“Di carcere ci si ammala”: la crisi della sanità colpisce anche i detenuti

Anche la salute dei detenuti è a rischio. A lanciare l’appello il notiziario dei detenuti della Casa di reclusione di Rebibbia, che ricorda come negli istituti penitenziari i medici destinati alle cure dei detenuti «sono pochi. Sempre meno. Capita che il medico di base o lo specialista che va in pensione non venga sostituito e che i bandi indetti dalle Asl vadano deserti, oppure che si debba aspettare molto tempo prima che arrivi la nuova nomina e questo significa ulteriori forti disagi per noi “ristretti” che già subiamo gli effetti nefasti del sovraffollamento».

A Rebibbia, per esempio, che conta 300 detenuti, ci sono soltanto due medici di base, al posto dei quattro previsti.

L’appello vuole ricordare che siamo di fronte a cittadini che hanno sbagliato, e proprio per questo scontano la loro condanna, ma «non per questo abbiamo perso il diritto alla salute e alla dignità di persona. Un diritto vero, non solo scritto sulla carta».

Continua l’appello: «Senza di voi, senza la vostra competenza, professionalità e generoso impegno nelle carceri, infatti, il nostro diritto costituzionale alla “cura” resta vuoto». Quello che chiedono ai medici è di far sì che i giovani li affianchino con dei tirocini, e che sia consentito «al medico o specialista di prolungare la sua attività professionale nel carcere anche se in pensione e a chi opera nelle strutture pubbliche di poter dedicare del tempo ulteriore anche al servizio della popolazione reclusa».

Necessarie molte «più ore e più specialisti per seguire chi ha patologie psichiatriche. Più risorse destinate alla sanità penitenziaria e alle attività di cura. Luoghi adeguati sul territorio per accogliere chi soffre di patologie psichiatriche o di dipendenza che non possono essere affrontate nei penitenziari».

L’appello, inoltre, ricorda come «di carcere ci si ammala. Uno studio recente attesta che una percentuale compresa tra il 60% e l’80% della popolazione detenuta è affetta da almeno una patologia. In carcere ci si ammala tanto, e curarsi è sempre più difficile, malgrado l’encomiabile impegno dei medici presenti nei penitenziari».

Tuttavia, i medici «sono sempre meno. La crisi della sanità pubblica e la mancanza di risorse, infatti, colpiscono in modo diretto e pesante i livelli di assistenza sanitaria, le condizioni di vita e di lavoro dei medici, ma anche quelli della popolazione detenuta che già oggi sconta la carenza di assistenza sanitaria, la difficoltà a usufruire in tempi efficaci di esami clinici e prestazioni specialistiche».

Anche il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, Filippo Anelli, risponde all’appello: «Il grido di allarme sulla carenza di assistenza sanitaria in carcere dei detenuti di Rebibbia (ma che vale anche per gli altri istituti di pena) non può restare inascoltato. Attiveremo le istituzioni per quanto possiamo fare noi. E siamo disponibili a sollecitare un tavolo, a trovare soluzioni e per tutto quello che può servire a migliorare il livello di assistenza nelle carceri».


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