arbitrato irrituale

Cassazione | Arbitrato irrituale: impugnazione e limiti del sindacato di legittimità

Con l’ordinanza n. 13628 del 16 maggio 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione dell’impugnazione del lodo arbitrale irrituale, chiarendo i limiti del sindacato di legittimità in materia.

Cos’è l’arbitrato irrituale:

L’arbitrato irrituale si configura come metodo alternativo di risoluzione delle controversie contrattuali, che prevede la devoluzione ad arbitri terzi del compito di trovare una soluzione amichevole, conciliativa o transattiva tra le parti in conflitto.

Natura e impugnazione del lodo:

La decisione degli arbitri, definita lodo arbitrale irrituale, assume natura negoziale, impegnando le parti a considerarla come espressione della propria volontà. In ragione di ciò, il lodo può essere impugnato ai sensi dell’art. 808 ter c.p.c., che disciplina i motivi di impugnazione specifici dei lodi arbitrali.

Contestazione sull’oggetto della controversia:

Nel caso in cui la contestazione riguardi l’oggetto stesso della controversia deferita agli arbitri, il vizio denunciato si traduce in una questione di interpretazione della volontà dei mandanti. Tale questione viene risolta, analogamente a quanto avviene in ogni altra ipotesi di interpretazione della volontà negoziale, con un apprezzamento di fatto rimesso al giudice di merito.

Insindacabilità del giudizio di merito:

L’apprezzamento del giudice di merito in materia di interpretazione della volontà negoziale è insindacabile in sede di legittimità, a patto che sia condotto nel rispetto dei criteri di ermeneutica contrattuale e correttamente motivato. La Suprema Corte, infatti, non può sindacare l’interpretazione fornita dal giudice di merito, se essa risulta coerente con gli elementi testuali e contestuali del negozio e sorretta da un’adeguata motivazione.


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Cassazione | Interruzione di gravidanza consensuale ma illecita: precisazioni e quadro normativo

Nordio: “La dignità dell’Avvocato in Costituzione”

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Cassazione | Interruzione di gravidanza consensuale ma illecita: precisazioni e quadro normativo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19596 del 16 maggio 2024, ha affrontato il delicato caso di una donna che aveva interrotto la gravidanza in modo consensuale ma illecito, non ricorrendo le condizioni previste dalla legge 194/1978 sull’aborto.

La tutela di due soggetti deboli:

La Suprema Corte ha innanzitutto inquadrato la questione nel contesto normativo di riferimento, ovvero l’articolo 593-ter del codice penale che punisce l’interruzione di gravidanza non consensuale. Tale articolo è stato introdotto con il d.lgs. 1/2018, attuativo della delega in materia di aborto contenuta nella legge 103/2017.

L’analisi della Corte ha evidenziato che la norma tutela due soggetti deboli: la donna, in relazione alla sua integrità fisica e al suo diritto alla procreazione, e il nascituro.

Concorso nel reato:

Nel caso specifico, la donna aveva interrotto la gravidanza con il consenso del medico, seppur in assenza delle condizioni previste dalla legge 194/1978. La Cassazione ha quindi ritenuto la donna responsabile ai sensi dell’art. 593-ter c.p., in quanto ha concorso attivamente all’interruzione illecita della gravidanza.

Reato comune:

La Corte ha infine precisato che l’art. 593-ter c.p. configura un reato comune, che può essere commesso da “chiunque”. Ciò significa che la responsabilità penale non grava esclusivamente sul medico che ha eseguito l’intervento, ma anche sulla donna che ha acconsentito all’interruzione illecita della gravidanza.


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nordio avvocato costituzione

Nordio: “La dignità dell’Avvocato in Costituzione”

Il Guardasigilli Carlo Nordio, durante il Festival della Giustizia, avvenuto il 17 maggio a Roma ed organizzato da Aiga, 4cLegal e Sole24Ore, ha dichiarato: «Vorrei annunciare una cosa che per noi costituisce uno step quasi epocale: la dignità della figura dell’avvocato entrerà in Costituzione. Come sapete è in corso di elaborazione una procedura in questo senso, ma una cosa è certa, la figura dell’avvocato avrà una menzione autonoma proprio come elemento strutturale della giurisdizione, come elemento essenziale e quindi con la stessa dignità degli altri soggetti».

«Il testo», prosegue Nordio, «sarà portato fra non molto in Consiglio dei ministri all’interno di una riforma costituzionale che contemplerà diversi aspetti».

Il ministro della Giustizia ritorna sul tema della separazione delle carriere: «La cosiddetta cultura della giurisdizione poggia su un tavolo di tre gambe: l’accusatore, il difensore, il giudice, e ci deve essere pari dignità formale e sostanziale tra i soggetti che sono tutti protagonisti della giurisdizione».

Dunque, «Quando sento parlare di cultura della giurisdizione che sarebbe vulnerata nel caso di separazione delle carriere rispondo sempre che non condivido questo concetto, come se la cultura della giurisdizione fosse limitata al pubblico ministero e al giudice, cioè al mondo della magistratura, ma la giurisdizione o viene intesa in senso latino come ius dicere e quindi spetta esclusivamente al giudice oppure è la dialettica processuale e quindi spetta pari dignità all’avvocato, al pubblico ministero e a chi deve giudicare».

Nordio ha affrontato anche il tema dell’intelligenza artificiale nel mondo dell’avvocatura: secondo il ministro, potrebbe «essere una difficoltà, ma può essere anche un’opportunità, che comporterà un cambiamento nella stessa struttura di studi di avvocati.  Come tutti gli strumenti dell’uomo, anche l’intelligenza artificiale è uno strumento neutrale in sé, per sé, non è né buono né cattivo, dipende dall’uso».

Il Guardasigilli prosegue il discorso parlando della lentezza della giustizia, dovuta soltanto alla burocrazia, che il governo cerca di «snellire. Entro il 2026, per la prima volta, almeno dal dopoguerra, colmeremo gli organici della magistratura, che sono al di sotto del 15%; sono in corso tre concorsi, altri due sono immediati. E questo sarà ovviamente foriero di un’accelerazione di quella giustizia i cui ritardi ci costano, come sapete, più di due punti di PIL».

Nordio ha «un’altissima considerazione della toga, quasi sacerdotale», e per questo «sono in discussione riforme dell’ordinamento costituzionale, a partire dall’ordinamento giudiziario, e poi la separazione delle carriere, il Consiglio superiore della magistratura, la riforma del cosiddetto premierato forte e non ultimo l’autonomia differenziata».

«E’ un momento delicato», specifica, «e importante per quello che può essere un passaggio epocale. Perché quando si tocca la Costituzione si parla del DNA del nostro paese».

Foglieni, invece, ricorda che «l’avvocatura non sta ferma perché stiamo riscrivendo la nuova legge professionale, l’obiettivo è quello di renderla al passo con i tempi, con la possibilità di esercitare la professione in un modo non più tradizionale ma in modo innovativo, soprattutto legato al tema della consulenza».


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cassazione conoscere data nuova udienza

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Cassazione fa chiarezza: avviso solo se non fissata nell’ordinanza di rinvio

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19564 del 16 maggio 2024, ha chiarito i casi in cui il difensore che ha ottenuto il rinvio del dibattimento per legittimo impedimento ha diritto di essere informato della nuova data di udienza.

La regola generale:

Secondo la Cassazione, il difensore ha diritto di ricevere l’avviso di udienza solo se la nuova data non è già stata fissata nell’ordinanza di rinvio. In questo caso, infatti, la semplice lettura dell’ordinanza in udienza sostituisce la notifica dell’avviso, sia per l’imputato contumace che per il suo difensore impedito.

L’eccezione:

L’unica eccezione a questa regola è il caso del “rinvio a nuovo ruolo”, quando cioè la data del nuovo dibattimento non è fissata nell’ordinanza di rinvio. In questa ipotesi, il difensore ha diritto di ricevere un regolare avviso di udienza.

Casi in cui l’avviso non è necessario:

  • Rinvio ad udienza fissa: Se la nuova data di udienza è già fissata nell’ordinanza di rinvio, non è necessario notificare l’avviso al difensore. In questo caso, infatti, la lettura dell’ordinanza in udienza sostituisce la notifica, come già spiegato sopra.
  • Difensore di ufficio presente: Se in udienza è presente un difensore di ufficio nominato ai sensi dell’art. 97, comma 4, c.p.p., l’omessa notifica al difensore di fiducia della nuova data di udienza non comporta alcuna nullità. Questo perché il difensore di ufficio nominao agisce in nome e per conto del difensore di fiducia impedito e tutela i suoi interessi nel processo.

Precisazioni:

La Cassazione precisa che la regola sopra esposta vale anche se il giudice ha comunque disposto la comunicazione della nuova data di udienza al difensore impedito. In questo caso, la comunicazione rimane valida, ma non è necessaria per la regolarità del processo.


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Forti, Nordio: “Il rientro, successo straordinario per l’Italia, ringrazio USA”

“È un giorno di gioia e di soddisfazione per l’intero Paese: il rientro in Italia di Chico Forti – atteso da anni – è innanzitutto un successo della Presidente Giorgia Meloni e uno straordinario traguardo politico e diplomatico, frutto di intensa e proficua collaborazione istituzionale a tutti i livelli.

Ringrazio in particolare l’Attorney general, Merrick Garland, e il Governatore della Florida, Ron De Santis: aver permesso al nostro concittadino di continuare a scontare la pena in Italia – e poter così riabbracciare l’anziana madre – è un importante segnale di amicizia e di fiducia verso il nostro Paese. Dimostra tutta l’autorevolezza di cui, in questo momento, il Governo italiano gode negli Stati Uniti.

Essenziali nell’accelerazione delle ultime procedure di consegna – che si sono perfezionate in tempi record dalla formalizzazione del consenso – sono stati anche i colloqui avvenuti a latere del G7 Giustizia la settimana scorsa a Venezia.

Si chiude così un dossier molto complesso, seguito con estrema cura dalle competenti articolazioni ministeriali che desidero ringraziare vivamente: la collaborazione – nel più rigoroso e doveroso riserbo – tra tutte le istituzioni ha consentito il rientro a casa, finalmente, di Chico Forti”.

Così il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, commenta il rientro in Italia di Forti nella giornata di ieri.


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Cassazione | Violenza psicologica sulla donna: l’impatto sui figli

La violenza psicologica sulla donna, che si manifesta attraverso comportamenti come lo screditamento, le umiliazioni e la limitazione della libertà, ha un impatto devastante non solo sulla donna stessa, ma anche sui suoi figli.

🔹La giurisprudenza italiana è ormai consolidata nel riconoscere la gravità di questo tipo di violenza e i suoi effetti negativi sui minori.

👉Come sottolineato dalla Cassazione, vivere con un padre che maltratta la madre, anche solo moralmente, produce danni profondi allo sviluppo psichico del bambino e ostacola la sua sana crescita.

🔹In particolare, i figli di madri vittime di violenza psicologica possono:

  • Interiorizzare e normalizzare i modelli di comportamento diseducativi del padre.
  • Svalutare la figura materna.
  • Sviluppare bassa autostima e senso di inadeguatezza.
  • Avere difficoltà a formare relazioni sane.
  • Essere più a rischio di sviluppare disturbi d’ansia, depressione e comportamenti antisociali.
  • È importante sottolineare che la violenza psicologica sulla donna non è sempre esplicita.

🔹Spesso si manifesta attraverso comportamenti subdoli e manipolativi, come:

  • Insulti e umiliazioni.
  • Controllo ossessivo.
  • Isolamento sociale.
  • Minacce e intimidazioni.

(Corte Suprema di Cassazione – Sezione Sesta Penale – Sentenza n. 19115 del 14 maggio 2024)


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Cassazione | Il delitto di minaccia: elementi costitutivi e configurabilità

licenziamento periodo di prova

Cassazione | Licenziamento durante il periodo di prova: cosa c’è da sapere?

🖋Il datore di lavoro ha la facoltà di licenziare il lavoratore durante o alla fine del periodo di prova senza dover fornire una specifica motivazione. Questo perché il licenziamento durante il periodo di prova è considerato un atto discrezionale.

👉Tuttavia, il lavoratore licenziato può comunque impugnare il licenziamento in tribunale, lamentandone l’invalidità.

Per ottenere una sentenza favorevole, il lavoratore deve dimostrare che il licenziamento è stato nullo o illecito.

🔹Casi di nullità del licenziamento:

  • Il licenziamento è nullo se il periodo di prova non è stato regolarmente pattuito nel contratto di lavoro.
  • Il licenziamento è nullo se è stato intimato durante una malattia o un infortunio del lavoratore.
  • Il licenziamento è nullo se è stato discriminatorio (ad esempio, basato su razza, sesso, religione, idee politiche, ecc.).

🔹Casi di illecito del licenziamento:

  • Il licenziamento è illecito se è stato revocato dal datore di lavoro e poi nuovamente intimato.
  • Il licenziamento è illecito se è stato ritorsivo, cioè se è stato intimato per punire il lavoratore per aver esercitato un suo diritto (ad esempio, il diritto di sciopero).
  • Il licenziamento è illecito se è stato abusivo, cioè se è stato intimato per un motivo illecito o inesistente.

🔹Onere della prova:

Spetta al lavoratore licenziato l’onere di provare in giudizio che il licenziamento è stato nullo o illecito.

Il datore di lavoro, invece, non ha l’obbligo di dimostrare la fondatezza del licenziamento.

 (Corte Suprema di Cassazione – Sezione Lavoro – Ordinanza n. 13514 del 15 maggio 2024)


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Cassazione | Il delitto di minaccia: elementi costitutivi e configurabilità

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Cassazione | Il delitto di minaccia: elementi costitutivi e configurabilità

Il delitto di minaccia è un reato previsto dall’art. 612 del codice penale che si verifica quando una persona minaccia un’altra di cagionarle un male ingiusto, allo scopo di intimidirla.

🔹Per la configurabilità del reato sono necessari i seguenti elementi:

  1. Condotta minatoria: l’agente deve porre in essere una condotta che sia idonea ad intimidire la vittima. Ciò significa che la condotta deve essere in grado di suscitare nella vittima un reale timore di subire un male ingiusto. La condotta minatoria può essere verbale, scritta o gestuale.
  2. Male ingiusto: il male minacciato deve essere ingiusto, cioè non deve essere giustificato da alcuna ragione legittima. Ad esempio, non è ingiusto minacciare di denunciare un reato.
  3. Scopo di intimidire: l’agente deve avere l’intento di intimidire la vittima. Non è sufficiente che la condotta sia astrattamente idonea a intimidire; è necessario che l’agente abbia voluto questo risultato.
  4. Evento di pericolo: il reato si perfeziona con la semplice messa in atto della condotta minatoria. Non è necessario che la vittima sia effettivamente intimorita. È sufficiente che la condotta sia in grado di suscitare un reale timore di subire un male ingiusto.
  5. Mancanza di requisiti di procedibilità: il delitto di minaccia è procedibile d’ufficio, a querela della persona offesa o a richiesta del Pubblico Ministero se commesso in relazione a taluni delitti (ad esempio, violenza privata, estorsione).

🔹 Esempio di minaccia:

Tizio minaccia Caio di picchiarlo se non gli restituisce i soldi che gli ha prestato.

In questo caso, tutti gli elementi del delitto di minaccia sono presenti:

Tizio ha posto in essere una condotta minatoria (la minaccia di picchiare Caio).

Il male minacciato è ingiusto (essere picchiati è un male ingiusto).

Tizio ha agito con lo scopo di intimidire Caio.

La condotta minatoria è idonea a suscitare un reale timore in Caio.

Il reato si è perfezionato con la semplice minaccia di Tizio.

(Corte Suprema di Cassazione – Sezione Quinta Penale – Sentenza n. 19196 del 15 maggio 2024)


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Cassazione, la valutazione della credibilità del racconto del cittadino straniero

Valutare la credibilità della testimonianza di un cittadino straniero è un aspetto fondamentale dei procedimenti di immigrazione e di altre questioni legali che coinvolgono persone non cittadine. Questa valutazione ricade sotto la competenza del giudice di merito, che deve valutare attentamente la coerenza e la plausibilità delle dichiarazioni del richiedente.

  • Quadro giuridico

La valutazione della credibilità è guidata dall’articolo 3, comma 5, lettera c) del decreto legislativo n. 251 del 2007. Questa disposizione impone al giudice di considerare i seguenti fattori:

Coerenza interna: Le dichiarazioni del richiedente devono essere coerenti tra loro e con qualsiasi altra prova rilevante.

Coerenza esterna: Le dichiarazioni del richiedente devono essere coerenti con fatti e circostanze accertati.

Plausibilità: Le dichiarazioni del richiedente devono essere credibili e verosimili alla luce delle circostanze.

  • Revisione da parte della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, la più alta corte d’appello italiana, può riesaminare la valutazione della credibilità del giudice di primo grado solo in casi limitati. I motivi di revisione sono delineati dall’articolo 360, comma 1, n. 5 del codice di procedura civile italiano:

Omissione di esame di un fatto decisivo: Il tribunale non ha tenuto conto di un fatto cruciale per la decisione e contestato dalle parti.

Mancanza assoluta di motivazione: La motivazione della sentenza è completamente assente o inesistente.

Motivazione apparente: La motivazione della sentenza è superficiale o pretestuosa.

Motivazione perplessa e oggettivamente incomprensibile: Il ragionamento della corte è illogico e impossibile da comprendere.

  • Limiti della revisione

È importante sottolineare che la Corte di Cassazione non può riesaminare la mera insufficienza della motivazione del giudice. Inoltre, la corte non può prendere in considerazione interpretazioni alternative delle dichiarazioni del richiedente, poiché ciò violerebbe la competenza esclusiva del giudice di primo grado di valutare la credibilità.

(Corte Suprema di Cassazione – Sezione Prima Civile – Ordinanza n. 13049 del 13 maggio 2024)


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Lavoro autonomo occasionale: iscrizione alla Gestione Separata Inps obbligatoria per professionisti con redditi superiori a 5.000 euro

Secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione, l’iscrizione alla Gestione Separata Inps è obbligatoria per i professionisti iscritti ad albo o elenco che esercitano la loro attività in modo abituale, anche se non esclusivo, e che generano un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di previdenza di riferimento.

Inoltre, la sentenza stabilisce che anche i professionisti che svolgono un’attività di lavoro autonomo occasionale sono tenuti ad iscriversi alla Gestione Separata Inps se il loro reddito supera la soglia di 5.000 euro.

La pronuncia della Corte di Cassazione, Ordinanza n. 11535 del 30 aprile 2024, chiarisce dunque i requisiti per l’iscrizione alla Gestione Separata Inps, ponendo fine a un’incertezza normativa.

In pratica, tutti i professionisti che esercitano la propria attività in modo abituale, anche se non esclusivo, e che generano un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di previdenza di riferimento, sono obbligati ad iscriversi alla Gestione Separata Inps.

Inoltre, anche i professionisti che svolgono un’attività di lavoro autonomo occasionale devono iscriversi alla Gestione Separata Inps se il loro reddito derivante da tale attività supera la soglia di 5.000 euro.


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