Nordio: “Nella giustizia civile progressi immensi, abolizione abuso d’ufficio una rivoluzione strategica”

Roma, 16 aprile 2025 – Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è stato ospite del dibattito organizzato dal The European House Ambrosetti Club dal titolo “Le priorità e le prospettive della giustizia in Italia”, presso l’Hotel Parco dei principi di Roma.

Nell’ambito della giustizia civile, “che tocca tutti noi, molto di più di quella penale”, ha detto il Guardasigilli in apertura, “abbiamo fatto dei progressi immensi, stimolati dai vincoli del PNRR; in questi due anni siamo intervenuti sull’arretrato e abbiamo abbattuto di molto le percentuali”. In questo settore, aggiunto Nordio, “abbiamo cercato di semplificare le procedure”, anche grazie all’apporto di un processo civile telematico efficiente.

Un contributo fondamentale per velocizzare il processo proviene poi dalla progressiva stabilizzazione degli addetti all’Ufficio per il processo che, ha sottolineato ancora il Ministro, “siamo riusciti a ottenere dall’Unione europea con argomenti convincenti”.

Per quanto riguarda la giustizia penale, “l’abolizione del reato di abuso d’ufficio è una rivoluzione strategica”, ha sottolineato il Guardasigilli. Una misura che migliora la competitività e che, per questo motivo, è auspicata sin dal 2015 da The European House Ambrosetti. Con l’abolizione di questo reato è stata eliminata alla radice, ha detto Nordio, “la paura della firma, che determinava un rallentamento enorme della pubblica amministrazione e timori per l’amministratore di rispondere penalmente e essere portato davanti al pubblico ludibrio a mezzo stampa”.

Il Guardasigilli ha inoltre parlato della riforma della giustizia, ora all’esame del Parlamento, e delle prospettive del processo penale. “Deve essere liberale, dove sia enfatizzata la presunzione d’innocenza e garantita la certezza della pena”, ha detto il Ministro.


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Istruttoria Antitrust equo compenso, UNCC: “No a logiche di mercato per la professione forense”

Roma, 16 aprile 2025 – L’Unione Nazionale delle Camere Civili esprime forte preoccupazione in merito alla delibera n. 31515 del 25 marzo 2025 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che ha avviato un’istruttoria nei confronti del Consiglio Nazionale Forense (CNF) per la presunta violazione dell’art. 101 TFUE, a seguito dell’introduzione dell’art. 25-bis nel Codice Deontologico Forense.

Secondo l’AGCM, tale norma rappresenterebbe un ostacolo alla libera concorrenza. Una lettura, questa, che l’UNCC considera profondamente errata sia nel merito che nei principi sottesi.

L’avvocato non è un’impresa: è un presidio di giustizia costituzionale

L’equiparazione dell’avvocatura a un’attività economica ordinaria ignora il ruolo pubblico e costituzionale della professione forense, sancito dalla Costituzione e dalla Legge professionale forense (L. 247/2012). L’avvocato è un attore essenziale nella tutela dei diritti e nell’attuazione della giurisdizione, e non può essere ridotto a semplice operatore di mercato.

L’introduzione dell’art. 25-bis è l’attuazione di un preciso vincolo legislativo previsto dalla L. 49/2023, e non frutto di una scelta regolatoria autonoma. L’obiettivo è dare effettività all’equo compenso, strumento voluto dal legislatore per garantire la dignità della prestazione professionale.

La deontologia protegge i diritti, non ostacola la concorrenza

Le misure deontologiche previste non introducono tariffe minime né limitano la libertà dei professionisti, ma garantiscono un livello minimo di equità e qualità nel rapporto tra avvocato e cliente. Si tratta di strumenti etici, non mercantili, volti a tutelare i professionisti più vulnerabili e a contrastare il dumping professionale, che danneggia l’intero sistema giustizia.

L’AGCM sembra ignorare che anche il diritto europeo ammette restrizioni alla concorrenza quando giustificate da esigenze superiori, come la qualità del servizio giuridico e il buon funzionamento del sistema giudiziario. Le regole deontologiche perseguono proprio questi obiettivi.

Equo compenso non è un cartello

L’equo compenso non costituisce un’intesa restrittiva della concorrenza, ma una misura di civiltà giuridica, imposta dalla legge, che garantisce una retribuzione proporzionata alla complessità e al valore sociale della prestazione professionale. Parlare di cartello è fuorviante e privo di fondamento.

Con questa delibera, – spiega il presidente di UNCC, Alberto Del Noce – l’AGCM rischia di snaturare la funzione costituzionale della professione forense e di favorire le logiche dei poteri economici forti, indebolendo le tutele dei cittadini. L’UNCC ribadisce che la deontologia non è un ostacolo alla concorrenza, ma una garanzia per la giustizia e per i diritti fondamentali”.


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Giustizia, incontro tra Nordio e ANM: “Collaborazione concreta, ma le distanze restano”

Roma – Un incontro “franco e aperto” ma con posizioni ancora distanti su diversi nodi centrali. È questo il bilancio dell’appuntamento tra il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e una delegazione dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) guidata dal presidente Cesare Parodi, svoltosi ieri mattina nella sede del Ministero.

Al centro del confronto, durato oltre due ore, i principali problemi della giustizia italiana: sovraffollamento carcerario, carenze di organico, edilizia penitenziaria, geografia giudiziaria, fino all’applicazione del processo telematico e all’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei procedimenti. Anche il nuovo reato di femminicidio è stato discusso, con particolare attenzione alle ricadute sulla collegialità dei giudizi e sull’efficienza dei processi.

“Su molti temi c’è stata sintonia – ha dichiarato Parodi – anche se non possiamo parlare di accordo su tutto. Il clima è stato sicuramente collaborativo e torniamo a casa con più cose concrete”. Tra le priorità condivise, il miglioramento delle condizioni lavorative nei tribunali e la volontà comune di affrontare le criticità con spirito costruttivo.

Via Arenula sottolinea nella sua nota che sono stati trovati accordi per “un’azione bilaterale” su molte questioni tecniche, mentre su aspetti più politici – come la stabilizzazione del personale precario e il diritto alla malattia dei magistrati – il Ministro ha illustrato “i risultati raggiunti e gli obiettivi futuri compatibilmente con la legge di bilancio”.

Non è mancato un piccolo incidente: in una delle foto diffuse dal Ministero si vede Nordio con una sigaretta accesa, nonostante il divieto di fumo negli uffici pubblici. L’ufficio stampa ha subito chiarito: “Era spenta”, ma l’immagine mostra chiaramente la brace accesa.

Sul fronte delle Rems, della carcerazione preventiva e dell’organico dei magistrati di sorveglianza, il confronto si è sviluppato in un’ottica di collaborazione prolungata. Ma la riforma costituzionale non è stata oggetto di discussione, come precisato sia da Parodi sia dal Ministero.

Sulla proposta di rimodulare i criteri della carcerazione preventiva, Parodi ha mantenuto cautela: “Vogliamo prima vedere il testo. È una delle vie su cui il Ministro intende lavorare per ridurre il numero dei detenuti”.

Un primo passo di dialogo, dunque, in un clima che ambisce alla cooperazione, pur nel rispetto delle diverse prerogative e visioni. Resta da vedere se le buone intenzioni si tradurranno in atti concreti.


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Tornano in pista ex assessori e consiglieri: il governo apre ai dirigenti “a chiamata” negli enti locali

La riserva obbligatoria per le mobilità nei piccoli Comuni e il vincolo di accesso alla dirigenza tramite concorso stanno per saltare. Il governo ha dato il via libera a un emendamento di Forza Italia, approvato in Commissione alla Camera, che riscrive le regole sul conferimento degli incarichi dirigenziali a termine negli enti pubblici. Si tratta di un correttivo al decreto sulla Pubblica Amministrazione destinato a modificare profondamente l’assetto normativo costruito nel 2013 sull’onda dell’“anticasta”.

La nuova norma permetterà agli ex assessori, ex presidenti ed ex consiglieri regionali o comunali di tornare nell’amministrazione come dirigenti, anche nello stesso ente in cui hanno esercitato potere politico, senza più l’obbligo del concorso pubblico.

Fino ad oggi, la normativa vietava l’accesso a incarichi dirigenziali in Regione o negli enti controllati nei due anni successivi alla fine del mandato. Con il nuovo emendamento, si cancella il vincolo di non conferibilità per gli incarichi a termine “intuitu personae”, ossia quelli fiduciari, nei cosiddetti uffici di staff. Una deregolamentazione che consente a chi ha appena lasciato una giunta o un consiglio locale di rientrare subito nei vertici amministrativi, aggirando la selezione tramite concorso.

Non si tratta dell’unico ritocco previsto nel pacchetto di modifiche. Un’altra proposta, contenuta nel testo in fase di approvazione, punta a eliminare l’obbligo di riservare almeno il 5% delle nuove assunzioni al personale in mobilità, sia nei grandi Comuni (con almeno 100 dipendenti) sia nei piccoli enti che effettuano meno di dieci assunzioni l’anno. Obiettivo: rendere più fluide le procedure di reclutamento, ma al prezzo — secondo i critici — di un indebolimento delle tutele per il personale già in servizio nella pubblica amministrazione.

Si smantella così, pezzo per pezzo, l’impianto di norme introdotto nel 2013 per contrastare la lottizzazione politica negli enti territoriali. Una linea che ora sembra definitivamente archiviata, insieme all’ondata di rigore che l’aveva ispirata.


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Pensioni a rischio per i condoni: buco da 6,6 miliardi nei conti INPS

Le ripetute operazioni di saldo e stralcio dei contributi previdenziali non versati fino al 2015 hanno lasciato un segno profondo nei conti dell’INPS: un buco da 6,6 miliardi di euro, che dovrà ora essere ripianato dallo Stato per garantire in futuro il pagamento delle pensioni.

L’allarme arriva dal Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell’INPS, che ha approvato una delibera sui «riaccertamenti dei residui attivi e passivi al 31 dicembre 2023». Il Civ, presieduto da Roberto Ghiselli, ha chiesto agli organi istituzionali — in primis il Governo — di garantire interventi compensativi a carico della fiscalità generale, ovvero dei contribuenti, per evitare che gli oneri futuri ricadano sull’ente previdenziale.

Le cancellazioni dei contributi evasi, decise dai governi Conte (2018), Draghi (2020) e Meloni (2022), hanno comportato la rinuncia a crediti per oltre 18 miliardi di euro, di cui 15 miliardi solo nel 2024. Di questi, i condoni del 2021 e 2022 avrebbero generato effetti diretti sulle gestioni pensionistiche dei lavoratori dipendenti, secondo quanto evidenziato anche dalla Commissione Entrate ed Economico-Finanziaria del Civ.

A sollevare la questione anche il capogruppo del Partito Democratico al Senato, Francesco Boccia, che annuncia un’interrogazione parlamentare:

«Lo stralcio dei crediti fino a mille euro, relativi al periodo 2000-2015, introdotto dalla prima manovra del Governo Meloni, da solo vale 9,9 miliardi. Il Governo deve chiarire come intende coprire il costo delle prestazioni future».

Non si è fatta attendere la replica del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, che ha respinto le accuse parlando di «allarme infondato» e di «abbaglio» da parte di chi considera un danno alla collettività la cancellazione di vecchie posizioni contributive, alcune risalenti a oltre 25 anni fa, per importi fino a 5.000 euro.

Ma per il Civ dell’INPS la questione resta seria: senza coperture certe e interventi strutturali, i conti del sistema previdenziale rischiano di trovarsi esposti a squilibri futuri.


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Lavoro in Veneto, partenza lenta per la stagione turistica: 8.000 assunzioni in meno nel primo trimestre

Con la stagione turistica partita in ritardo, complice una Pasqua caduta più tardi del solito, e con un ricorso ancora diffuso alla cassa integrazione, il mercato del lavoro dipendente in Veneto segna una frenata: nel primo trimestre del 2025 si registrano 8.000 assunzioni in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, di cui quasi 7.000 soltanto a marzo. Un calo che colpisce soprattutto le donne, che segnano 5.800 assunzioni in meno nel trimestre e ben 3.600 solo nel mese di marzo.

I dati emergono dal report trimestrale “La Bussola” elaborato da Veneto Lavoro, che evidenzia anche un calo del 5% nelle assunzioni complessive, che arriva a -15% nel solo mese di marzo. Nonostante tutto, il saldo dei posti di lavoro creati resta positivo: +51.300, anche se inferiore di 7.400 unità rispetto allo stesso trimestre del 2024.

A commentare la situazione è Tiziano Barone, direttore di Veneto Lavoro: «A influire è soprattutto la partenza posticipata della stagione turistica, che ha spostato in avanti le assunzioni legate al settore, e il continuo utilizzo della cassa integrazione, che blocca le nuove entrate anche in contesti di crisi».

Nel dettaglio dei contratti, quelli a tempo indeterminato diretti scendono a 33.100 nel trimestre, con una flessione di 2.000 unità rispetto al 2024. Tuttavia, crescono le stabilizzazioni: +11%, ovvero 2.000 trasformazioni in più (19.000 contro 17.000). Un segnale che indica una preferenza per la stabilità occupazionale, ma che non riesce a compensare del tutto la flessione delle assunzioni iniziali.

L’industria resta al palo: 41.600 assunzioni nel trimestre, 800 in meno rispetto al 2024 e quasi 5.000 in meno rispetto al 2023. In calo soprattutto i settori dell’abbigliamento (-240 posti), dell’occhialeria (-71) e, in misura minore, delle calzature (-37).

Anche il lavoro part-time perde colpi, soprattutto tra le donne, dove la riduzione è più marcata rispetto agli uomini: -9% contro -2%.

Un quadro che racconta un mercato del lavoro ancora fragile, dove la prudenza delle imprese e l’incertezza economica si riflettono sulla qualità e quantità delle nuove assunzioni.


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NIS2, via alle PEC dell’ACN: le aziende devono agire subito

L’attuazione della direttiva europea NIS2 entra nel vivo: a partire dal 12 aprile 2025, l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) ha avviato l’invio delle PEC ufficiali alle imprese e agli enti pubblici che rientrano nel nuovo perimetro nazionale di sicurezza informatica previsto dal Decreto Legislativo 123/2023.

Le comunicazioni, recapitate digitalmente, notificano l’inserimento formale dei destinatari nel registro degli operatori di servizi essenziali e importanti, cioè le aziende obbligate a garantire elevati standard di sicurezza informatica per proteggere dati, reti e infrastrutture critiche.

Chi riceverà la PEC?

Le notifiche sono indirizzate a soggetti pubblici e privati attivi nei settori strategici indicati dalla direttiva, tra cui:

  • energia, trasporti, sanità, bancario e finanziario,
  • infrastrutture digitali, pubblica amministrazione,
  • fornitori di servizi cloud, data center e telecomunicazioni.

Cosa bisogna fare subito

Per le aziende coinvolte, la notifica avvia ufficialmente una serie di adempimenti. Non si tratta di una semplice comunicazione informativa: l’inclusione comporta l’obbligo di adeguarsi a un sistema rigoroso di prevenzione e risposta agli incidenti informatici. Tra gli obblighi immediati:

Designazione del referente per la sicurezza ICT
L’azienda deve nominare un punto di contatto interno responsabile della comunicazione con l’ACN e del coordinamento delle misure di cybersecurity.

Valutazione del rischio
Entro tempi brevi, le organizzazioni devono condurre una mappatura dei rischi e definire un piano di gestione, monitoraggio e mitigazione degli stessi.

Comunicazione obbligatoria degli incidenti
Eventuali violazioni o attacchi significativi devono essere segnalati tempestivamente all’ACN entro 24 ore dalla rilevazione.

Adozione di misure tecniche e organizzative adeguate
Le imprese dovranno dimostrare di adottare sistemi di sicurezza informatica aggiornati, formazione del personale e procedure di controllo periodico.

Cosa si rischia

Chi non si adegua rischia sanzioni molto severe, che possono arrivare fino al 2% del fatturato annuo globale, a seconda della gravità della violazione. L’ACN, insieme ad altri enti ispettivi, potrà disporre controlli e richiedere la documentazione necessaria a verificare la conformità alle norme.

Una normativa che cambia il paradigma

La direttiva NIS2 – recepita in Italia con il D.lgs. 123/2023 – potenzia il quadro normativo europeo in materia di sicurezza informatica, estendendo l’ambito soggettivo rispetto alla precedente NIS1 e introducendo obblighi stringenti anche per imprese private non precedentemente incluse.

L’obiettivo è aumentare la resilienza dell’intero sistema-Paese, rafforzando la protezione contro minacce sempre più sofisticate e diffuse.

Le imprese interessate devono dunque attivarsi immediatamente, anche rivolgendosi a consulenti specializzati o certificatori accreditati, per non farsi trovare impreparate davanti a una rivoluzione normativa che è già operativa.


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La Commissione investe 140 milioni di € per la diffusione delle tecnologie digitali fondamentali

La Commissione ha pubblicato quattro nuovi inviti a presentare proposte per un valore di 140 milioni di € nell’ambito del programma Europa digitale (DIGITAL) per promuovere il lancio dell’intelligenza artificiale (IA), favorire le competenze digitali avanzate, ampliare la rete dei poli europei dell’innovazione digitale (EDIH) e combattere la disinformazione.

Di questi 140 milioni di € , 55 milioni di € sono messi a disposizione per introdurre l’IA generativa nella pubblica amministrazione e nel settore agroalimentare, nonché per assicurare la conformità alla normativa unitamente al sostegno all’alleanza per i processori e le tecnologie dei semiconduttori e gli spazi di dati.

Al fine di affinare le competenze digitali avanzate nell’UE, altri 27 milioni di € serviranno a formare quattro nuove accademie delle competenze digitali nella tecnologia quantistica, nell’IA e nei mondi virtuali.

Inviti per un valore di 11 milioni di € si concentreranno sul completamento e sull’ampliamento della rete EDIH nei paesi associati, nonché sul sostegno a una maggiore attenzione all’IA.

La Commissione destinerà inoltre 47 milioni di € al lancio e all’uso ottimale di nuove tecnologie digitali, sostenendo nel contempo la rete dei centri “internet più sicuro”. Nell’ambito di questo invito da 47 milioni di € , 5 milioni di € saranno destinati alla creazione di una rete europea di verificatori di fatti, in linea con gli orientamenti politici per il periodo 2024-2029 della Presidente Ursula von der Leyen. Tra gli elementi fondamentali figureranno un sistema di tutela contro le molestie per i verificatori di fatti, un repertorio di verifiche dei fatti e una capacità di risposta alla verifica dei fatti, anche in situazioni di emergenza.

Tutti e quattro gli inviti si chiudono il 2 settembre 2025. Tanto gli inviti a presentare proposte per le competenze digitali avanzate quanto quelli della rete EDIH contribuiscono agli obiettivi della piattaforma per le tecnologie strategiche per l’Europa (STEP), ossia l’iniziativa della Commissione volta a promuovere lo sviluppo e la produzione di tecnologie critiche nell’UE.

Si tratta della prima serie di inviti a presentare proposte nell’ambito del programma di lavoro DIGITAL 2025-2027, che mette l’accento sulla diffusione di tecnologie innovative di prossima generazione in tutta Europa.

Maggiori informazioni sugli inviti e sulla procedura di presentazione delle domande sono disponibili sul portale EU Funding &Tenders Portal.


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Pignoramenti 2025: nuovi limiti su stipendi, pensioni, beni e prime case

Pignoramenti 2025: cambiano le regole. Nuovi limiti, importi e possibilità di blocco per chi ha debiti con il Fisco o con creditori privati. Il pignoramento resta la principale arma a disposizione dei creditori — siano essi banche, finanziarie o l’Agenzia delle Entrate — per recuperare somme non pagate, e può colpire beni mobili, immobili, stipendi, pensioni e perfino crediti vantati verso terzi.

Nel 2025 entra in vigore una serie di modifiche che riguardano da un lato i limiti di pignorabilità, dall’altro le procedure per l’avvio e la sospensione delle azioni esecutive. Ecco cosa cambia nel dettaglio.


Stipendi e pensioni: ecco quanto si può pignorare

Per gli stipendi, la legge stabilisce che il pignoramento massimo possibile resta fissato al 20% del netto percepito (esclusi contributi previdenziali e imposte). Tuttavia, il prelievo varia a seconda della fascia di reddito:

  • Fino a 2.500 euro, pignorabile fino al 10%
  • Tra 2.501 e 5.000 euro, pignorabile fino al 14,3%
  • Oltre 5.000 euro, pignorabile fino al 20%

Per le pensioni, la soglia di impignorabilità è fissata a 1.000 euro mensili. Oltre questo importo, vale la regola del quinto, ma solo sulla parte eccedente. Anche qui, si applicano percentuali differenziate:

  • Fino a 1.000 euro, pensione impignorabile
  • Tra 1.001 e 2.500 euro, pignorabile fino al 10%
  • Tra 2.501 e 5.000 euro, pignorabile fino al 14,3%
  • Oltre 5.000 euro, pignorabile fino al 20%

Case e terreni: quando la prima casa è al sicuro

Sul fronte immobiliare, la prima casa resta impignorabile solo se il creditore è un ente pubblico, come l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Se invece il creditore è privato (una banca, una finanziaria o un altro soggetto), la prima casa può essere pignorata, anche se adibita ad abitazione principale.


Le tre nuove regole del 2025

Il 2025 introduce anche tre novità chiave che impattano direttamente sulle modalità e i tempi del pignoramento:

  1. Pignoramento senza cartella esattoriale
    È ora possibile procedere con il pignoramento anche senza invio della cartella esattoriale, grazie al cosiddetto accertamento esecutivo. Si tratta di un atto dell’Agenzia delle Entrate che vale come invito a pagare: dopo 60 giorni dalla notifica e 30 giorni ulteriori senza saldo, può scattare l’esecuzione forzata automatica.

  2. Tempi dimezzati per i debiti fiscali locali
    I Comuni possono attivare procedure di pignoramento rapido per debiti relativi a imposte locali (IMU, TARI, Tosap ecc.). I tempi per l’azione esecutiva passano da 180 a 60 giorni, con facoltà per l’ente locale di prevedere anche forme agevolate di regolarizzazione.

  3. Blocco del pignoramento con 50 euro
    Entra in vigore la possibilità di rateizzare i debiti fiscali partendo da una rata minima di 50 euro al mese. Il pagamento della prima rata consente il blocco immediato delle procedure di pignoramento e anche dei fermi amministrativi sui veicoli, purché la domanda di rateizzazione includa tutti i debiti pendenti. Attenzione, però: saltare anche una sola rata fa decadere il beneficio.

Il nuovo impianto normativo sui pignoramenti per il 2025 punta a snellire le procedure per il recupero dei crediti, ma allo stesso tempo introduce maggiore flessibilità per il debitore, con soglie più chiare e meccanismi per evitare il blocco dei beni essenziali. Una riforma che tocca da vicino milioni di contribuenti e lavoratori, tra tutele e doveri rafforzati.


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Crisi d’impresa, il correttivo 2024-2025 cambia le regole del gioco

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) è stato aggiornato con un importante correttivo per il biennio 2024-2025, che introduce significative novità in tema di sovraindebitamento. L’obiettivo? Rendere le procedure più accessibili, rapide ed equilibrate, offrendo maggiori strumenti ai debitori – che siano imprese o persone fisiche – per affrontare le difficoltà economiche con soluzioni sostenibili.

Al centro dell’intervento legislativo c’è una visione più moderna della gestione delle crisi, orientata non solo alla tutela dell’impresa e della continuità aziendale, ma anche al rispetto dei diritti dei creditori. Un equilibrio delicato, che si cerca di raggiungere attraverso nuove misure operative e giuridiche.

La moratoria sui crediti privilegiati: fino a due anni per respirare

Tra le novità più rilevanti del correttivo c’è la modifica all’articolo 67 del CCII, che consente al debitore di chiedere una moratoria – fino a due anni dall’omologazione del piano – per il pagamento dei crediti privilegiati o garantiti. Si tratta di una vera e propria “boccata d’aria” per chi si trova in una situazione di crisi, perché consente di dilazionare obbligazioni gravose senza la pressione di doverle estinguere in tempi strettissimi.

Questa possibilità favorisce anche i creditori, i quali – pur vedendo rinviato il pagamento – ottengono maggiori garanzie di rientro grazie a piani più realistici e sostenibili. In altre parole, il legislatore mira a prevenire la liquidazione immediata, incentivando invece soluzioni alternative di ristrutturazione.

Resta aperta, tuttavia, la questione sulla possibilità di derogare al limite dei due anni. La Cassazione, con la sentenza n. 22291/2020, ha sottolineato l’importanza della valutazione della convenienza del piano da parte dei creditori, posizione confermata anche dalla recente sentenza n. 576/2024 della Prima Sezione Civile: dilazioni più lunghe sono ammissibili, purché vi sia trasparenza e partecipazione delle parti.

Piani di ristrutturazione più flessibili e meno burocratici

Il correttivo interviene anche sull’articolo 70 del CCII, ampliando la possibilità per il debitore di modificare o integrare il proprio piano di ristrutturazione. Il giudice potrà concedere ulteriori quindici giorni per apportare modifiche, correggere lacune o fornire documentazione aggiuntiva.

Una svolta che risponde all’esigenza di snellire le procedure e ridurre gli ostacoli formali che spesso rallentano o compromettono l’efficacia delle soluzioni di risanamento. Si tratta di un approccio più pragmatico e meno rigido, che punta a garantire tempi più brevi per l’omologazione dei piani, evitando l’effetto paralizzante della burocrazia.

Il diritto di reclamo: più garanzie per tutte le parti

Altro tassello fondamentale del correttivo è l’introduzione del diritto di reclamo contro le decisioni del giudice nelle procedure di sovraindebitamento. Prima d’ora, le possibilità di contestazione erano fortemente limitate, lasciando debitori e creditori in balia di provvedimenti difficilmente rivedibili.

Ora, invece, sarà possibile presentare reclamo, favorendo maggiore trasparenza, correttezza e controllo sulle decisioni assunte. Una garanzia ulteriore per le parti coinvolte e un segnale di rafforzamento dell’equità procedurale. Inoltre, la possibilità di revisione delle decisioni riduce i rischi di contenziosi prolungati, favorendo una gestione più snella delle controversie.

Verso un sistema più dinamico e giusto

Il correttivo 2024-2025 al CCII rappresenta un passo deciso verso un sistema di gestione delle crisi economiche più dinamico, flessibile e attento all’equilibrio tra i soggetti coinvolti. La moratoria estesa, la maggiore elasticità nella gestione dei piani e il diritto di reclamo sono strumenti concreti che puntano a semplificare le procedure, rafforzare la fiducia tra le parti e promuovere la cultura del risanamento, in un momento storico in cui la tenuta economica di imprese e famiglie è messa a dura prova. Resta ora da verificarne l’efficacia concreta nelle aule dei tribunali.


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