Sicurezza informatica a rischio nella giustizia: preoccupazioni dell’ANM e interrogazione parlamentare di Devis Dori

Le recenti indagini sui molteplici accessi abusivi ai sistemi informatici della rete della giustizia hanno sollevato nuove preoccupazioni circa la sicurezza delle infrastrutture digitali utilizzate nel sistema giudiziario. La vicenda ha spinto l’onorevole Devis Dori a presentare un’interrogazione parlamentare rivolta al Ministro della Giustizia, chiedendo chiarimenti e provvedimenti urgenti per contrastare i crescenti rischi di cybercriminalità.

L’allarme è stato lanciato dal presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), Giuseppe Santalucia, che in una lettera indirizzata al Ministro della Giustizia ha espresso la sua preoccupazione per la vulnerabilità dei sistemi informatici della rete della giustizia. La lettera ha sottolineato la necessità di un incontro urgente per discutere le misure di protezione dei sistemi giudiziari e del lavoro dei magistrati, soprattutto alla luce dell’arresto dell’hacker Carmelo Miano.

Miano, arrestato dalla Polizia Postale al termine di un’indagine coordinata dalla Procura di Napoli, è accusato di aver violato le webmail di numerosi magistrati, comprese quelle degli inquirenti coinvolti nelle sue stesse indagini. Durante l’interrogatorio del 4 ottobre, l’hacker ha ammesso di aver avuto accesso a tali account, ma ha negato di aver visualizzato messaggi personali. Questo episodio ha ulteriormente evidenziato le criticità dei sistemi di sicurezza informatica del Ministero della Giustizia, ritenuti troppo permeabili a interferenze esterne.

Le preoccupazioni dell’ANM si concentrano principalmente sul settore civile, dove le frequenti problematiche informatiche rallentano il lavoro dei magistrati e ostacolano lo svolgimento delle loro funzioni, come lo studio degli atti e il deposito dei provvedimenti.

Non è il primo episodio che solleva interrogativi sulla sicurezza dei dati nel sistema giustizia: lo scorso dicembre, un gruppo di hacker russi aveva attaccato un’azienda che fornisce infrastrutture cloud per la Pubblica Amministrazione, inclusi il Consiglio Superiore della Magistratura e l’Autorità Nazionale Anticorruzione.

In risposta a questi eventi, Devis Dori ha chiesto al Ministro della Giustizia di adottare misure immediate per rafforzare la sicurezza informatica, coinvolgendo anche l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale. Dori ha inoltre invitato il governo a chiarire i fatti per ridimensionare il quadro mediatico allarmistico e per garantire la tutela della privacy dei cittadini.


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La sua scomparsa rappresenta una grave perdita per l’intera comunità giuridica, che ricorda non solo il suo straordinario contributo accademico, ma anche il suo impegno esemplare nel difendere i valori della dignità umana e della giustizia. L’Unione lo ricorda come un grande maestro del diritto processuale e un esempio insostituibile di virtù civile.


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Gli avvocati penalisti italiani sciopereranno il 4, 5 e 6 novembre per protestare contro il ddl Sicurezza, approvato alla Camera e ora in discussione al Senato. L’Unione delle Camere Penali critica duramente il provvedimento, definendolo di matrice “populista e autoritaria”, accusando il Governo di introdurre misure punitive sproporzionate e discriminatorie.

La protesta culminerà il 5 novembre con una manifestazione nazionale a Roma, presso il Centro Congressi “Roma Eventi Fontana di Trevi”, dove interverranno esponenti dell’Avvocatura e dell’Accademia per chiedere modifiche costituzionali al pacchetto sicurezza.

Francesco Petrelli, presidente dell’Unione, ha denunciato come particolarmente ingiusta la norma che vieta ai cittadini extracomunitari senza permesso di soggiorno di sottoscrivere contratti telefonici, aumentando il rischio di esclusione sociale. Petrelli ha anche criticato la proposta della castrazione chimica per i condannati per violenza sessuale, considerandola “incostituzionale e inumana”. Tra le altre misure contestate, l’articolo che rende facoltativo il rinvio della pena per le madri con figli sotto l’anno di età, decisione che potrebbe peggiorare le condizioni delle carceri italiane, già sovraffollate e inadeguate.


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Assolto il “giudice in bici”: il Csm archivia il caso

Il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) ha assolto il magistrato di Torino accusato di aver utilizzato la bicicletta nei corridoi del tribunale per spostarsi dal suo ufficio all’aula destinata ai processi per direttissima. Il giudice aveva giustificato l’insolita scelta con un improvviso mal di schiena che gli avrebbe impedito di camminare.

L’episodio risale al giugno 2021, quando il Presidente della Corte d’Appello di Torino aveva diffidato il magistrato dall’usare abitualmente la bicicletta all’interno del palazzo di giustizia. Nonostante l’avvertimento, l’uso della bici si è ripetuto una sola volta, in occasione di un processo urgente. Il magistrato ha spiegato che questa scelta gli aveva permesso di evitare il congedo per malattia, garantendo così la continuità del proprio turno di lavoro.

La sezione disciplinare del CSM ha stabilito che, in mancanza di un codice di circolazione per il tribunale, l’azione del magistrato non presentava i requisiti di gravità o reiterazione necessari per configurare una violazione disciplinare. Così, il “giudice in bici” è stato scagionato, poiché l’episodio è stato ritenuto isolato e giustificato da motivi di salute.


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Cassazione, la rassegna giurisprudenziale della settimana

Licenziamento per giusta causa
Con la sentenza n. 26938, la Sezione Lavoro della Corte ha chiarito che, in materia di licenziamento per giusta causa, non basta verificare se il fatto contestato rientri nelle disposizioni contrattuali che consentono il licenziamento. È essenziale, infatti, valutare concretamente se il comportamento del dipendente sia così grave da compromettere la fiducia del datore di lavoro, rendendo insostenibile la prosecuzione del rapporto. Il caso trattava un dipendente del Genio civile di Carrara, licenziato per episodi di assenteismo documentati tramite videocamere e pedinamenti. La Corte ha confermato la legittimità del licenziamento, già convalidato nei precedenti gradi di giudizio.

Imputabilità e vizio di mente
La sentenza n. 38180 della Sezione Prima Penale ha ribadito un principio consolidato: i disturbi della personalità possono rientrare nel concetto di infermità, purché siano di tale gravità da incidere sulla capacità di intendere e di volere dell’autore del reato. Il caso riguardava un omicidio avvenuto a Catania, in cui l’imputato ha sostenuto di aver agito sotto l’influenza di un disturbo mentale. La Corte ha confermato che, per il riconoscimento del vizio di mente, è necessario dimostrare che tale disturbo abbia alterato significativamente la volontà dell’autore e sia legato causalmente al crimine commesso.

Scioglimento della comunione ereditaria e petizione ereditaria
Con la sentenza n. 26951, la Cassazione ha affrontato una disputa ereditaria, chiarendo che, nell’azione di scioglimento della comunione ereditaria, può essere implicitamente inclusa una petizione ereditaria quando si richieda la ricostruzione dell’asse ereditario e l’inclusione di beni sottratti da altri eredi. In questo caso, una complessa controversia familiare riguardava somme illecitamente prelevate da un erede. La Corte ha confermato la legittimità della decisione del Tribunale di Benevento e della Corte d’Appello di Napoli, sottolineando che la divisione patrimoniale ha efficacia esecutiva.

Apparenza della servitù e usucapione
La Sezione Seconda Civile, con la sentenza n. 26956, ha affrontato il tema dell’usucapione e del requisito dell’apparenza della servitù. La Corte ha precisato che per riconoscere una servitù è necessario che vi siano segni visibili e permanenti che ne rivelino l’esistenza. Il caso riguardava un proprietario terriero di Montabone, che richiedeva il riconoscimento di una servitù di passaggio. La Cassazione ha confermato che la semplice esistenza di una strada non è sufficiente; occorre dimostrare che essa sia stata realizzata specificamente per esercitare il diritto di passaggio.

Notifica tramite servizio postale
Con l’ordinanza n. 26957, la Cassazione ha trattato un caso di notifica di un atto impositivo attraverso il servizio postale. La Corte ha stabilito che, in situazioni in cui la notifica non viene consegnata al destinatario, è necessario produrre in giudizio l’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito. Il caso riguardava una sanzione amministrativa contestata a Roma per violazioni compiute tra il 2008 e il 2012. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del destinatario, confermando la validità della notifica.

Spese di giudizio
Infine, con la sentenza n. 26963, la Cassazione ha ribadito che la decisione del giudice di non compensare le spese processuali è discrezionale e non richiede una motivazione esplicita. Il caso trattava un contenzioso sulle spese processuali di un dipendente universitario, che aveva presentato ricorso contro la decisione del Tribunale di Macerata e della Corte d’Appello di Ancona. La Cassazione ha rigettato il ricorso.


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Nuove norme per rafforzare la cibersicurezza dei soggetti critici e delle reti essenziali dell’UE

La Commissione ha adottato oggi le prime norme di attuazione sulla cibersicurezza dei soggetti critici e delle reti essenziali ai sensi della direttiva relativa a misure per un livello comune elevato di cibersicurezza nell’Unione (direttiva NIS2). L’atto di esecuzione delinea le misure di gestione dei rischi di cibersicurezza e i casi in cui un incidente deve essere considerato significativo e segnalato alle autorità nazionali da parte delle aziende che forniscono infrastrutture e servizi digitali.

Si tratta di un altro passo importante per rafforzare la ciberresilienza delle infrastrutture digitali critiche europee.

Margrethe Vestager, Vicepresidente esecutiva per Un’Europa pronta per l’era digitale, ha dichiarato:

La cibersicurezza è uno degli elementi principali per la protezione dei nostri cittadini e delle nostre infrastrutture. Nel panorama odierno della cibersicurezza è fondamentale migliorare le nostre capacità, i requisiti di sicurezza e la condivisione rapida di informazioni grazie a norme aggiornate. Esorto i restanti Stati membri ad attuare al più presto tali norme a livello nazionale per assicurare che i servizi critici per le nostre società ed economie siano sicuri dal punto di vista informatico.

L’odierna adozione del regolamento di esecuzione coincide con il termine entro il quale gli Stati membri devono recepire la direttiva NIS2 nel diritto nazionale. Da domani, 18 ottobre 2024, tutti gli Stati membri devono applicare le misure necessarie per conformarsi alle norme di cibersicurezza NIS2, comprese le misure di vigilanza e di esecuzione.


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Diritto UE, la piattaforma “Fit for Future” e il suo contributo

La piattaforma “Fit for Future” della Commissione, un gruppo di esperti ad alto livello composto da parti interessate e rappresentanti di tutti gli Stati membri, ha tenuto oggi la sua ultima riunione plenaria nell’ambito dell’attuale mandato. La piattaforma è formata da un gruppo di esperti ad alto livello composto da autorità nazionali, regionali e locali, organizzazioni della società civile, imprese e membri della rete RegHub del Comitato delle regioni.

Istituita nel 2020 per completare i lavori di semplificazione normativa della Commissione, durante il suo mandato quadriennale la piattaforma ha adottato 41 pareri, con 260 suggerimenti specifici per aiutare la Commissione a semplificare e modernizzare la legislazione dell’UE. Nel 2024 in particolare ha presentato suggerimenti di semplificazione relativi agli obblighi di informazione, all’ulteriore digitalizzazione e al miglioramento dell’attuazione della legislazione e dei programmi dell’UE.

Maroš Šefčovič, Vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, le relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, ha dichiarato: “Negli ultimi quattro anni la piattaforma ‘Fit for Future’ ha fornito un prezioso contributo al programma di semplificazione e riduzione degli oneri della Commissione. Grazie agli sforzi collettivi dei membri e ai 41 pareri e 260 suggerimenti specifici, la piattaforma ci ha anche aiutati ad adottare regolamenti dell’UE adeguati alle esigenze future, per anticipare e integrare le tendenze, le tecnologie e i cambiamenti sociali emergenti. Quando la piattaforma arriverà alla fine del mandato, il suo lavoro continuerà a ispirare gli sforzi futuri di semplificazione e modernizzazione della legislazione dell’UE, che resteranno all’ordine del giorno per la Commissione”.


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Giustizia tributaria, Uncat: «Banca dati utile, ma servono maggiori garanzie di trasparenza»

La nuova banca dati della Giustizia tributaria è stata accolta con favore dagli avvocati tributaristi, ma restano aperte questioni cruciali sulla trasparenza e sull’affidabilità dei risultati. È questo il messaggio lanciato da Uncat (Unione Nazionale delle Camere degli Avvocati Tributaristi) al Dipartimento Giustizia Tributaria, a cui è stato consegnato un documento che raccoglie le osservazioni provenienti anche dalle Camere tributarie locali, impegnate negli ultimi mesi a testare l’efficacia dello strumento.

Un’importante occasione di confronto
In un incontro presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il presidente di Uncat, Gianni di Matteo, ha sottolineato l’importanza della trasparenza, soprattutto in vista delle future applicazioni dell’intelligenza artificiale. «La banca dati è un ottimo strumento, ma occorre garantire assoluta trasparenza per assicurare la fiducia degli operatori e l’attendibilità dei risultati di ricerca», ha dichiarato Di Matteo. All’incontro erano presenti anche i consiglieri di Uncat Silvia Siccardi, Raffaella D’Anna, Paola Pregliasco, Michele Tiengo e Ida Pansini.

Le osservazioni di Uncat
Il documento presentato a Fiorenzo Sirianni, direttore della Giustizia Tributaria, contiene una serie di osservazioni organizzate in tre principali categorie: interazione con l’utente, criteri di ricerca e attendibilità dei risultati.

In merito all’interazione, Uncat ha evidenziato una user experience migliorabile. Attualmente, le sentenze sono riportate integralmente, senza abstract o massimazioni, e il sistema non indica se un testo è già stato letto, aumentando il rischio di ripetere la consultazione. Uncat suggerisce l’introduzione di collegamenti diretti con sentenze affini o richiamate, che migliorerebbero l’usabilità.

Per quanto riguarda i criteri di ricerca, Uncat ha criticato l’obbligatorietà di alcune opzioni che rischiano di rendere la ricerca meno flessibile. In particolare, il campo “parole” è obbligatorio se non si specifica l’annualità, ma potrebbe non essere necessario se si cerca per argomento. Inoltre, attualmente non è possibile effettuare ricerche per estremi normativi, e l’uso di operatori logici spesso genera risultati distorti.

Infine, sull’attendibilità dei risultati, Uncat ha rilevato che la ricerca per “esito giudizio” include conciliazioni e condoni, senza fornire un quadro chiaro sull’orientamento della giurisprudenza in materia. Anche la dicitura “appello non presente” è stata giudicata insufficiente, poiché non specifica se la sentenza sia definitiva.

L’impegno della Giustizia Tributaria
Fiorenzo Sirianni, accogliendo le osservazioni, ha assicurato l’apertura al dialogo e ha illustrato i prossimi passi, che includono il miglioramento della banca dati e l’adozione del decreto ministeriale sul processo tributario telematico. Sirianni ha ribadito l’importanza del confronto con l’avvocatura specialistica per garantire uno sviluppo equilibrato e trasparente del sistema.


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Il 4 ottobre 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha emesso una sentenza importante nella causa C-200/23, rispondendo a diverse questioni poste dalla Corte amministrativa suprema bulgara riguardo all’applicazione del Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) e la normativa sul Registro delle imprese.

Una delle questioni principali riguarda la pubblicazione di documenti contenenti dati personali nel Registro delle imprese. La CGUE ha stabilito che la presunzione di consenso alla pubblicazione di tali dati, come previsto dalla normativa bulgara, è contraria al GDPR. Secondo la Corte, il consenso deve essere liberamente espresso e informato.

Un altro aspetto significativo della sentenza riguarda il risarcimento dei danni morali derivanti dalla pubblicazione di dati personali. La CGUE ha affermato che la perdita temporanea del controllo sui propri dati può essere sufficiente a causare danni immateriali, purché l’interessato dimostri di averli subiti.

Infine, la Corte ha chiarito che la firma autografa è da considerarsi un dato personale ai sensi del GDPR e che i pareri delle autorità per la privacy, pur rilevanti, non sono giuridicamente vincolanti.


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