Cyberattacchi in aumento: maggio 2025 sotto la lente dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale

Maggio 2025 si conferma un mese caldo sul fronte della sicurezza informatica in Italia. È quanto emerge dal report mensile diffuso dall’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), che attraverso il CSIRT Italia — il proprio braccio operativo specializzato nella gestione degli incidenti — ha registrato 201 eventi di cybersecurity, segnando un incremento rispetto al mese precedente.

Il CSIRT Italia, snodo nazionale per la ricezione delle notifiche obbligatorie e volontarie di incidenti informatici, raccoglie e analizza quotidianamente informazioni provenienti da fonti istituzionali, commerciali e open source, oltre che da controparti internazionali. Un patrimonio informativo che consente di disegnare una mappa aggiornata e precisa delle minacce cyber che gravano sul Paese.

Settori più colpiti e minacce emergenti
Nel mese di maggio, a finire maggiormente nel mirino degli attaccanti sono stati i servizi finanziari, le telecomunicazioni e il settore della vendita al dettaglio. Un dato che riflette il crescente interesse dei gruppi cybercriminali per ambiti strategici e infrastrutturali, dove il danno economico e reputazionale può essere significativo.

Particolare attenzione è stata riservata all’incremento degli attacchi ransomware, saliti del 20% rispetto alla media semestrale, a conferma di una minaccia ormai strutturale. Parallelamente, si è registrato un ulteriore calo delle campagne di hacktivism legate al conflitto russo-ucraino, che da mesi caratterizzavano parte dello scenario cyber europeo.

Phishing e credenziali compromesse
Tra gli episodi più significativi del mese, spicca una campagna di phishing mirata, partita da una casella e-mail compromessa di un operatore del settore energetico. L’attacco, articolato in oltre 300 messaggi di posta elettronica, aveva l’obiettivo di sottrarre le credenziali dei destinatari attraverso un sito malevolo appositamente predisposto.

Non meno allarmante è la scoperta di numerose credenziali bancarie compromesse, rinvenute in vendita nel dark web. Username e password potenzialmente associati ai conti correnti di cittadini italiani sono stati segnalati dal CSIRT Italia alle autorità competenti per le verifiche e le contromisure del caso.

Operazione Endgame e infrastrutture compromesse
Il mese di maggio ha inoltre visto gli effetti dell’Operation Endgame, un’operazione internazionale coordinata da Europol ed Eurojust che ha smantellato una rete criminale dedita alla diffusione di ransomware. L’iniziativa ha portato all’arresto di quattro persone e al sequestro di oltre 100 server e 2.000 domini usati per attività malevole.

Nel contesto italiano, grazie a questa attività di intelligence, sono stati individuati e segnalati 1.977 dispositivi potenzialmente compromessi, esposti su Internet e sfruttati come nodi per la distribuzione di malware.

Modalità di attacco e risposta istituzionale
Secondo i dati raccolti, i principali vettori di compromissione restano le e-mail malevole, lo sfruttamento di vulnerabilità note nei sistemi e l’utilizzo di credenziali valide precedentemente sottratte. A fronte di queste minacce, il CSIRT Italia ha inviato nel solo mese di maggio 3.440 comunicazioni dirette ad aziende e amministrazioni italiane, segnalando incidenti, vulnerabilità critiche e fattori di rischio.

Un quadro di allerta costante
Il report dell’ACN conferma come lo scenario cyber nazionale resti estremamente dinamico e complesso, con minacce che evolvono in tempi rapidissimi e richiedono un monitoraggio costante, una cooperazione internazionale solida e una sempre maggiore consapevolezza da parte di imprese e cittadini.


LEGGI ANCHE

OCF, Avvocati e Telematica: «Subito una piattaforma unica»

Il mese di novembre 2022 è stato certamente il peggiore per quanto riguarda il rapporto tra telematica e avvocati. Ci sono stati gravissimi ritardi e…

Croce al posto della firma: la procura alle liti non è valida

Croce al posto della firma: la procura alle liti non è valida

Cosa succede se la procura alle liti presenta una croce al posto della firma? Può essere ritenuta valida? L’ordinanza n. 16948/20 emessa dalla Corte di…

Ocf: “Nessun bavaglio liberticida: norme di garanzie contro spettacolarizzazione e danno irreparabile per chi è coinvolto”

La replica dell'Organismo Congressuale Forense alle dichiarazioni del Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Giuseppe Santalucia

Telemedicina, il futuro è adesso: tra opportunità di cura e nuove sfide per la privacy

Negli ultimi anni, il volto della sanità è cambiato radicalmente. La pandemia di COVID-19 ha agito da detonatore di un processo già in corso, accelerando la digitalizzazione del settore sanitario e rendendo la telemedicina una componente stabile e imprescindibile dell’assistenza sanitaria contemporanea. Non più un servizio sperimentale per pochi centri all’avanguardia, ma un canale assistenziale diffuso, capace di colmare distanze geografiche e rendere più efficiente l’allocazione delle risorse.

Tuttavia, come spesso accade quando il progresso tecnologico avanza a passo più rapido della normativa, la telemedicina ha aperto anche un terreno di complessità inedite, in cui la protezione dei dati personali — soprattutto quando si tratta di dati sanitari — assume un ruolo centrale e delicatissimo.

Dalle televisite al telemonitoraggio: come funziona la sanità digitale

Secondo le Linee guida nazionali sulla Telemedicina emanate dal Ministero della Salute nel 2020, la telemedicina comprende un insieme articolato di prestazioni sanitarie erogate a distanza grazie alle tecnologie informatiche e di comunicazione. Dalle televisite, che permettono di consultare il proprio medico via video, al telemonitoraggio, che consente il controllo remoto e continuativo di parametri clinici, fino al teleconsulto tra specialisti e alla telesorveglianza automatizzata di pazienti fragili o cronici.

Ogni prestazione erogata a distanza deve però garantire gli stessi standard di sicurezza e qualità di quella tradizionale. E questo — nel caso della sanità digitale — significa non solo efficacia clinica, ma anche integrità, sicurezza e riservatezza dei dati trattati.

Dati sanitari e GDPR: regole stringenti per informazioni sensibili

I dati relativi alla salute rientrano tra le categorie particolari di dati personali previste dal Regolamento europeo sulla protezione dei dati (GDPR), per le quali vige un principio generale di divieto di trattamento, salvo eccezioni tassative.

Nell’ambito telemedico, il trattamento dei dati è possibile solo se supportato da una valida base giuridica e da una delle specifiche condizioni previste dall’articolo 9 del GDPR, come ad esempio l’essere necessario per finalità di diagnosi, terapia e assistenza sanitaria. Ma non basta.

La normativa impone ai titolari del trattamento — ospedali, cliniche private, strutture pubbliche e medici — di adottare misure tecniche e organizzative adeguate per proteggere i dati e dimostrare la propria conformità alle norme, secondo il principio di accountability.

Tecnologia e privacy: un equilibrio complesso

La sicurezza dei sistemi telemedici richiede soluzioni tecnologiche di livello avanzato: dalla cifratura end-to-end delle comunicazioni ai protocolli di rete sicuri, dall’autenticazione multi-fattore per l’accesso ai sistemi fino al monitoraggio continuo del traffico e all’adozione di sistemi di backup e disaster recovery.

Accanto a queste misure tecniche, risultano indispensabili strumenti organizzativi: politiche di cybersecurity, formazione del personale sanitario e amministrativo, controlli periodici di sicurezza e gestione rigorosa di accessi e autorizzazioni.

Inoltre, il GDPR impone di progettare i sistemi secondo i principi di privacy by design e privacy by default, limitando i dati raccolti allo stretto necessario e definendo chiaramente le finalità del trattamento, i tempi di conservazione e le modalità di accesso da parte degli interessati.

Interoperabilità e frammentazione: il nodo dei sistemi informativi sanitari

Uno degli ostacoli più rilevanti nella diffusione omogenea della telemedicina in Italia è rappresentato dalla frammentazione dei sistemi informativi tra le diverse regioni e strutture sanitarie. La mancanza di standard comuni ostacola la condivisione dei dati clinici, limita la portabilità prevista dal GDPR e rischia di compromettere la continuità assistenziale dei pazienti.

Le sfide delle nuove tecnologie emergenti

L’utilizzo di intelligenza artificiale, Internet of Things e blockchain in ambito sanitario apre scenari inediti ma complessi. Se da un lato queste tecnologie promettono diagnosi più tempestive, monitoraggi continui e gestione automatizzata dei dati, dall’altro impongono nuovi interrogativi sulla trasparenza degli algoritmi, sulla sicurezza dei dispositivi connessi e sulla compatibilità tra la natura immutabile dei registri distribuiti e il diritto alla cancellazione previsto dal GDPR.

Il ruolo decisivo della formazione e della fiducia

In questo scenario, la sicurezza dei dati sanitari non è solo una questione di tecnologia, ma soprattutto di cultura. Investire nella formazione del personale, sensibilizzare pazienti e operatori sanitari sui diritti e sulle cautele necessarie, e garantire trasparenza su modalità di raccolta e utilizzo dei dati, diventa imprescindibile per consolidare la fiducia nel nuovo modello assistenziale.

Conclusione: tra diritto e innovazione, una partita ancora aperta

Il successo della telemedicina non dipenderà solo dalla qualità delle tecnologie o dall’efficacia clinica dei servizi erogati, ma dalla capacità di costruire un ecosistema digitale sicuro, affidabile e rispettoso dei diritti fondamentali. L’adeguamento al GDPR non rappresenta un ostacolo, ma la cornice necessaria per garantire che la rivoluzione sanitaria digitale avvenga in un contesto di legalità, tutela della privacy e protezione della persona.


LEGGI ANCHE

Evasione fiscale e denuncia anonima

È valida la denuncia anonima di uno scontrino o fattura mancati? Indubbiamente, in materia tributaria le denunce devono apportare la firma personale. Difatti, questa accortezza serve a evitare che le denunce diventino strumento di…

Foglieni che parla dal palco

Pacchetto sicurezza, Foglieni (AIGA): “Ricorso a diritto penale sia extrema ratio”

Il Presidente dell'Associazione ha inviato alla Commissione Giustizia del Senato le proprie osservazioni al Ddl AS-1236, cd. Pacchetto Sicurezza, evidenziando i profili di maggior criticità…

dossieraggio nordio

Dossieraggio, Nordio pensa a una commissione d’inchiesta: dubbi da Crosetto e opposizione

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha aperto alla possibilità di istituire una commissione d’inchiesta sull’indagine di Perugia in materia di dossieraggio. La proposta ha…

Locazioni non registrate: la Cassazione chiarisce i limiti della “riconduzione a congruità”

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul delicato tema dei contratti di locazione ad uso abitativo non registrati. Con l’ordinanza n. 15891 del 13 giugno 2025, la Terza Sezione civile ha stabilito i criteri applicabili ai contratti stipulati in forma scritta ma mai registrati, risolvendo una questione rimasta controversa dopo la riforma introdotta dalla Legge di Stabilità 2016.

Il caso esaminato

Il procedimento riguardava un contratto di locazione abitativa a canone libero, stipulato per iscritto prima del 1° gennaio 2016 ma mai registrato. Il locatario aveva chiesto al giudice la rideterminazione del canone sulla base degli accordi territoriali, invocando il meccanismo della cosiddetta “riconduzione a congruità”. Le corti di merito avevano però respinto la domanda, ritenendo nullo il contratto per mancata registrazione e negando così il diritto al rimborso dei canoni versati.

La questione giuridica

Al centro del giudizio vi era il dubbio se la disciplina introdotta dalla Legge di Stabilità 2016, che consente al giudice di rideterminare il canone dei contratti non registrati secondo i parametri fissati localmente, potesse applicarsi anche a contratti firmati prima del 1° gennaio 2016 ma rimasti privi di registrazione a quella data.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che i contratti scritti e non simulati, seppur non registrati e stipulati prima del 2016, non sono nulli. Tuttavia, la possibilità di chiedere la rideterminazione del canone è ammessa solo a partire dal 1° gennaio 2016, ovvero dalla data di entrata in vigore della modifica normativa.

In particolare, il giudice – si legge nell’ordinanza – potrà intervenire sul canone fissato in questi contratti esclusivamente entro i limiti stabiliti dagli accordi territoriali tra le associazioni di categoria, sia per i contratti a canone libero che per quelli a canone concordato.

Le conseguenze pratiche

Questo chiarimento della Cassazione offre un punto di riferimento importante per locatori e conduttori coinvolti in contenziosi su contratti non registrati. Resta esclusa la nullità del contratto in sé, purché scritto e non simulato, ma la possibilità di adeguare il canone ai parametri di mercato previsti dagli accordi locali sorge solo dal 2016, senza effetti retroattivi.


LEGGI ANCHE

Iscrizione all’elenco speciale per gli avvocati degli enti pubblici: il parere del CNF

Il Consiglio Nazionale Forense ribadisce l’obbligatorietà dell’iscrizione per gli avvocati dipendenti, chiarendo i limiti e le condizioni di esercizio della professione

Vietare i social ai minori di 13 anni: se ne riparla dopo il caso Chiara Ferragni

In Francia, per potersi iscrivere ad un social network, d’ora in poi bisognerà avere 15 anni. Si tratta di una proposta di legge approvata praticamente…

Giustizia civile e PNRR, Del Noce (UNCC) : “Investimenti stabili, riforme condivise e valorizzazione capitale umano”

Il presidente dell'Unione Nazionale Camere Civili critica la gestione degli interventi nel sistema giudiziario e sottolinea il rischio per migliaia di operatori a tempo determinato

Prelazione agraria, quando l’errore costa caro: il contratto può essere nullo

Il diritto di prelazione agraria — nato per favorire lo sviluppo della proprietà coltivatrice e garantire continuità all’impresa agricola familiare — è regolato da una normativa rigorosa, che impone il rispetto di precisi requisiti soggettivi e oggettivi. E se questi requisiti mancano, le conseguenze possono essere pesanti: la compravendita del terreno può infatti essere dichiarata nulla, con gravi ricadute economiche e giuridiche per tutte le parti coinvolte.

A ribadirlo è stata di recente la Corte di Cassazione, che nella sentenza n. 28413 dell’11 ottobre 2023 ha confermato come il mancato rispetto dei presupposti previsti dalla legge per l’esercizio della prelazione comporti la nullità del contratto ai sensi dell’articolo 1418 e 1421 del codice civile. In particolare, chiunque vi abbia interesse — come un promissario acquirente estromesso — può agire per far valere tale nullità.

Le regole della prelazione agraria

La disciplina vigente stabilisce che, in caso di vendita di un terreno agricolo, il diritto di prelazione spetti in via prioritaria all’affittuario coltivatore diretto che lo conduce. Se il fondo è libero da affittuari, la prelazione spetta ai coltivatori diretti proprietari di terreni confinanti.

Ma non basta possedere un terreno o coltivarlo occasionalmente: la legge impone che il coltivatore diretto, per esercitare il diritto, debba coltivare il fondo abitualmente da almeno due anni, disporre di una forza lavoro adeguata e non aver venduto altri fondi rustici nel biennio precedente.

Le conseguenze della violazione

Se chi esercita la prelazione non possiede questi requisiti, il contratto di compravendita stipulato successivamente è nullo. In questi casi, chi è stato estromesso dalla trattativa — ad esempio un soggetto che aveva sottoscritto un preliminare subordinato al mancato esercizio della prelazione — può agire giudizialmente.

Le strade percorribili sono due:

  • far dichiarare la nullità della compravendita stipulata con il prelazionante illegittimo;

  • ottenere l’esecuzione forzata del preliminare originario, chiedendo al venditore il trasferimento del fondo, poiché il contratto nullo non ha mai prodotto effetti validi.

Norme di ordine pubblico e tutela collettiva

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che le disposizioni sulla prelazione agraria sono norme di ordine pubblico, essendo finalizzate alla tutela della collettività e al perseguimento di obiettivi di politica agraria ed economica. La loro violazione determina quindi una nullità insanabile, rilevabile anche d’ufficio dal giudice.

Attenzione anche alle irregolarità formali

Non solo la mancanza dei requisiti, ma anche eventuali irregolarità procedurali — come l’omesso versamento del prezzo nel termine previsto o l’esercizio della prelazione da parte di un soggetto che non è realmente proprietario di un terreno confinante — possono comportare la nullità della vendita.

Diversa la posizione del prelazionario pretermesso

Importante infine distinguere il caso del soggetto che avrebbe dovuto essere preferito nella vendita e che invece è stato escluso. In questa situazione, il titolare della prelazione agraria non può invocare la nullità della compravendita, ma dovrà esercitare il diritto di riscatto agrario, chiedendo di subentrare al terzo acquirente alle medesime condizioni.


LEGGI ANCHE

Cassa Forense: bando contributi per strumenti informatici

Cassa Forense pubblica il bando per l’assegnazione di contributi agli avvocati per digitalizzarsi Cassa Forense pubblica online il bando n. 1/2022 per l’assegnazione di contributi per l’acquisto di strumenti informatici per lo studio legale. Destinatari dell’iniziativa sono gli avvocati e…

uomo con computer in mano

Finta citazione in giudizio: attenzione alle email

Vi segnaliamo un nuovo caso di "email truffa” che sta circolando in queste ore.

L'”intima gioia” di Delmastro e le reazioni di politica e avvocatura

“È per il sottoscritto un'intima gioia l'idea di far sapere ai cittadini come noi non lasciamo respirare chi sta dietro quel vetro”, ha dichiarato Delmastro…

Animali come esseri senzienti: svolta storica nella tutela penale con la Legge Brambilla

Una riforma attesa da anni e ora finalmente realtà: con l’approvazione definitiva del disegno di legge n. 1308, il Senato della Repubblica ha sancito un cambio di paradigma nella tutela giuridica degli animali. La Legge Brambilla, dal nome della promotrice Michela Vittoria Brambilla, riconosce per la prima volta in modo esplicito gli animali come esseri senzienti, titolari di una tutela autonoma e non più subordinata al “sentimento umano” nei loro confronti.

Si tratta di un passo storico per l’Italia, che aggiorna il proprio impianto normativo a una sensibilità etica e giuridica ormai diffusa in Europa e recepita da tempo dalla giurisprudenza.

Dal sentimento umano ai diritti degli animali

La filosofia della nuova legge, come sottolineato in aula dal relatore senatore Manfredi Potenti, segna la transizione da una tutela indiretta — legata alla lesione del sentimento umano — a una tutela diretta degli animali come soggetti di diritto. Un principio già affermato da recenti pronunce di merito e di legittimità, ora definitivamente recepito nel Codice penale.

Sanzioni più severe e nuove fattispecie di reato

Il cuore della riforma sta nell’inasprimento delle pene per i reati già previsti dal Codice penale e nell’introduzione di nuove figure di illecito. Tra le principali modifiche:

  • Uccisione di animali (Art. 544-bis): reclusione da sei mesi a tre anni e multa fino a 30.000 euro, che sale a quattro anni di carcere e 60.000 euro di multa in caso di sevizie o sofferenze prolungate.

  • Maltrattamento di animali (Art. 544-ter): pena della reclusione da sei mesi a due anni e multa, ora obbligatoriamente cumulativa.

  • Combattimenti tra animali (Art. 544-quinquies): innalzata la pena da due a quattro anni, con multa da 50.000 a 160.000 euro.

Si aggiungono nuove fattispecie come l’allevamento e l’addestramento per combattimenti e le scommesse sui combattimenti.

Aggravanti e strumenti procedurali innovativi

La legge introduce inoltre nuove aggravanti, tra cui la commissione dei reati alla presenza di minori, nei confronti di più animali o la diffusione via internet di immagini di maltrattamenti.

Sul piano procedurale, il nuovo articolo 260-bis c.p.p. disciplina il sequestro, la confisca e l’affidamento degli animali, mentre un’ulteriore novità è rappresentata dal divieto di abbattimento o alienazione degli animali coinvolti in procedimenti penali.

Più tutele anche per gli animali d’affezione

Particolare attenzione è dedicata agli animali da compagnia: divieto di detenzione a catena, pene più severe per il traffico illecito e il divieto commerciale di pellicce e pelli di gatto.

Infine, l’abbandono di animali (art. 727 c.p.) vede innalzata la sanzione minima da 1.000 a 5.000 euro.

Una riforma attesa, ma non senza criticità applicative

La legge rappresenta un rafforzamento dell’effetto deterrente e un adeguamento ai principi già affermati dalla Cassazione. Restano però delle sfide: dalla gestione degli animali confiscati, al coordinamento tra forze di polizia, fino alla formazione degli operatori giudiziari e amministrativi.


LEGGI ANCHE

Riconoscere l’accesso a Internet in costituzione

Riconoscere l’accesso a Internet in costituzione?

Come sarebbe stato, questo lockdown, se non avessimo avuto Internet? Saremmo riusciti a portare avanti il nostro lavoro, a tenerci aggiornati sulla situazione, a mantenere…

Nuove regole per il deposito degli atti penali: obblighi, eccezioni e opzioni facoltative dal 1° gennaio 2025

Le novità, operative da domani 1 gennaio 2025, prevedono un maggiore ricorso al portale telematico, con alcune eccezioni e possibilità facoltative.

lotta al riciclaggio e modifiche al codice penale Servicematica

Direttiva Ue 2018/1673, lotta al riciclaggio e modifiche al codice penale

Il 4 novembre scorso, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto che attua la direttiva UE n. 2018/1673 relativa alla lotta al riciclaggio attraverso…

Contributo unificato, nessun obbligo per l’avvocato di anticiparlo al cliente

Nessun obbligo, neppure sul piano deontologico, per l’avvocato di anticipare il Contributo Unificato al cliente. È quanto ha precisato il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza n. 410 del 6 novembre 2024 (pres. f.f. Corona, rel. Cassi), intervenendo su una questione che spesso genera dubbi tra i professionisti forensi.

Secondo il CNF, all’avvocato è sufficiente fornire al cliente un’adeguata informativa circa le conseguenze della mancata contribuzione. Non costituisce quindi illecito disciplinare l’iscrizione a ruolo di una o più cause in assenza del versamento del contributo unificato all’Erario, poiché nessuna norma impone al legale l’obbligo di anticipare di tasca propria tali somme. Nemmeno l’art. 13, comma 10 della legge professionale forense (L. 247/2012) prevede un dovere in tal senso, attribuendo invece al difensore solo il diritto al rimborso delle spese vive eventualmente anticipate.

Diverso, invece, il caso in cui, per il mancato pagamento del contributo unificato da parte del cliente, l’avvocato ometta di promuovere una causa o di procedere all’iscrizione a ruolo. In tale ipotesi, chiarisce il Consiglio, si configurerebbe una responsabilità disciplinare per violazione della funzione sociale dell’avvocatura, oltre che degli obblighi derivanti dal mandato professionale, come previsto dal Codice Deontologico Forense e dalle norme del Codice Civile.


LEGGI ANCHE

Riforma fiscale

Riforma fiscale: fondamentale il contributo dei professionisti

Gianni Di Matteo, presidente di Uncat, ha valutato positivamente la legge sulla delega fiscale, approvata di recente dalla Camera, dichiarando: «Non posso che essere d’accordo…

Stiamo per assistere alla ribellione delle macchine? Miti e realtà dell’intelligenza artificiale

Negli ultimi tempi sono stati pubblicati tantissimi articoli e appelli riguardo i sistemi di intelligenza artificiale, diffondendo l’idea che presto le macchine si ribelleranno a…

vaccinazione

Vaccinazione nei luoghi di lavoro, anche negli studi professionali

Il “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS – CoV-2/Covid 19 nei luoghi di lavoro”…

Arbitrato sul lavoro, no all’appello: solo la Cassazione può sindacare il lodo

Nuovo importante intervento della Corte di Cassazione sul tema degli arbitrati irrituali in materia di lavoro. Con la sentenza n. 12278/2025, la Suprema Corte ha stabilito che un lodo arbitrale irrituale, previsto dall’articolo 6 dello Statuto dei lavoratori, non è impugnabile con l’appello ordinario, ma esclusivamente mediante ricorso in Cassazione, ai sensi dell’articolo 412-quater del Codice di procedura civile.

La vicenda trae origine da un licenziamento per giustificato motivo soggettivo avvenuto nel giugno 2020. Il lavoratore, opponendosi al provvedimento, aveva attivato la procedura arbitrale prevista dallo Statuto, ottenendo nel marzo 2021 un lodo che convertiva il licenziamento in una sanzione conservativa, pari a quattro ore di retribuzione.

Il datore di lavoro, tuttavia, non aveva dato esecuzione al lodo e il dipendente si era rivolto al Tribunale, che aveva confermato la validità della decisione arbitrale, respingendo la richiesta di annullamento avanzata dall’azienda. Quest’ultima aveva allora proposto appello, accolto dalla Corte territoriale, che aveva ritenuto inapplicabile la procedura arbitrale ai licenziamenti disciplinari.

La Cassazione ha ribaltato questo orientamento, richiamando anche precedenti delle Sezioni Unite (25253/2009). Secondo i giudici di legittimità, il lodo previsto dallo Statuto ha natura irrituale e la sua efficacia vincolante discende dalla volontà delle parti. Pertanto, le eventuali impugnazioni sono ammesse unicamente in Cassazione e non con ricorso ordinario in appello. Di conseguenza, la sentenza di secondo grado è stata dichiarata inesistente per incompetenza per grado.

La Suprema Corte ha altresì escluso la possibilità di applicare il meccanismo della translatio iudicii, sottolineando come l’incompetenza per grado non consenta di salvare il procedimento impugnatorio. Inoltre, poiché il Tribunale aveva già confermato la validità del lodo, e tale decisione non era stata impugnata nei modi corretti, essa è divenuta definitiva, producendo un giudicato esterno che vincola i giudici successivi, indipendentemente dalle posizioni delle parti in giudizio.


LEGGI ANCHE

Il processo civile sarà solo digitale, parola di Bonafede

Il processo civile sarà solo digitale, parola di Bonafede

Le difficoltà generate dalla pandemia di COVID hanno accelerato la digitalizzazione della giustizia, e il Ministro Bonafede ha tutta l’intenzione di non abbandonare la via…

secondment

Avvocato in prestito alle aziende: ecco il secondment

Gli studi legali possono prestare temporaneamente i propri avvocati alle aziende che ne hanno bisogno. Questa pratica ha un nome, secondment, e all’estero (soprattutto nel…

crisi praticantato avvocati

Elezioni COA: stretta sulla rielezione, apertura sulle preferenze di genere

Due importanti decisioni delle Sezioni Unite della Cassazione chiariscono le regole per le elezioni dei Consigli degli Ordini Forensi (COA) e dei Consigli Distrettuali di…

La Commissione europea cerca candidati per il gruppo di esperti scientifici sull’IA

La Commissione europea sta istituendo un gruppo scientifico di esperti indipendenti per sostenere l’attuazione e l’applicazione del regolamento sull’intelligenza artificiale (IA).

Il gruppo si concentrerà sui modelli e sui sistemi di IA per finalità generali, fornendo consulenza all’Ufficio europeo per l’IA e alle autorità nazionali in merito ai rischi sistemici, alla classificazione dei modelli, alle metodologie di valutazione e alla vigilanza transfrontaliera del mercato. Avvertirà inoltre l’Ufficio per l’IA dei rischi emergenti.

La Commissione cerca 60 membri per un mandato rinnovabile di 24 mesi.

Per candidarsi occorre avere esperienza in modelli e sistemi di IA per finalità generali, effetti dell’IA, o settori correlati, come la valutazione dei modelli, la valutazione del rischio e le misure di attenuazione, la cibersicurezza, i rischi sistemici emergenti e le misure e soglie di calcolo. Gli esperti devono avere un dottorato di ricerca o esperienza equivalente e rimanere indipendenti da qualsiasi fornitore di IA.

Il processo di selezione garantirà l’equilibrio di genere e la rappresentanza degli Stati membri dell’UE e nei paesi SEE/EFTA. Sebbene la cittadinanza dell’UE non sia un requisito, l’80% degli esperti deve provenire dagli Stati membri dell’UE o dell’EFTA.

È possibile candidarsi fino al 14 settembre. Maggiori informazioni sono disponibili qui.


LEGGI ANCHE

Avvocati: sul sito web no alla pubblicità ingannevole

Avvocati: sul sito web no alla pubblicità ingannevole

Usare sul proprio sito il termine “gratuito” viola dovere e decoro della professione Il Cnf, con la sentenza n. 75/ 2021 rinvia un Avvocato del…

Inaugurazione dell’anno giudiziario 2024 del Consiglio Nazionale Forense: il video dei lavori

Ecco il link dove poter visualizzare la registrazione dei lavori relativi all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2024 del Consiglio Nazionale Forense:     LEGGI ANCHE: Il Consiglio…

I primi 4 paradisi fiscali al mondo sono UE. Almeno 10 miliardi l’anno sottratti al nostro fisco

I primi cinque paradisi fiscali al mondo sono il Principato di Monaco, il Granducato del Lussemburgo, il Liechtenstein e le Channel Islands che sono situate…

Stato del decennio digitale 2025: necessari nuovi interventi a favore di trasformazione digitale e sovranità tecnologica

La relazione della Commissione sullo stato del decennio digitale 2025 ha valutato i progressi compiuti dall’UE nei quattro settori prioritari per la trasformazione digitale dell’UE entro il 2030, evidenziando i risultati conseguiti e le lacune nei settori delle infrastrutture digitali, della digitalizzazione delle imprese, delle competenze digitali e della digitalizzazione del servizio pubblico.

Dalla relazione emerge che, sebbene ci siano progressi, la diffusione dell’infrastruttura di connettività, come le reti in fibra ottica e 5G “stand-alone”, è ancora in ritardo. Sempre più aziende utilizzano l’intelligenza artificiale (AI), il cloud e i big data, ma l’adozione deve accelerare. Poco più della metà degli europei (55,6%) ha competenze digitali di livello base, mentre la disponibilità di specialisti delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione con competenze avanzate rimane bassa e con un forte divario di genere, ostacolando i progressi in settori chiave, come la cibersicurezza e l’IA. Nel 2024 l’UE ha compiuto progressi costanti nella digitalizzazione dei servizi pubblici fondamentali, ma una parte considerevole dell’infrastruttura digitale governativa continua a dipendere da fornitori di servizi esterni all’UE.

I dati mostrano sfide persistenti, come mercati frammentati, normative eccessivamente complesse, sicurezza e dipendenza strategica. Ulteriori investimenti pubblici e privati e un più facile accesso al capitale di rischio per le imprese dell’UE accelererebbero l’innovazione e l’espansione.

Gli Stati membri riesamineranno le raccomandazioni della Commissione e discuteranno con questa la via da seguire. Nel 2026 la Commissione riesaminerà gli obiettivi del programma strategico per il decennio digitale per valutare se riflettano ancora l’evoluzione del panorama digitale e soddisfino le esigenze relative alle priorità e alle ambizioni dell’UE.


LEGGI ANCHE

Il 2022 è stato l’anno con il maggior tasso di suicidi nelle carceri italiane

Nel 2022 si sono suicidate 84 persone all’interno delle carceri italiane: 78 uomini e 5 donne – le donne rappresentano il 5% delle persone detenute…

Risparmio energetico: ecco come la PA potrebbe fare la differenza

Ultimamente si sente parlare spesso dell’aumento dei costi dell’energia, conseguenza della guerra in Ucraina. È un tema che riguarda tutti noi. Aziende, pubbliche amministrazioni, privati…

G20: Tassazione globale per i super-ricchi, addio alla tassa digitale

Niente tassa minima per i miliardari, come proposto dal presidente brasiliano Lula, ma un cambio di rotta rispetto alla tassazione digitale, ora in stallo.

Decreto fiscale di giugno: proroghe, semplificazioni e nuove regole per imprese e professionisti

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 12 giugno un nuovo decreto legge fiscale che aggiorna e alleggerisce il calendario delle scadenze tributarie, intervenendo anche su una serie di nodi tecnici rimasti in sospeso nei mesi scorsi. Tra le misure più attese, la proroga dei versamenti fiscali al 21 luglio 2025 senza maggiorazioni e alcune modifiche di rilievo per professionisti e imprese, tra cui la tracciabilità obbligatoria delle spese di rappresentanza e il superamento dello split payment per le società quotate.

Una manovra di medio respiro, che raccoglie le richieste di categorie e professionisti, promettendo semplificazioni e nuove opportunità in ambito fiscale.


Versamenti rinviati al 21 luglio senza maggiorazione

Con il decreto è ufficiale il rinvio delle scadenze fiscali al 21 luglio 2025, senza l’applicazione dello 0,40% di maggiorazione. Un provvedimento che interessa oltre 4,6 milioni di partite Iva, includendo titolari di attività economiche soggette agli Indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), professionisti in regime forfetario e contribuenti che hanno aderito al Concordato preventivo biennale (CPB).

Dal 22 luglio al 20 agosto, i versamenti saranno ancora possibili, ma con la maggiorazione prevista. Un margine temporale che consente di alleggerire la consueta pressione di fine giugno e permette ai contribuenti di gestire il saldo 2024 e il primo acconto 2025 anche nel cuore dell’estate.

Grande soddisfazione è stata espressa dal Consiglio nazionale dei commercialisti, che aveva avanzato la proposta e ha ottenuto il supporto del Ministero dell’Economia.


IMU, documentazione fiscale e dichiarazioni prorogate

Il decreto allunga inoltre i tempi per altri adempimenti:

  • I Comuni potranno approvare le delibere IMU per il 2025 fino al 15 settembre.
  • Le imprese internazionali beneficiano di una proroga al 31 ottobre 2025 per presentare la documentazione sui disallineamenti fiscali da ibridi.
  • Le dichiarazioni dei redditi e IRAP con scadenza 31 ottobre 2024 saranno considerate tempestive se presentate entro l’8 novembre 2024, evitando sanzioni, sebbene senza possibilità di rimborso per chi abbia già pagato.

Un insieme di proroghe che mira a ridisegnare il calendario fiscale con più razionalità e certezze operative.


Spese di rappresentanza: obbligo di tracciabilità anche per i professionisti

Arriva una stretta sulle modalità di deduzione delle spese di rappresentanza per i lavoratori autonomi: da ora in poi saranno deducibili solo se sostenute con strumenti tracciabili come bonifici, carte di credito, bancomat o sistemi digitali. Finora, i professionisti avevano la possibilità di utilizzare anche contanti.

Restano escluse da questa novità le spese di pubblicità e sponsorizzazioni, che mantengono un trattamento differenziato. Si tratta di un passo importante verso l’omogeneizzazione delle regole fiscali tra imprese e professionisti, oltre che di un ulteriore argine all’utilizzo del contante.


Nuove regole fiscali per le plusvalenze e i proventi finanziari dei professionisti

Cambia anche la qualificazione reddituale di alcune entrate dei professionisti:

  • Le plusvalenze da cessione di partecipazioni in associazioni e società professionali non rientreranno più nel reddito di lavoro autonomo, ma saranno tassate come redditi diversi.
  • Gli interessi e altri proventi di natura finanziaria non saranno più assimilati al reddito professionale, ma considerati redditi di capitale.

Due modifiche di rilievo che puntano a rendere più lineare e coerente il sistema di tassazione per il lavoro autonomo.


Semplificazioni per le imprese: deduzione del lavoro e regime CFC

Sul fronte delle imprese, il decreto introduce:

  • Una semplificazione nel riporto delle perdite fiscali, per favorire la continuità aziendale anche in contesti difficili.
  • L’ampliamento della maxideduzione sul costo del lavoro per chi assume, eliminando il limite relativo alle società collegate.
  • Interventi di adeguamento al Pillar 2 OCSE per garantire un’imposta minima nazionale e maggiore coerenza nel regime delle società estere controllate (CFC).

Misure pensate per alleggerire gli oneri amministrativi e rendere più attrattivo il sistema fiscale italiano.


IVA: addio allo split payment per le società quotate e reverse charge esteso

Dal 1° luglio 2025, le società quotate nell’indice FTSE MIB usciranno definitivamente dal regime di split payment, in coerenza con il quadro normativo europeo.

Parallelamente, si amplia il ricorso al reverse charge per i servizi di trasporto e logistica, anche se la misura resta subordinata all’autorizzazione UE. Nelle more, sarà possibile applicare lo split payment su base volontaria nei rapporti di appalto e subappalto.


Terzo settore e altre misure

Infine, il decreto conferma:

  • L’entrata in vigore dal 1° gennaio 2026 del nuovo regime fiscale per enti del terzo settore e imprese sociali, superando il vincolo dell’autorizzazione UE.
  • La proroga al 31 ottobre 2025 della documentazione sui disallineamenti da ibridi.
  • Chiarimenti sul regime delle CFC e sull’imposta minima equivalente.

Restano escluse dal pacchetto alcune misure onerose, come il rinvio della sugar tax e la rimodulazione IVA nel mercato dell’arte, che saranno oggetto di un successivo provvedimento.


LEGGI ANCHE

Oggi il giuramento dei nuovi giudici della Corte Costituzionale

Con decreto del 6 novembre 2023, ai sensi dell’art. 135 della Costituzione, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha nominato i nuovi giudici della Corte…

bando-cassa-forense-2021

Cassa Forense: bando “Marco Ubertini” 2021

La domanda di partecipazione va inviata esclusivamente via pec entro le 24 del 2 maggio 2022 Sul suo sito, Cassa Forense comunica la pubblicazione del bando…

Decreto Sicurezza, scontro in Aula: proteste e tensioni tra maggioranza e opposizioni

Bagarre alla Camera tra cartelli, accuse e voto di fiducia. Il provvedimento passa con 163 sì, ma resta alta la tensione in vista del voto…

Iso 27017
Iso 27018
Iso 9001
Iso 27001
Iso 27003
Acn
RDP DPO
CSA STAR Registry
PPPAS
Microsoft
Apple
vmvare
Linux
veeam
0
    Prodotti nel carrello
    Il tuo carrello è vuoto