Nordio chiede aiuto all’Albania: 150 detenuti albanesi verranno trasferiti nelle loro carceri

Il guardasigilli Carlo Nordio e il sottosegretario Andrea Ostellari hanno avuto la stessa idea del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Entrambi, infatti, si rivolgono all’Albania per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri.

In Via Arenula, dunque, è stato stretto un ulteriore accordo con l’Albania. Dichiara Ostellari: «Ho partecipato all’incontro fra il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il suo omologo albanese Ulsi Manja. Entrambe le parti sono concordi e prossime a firmare un accordo rivoluzionario, che consentirà il trasferimento, presso gli istituti di pena del Paese d’origine, dei 1.940 detenuti albanesi, ad oggi ristretti nelle carceri italiane, di cui ben 150 si trovano negli istituti del Veneto».

150 detenuti albanesi, che ad oggi si trovano nelle carceri venete, verranno rimpatriati per poter scontare la loro pena dei penitenziari albanesi.

Questo consentirà «di ridurre le spese per il mantenimento e combattere il sovraffollamento delle case di pena senza inutili svuota carceri. Ora può iniziare il confronto con i tecnici per individuare le soluzioni operative, in grado di garantire che ciascun condannato possa espirare in pieno la sua pena, senza sconti, secondo le dovute garanzie».


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Google cancellerà gli account Gmail inattivi

Due avvocati robot hanno negoziato un contratto senza coinvolgere esseri umani

Google cancellerà gli account Gmail inattivi

Siamo vicini alla data della grande operazione di pulizia di tutti gli account mail di Google che non risultano più attivi.

La decisione era stata annunciata dall’azienda lo scorso maggio, e prevede che, dal prossimo 1° dicembre 2023, vengano disattivati tutti gli indirizzi con suffisso Gmail ai quali non è stato effettuato alcun accesso per 2 anni.

Per accesso si intende non soltanto l’invio di messaggi, ma anche la lettura di mail, oppure il login al Drive, l’utilizzo di YouTube o ancora la condivisione di immagini con Google Foto. L’operazione, nello specifico, punta ad eliminare gli indirizzi mail e i nomi utenti con i quali gli utenti utilizzavano gli altri servizi Google.

La decisione verrà applicata soltanto agli account personali, e non a quelli legati ad organizzazioni, scuole o datori di lavoro. Inoltre, non verranno disattivati gli account che sono stati utilizzati per l’acquisto di qualcosa all’interno del Play Store, o in caso di una carta regalo digitale con saldo attivo.

Se ritenuto inattivo, dunque, dal prossimo 1° dicembre 2023 Google procederà all’eliminazione di tutti i contenuti e di tutti i dati all’interno dell’account. Non ci si limiterà soltanto alle mail ma a tutti i file che risultano collegati al profilo.

In ogni caso, prima di dicembre Google provvederà all’invio di notifiche sia agli account sia alle mail aggiuntive, nel caso in cui queste siano presenti. Afferma Google: «I prodotti Google si riservano il diritto di eliminare i tuoi dati quando il tuo account non è stato utilizzato per un periodo di 2 anni. A causa di queste norme, l’account inattivo verrà eliminato entro il 1° dicembre 2023».


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Due avvocati robot hanno negoziato un contratto senza coinvolgere esseri umani

App ufficiale IT-Alert: attenzione alle truffe

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L’intelligenza artificiale, per la prima volta in assoluto, ha dimostrato di essere in grado di negoziare un contratto con un’altra IA senza aiuti da parte di esseri umani. Tutto questo è avvenuto nella sede londinese di Luminance, grazie all’IA Autopilot, che ha negoziato un Non Disclosure Agreement (NDA) nel giro di pochissimi minuti.

L’unico step che ha richiesto la presenza di un essere umano è stata l’apposizione della firma finale all’accordo. Luminance avrebbe sviluppato un sistema di IA che analizza e apporta modifiche ai contratti.

Il direttore generale dell’azienda, Jaeger Glucina, dichiara che la nuova intelligenza artificiale sviluppata punta all’eliminazione della maggior parte del lavoro a livello cartaceo, che di solito gli avvocati devono svolgere tutti i giorni.

Glucina ha rilasciato un’intervista a CNBC, dichiarando che Autopilot «gestisce le negoziazioni quotidiane, liberando gli avvocati per utilizzare la loro creatività dove conta e non essere appesantiti in questo tipo di lavoro».

«Questo è solo AI che negozia con AI», prosegue, «partendo dall’apertura di un contratto in Word fino alla negoziazione dei termini e poi inviandolo a DocuSign. Tutto questo è ora gestito dall’AI che non solo ha una formazione legale, ma capisce anche il tuo business».

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Luminance ha sviluppato anche Lumi, un chatbot molto simile a ChatGPT, una specie di co-pilota legale, che consente agli avvocati di controllare le parti di un contratto, al fine di identificare delle red flags o delle clausole problematiche.

Autopilot, invece, può lavorare in maniera indipendente, senza l’aiuto di una mano umana; gli esseri umani, comunque, possono visionare tutti i vari passaggi, e il software registra ogni modifica che viene apportata dall’IA.

La dimostrazione pubblica di Autopilot ha colpito soprattutto per la sua velocità: nel giro di pochi minuti è stato finalizzato un contratto tra il consulente generale di Luminance e quello di uno dei clienti dell’azienda. A guidare l’analisi del contratto, tuttavia, non erano avvocati, ma un’IA.

Per Glucina, i team legali trascorrono l’80% del loro tempo a rivedere e a negoziare documenti di routine. Con Autopilot vengono inizialmente evidenziate in rosso tutte le clausole contendibili, da trasformare successivamente in qualcosa di più adatto.

Oltre a questo, l’intelligenza artificiale tiene in considerazione anche le preferenze da parte delle aziende in materia di negoziazione dei contratti. Attualmente, l’azienda non ha rivelato il prezzo del software.

Luminance è stata fondata nel 2016 da parte dei matematici dell’Università di Cambridge, per aiutare a fornire agli avvocati software per l’analisi dei documenti legali.


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App ufficiale IT-Alert: attenzione alle truffe

Oggi il giuramento dei nuovi giudici della Corte Costituzionale

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Il Dipartimento della Protezione Civile ha recentemente diffuso un avviso per invitare alla massima cautela per quanto riguarda alcuni messaggi che invitano le persone a scaricare un’app di IT-Alert. Attualmente, infatti, non esiste nessuna app ufficiale del servizio nazionale di allerta pubblico.

Per ricevere questi avvisi non sono necessarie app, visto che le comunicazioni da parte di IT-Alert arrivano in maniera automatica a tutti i dispositivi che si trovano in un’area determinata nel caso in cui dovessero avvenire eventi catastrofici o gravi emergenze.

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Ecco il testo dell’avviso del Dipartimento della Protezione Civile:

Su molti cellulari, attraverso i social e la rete si stanno, purtroppo, diffondendo messaggi che, utilizzando il nome di IT-alert, invitano i cittadini a scaricare App con la finta promessa di ricevere, attraverso quell’applicativo, aggiornamenti su eventi calamitosi in atto. In realtà l’obiettivo è acquisire in modo fraudolento dati e informazioni sensibili di chi la installa.

A riguardo il Dipartimento della Protezione Civile invita, nuovamente, alla massima attenzione ricordando che l’unico sito ufficiale è www.it-alert.gov.it, che non esiste alcuna App IT-alert e che qualsiasi applicazione ne riproponga la dicitura è sicuramente malevola e potenzialmente dannosa.

Al momento It-alert sta proseguendo la sua sperimentazione e sarà attivo dal 2024, solo una volta conclusa con esito positivo questa fase. Come ricordato anche in occasione dei recenti test, per ricevere i messaggi sui propri cellulari non è necessario scaricare alcuna App o attivare alcun servizio.

Dunque, qualsiasi app IT-Alert è da considerare come pericolosa: si tratta senza dubbio di malware creati ad hoc da criminali che vogliono appropriarsi di dati personali e sensibili.


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Oggi il giuramento dei nuovi giudici della Corte Costituzionale

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Con decreto del 6 novembre 2023, ai sensi dell’art. 135 della Costituzione, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha nominato i nuovi giudici della Corte Costituzionale, ovvero la professoressa Antonella Sciarrone Alibrandi e il professor Giovanni Pitruzzella.

I due sostituiranno i giudici Daria de Pretis e Nicolò Zanon, che hanno cessato le loro funzioni dallo scorso 11 novembre 2023. Il decreto è stato firmato anche dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Sciarrone Alibrandi e Pitruzzella presteranno giuramento martedì 14 novembre 2023 al Palazzo del Quirinale alle 18:30, dinanzi al presidente della Repubblica.

Sciarrone Alibrandi è docente presso la Cattolica di Milano, Università presso la quale è stata la prima allieva di Giurisprudenza, docente di Diritto dell’economia e prorettrice.

È anche direttrice dell’Osservatorio sul debito provato, membro dell’Osservatorio nazionale sull’usura, membro dell’Autorità di supervisione e di informazione finanziaria del Vaticano e sottosegretario del dicastero per la cultura e per l’educazione.

Pitruzzella, invece, è nato a Palermo nel 1959 e laureato in Giurisprudenza nel 1982 presso l’Università degli studi di Palermo. Dal 1983 al 1986 è docente e ricercatore di diritto costituzionale, mentre dal 2011 al 2018 è stato presidente dell’Antitrust.

Oggi Pitruzzella è Avvocato presso la Corte di Giustizia Ue; di recente ha richiesto di annullare la sentenza che ha dato ragione al colosso informatico Apple contro la Commissione Ue, che prevedeva una sanzione di 13 miliardi di euro.


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I cittadini europei potrebbero essere sempre più suscettibili alla sorveglianza online da parte dei governi così come agli attacchi informatici.

Tutto questo a causa di una nuova regola che è stata aggiunta nel testo della riforma del Regolamento Eidas, già approvata dalla Commissione. Manca soltanto il voto del Parlamento e del Consiglio.

Stiamo parlando dell’emendamento all’articolo 45 del Regolamento: si pensi che circa 400 esperti informatici hanno già chiesto che venga cancellato. Il nuovo testo dell’articolo, infatti, andrebbe ad imporre ai browser di limitare i propri requisiti di sicurezza, aumentando in tal modo la facoltà dei governi di scegliere quali standard adottare.

I browser dovrebbero adeguarsi alle Certification Authority (compagnie private che verificano che il sito o il dominio al quale vogliamo accedere è quello giusto, e non una copia che punta a rubare i nostri dati) che vengono proposte dagli Stati. Non ci sarebbero più, dunque, le garanzie che impediscono a governi di spiare il nostro traffico online.

L’esperto di crittografia Filippo Valsorda dichiara ai microfoni di Wired che la clausola all’art.45 andrà ad espandere «radicalmente le capacità dei governi di sorvegliare sia i propri cittadini che i residenti in tutta l’Unione europea, fornendo loro i mezzi tecnici per intercettare il traffico web criptato, oltre a minare i meccanismi di controllo esistenti su cui fanno affidamento i cittadini europei».

Nel corso degli ultimi 15 anni i browser hanno scelto quali Certification Authority tenere e quali scartare. I browser sono assolutamente interessati a fornire delle connessioni sicure, poiché non hanno intenzione di perdere clienti e credibilità.

Ma l’interesse dei governi è qualcosa di differente. E i browser, d’ora in poi dovranno basarsi proprio sulle Certification Authority scelte dai governi.

Inoltre, nell’art. 45 non ci sono disposizioni che permettono di revocare certificati illegali senza aver ottenuto l’autorizzazione da parte del Paese che lo ha imposto. I browser non potranno nemmeno aggiungere oppure richiedere ulteriori standard di sicurezza rispetto a quelli che sono stati approvati da Etsi.

«Avere una legge che impone un livello minimo di sicurezza è fondamentale, ma ci sembra assurdo istituire una specie di tetto massimo ai controlli. Di fatto, limitando i browser ai soli standard Etsi, l’Unione europea vieta ai browser di creare maggiore sicurezza», conclude Valsorda.


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I prossimi 29 e 30 novembre 2023, nella sede della Provincia di Treviso si terrà il Congresso Giuridico “Il ruolo dell’Avvocato tra presente e futuro”, organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Treviso, dalla Fondazione dell’Avvocatura Trevigiana e dalle Associazione Forensi locali.

Saranno due giorni di formazione, tra seminari e studi che approfondiranno varie tematiche, con l’inaugurazione di una lectio magistralis del Prof. Giuseppe Amadio. Presente anche il Guardasigilli Carlo Nordio.

Verranno riconosciuti 4 crediti formativi, 3 in deontologia e 1 in ordinamento professionale per la giornata di mercoledì 29 novembre e 2 crediti per giovedì 30 settembre.

Per iscriversi al Congresso si può utilizzare la piattaforma SFERA all’indirizzo www.albosfera.it, selezionando gli eventi dell’Ordine degli Avvocati di Treviso. Questo è valido anche per gli iscritti ad altri Fori, con registrazione alla piattaforma.

Per ulteriori informazioni scrivere alla mail formazione@ordineavvocatitreviso.it.


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Sono stati pubblicati i risultati di Future Ready Lawyer 2023, ricerca globale eseguita da Wolters Kluwer, che attestano che il settore legale si sta adattando alle novità tecnologiche degli ultimi tempi, come, per esempio, l’intelligenza artificiale generativa.

Dichiara l’Ad di Wolters Kluwer: «Anche in un mondo dove ChatGPT e altre forme di AI sono sempre più utilizzate la professione legale continua a trarre la propria forza dalle relazioni umane. Tuttavia, la ricerca Future Ready Lawyer 2023 evidenzia che gli avvocati riconoscono il ruolo centrale della tecnologia nel creare valore aggiunto per le loro organizzazioni e per la società nel suo complesso. Che si tratti di migliorare la collaborazione, consolidare le relazioni o migliorare i flussi di lavoro, la tecnologia è l’elemento trainante dell’intero settore legale verso il futuro».

Per Giulietta Lemmi, Ad di Wolters Kluwer Italia, siamo di fronte alla dimostrazione che il «settore legale sia alle prese con un periodo di cambiamenti senza precedenti. La tecnologia si conferma ancora una volta quale principale elemento di cambiamento», prosegue.

«Per l’87% degli intervistati, infatti, questa ha migliorato il lavoro quotidiano degli avvocati e degli studi legali. In questi anni abbiamo visto un costante incremento del suo utilizzo, ma mai come ora le tecnologie diventano fondamentali per favorire produttività ed efficienza. Dalla survey emerge inoltre la grande attenzione alle tematiche esg da parte delle aziende e la conseguente richiesta di consulenza professionale anche da un punto di vista legale».

Soltanto da poco gli avvocati hanno cominciato ad utilizzare l’Intelligenza Artificiale Generativa. Il 73% dei professionisti che hanno preso parte alla ricerca si aspettano di utilizzare l’IA per il proprio lavoro entro il 2024.

Il 43% degli avvocati ritiene che questo strumento sia un’opportunità mentre il 25% la considera una minaccia. In ogni caso, la maggioranza degli avvocati pensa che la tecnologia sia qualcosa di fondamentale per l’esercizio della professione legale, e l’87% dichiara che ha di gran lunga migliorato il loro lavoro.

Il 46% pensa di sfruttare del tutto la tecnologia, mentre il 50% si trova in fase di transizione. Il 4%, invece, pensa di non sfruttarla quanto dovrebbe.


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Gender gap e bassi guadagni: queste le principali difficoltà che riscontrano i giovani avvocati. Lo stabilisce il primo rapporto Aiga sulla giovane avvocatura, pensato e realizzato dalla Commissione Pari Opportunità di Aiga.

Lo studio ha coinvolto il 10% degli avvocati iscritti all’Aiga, ovvero 616 persone. Il 68% di questi ha meno di 40 anni.

Il dato principale che balza all’occhio di tutti è proprio il gender pay gap. I professionisti che percepiscono uno stipendio compreso tra 0 e 5mila euro si compongono del 23,35% delle donne e del 15,94% degli uomini.

Il 30,22% delle avvocate e il 19,92% degli avvocati inoltre percepisce un reddito compreso tra i 5mila e i 15mila euro. Per quanto riguarda la fascia reddituale compresa tra 15mila e 30mila euro troviamo il 27,20% delle donne mentre gli uomini corrispondono al 24,30%.

I professionisti più ricchi, ovvero quelli che percepiscono più di 85mila euro, sono composti dallo 0,37% di donne e dal 6,37% di uomini.

Il divario retributivo è molto più accentuato nelle isole e nel sud Italia. Esercitare la professione al Nord comporta una retribuzione più elevata, e soprattutto un’età più avanzata permette di guadagnare di più.

Avvocate donne hanno meno possibilità di guadagno rispetto ai colleghi uomini. Nel rapporto Aiga si parla anche del rapporto tra il divario retributivo e gli stereotipi relativi ai ruoli di genere, che spesso impongono alle donne di dedicarsi alla responsabilità familiari sacrificando la loro carriera professionale. Si segnala, inoltre, una carenza per quanto concerne il sistema assistenziale relativo alla maternità.

L’esercizio della professione ha influito parecchio nelle scelte di vita e personali del 53,57% delle avvocate e del 41,43% dei colleghi uomini. Le ragioni, di solito, sono legate alla formazione della famiglia, al sacrificare il tempo libero o le vacanze, continuare a vivere con i propri genitori e delle difficoltà nel rendersi più autonomi.

Le avvocate, dopo essere diventate madri, devono fare i conti con l’impossibilità di vivere la maternità allo stesso modo rispetto alle lavoratrici dipendenti. Secondo i dati, comunque, la scelta di avere un figlio viene spesso rimandata dopo i 35 anni, ma non comporta necessariamente l’interruzione della professione, anzi.

Il 9% del campione sceglie attività alternative all’esercizio della professione, prediligendo il dottorato di ricerca e il lavoro di insegnante.

Il 34,89% delle donne svolge la professione in collaborazione con il titolare dello Studio Legale. Le avvocate titolari di uno Studio che hanno meno di 35 anni corrispondono al 5%, il 12% ha un’età compresa tra 35 e 40 anni e il 10% ha più di 40 anni.

Il 40,24% degli avvocati uomini che hanno aderito al sondaggio è titolare dello Studio: ad avere meno di 35 il 7%, il 17% ha un’età compresa tra 35 e 40 anni mentre ad avere più di 40 è il 16%. Le donne avvocato, in linea di massima, raramente sono titolari di Studi Legali, oppure partner nei grandi studi associati.

Contrariamente a quanto si possa pensare, gli avvocati che lavorano all’interno degli Studi delle proprie famiglie non dispongono di stipendi così alti. Sono migliori le condizioni economiche degli avvocati che lavorano in Studi “esterni”, che contano un reddito compreso tra 15 e 30mila euro.

Il 57% dei professionisti, secondo l’indagine di Aiga, dice di non aver mai pensato di lasciare la professione, mentre il 43% ha preso in considerazione l’idea, a causa di un riconoscimento economico considerato inadeguato, dell’instabilità, e delle difficoltà di conciliazione tra lavoro e tempo libero.

Anche qui è ben presente il divario di genere, visto che a pensare ad abbandonare la professione troviamo il 53,02% delle donne contro il 37,02% degli uomini.


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Giovedì 9 novembre è cominciata la quarta edizione del convegno Genova DET – Diritto, Etica e Tecnologia, organizzata dall’Ordine degli avvocati di Genova per i giorni 9, 10 e 11 novembre 2023.

Quest’anno il titolo del convegno è “I.A ON BOARD”, e sarà caratterizzato da un alto livello scientifico, sia per quanto riguarda i temi che verranno trattati sia per i relatori che parteciperanno.

Genova DET nasce nel 2017 dall’esigenza degli avvocati genovesi di declinare il tema del diritto con quello delle nuove tecnologie, e sin da subito si è affermato come punto di riferimento nazionale su queste tematiche. Oggi l’evento richiama a Genova non soltanto il mondo dell’Avvocatura, ma anche quello dell’imprenditoria, delle libere professioni e delle Istituzioni.

Presente al convegno e impegnata in una tavola rotonda sul tema dell’Intelligenza Artificiale anche Federica Santinon, già presidente dell’Ordine degli Avvocati di Venezia e attualmente consigliera nazionale del Consiglio Nazionale Forense.

«Il presidente Greco ha questo focus molto importante per fare in modo che tutti gli avvocati italiani non restino indietro su un tema così importante e delicato», dichiara Santinon. «In particolar modo», prosegue, «il focus è in ordine al progetto del Sant’Anna che coinvolge il Tribunale di Genova e il Tribunale di Pisa, ma anche il progetto della Corte d’Appello di Perugia». Alcuni progetti si collegano al PNRR e altri ad Uni 4 Justice.

Varie università in tutta Italia si stanno impegnando nel realizzare progetti di applicazione degli strumenti di intelligenza artificiale al mondo della giustizia, spesso finanziati da fondi pubblici ed europei. Sono progetti di interesse del Ministero, visto che potranno essere applicati all’interno degli uffici giudiziari.

«Il CNF ha come obiettivo uno studio preciso e specifico per poter riuscire ad elaborare un sistema di intelligenza artificiale fruibile per tutti gli avvocati affinché nessuno resti indietro».

Secondo Santinon, l’introduzione dell’intelligenza artificiale all’interno degli Studi Legali consentirà agli avvocati di guadagnare di più. «L’importante è rimanere aggiornati e non aver timore di questo ingresso dell’intelligenza artificiale. Questo aspetto porterà innanzitutto a nuove materie e oltre a questo comporterà un migliore processo, più veloce nell’esecuzione dell’affrontare le pratiche. Quindi il messaggio è assolutamente positivo: guadagneremo di più».


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