Consigli per superare l’esame da avvocato

L’esame di abilitazione forense non è così semplice e scontato, ed è tutt’altro che una formalità. Migliaia di aspiranti avvocati ogni anno non superano l’esame e devono aspettare l’anno successivo per riprovarci.

Nonostante tutto, tantissimi candidati superano in maniera brillante l’esame. Ma come fanno?

Ecco alcuni consigli.

Il nuovo esame

L’esame per diventare avvocato tradizionalmente prevedeva tre prove scritte della durata di 8 ore. In caso di esito positivo, si procedeva con la prova orale.

Le tre prove scritte consistevano nella redazione di un parere in materia civile, in materia penale e di un atto giudiziario. Di quest’ultimo si poteva scegliere tra penale, civile e diritto amministrativo.

Tuttavia, la pandemia ha cambiato completamente le cose. Si è passati, infatti, al cosiddetto “orale rafforzato”. Le tre prove scritte sono state sostituite con un’unica prova orale che richiede la risoluzione di una questione pratica. Il candidato deve fornire una soluzione alla vicenda che gli viene sottoposta. In tal modo, dimostrerà padronanza delle nozioni di diritto sostanziale e di diritto processuale.

Avrà la possibilità di scegliere tra diritto penale, civile e amministrativo.

La prova dura un’ora: i primi 30 minuti potranno essere utilizzati per consultare i codici, i decreti, le leggi e per prendere appunti. Nella mezz’ora successiva si passerà alla discussione orale. Al termine della prova la commissione si ritirerà per decidere e comunicare l’esito dell’esame.

La seconda prova orale

Eccoci arrivati alla seconda prova orale, che si svolge a trenta giorni di distanza dalla prima e dura non più di un’ora e non meno di quarantacinque minuti. La prova consiste nella discussione di alcune questioni relative a cinque materie scelte dal candidato e nella dimostrazione della conoscenza dell’ordinamento forense e dei diritti e dei doveri dell’avvocato.

Si potrà scegliere tra le seguenti materie:

  • diritto penale o civile (deve essere diversa dalla materia scelta nella prima prova);
  • diritto processuale civile o penale;
  • tre materie tra: diritto civile, penale, amministrativo, costituzionale, commerciale, tributario, del lavoro, dell’UE, ecclesiastico e internazionale privato.

Se nella prova orale si è scelto il diritto amministrativo, la seconda prova avrà per oggetto:

  • diritto civile e penale;
  • una materia a scelta tra diritto processuale civile o penale;
  • due materie a scelta tra diritto amministrativo, costituzionale, tributario, commerciale, lavoro, UE, ecclesiastico e internazionale privato.

Per valutare la prova, ogni componente della sottocommissione d’esame ha a disposizione dieci punti per ogni materia. Saranno idonei i candidati che otterranno un punteggio complessivo non inferiore a 108 punti. In almeno cinque materie, il punteggio non deve essere inferiore a 18 punti.

Consigli utili

La preparazione all’esame non può essere improvvisata. Ha origine, infatti, già a partire dal periodo di pratica forense.

Bisognerebbe affrontare tale periodo di formazione in uno studio legale che permette di approfondire questioni giuridiche e redigere atti. La partecipazione attiva e consapevole permette l’acquisizione di moltissime conoscenze redazionali e giuridiche, anche in vista dell’esame di abilitazione.

Scegliere la materia della prima prova

La prima decisione da prendere è quella relativa alla materia della prima prova orale. I candidati, nel decidere dovranno tenere a mente che la materia che hanno scartato dovrà essere comunque affrontata nella seconda prova.

Alcuni aspiranti avvocati l’anno scorso hanno pensato di affrontare la materia che pensavano di conoscere meglio direttamente nella seconda prova. È una scelta comprensibile, ma parecchio rischiosa.

Superare il primo orale non richiedere soltanto la conoscenza delle nozioni a livello teorico. Si dovrà dimostrare anche di saper applicare le nozioni a livello pratico. Bisogna essere capaci di spiegare perché una misura cautelare applicata deve essere revocata e lo strumento processuale da utilizzare al fine di ottenere tale risultato.

Per questi motivi sarebbe meglio scegliere la materia nella quale si è svolta la pratica forense, la materia in cui ci si sente più sicuri. Nella prima prova, quindi, sarà decisivo dimostrare di conoscere la materia a livello pratico e teorico.

Il metodo di studio

Lo studio dovrà essere adatto al nuovo esame che sostituisce le tradizionali prove scritte. Non si potrà assolutamente prescindere dalla completa conoscenza della materia trattata. Gli istituti giuridici più importanti, infatti, dovranno essere assimilati dal punto di vista teorico.

Se la sensazione è quella di non essere abbastanza preparati bisognerà rispolverare i vecchi manuali dell’università. Se, invece, si parte di una buona base di preparazione, visto il poco tempo a disposizione si potranno utilizzare riassunti e compendi delle case editrici più importanti. Per esempio, i testi della Simone si rivelano particolarmente utili per assimilare e schematizzare la materia.

Bisognerà anche esercitarsi moltissimo nella risoluzione di casi pratici, andando a dare un’occhiata anche alle tracce dell’anno precedente dalle varie commissioni. Tenendo a mente che si avranno soltanto 30 minuti a disposizione per consultare i codici commentati, è bene conoscere i contrasti giurisprudenziali più importanti. Così il candidato saprà dove “andare a pescare”!

Come gestire il tempo

Sarà indispensabile riuscire a trovare la soluzione nella prima mezz’ora dedicata alla consultazione dei testi e dei codici. Gli istituti giuridici della materia scelta e i relativi contrasti giurisprudenziali dovranno essere ben chiari.

Detto ciò, i primi dieci minuti potrebbero essere utilizzati per un’attenta lettura della traccia. Mai avere troppa fretta: una sola parola potrebbe fare la differenza! Bisognerà individuare le parole chiave, gli articoli del codice da consultare e gli istituti giuridici sottesi.

Poi, è consigliato stilare una scaletta della discussione. La cosa fondamentale sarà mantenere il sangue freddo: 30 minuti sono un tempo breve, ma sufficiente se ben speso.

I commissari, poi, apprezzeranno molto (oltre alla corretta risoluzione del caso, ovviamente) anche l’utilizzo di un linguaggio giuridico e la linearità del discorso.

Meno pratica e più teoria

Con la seconda prova orale, invece, l’approccio sarò meno pratico e più teorico, come per gli esami universitari. Sarebbe meglio non esagerare nel voler impressionare con la scelta delle materie: le pagine da studiare sono molte e il tempo poco.

Per le materie più “piccole” ci si potrà affidare ai compendi, sintetici rispetto ai manuali, ma ugualmente completi.

Un ultimo consiglio

Non dimenticate mai di godervi un po’ di tempo libero! Saranno dei mesi veramente duri, quindi una cena tra amici o una semplice passeggiata vi aiuteranno a recuperare le forze e ad essere più sereni nel vostro importante percorso.

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Il GDPR, il Garante per la protezione dei dati personali, dopo il grande numero di attacchi informatici del 2021 ha sollecitato imprese e pubbliche amministrazioni ad investire di più sulla propria sicurezza. Inoltre, ha fornito anche indicazioni su come difendersi dai ransomware, ovvero quei software che sequestrano i dati di persone e aziende, minacciando di “liberarli” soltanto dopo il pagamento di una grossa somma di denaro.

Decisamente significativo anche il numero dei data breach avvenuti lo scorso anno, notificati al Garante da parte di soggetti privati e pubblici. Si è arrivati a 2071 casi, con un aumento del 50% rispetto all’anno precedente. Gli interventi delle autorità hanno riguardato anche piattaforme social importanti, come Facebook e LinkedIn.

Che cos’è un data breach

Un data breach è una violazione della sicurezza che determina la distruzione, la modifica, la perdita, oppure la divulgazione senza autorizzazione di dati personali. Tale violazione compromette la riservatezza, la disponibilità o l’integrità dei dati.

Esempi di data breach: acquisizione o accesso ai dati da parte di persone non autorizzate; impossibilità di accedere a dati personali a causa di virus o malware.

Secondo l’art. 4 del Regolamento UE 16/679, un data breach corrisponde a «ogni violazione della sicurezza che comporta accidentalmente o in modo illecito la distruzione, la perdita, la modifica, la divulgazione non autorizzata o l’accesso ai dati personali trasmessi, conservati o comunque trattati».

Secondo il GDPR, i responsabili del Trattamento dei dati devono obbligatoriamente comunicare al Garante nel più breve tempo possibile ogni eventuale violazione avvenuta per mezzo di attacchi informatici, calamità naturali, accessi abusivi o incidenti. In tutti quei casi in cui esista un rischio elevato per le libertà e i diritti delle persone fisiche, il titolare del Trattamento deve notificare anche l’utente a cui si riferiscono i dati, per permettergli di adottare le dovute precauzioni.

Il lockdown ha aumentato gli attacchi informatici

Il Presidente del GDPR, Pasquale Stanzione, conferma che «proprio durante il lockdown si è registrato un incremento significativo degli attacchi informatici ai danni di enti pubblici, di catene di approvvigionamento e di reti sanitarie, secondo una tendenza che si sarebbe inevitabilmente amplificata con il conflitto russo-ucraino».

Continua: «Secondo le stime del World Economic Forum, nello scorso anno si sarebbe registrato un aumento del 151% degli attacchi ransomware. Cifra tutt’altro che marginale se si considera che ciascun incidente può determinare una perdita aziendale quantificabile addirittura, secondo il Ponemon Institute, in 4,24 milioni di dollari».

La minaccia riguarda le vite di tutti noi. «La più accentuata esposizione online delle nostre vite ha mutato, parallelamente, la stessa generale percezione della vulnerabilità informatica. Secondo uno studio del Censis, il 56,6% degli italiani teme, oggi, di subire violazioni della propria sicurezza informatica più del libero accesso alla rete da parte dei minori (34,7%), della dipendenza dal web (23,7%) e di essere vittima di hater (22%)».

L’equilibrio tra la riservatezza dei contribuenti e la lotta agli illeciti

«Un altro contesto sul quale la consultazione del Garante è stata intensa è quello fiscale, interessato ora peraltro da una delega legislativa che, nel suo sviluppo, dovrà delineare quel congruo equilibrio tra esigenze di contrasto degli illeciti e riservatezza dei contribuenti, cui alludevamo in audizione sulle politiche fiscali».

Le indicazioni del Garante, che hanno lo scopo di migliorare l’esattezza e la qualità dei dati trattati contribuiranno «ad assicurare una più corretta rappresentazione della capacità contributiva degli interessati, migliorando complessivamente l’efficacia dell’analisi del rischio fiscale su cui si fonda buona parte delle politiche di contrasto in materia».

Chiarisce il Presidente che, nello sviluppo della delega, bisognerà considerare la necessità acquisire dati in maggior quantità, ma soprattutto di miglior qualità. In questo modo, l’interoperabilità offrirà un contributo effettivo all’efficienza e alla semplificazione dell’azione amministrativa, «come si è del resto avuto modo di chiarire in relazione alla Piattaforma Digitale Nazionale Dati ma anche alla complessiva materia della sanità digitale».

La gamma dei dossier

Il 2021 ha visto molti interventi nei confronti di questioni legate alla tutela dei diritti fondamentali delle persone nell’ambito del digitale. In particolar modo, si è parlato molto delle implicazioni etiche della tecnologica, di grandi piattaforme, dell’economia fondata sui dati, sui big data, sull’intelligenza artificiale, sui sistemi di riconoscimento facciale, sulla monetizzazione delle informazioni personali e sul Revenge porn.

Nel corso dello scorso anno sono stati adottati 448 provvedimenti collegiali, più del 56% rispetto al 2020. L’Autorità ha fornito riscontro a più di 9000 segnalazioni e reclami che riguardavano le reti telematiche e il marketing, i dati delle pubbliche amministrazioni, la sicurezza informatica, il lavoro e il settore bancario.

Sono stati riscossi circa 13 milioni e 500 mila euro di sanzioni. L’attività di relazione con il pubblico ha fornito riscontro a più di 18.700 quesiti nei confronti del telemarketing indesiderato, dell’applicazione del regolamento UE, dell’attività dei Responsabili di trattamento e del rapporto di lavoro privato o pubblico.

Sono stati 5 milioni e 800 mila gli accessi al sito Web dell’Autorità. L’attività del Garante a livello internazionale non è stata meno rilevante, grazie alle 281 riunioni che si sono svolte virtualmente.

Tutela dei minori

L’anno scorso, riguardo la tutela online dei minori, si è proseguito con la vigilanza sull’età di iscrizione degli utenti ai social. È stato imposto a TikTok di promuovere misure per tenere al di fuori della piattaforma gli utenti troppo giovani, rimuovendo tantissimi account di persone iscritte al di sotto dei tredici anni.

Riconoscimento facciale e dati biometrici

È stata posta una particolare attenzione all’utilizzo dei dati biometrici e al riconoscimento facciale. L’Autorità ha sanzionato Clearview, una società specializzata nel riconoscimento facciale, per 20 milioni di euro. Alla società è stato vietato l’utilizzo dei dati biometrici e il monitoraggio degli italiani.

L’Autorità, nei confronti dell’utilizzo dei sistemi di riconoscimento facciale per la sicurezza pubblica, si è opposta all’utilizzo del sistema Sari Real Time, privo delle garanzie che tutelano la libertà delle persone. Inoltre, ha autorizzato l’utilizzo delle body cam per le Forze di Polizia (senza uso dei dati biometrici).

Telemarketing aggressivo

Il Garante, in materia di tutela dei consumatori, è intervenuto nei confronti del telemarketing aggressivo. Sono state applicate sanzioni (complessivamente 38 milioni di euro) principalmente per l’utilizzo senza consenso dei dati degli abbonati. Le attività di accertamento hanno fatto emergere un micromondo di sub-fornitori, che spesso operano illegittimamente.

Cyberbullismo e Revenge Porn

Il legislatore lo scorso anno ha assegnato al Garante il dovere di intervenire anche preventivamente al fine di contrastare il revenge porn. In tal modo si aiutano le persone che hanno paura che vengano diffuse foto o video intimi senza il loro consenso e si legittimano anche gli ultraquattordicenni a presentare istanza al Garante.

Per le vittime del cyberbullismo l’Autorità ha assicurato delle procedure di intervento (basandosi sulla legge 71/2017) e continuerà a sensibilizzare e a contrastare il fenomeno.

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L’esenzione dall’IRAP

Grazie alla Legge di Bilancio 2022, il Governo ha deciso di eliminare l’IRAP, l’imposta regionale sulle attività produttive. La platea dei beneficiari dell’abolizione dell’IRAP è rappresentata soltanto dai titolari di partita IVA individuale, che hanno un volume d’affari annuo contenuto.

L’esenzione dell’imposta è previsa dal comma 8 della Legge 234/2021. Dunque, è limitata a quei contribuenti che svolgono attività singolarmente, e non in forma collettiva.

Attività in forma societaria o associata

Prosegue dunque l’assoggettamento ad imposta regionale per tutti quei professionisti che svolgono la loro attività in forma societaria o associata. Per quanto riguarda le libere professioni, restano soggetti IRAP gli studi associati, le STP (società di persone e capitali) e le STA di Avvocati.

La decisione di eliminare l’IRAP dal 2022 ha lo scopo di ridurre la pressione fiscale per i contribuenti che sono soggetti a tale imposta. L’IRAP grava con un’aliquota proporzionale, che varia a seconda della regione, e si applica al valore della produzione generale. In particolare, incide molto sul costo del lavoro subordinato a termine, sugli oneri finanziari e sul lavoro parasubordinato.

Inoltre, la cancellazione dell’IRAP, seppur finalizzata alla diminuzione del gravoso contenzioso che da anni caratterizza la giurisprudenza, con pronunce alle volte discutibili e al limite della ragionevolezza per quanto riguarda il concetto di “autonoma organizzazione”, non ha efficacia retroattiva.

Estensione ai contenziosi in corso

L’impossibilità di estensione ai contenziosi in corso è stata negata espressamente dal Ministero dell’Economia, con la risposta al question time 5-00710 in Commissione Finanze alla Camera.

Quindi, per le persone che hanno un esercizio che coincide con l’anno solare, la cancellazione decorre dal 1° gennaio 2022. Prima del 31 dicembre 2021, soltanto i professionisti che non dovevano versare il tributo (coloro che si trovavano in regime di vantaggio o forfettario), per legge restano indenni dal prelievo.

I professionisti senza regime agevolati, seppur privi di organizzazione autonoma, restano soggetti al prelievo. Prosegue quindi l’attività di riscossione per coloro che si sono visti accertare l’organizzazione autonoma dall’Amministrazione.

La conseguenza della modifica legislativa è che, sino al termine del periodo di imposta del 2021, l’esclusione dall’IRAP degli esercenti lavoratori autonomi resta condizionata alla prova dell’assenza di un’attività autonomamente organizzata, tipica di contesti non imprenditoriali.

Obiettiva disparità di trattamento

La norma non comporta alcuna estinzione dei contenziosi a favore del contribuente e non ha efficacia retroattiva. Quindi, fino al periodo di imposta 2021 considera possibile l’esclusione del versamento dell’imposta soltanto dove subordinato all’assenza di organizzazione autonoma.

Con il question time 5-00710 si è osservato che tale disposizione crea un’obiettiva disparità di trattamento. Anche se esentato dall’IRAP dal 2022, il professionista deve proseguire nei giudizi, continuando a coltivare un’onerosa difesa tributaria per potersi far riconoscere il diritto anche negli anni precedenti.

Per coloro che si vedono l’imposta abrogata per legge, tale abolizione significa redigere e inviare il modello IRAP 2022 relativo al 2021. Inoltre, si deve effettuare il saldo dell’imposta nelle normali scadenze di legge (30 giugno o 22 agosto ma con maggiorazione dello 0,40%). Non servirà versare gli acconti relativi al periodo d’imposta di quest’anno.

L’abolizione dell’IRAP si applica soltanto a chi esercita attività individuale

L’abolizione dell’IRAP si applica soltanto a chi esercita l’attività in maniera individuale, anche se vengono condivisi degli spazi comuni insieme ad altri professionisti. Restano estranei al prelievo le persone che si limitano al mero riaddebito dei consumi e delle spese comuni per lo studio professionale condiviso.

Per fruire dell’esclusione dell’imposta regionale, nel caso di esercizio associato dell’attività professionale forense si possono adottare delle strategie di uscita dell’imponibilità IRAP sciogliendo le strutture collettive attuali e proseguendo l’attività individualmente. L’exit strategy è diretta conseguenza della mancanza di definizione di autonoma organizzazione. Com’è noto, negli anni, ha generato negli ultimi anni molti dubbi a causa di una visione non univoca.

Per concludere, soltanto l’attività esercitata dalle società e dagli enti, secondo l’articolo 2 del Dlgs 446/1997, costituisce presupposto di applicazione dell’IRAP.

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Il Garante per la Privacy italiano si è espresso dichiarando l’irregolarità del trattamento di Google Analytics. Il comunicato stampa è arrivato in tutti i social, e la sensazione era di un divieto assoluto di tale strumento.

Ma le cose non sono proprio come sembrano. Il provvedimento non vieta completamente il trasferimento dei dati: lo ha semplicemente sospeso. Il titolare del trattamento ha 90 giorni di tempo per trovare dei meccanismi diversi rispetto a quelli attuali. Chiaramente, devono essere meccanismi idonei a proteggere i dati dei diretti interessati.

Hanno 90 giorni di tempo, dunque, anche tutte le società che si trovano nella stessa situazione

Che cos’è successo

Nell’estate del 2020 è stato presentato un reclamo al Garante Privacy per segnalare che una società aveva intenzione di trasferire a Google LLC (America) alcuni dati personali che la riguardavano. Il tutto in assenza delle garanzie del capo V del GDPR, dove si evidenziano tutte le condizioni che rendono legittimo il trasferimento dei dati nei paesi extra UE.

La società è stata invitata a fornire riscontro, ed effettivamente la sua controparte contrattuale era Google LLC.  Successivamente, quest’ultima è stata sostituita da Google Ireland che continuava ad esportare i dati in America con Google LCC come subresponsabile del trattamento.

La nomina a Google come Responsabile del Trattamento (ex art. 28 GDPR) era stata stipulata con le clausole contrattuali standard. Era stata utilizzata l’anonimizzazione dell’indirizzo IP, la cifratura dei dati e non era stata utilizzata la condivisione dei dati. Dunque, sembrava fosse stato fatto tutto il possibile per rispettare e garantire i diritti degli interessati.

Il Garante, però, ha stabilito che tutto ciò non era comunque sufficiente poiché la pseudonimizzazione e la crittografia potevano essere sottoposte ad un procedimento differente, consentendo a Google di avere accesso ai dati degli utenti. Le clausole contrattuali standard non erano dunque sufficienti per impedire l’accesso degli USA ai dati.

Problema

La legislazione americana permette alle Autorità di accedere ai dati USA, ma non garantisce dei mezzi di ricorso o garanzie per gli interessati. Per questo motivo si è arrivati alla sentenza Schrems II e all’invalidazione del Privacy Shield (l’accordo tra USA ed EU per riconoscere degli standard di protezione equivalenti a quelli europei).

Per questo motivo, il Comitato europeo per la Protezione dei Dati (EDPB) aveva emanato delle clausole contrattuali standard da utilizzare nei trasferimenti extra-UE privi di decisione di adeguatezza.

Nessun divieto di trasferimento, solo sospensione

Il Garante, ricordando come tutte le clausole siano valide ed efficaci, ha stabilito che il titolare ha il dovere di verificare se siano sufficienti o meno i meccanismi di protezione. Da qui la decisione di non vietare completamente il trasferimento, ma soltanto di sospenderlo mentre si attende che il titolare stabilisca i sistemi aggiuntivi per tutelare gli interessati.

Non è compito del Garante, tuttavia, procedere a tale valutazione di adeguatezza. La responsabilità è soltanto del titolare del trattamento.

Possibili soluzioni

Le soluzioni ci sono. A livello normativo, possiamo trarre alcuni spunti dal titolo V del GDPR.

  • L’uso di norme vincolanti d’impresa: il trasferimento extra-UE, se non sono presenti decisioni di adeguatezza o autorizzazione del Garante, è reso possibile dall’adesione a meccanismi di certificazione o codici di condotta. Possibile, inoltre, l’utilizzo di clausole contrattuali standard;
  • clausole contrattuali ad hoc: possono essere utilizzate delle clausole contrattuali, previa autorizzazione del Garante. Se approvate, il titolare dovrà essere certo che siano efficaci;
  • deroghe stabilite dall’articolo 39: secondo il GDPR, in assenza di presupposti il trasferimento può essere effettuato basandosi su deroghe stabilite dall’articolo 49, come il consenso dell’interessato, il legittimo interesse del titolare o l’esecuzione del contratto. Chiaramente, l’opzione più semplice è il consenso dell’interessato. Se l’interessato è stato adeguatamente informato dei rischi del trasferimento e decide di prestare il suo consenso, ciò sarà sufficiente a permettere il trasferimento Extra UE. Anche nel caso in cui nel Paese di destinazione non ci sia nessuna garanzia.

Google Analytics 4: è uno strumento utile?

Google Analytics 4 ha una serie di parametri che consentono la gestione dei dati personali degli utenti. Si parte dal fatto che non viene gestito l’indirizzo IP: la gestione dei dati degli utenti è dotata di un proxy, ovvero un server di Google situato in Europa che non è controllato da Google LLC.

Secondo il colosso statunitense, con Google Analytics 4 non ci sono problemi di conformità al GDPR. I server utilizzati, essendo situati in Europa, lasciano la gestione dei dati alle norme europee.

Questa risposta, per le aziende è molto rassicurante, ma secondo Pietro Biase, attivista ed informatico di Monitora PA, non dovremmo fidarci nemmeno di Google Analytics 4. La legislazione americana impone a Google (così come a Microsoft e a Meta) di inviare i dati raccolti alle autorità che lo richiedono, anche se si trovano fuori dal territorio statunitense.

Dunque, anche se il titolo del trattamento di Google Analytics 4 ha i suoi server nel territorio europeo, i dati vengono forniti comunque a CIA e NSA.

Sì, ma alla fine cosa devono fare le aziende?

Potrebbero esserci tre vie possibili.

Si potrebbe decidere di non correre alcun rischio rimuovendo Google Analytics, magari sostituendolo con altri servizi analoghi (come Matomo, Piwik, Open Web Analytics e Plausible) che permettono di avere un controllo maggiore sui dati, che restano all’interno dell’UE;

Oppure, si potrebbe continuare ad utilizzare Google Analytics, ma adottando delle soluzioni. Scegliere la soluzione più adeguata, ovviamente, dipende da come viene utilizzato Google Analytics nella propria organizzazione. Le organizzazioni che non utilizzano il servizio in maniera intensiva potrebbero valutare l’adozione di un servizio alternativo. In caso contrario, si dovrebbero individuare delle soluzioni tecniche adeguate per continuare ad utilizzare il servizio in maniera sicura.

La terza via, invece, è quella dell’attesa. Oltre alle questioni di diritto, infatti, ci sono quelle pratiche. La vicenda è talmente complessa e legata alla geopolitica che risulta improbabile che il Garante intervenga a breve. Sicuramente non lo farà prima di settembre, dato che ha 90 giorni di tempo per valutare la questione e i singoli casi.

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Tutti i dettagli sulla norma UNI1610191 “Studi professionali di avvocati e dottori commercialisti – Principi organizzativi e gestione dei rischi connessi all’esercizio della professione per la creazione e protezione del valore”

Requisiti standard per studi di avvocati e commercialisti

Presto sarà a disposizione di avvocati e commercialisti una nuova certificazione, grazie alla norma UNI1610191, che attualmente è in corso di approvazione. Il nuovo standard potrebbe rivoluzionare la gestione degli studi degli avvocati e dei commercialisti.

La norma presta attenzione alla sostenibilità, all’analisi del rischio, alla cura della persona e alla creazione di valore per lo studio. I primi studi potrebbero “certificarsi” già dal prossimo anno.

Cosa sono le norme UNI?

Le norme UNI non sono leggi, ma norme di comportamento con utilizzo su base volontaria. UNI è un ente privato italiano di normazione senza scopo di lucro, che fa parte delle organizzazioni CEN e ISO. Le norme UNI descrivono molto bene il modo in cui realizzare un prodotto, come svolgere una professione e come condurre un processo.

Per procedere alla loro definizione, vengono assemblate alcune normative specifiche direttamente dai migliori esperti del settore. Successivamente, viene realizzata un’inchiesta pubblica per affinare la norma e per ufficializzarla.

Nel nostro caso, l’inchiesta pubblica per raccogliere i commenti e ottenere il consenso è “scaduta” il 2 luglio.

Perché una nuova norma

Gli studi di avvocati e dei commercialisti, fino ad oggi, per ottenere una certificazione si sono basati principalmente sulla ISO 9001, che porta sicuramente molti vantaggi. Tuttavia, UNI, l’Ente italiano per la normazione volontaria, ha creato una norma più specifica – e probabilmente più efficace.

Per migliorare l’orientamento al cliente, scoprire i vantaggi dell’approccio per i processi, coinvolgere le risorse umane, introdurre logiche di risk thinking based, introdurre sistemi di miglioramento continuo e migliorare il governo della propria organizzazione, uno studio professionale, ad oggi, si regola soltanto sulla ISO 9001.

Ma a breve ci sarà un’altra soluzione, ovvero la UNI1610191, pensata appositamente per le caratteristiche degli studi professionali. Anche se di matrice italiana, la norma trae ispirazione da alcune norme internazionali: le riformula, integrandole e assemblandole per cercare di trovare una soluzione ottimale per gli studi professionali.

Criteri di riferimento specifici e validi per le attività professionali

L’introduzione del testo specifica che la norma «è intesa a fornire agli Studi professionali individuali o associati, di qualunque dimensione, operanti in Italia sotto qualsiasi forma giuridica nel settore dell’assistenza legale (giudiziale e stragiudiziale) e/o della consulenza in materie tributarie e contabili, un complesso omogeneo di criteri di riferimento validi, sperimentati e aggiornati per la gestione organizzata e verificabile delle attività professionali».

Quali sono i principali aspetti presi in considerazione

Tra i principali aspetti presi in considerazione ci sono:

  • l’aggiornamento costante di tutte le componenti dello studio;
  • la valorizzazione delle differenze e l’applicazione dei principi di equità;
  • l’elaborazione di protocolli di sicurezza e di documenti di rischio sanitario;
  • l’elaborazione di una politica di comunicazione efficace verso i clienti, con l’indagine sul loro grado di soddisfazione;
  • il rispetto della sostenibilità ambientale, utilizzando materiali ecosostenibili e riciclati, rispettando la raccolta differenziata ed evitando gli sprechi;
  • il rispetto della sostenibilità lavorativa, garantendo la possibilità di lavoro a distanza, il diritto alla disconnessione, rispettando periodi di ferie e congedi, e sostenendo i componenti che decidono di lasciare lo Studio.

Obiettivi

Come per la ISO 9001, la nuova norma punta alla soddisfazione dei clienti, ma non si limita soltanto a questo. Tra gli obiettivi troviamo l’aumento delle opportunità lavorative e lo sviluppo sostenibile.

Nella norma, gli obiettivi dichiarati perseguono la promozione di un’organizzazione moderna dello studio. Tali obiettivi vogliono fornire una valida assistenza durante la creazione del valore, attraverso la gestione e l’individuazione delle aree di rischio principali rispetto all’esercizio delle attività professionali.

Inoltre, «la certificazione di conformità offre la prospettiva per gli Studi certificati di avvalersi nei confronti di ogni soggetto esterno di un’attestazione di qualità, rilasciata da enti competenti. Nonché di ottenere eventuali punteggi preferenziali per l’assegnazione di incarichi professionali nell’ambito di appalti e bandi di gara, pubblici o privati, e un’auspicabile riduzione dei costi relativi alle coperture assicurative obbligatorie per le responsabilità connesse all’esercizio delle professioni di Avvocato e Dottore Commercialista».

Un altro fine della norma è quello di proteggere la reputazione e accrescere la credibilità dello Studio, attraverso il rilascio di una patente da parte di un ente accreditato. I nuovi processi mirano a minimizzare i rischi che comportano danni e costi per la reputazione di uno Studio.

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Contributo per i dipendenti degli studi professionali che utilizzano trasporti pubblici

In arrivo un contributo per i dipendenti degli studi professionali che utilizzano i trasporti pubblici. Il rimborso è pari al 50% delle spese sostenute e può arrivare ad un massimo di 200 euro. Le domande per i costi sostenuti nel 2021 potranno essere presentate dal 1° luglio al 30 settembre.

Ideato e messo a disposizione degli iscritti a Ebipro, l’incentivo ha riaperto la possibilità per i titolari degli studi professionali di richiedere un rimborso delle spese sostenute per l’acquisto di hardware destinati allo smart working. Nel periodo da marzo a luglio 2020, ci sono state tantissime domande per questa misura, fino ad arrivare ad erogare più di 3 milioni di euro per 7.148 dipendenti.

Nel 2020, il boom delle erogazioni ha riguardato il sostegno al reddito, con un contributo una tantum di 250 euro per ogni dipendente con sospensione o riduzione dell’orario di lavoro. L’ente ha versato più di 10 milioni di euro a favore di 41mila dipendenti.

Il nuovo beneficio per il trasporto pubblico locale, spiega Leonardo Pascazio, presidente di Ebipro, «non si limita ad andare incontro alle esigenze dei lavoratori ma ha una finalità politico-sociale. Puntiamo a incentivare l’utilizzo dei mezzi pubblici rispetto a quello delle vetture private, per far fronte ai rincari dei carburanti e promuovere scelte di trasporto più sostenibili ed ecologiche. Ci aspettiamo un gran numero di domande e contiamo di dare i rimborsi a tutti coloro che hanno i requisiti».

Come richiedere il rimborso

Il contributo verrà finanziato con 3.5 milioni, che fanno parte delle risorse stanziate per il welfare. Il bonus può essere richiesto dai dipendenti degli studi professionali per l’abbonamento che copre il tragitto casa-lavoro. Ovviamente, il contributo non copre le spese per figli o altri familiari.

Per ottenere il rimborso si può presentare soltanto una domanda all’anno. Dal 2023, la domanda dovrà essere presentata dal 1° gennaio al 30 giugno.

Ebipro sottolinea che possono essere rimborsati soltanto gli abbonamenti, e che non sarà possibile chiedere il contributo per i biglietti a tempo, anche se durano per più giorni. Non possono essere conteggiate nemmeno le carte di trasporto integrate che hanno altri servizi, come l’ingresso a spettacoli o musei.

La domanda deve essere presentata online, tramite l’area riservata del sito di Ebipro. Basterà allegare la copia delle ricevute di pagamento, la copia dell’ultima busta paga e la copia della tessera di abbonamento.

L’ente può richiedere anche dei documenti integrativi, che dovranno essere forniti in dieci giorni, altrimenti la pratica verrà respinta. Nel caso in cui la domanda venga accolta, il rimborso verrà erogato entro 4 mesi.

Ebipro, dal 1° maggio ha attivato i rimborsi a sostegno dello smart working. I rimborsi vengono erogati ai datori di lavoro che hanno acquistato strumenti informatici per i propri dipendenti in smart working. Gli strumenti per cui sono previsti rimborsi sono: tablet o pc, mouse, stampanti, webcam, tastiere e cuffie.

Per ogni dipendente è previsto un rimborso di 300 euro, a ai datori di lavoro spettano al massimo 900 euro di rimborsi. La domanda di contributo deve essere presentata online entro 60 giorni dalla data d’acquisto.

 

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Corsi della Scuola Superiore della Magistratura aperti agli avvocati del libero foro

Le raccomandazioni del CNF sul Curatore speciale del minore

Corsi della Scuola Superiore della Magistratura aperti agli avvocati del libero foro

Sono in atto le selezioni per i corsi di formazione, previsti nel mese di settembre e ottobre 2022 indetti dalla Scuola Superiore della Magistratura aperti anche agli Avvocati del Libero Foro.

Il programma completo è consultabile accedendo al sito istituzionale della Scuola e la partecipazione degli avvocati ed il numero dei posti sono verificabili accedendo alla scheda di ciascun singolo corso.

L’indice cronologico generale del programma è consultabile a questo indirizzo ed i corsi organizzati ed accessibili per il periodo indicato sono i seguenti:

 La partecipazione è sempre gratuita, mentre, per i corsi in presenza, le spese di viaggio e soggiorno saranno a cura e a carico dei partecipanti.

Sarà cura del CNF informare direttamente ed esclusivamente i colleghi designati dell’autorizzazione loro necessaria per la partecipazione.

Clicca qui per inoltrare la domanda di partecipazione

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Le raccomandazioni del CNF sul Curatore speciale del minore

Bye Bye Internet Explorer!

Le raccomandazioni del CNF sul Curatore speciale del minore

Sono entrate in vigore, il 22 giugno 2022, alcune disposizioni della riforma del processo civile (Legge 206/2021) con espresso riferimento alla figura del Curatore speciale del minore, nominato dal giudice e incaricato di rappresentare e assistere un minore in tutti i procedimenti in cui anche solo astrattamente c’è l’ipotesi di un conflitto di interessi tra e con le parti ovvero con i genitori.

Vista la delicata funzione che l’avvocatura sarà chiamata a svolgere nelle funzioni di curatore,  il Consiglio Nazionale Forense su proposta della commissione diritto di famiglia coordinata dalla consigliera Daniela Giraudo e con il contributo delle associazioni specialistiche di riferimento, ha elaborato una breve guida con alcune semplici ma importanti raccomandazioni, ispirate ai principi generali del codice deontologico forense che informano l’esercizio dell’attività dei professionisti: indipendenza, competenza, correttezza e lealtà.

È inoltre previsto a breve un corso di alta formazione sulle funzioni e il ruolo di questa (nuova) figura di riferimento per il Tribunale delle persone e delle Famiglie.

Clicca qui per scoprire le raccomandazioni del CNF.

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Bye Bye Internet Explorer!

Approvata la Riforma del CSM

Bye Bye Internet Explorer!

Per anni è stato il browser più utilizzato al mondo, ma dal 15 giugno il software è stato sostituito dal successore Edge, lanciato nel 2015.

Il pensionamento di Explorer

Eric Van Aelstyn, dirigente del Gruppo Microsoft, ha affermato che «il pensionamento di Internet Explorer rappresenta una pietra miliare per la trasformazione digitale di tutti. Così come i nostri clienti, abbiamo lavorato sodo su questo percorso di abbandono di Internet Explorer e non avremmo mai potuto giungere fin qui senza di voi».

Il software non è più considerato così sicuro e non permette la navigazione di molti dei siti attuali. Explorer, secondo recenti dati, è utilizzato soltanto dallo 0,47% degli utenti. Mentre Google Chrome è stato scelto dal 62,78% dei navigatori.

Il browser Edge si basa su Chromium

La tecnologia di Google si pone alla base del browser su cui punta Microsoft. Edge, infatti, ha una versione che si basa su Chromium, ovvero l’architettura open source utilizzata anche da Chrome.

Tale versione sostituirà Explorer su Windows 10 (e versioni più recenti). Il vecchio browser d’ora in poi non riceverà supporto da parte della casa madre. In futuro, indirizzerà direttamente su Edge.

Internet Explorer per i nostalgici

Tuttavia, anche gli utenti di Edge potranno rivivere l’esperienza di Explorer. Ci sarà una modalità dedicata, che consente di visitare siti più vecchi imitando il comportamento in codice di Internet Explorer.

Explorer è stato lanciato nel 1995 è veniva usato dal 90% degli utenti. Il traguardo sembra irraggiungibile per il nuovo Edge, che viene scelto soltanto dal 4,6% degli utenti.

 

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Interruzione Servizio di Posta Elettronica Certificata del Portale Deposito atti Penali, per attività di migrazione verso nuovo Gestore

Approvata la Riforma del CSM

Interruzione Servizio di Posta Elettronica Certificata del Portale Deposito atti Penali, per attività di migrazione verso nuovo Gestore

Si comunica che a partire

dalle ore 16:00 di venerdì 24 Giugno 2022 ed entro massimo le ore 20:00 del giorno successivo

verranno effettuate attività di migrazione della casella di posta certificata del Portale Deposito atti Penali verso un nuovo Gestore.

Le richieste di accesso in visibilità ai fascicoli penali attraverso il Portale Deposito atti Penali, trasmesse durante il suddetto periodo di migrazione, non potranno essere evase.

Le modifiche potrebbero interessare l’intero territorio nazionale coinvolgendo anche i sistemi del civile.

 

Ricordiamo che sarà possibile depositare telematicamente con Service1 seguendo l’apposita guida al seguente link LINK GUIDE

Iso 27017
Iso 27018
Iso 9001
Iso 27001
Iso 27003
Acn
RDP DPO
CSA STAR Registry
PPPAS
Microsoft
Apple
vmvare
Linux
veeam
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