusso di comunicazioni in corso, ma la documentazione di un flusso già avvenuto. Ad essi non può quindi applicarsi né la disciplina delle intercettazioni, né quella sull’acquisizione della corrispondenza secondo l’art. 254 c.p.p.

A maggior conferma della sentenza del caso specifico vi è anche il fatto che lo stesso imputato ha ammesso l’autenticità dei messaggi.

Scopri Servicematica e i suoi servizi per avvocati e aziende.

——–

LEGGI ANCHE:

Anagrafe digitale: tutte le sfide del futuro

Tabulati telefonici e intercettazioni: la posizione del GIP di Roma

Anagrafe digitale: tutte le sfide del futuro

Attualmente, collegandosi all’ANPR -Anagrafe Unica Nazionale della popolazione residente- i cittadini possono svolgere alcuni importanti servizi in modo autonomo e senza uscire di casa. L’Anagrafe digitale permette infatti, con il solo collegamento al sito, di verificare l’esattezza dei dati presenti e di richiedere alcuni certificati. Inoltre, il ventaglio di vantaggi non riguarda solo i privati cittadini ma anche la Pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi.

Che cos’è l’ANPR (anagrafe nazionale della popolazione residente)

L’ANPR è la banca dati nazionale dove confluiscono tutte le anagrafi comunali. Il suo fine è di migliorare qualità ed efficienza dei servizi già offerti dalla pubblica amministrazione. Ad oggi, coinvolge 56 milioni di Cittadini.

Nella situazione attuale –ancora sperimentale– l’ANPR, in un archivio, raccoglie tutte le informazioni dei contribuenti. Tale archivio verrà utilizzato successivamente per condividere queste informazioni sul piano nazionale, come se fosse un unico database.  Dunque, in futuro diventerà punto di riferimento per l’intera pa, proprio come per i gestori di pubblici servizi e per i privati.

I promotori di questo servizio sono: Agenzia delle Entrate, Ministero dell’Interno, Sogei e AgId. Infatti, la collaborazione tra questi diversi enti sarà fondamentale per portare ad un effettivo miglioramento degli scambi di dati. Inoltre, questo nuovo sistema offrirà un importante risparmio nei costi della fruizione dei servizi per l’intera pa.

ANPR e vantaggi per il cittadino

L’anagrafe unica offre, altresì, vantaggi che riguardano prettamente le necessità del singolo cittadino residente in un comune nazionale aderente.
A tal proposito nasce l’applicazione Smart ANPR: una piattaforma alla quale si accede tramite SPID o CIE.

Nello specifico, si tratta di un sistema che permette ai cittadini di accedere alle certificazioni anagrafiche, in bollo o in esenzione, senza recarsi fisicamente allo sportello

Riferimenti di legge

Dpr 17 luglio 2015, n. 126, dal 18 agosto 2015, sono state adeguate le disposizioni del Dpr 30 maggio 1989, n. 223.

 

LEGGI ANCHE

Investire un pedone è omicidio colposo

Sostituire il difensore assente? Potrebbe ledere il diritto di difesa

Investire un pedone è omicidio colposo

Conducente esente da colpa solo se il pedone ha una condotta imprevedibile e inevitabile

Per la Cassazione, se un pedone viene investito anche fuori dalle strisce, il conducente è responsabile anche se rispetta i limiti di velocità. Infatti, viene ribadito che il comportamento del pedone costituisce causa esclusiva del sinistro solo se risulta atipica, quindi non prevista né prevedibile.

Dunque, è compito del soggetto alla guida dell’auto far sempre attenzione alle condizioni della strada per tutelare gli utenti più deboli.

Il conducente dell’auto è responsabile anche del comportamento imprudente altrui.

La sentenza di riferimento è la n. 16694/ 2021, in cui sia la Cassazione, che la Corte d’Appello condannano per omicidio colposo l’imputato. Infatti, egli, durante una manovra di svolta a destra, aveva investito un uomo che si trovava fuori dalle strisce. Tale conducente, pur procedendo a velocità adeguata, non aveva arrestato il veicolo mentre la vittima, sulla sua destra, attraversava la strada.

A questo punto, il condannato, da un lato, contesta la responsabilità penale attribuitagli, in quanto rispettoso del limite di velocità. Dall’altro lato, sottolinea quanto la condotta del pedone sia stata completamente imprevedibile e riconducibile al caso fortuito. Tuttavia, seppur nei limiti, la velocità del mezzo dell’imputato era prossima al massimo e affatto adeguata alle condizioni della strada.

Ora, il giudice di merito esclude che la condotta della vittima fosse imprevista e imprevedibile, insomma atipica. Piuttosto, è l’adeguamento della velocità del mezzo in relazione alle condizioni della strada e alle circostanze spazio temporali ad essere fondamentale.

Entro i limiti di prevedibilità, “l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui”.

LEGGI ANCHE

Sostituire il difensore assente? Potrebbe ledere il diritto di difesa

Risarcimento esclusivo al nipote menzionato in testamento


LEGGI ANCHE

usb cancella dati

Una chiavetta che cancella all’istante tutti i dati del nostro device

Redkey Usb V5 è un piccolo accessorio, progettato per rendere l’operazione di cancellazione dei dati salvati su pc, tablet e smartphone più semplice e rapida…

Equità digitale, la Commissione avvia una consultazione sulla prossima legge

La legge sull'equità digitale rafforzerà la protezione e l'equità digitale per i consumatori, garantendo allo stesso tempo condizioni di parità e norme semplificate per le…

1° Maggio: lavoro, diritto e silenziosa dedizione. Il valore dell’avvocatura nella società che cambia

Nel giorno dedicato al lavoro, il presidente UNCC Alberto Del Noce ricorda il ruolo essenziale, spesso invisibile, dell’avvocato: custode di diritti e garante di equilibri…

Sostituire il difensore assente? Potrebbe ledere il diritto di difesa

Sostituire il difensore assente? Potrebbe ledere il diritto di difesa

Cosa succede se un avvocato non riesce a partecipare all’udienza camerale perché non è in grado di collegarsi telematicamente? Può essere sostituito? Se sì, viene forse leso il diritto di difesa?

IL CASO

Un Tribunale rigetta un’istanza per la concessione della detenzione domiciliare. Il richiedente ricorre e chiede l’annullamento della decisione sostenendo la violazione degli articoli 178 lett. c) e 179 del codice di procedura penale.

Secondo il ricorrente, il Tribunale ha sbagliato nel nominare un difensore d’ufficio durante l’udienza di trattazione a causa dell’assenza del suo difensore di fiducia, impossibilitato a connettersi telematicamente.

IL DIRITTO DI DIFESA E LA PRESENZA INDISPENSABILE DELL’AVVOCATO

Cosa dicono gli articoli citati dal ricorrente?

L’art. 178 c.p.p lett. c) indica che è sempre prescritta a pena di nullità l’osservanza delle disposizioni che riguardano “l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e delle altre parti private nonché la citazione in giudizio della persona offesa dal reato e del querelante.

L’art. 179 c.p.p. invece indica che:
“1. Sono insanabili e sono rilevate di ufficio in ogni stato e grado del procedimento le nullità previste dall’articolo 178 comma 1 lettera a), quelle concernenti l’iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale e quelle derivanti dalla omessa citazione dell’imputato o dall’assenza del suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza.

2. Sono altresì insanabili e sono rilevate di ufficio in ogni stato e grado del procedimento le nullità definite assolute da specifiche disposizioni di legge.”

A partire da questi presupposti, la Corte di Cassazione accetta il ricorso.

Il procedimento di esecuzione e quello di sorveglianza sono infatti regolati dagli artt. 666 e 678 cod. proc. pen. Pertanto, “la partecipazione del difensore di fiducia già nominato è necessaria ed obbligatoria con la conseguenza che l’eventuale udienza tenuta in presenza del difensore d’ufficio, nominato in sostituzione di quello di fiducia, determina la nullità della predetta udienza nonché degli atti successivi compresa l’ordinanza conclusiva, ai sensi degli artt. 178 lett. c) e 179 cod. proc. pen.”

Nel caso delle udienza camerali, il pubblico ministero e il difensore sono considerate figure indispensabili al garantire rispetto del diritto di difesa, anche se non vi è una disciplina specifica su questo tema. Il Tribunale in questione però non ha considerato questo elemento, data la natura camerale del procedimento.

Il Tribunale ha dunque sbagliato a nominare un difensore d’ufficio in sostituzione di quello di fiducia. L’inevitabile conseguenza è l’annullamento dell’ordinanza e il rinvio a un nuovo giudizio.

Scopri Servicematica e i suoi servizi per avvocati e aziende.

——–

LEGGI ANCHE:

Risarcimento esclusivo al nipote menzionato in testamento

Le PA non sono tenute a rispettare sempre l’equo compenso

 

Risarcimento esclusivo al nipote menzionato in testamento

La Corte di Cassazione, ord. n. 10583 del 22 aprile 2021, individua quali eredi siano destinatari del risarcimento danni in caso di decesso di una zia – che abbia menzionato nel suo testamento solo uno dei nipoti – in incidente stradale.

Caso: I tre nipoti, tutti eredi legittimi del fratello della vittima, giungono al Tribunale di Roma allo scopo di veder loro riconosciuto il risarcimento danni per la perdita della zia, avvenuta a causa della condotta colposa di guida di un soggetto assicurato con r.c.a. presso una società di Assicurazioni.

Nello specifico, essi vogliono essere risarciti per:

– danni iure proprio da perdita del rapporto parentale, perché nipoti conviventi, accuditi a lungo dalla zia;

– danno iure hereditatis, patito dal fratello della vittima, convivente della stessa per tutta la vita, oltre che del danno catastrofale acquisito dal primo a titolo di erede universale della zia e successivamente trasmesso loro in qualità di eredi legittimi.

Accogliendo la domanda, il Tribunale liquida la somma complessiva di euro 270.472,40; d’altro canto, la Corte d’Appello: da un lato conferma l’esclusiva responsabilità del guidatore, negando -tuttavia- il diritto dei fratelli al risarcimento del danno iure proprio. Dall’altro, accoglie l’appello incidentale, aumentando di quattro punti percentuali il risarcimento del danno riconosciuto al fratello e -dato il rapporto di convivenza- porta la somma dovutagli ad euro 122.642,00;

Ora, gli attori ricorrono in Cassazione, deducendo la violazione dell’art. 132 comma II n.4 c.p.c.: ritenendo che la Corte d’Appello abbia:

  1. Elevato la convivenza a connotato minimo per esteriorizzare l’intimità delle relazioni parentali;
  2. Negato la dimostrazione di circostanze tali da far ritenere la sussistenza di un legame affettivo zia- richiedenti, visto che la zia aveva istituito un erede universale, escludendo loro da ogni disposizione testamentaria;
  3. Omesso la considerazione della prova -agli atti dello stato civile- della loro convivenza con la zia fino alla costituzione di ciascun proprio nucleo familiare.

Dichiarando inammissibile il ricorso, gli Ermellini osservano che:

-i ricorrenti, patendo dall’erronea premessa che la Corte territoriale equipari alla diseredazione la loro mancata menzione testamentaria, censurano le conclusioni del giudice di secondo grado;

-la Corte d’Appello -in realtà- non ritiene che l’istituzione dell’erede universale implichi la loro diseredazione; tuttavia, la considera circostanza indiziaria per il rafforzamento della convinzione che il legame ricorrente fosse solo tra nipote e vittima, non tra quest’ultima e gli altri nipoti non menzionati nel testamento.

LEGGI ANCHE

Le PA non sono tenute a rispettare sempre l’equo compenso

Legge Severino e referendum sulla giustizia

Iso 27017
Iso 27018
Iso 9001
Iso 27001
Iso 27003
Acn
RDP DPO
CSA STAR Registry
PPPAS
Microsoft
Apple
vmvare
Linux
veeam
0
    Prodotti nel carrello
    Il tuo carrello è vuoto