Intercettazioni, l’ANM difende i magistrati: “Applichiamo la legge, nessuna forzatura”

“La norma non è stata abrogata, e dunque deve essere applicata”. Con queste parole la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) interviene nel dibattito riacceso dalla nuova disciplina in tema di intercettazioni, replicando alle accuse di alcune forze politiche che parlano di interpretazioni “creative” da parte di alcune procure.

Secondo i magistrati associati, la disciplina delle intercettazioni per reati come concussione, corruzione e analoghi è rimasta invariata rispetto a quella prevista per la criminalità organizzata dal 2017, in forza di una norma ancora pienamente in vigore. “Non c’è stata alcuna volontà di svuotare l’intento del legislatore — spiega l’ANM — ma una mera applicazione della legge vigente”.

La Giunta ANM sottolinea che se il legislatore aveva realmente l’intenzione di sottoporre anche questi reati alla nuova, più restrittiva disciplina — che limita a 45 giorni la durata degli ascolti — avrebbe dovuto intervenire in modo chiaro sul piano normativo. “Se questa volontà non è stata trasfusa fedelmente nel testo di legge, non può certo imputarsi responsabilità alla magistratura”, si legge nella nota.

Il comunicato si chiude con una considerazione secca: “Sarebbe stato superfluo, ma si rende purtroppo necessario ribadirlo: se una norma non è stata abrogata, essa continua a produrre i suoi effetti”. Un monito, neanche troppo velato, rivolto alla politica e al Parlamento, a vigilare sulla chiarezza e la coerenza delle proprie scelte legislative.


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UCPI, giustizia senza controllo: “le valutazioni sui magistrati sono una farsa”

“Il sistema delle valutazioni di professionalità dei magistrati è totalmente ineffettivo”. È l’accusa senza giri di parole contenuta in un duro documento diffuso dalla Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane (Ucpi), che torna a puntare il dito contro la magistratura e le sue modalità di autogestione.

Secondo l’associazione dei penalisti, il meccanismo previsto per valutare l’operato dei magistrati si traduce in un vuoto rituale burocratico che non produce alcun risultato concreto: “Sono tutti promossi sempre a pieni voti”. Una situazione che, secondo i penalisti, è il frutto di una sistematica azione di interdizione della magistratura, sempre pronta a opporsi a qualsiasi modifica volta a introdurre criteri di valutazione realmente efficaci.

Nel mirino dell’Ucpi finisce anche la recente riforma Cartabia, che ha tentato di coinvolgere l’avvocatura nel sistema di valutazione, ma – scrive la Giunta – “è il risultato di un compromesso pieno di contraddizioni e irrazionalità”. Gli avvocati, di fatto, restano semplici “segnalatori” e possono intervenire solo in presenza di episodi specifici, senza avere accesso agli atti interni dei Consigli giudiziari, precludendo ogni reale possibilità di incidere sulle carriere dei magistrati.

A peggiorare la situazione, denuncia il documento, è l’opacità del sistema delle nomine, ancora dominato dalle logiche correntizie che condizionano la vita professionale dei magistrati e ne limitano l’autonomia interna. “Adesso i magistrati eletti giudicano i loro elettori, in un evidente conflitto di interessi che porta agli esiti sotto gli occhi di tutti”, scrivono i penalisti.

Non manca una stoccata al presidente dell’ANM Cesare Parodi, accusato di occuparsi soltanto di “possibili strumentalizzazioni” e di riproporre l’idea di una presunta superiorità etica della magistratura rispetto all’avvocatura. “Il refrain ricorda quello di Caselli, ma ancor più quello di Caterina nella celebre canzone ‘Nessuno mi può giudicare’. Solo che continuare a suonare la stessa musica dopo gli scandali che hanno rivelato l’affarismo correntizio nella magistratura ha qualcosa di anacronistico e, per taluni versi, anche di umoristico. Peccato che ci sia poco da ridere”, conclude amaramente la Giunta.

Leggi la risposta di ANM


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Parodi (ANM) risponde all’Unione Camere Penali: “Basta accuse generiche, servono nomi e fatti”

ROMA, 6 maggio – “Apprendo di essere stato personalmente citato in un comunicato dell’Unione delle camere penali e mi sento in dovere di rispondere immediatamente, anche se so trattarsi di un’associazione che rappresenta meno del 5% degli avvocati italiani, alla quale porto un doveroso rispetto. Rispondo anche per non essere tra i primi ‘cattivi’ inseriti nel costituendo database delle doglianze, sotto la voce ‘distratto/poco educato’.

Il comunicato è singolare e stupefacente. Singolare in quanto insiste su una presunta superiorità etica della quale avrei parlato e che in realtà non compare in nessuna mia dichiarazione. Ed è singolare perché lascia intendere ai cittadini che noi non siamo sostanzialmente mai valutati, laddove ogni magistrato è sottoposto a sette differenti valutazioni durante tutta la sua attività professionale, oltre a quelle funzionali alla nomina per un incarico direttivo o semidirettivo. Sette valutazioni: mi domando quale altra categoria di lavoratori ne ha altrettante. Ricordiamolo: forse non tutti i cittadini lo sanno; gli avvocati, sì.

Sorprende, o forse no, inoltre l’ennesimo richiamo alla magistratura dipinta come casta, impegnata a difendere i propri privilegi, incapace o comunque restia a sottoporsi a valutazioni da parte di terzi e caratterizzata da una deriva correntizia dipinta come oscura e ‘priva di etica’. Etica che gli avvocati dell’Ucpi intendono generosamente conferire”. Così in una nota Cesare Parodi, presidente ANM.

“Si tratta – prosegue – di affermazioni, ancora una volta, totalmente generiche e qualunquistiche. ANM non ha mai negato che vi siano state criticità nel passato e che si debbano cercare comunque soluzioni ottimali, nell’interesse della giustizia, per migliorare il sistema delle valutazioni di professionalità e delle nomine per gli uffici direttivi e semidirettivi.  Resta il fatto che, al di là del noto episodio di cui ormai si parla da anni i cittadini dovrebbero sapere esattamente quali magistrati inadeguati e incapaci sono stati nominati solo per “logiche correntizie” dal Csm per incarichi direttivi e semi direttivi, come parrebbe desumersi dalle considerazioni dell’Ucpi. Chiediamo vengano fatti questi nomi: sono necessari. E allo stesso modo i cittadini hanno il diritto di sapere in quali casi magistrati hanno superato – in forza solo delle predette logiche – le valutazioni di professionalità, pur non essendo idonei a fronte di fatti specifici incompatibili con tale valutazione. Episodi che evidentemente non sono stati denunciati da coloro che avrebbero dovuto e potuto condividere queste conoscenze con colori che tali valutazioni dovevano esprimere. Anche su queste tutti hanno diritto di essere informati nel dettaglio e non di essere destinatari di fumose e inconsistenti generalizzazioni”.

“Quanto a me – conclude Parodi –  continuerò a battermi per fare in modo che le accuse che verranno rivolte ai magistrati siano specificamente e tempestivamente documentate, oltre che riferibili a soggetti individuati, in modo da consentire anche (mi verrebbe da dire: persino) ai magistrati quel diritto di difesa del quale giustamente gli avvocati si dichiarano costantemente paladini. Un diritto di difesa che sia in grado di contrastare accuse strumentali e ingiuste, magari rivolte proprio ai magistrati più coraggiosi, laboriosi ed efficaci e quindi, come tali, “scomodi”. Un diritto di difesa che soprattutto, consenta, ove le accuse si rivelino infondate o ingiuste, quelle legittime reazioni, in tutte le competenti sedi, che spettano a qualsiasi cittadino che si veda ingiustamente accusato di condotte tali da ledere la propria onorabilità.

Questo è il mio compito e questo credo sia il compito dell’Associazione, dal quale nulla certamente ci potrà distogliere. Forse non c’è effettivamente molto da ridere, ma certamente vi è molto, assolutamente molto, da fare”.

Leggi il comunicato di UCPI


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Risarcimento da sinistro: per i lavoratori si calcola al lordo solo delle trattenute non fiscali

Importante precisazione dalla Corte di Cassazione in materia di risarcimento del danno patrimoniale per i lavoratori vittime di sinistri. Con la sentenza n. 11320 del 30 aprile 2025, la Terza sezione civile ha stabilito che, nel calcolo del danno da invalidità permanente, devono essere escluse dal reddito di riferimento le imposte fiscali, mentre le altre ritenute obbligatorie, come quelle previdenziali e assicurative, devono invece essere considerate.

Il caso all’origine della pronuncia vedeva coinvolto un istituto assicurativo che aveva contestato la decisione della Corte d’appello di calcolare il danno patrimoniale futuro del lavoratore sulla base del reddito lordo, comprensivo di tutte le ritenute. L’assicurazione aveva impugnato la decisione, sostenendo che tale modalità di calcolo violasse il principio di integrale ma non maggior risarcimento, previsto dall’articolo 1223 del Codice civile.

La Cassazione ha accolto il ricorso, spiegando che, secondo una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 137 del Codice delle assicurazioni private, il reddito da prendere in considerazione deve essere al netto delle imposte fiscali — poiché il lavoratore, se avesse continuato a percepire la retribuzione, avrebbe comunque dovuto pagarle — ma al lordo delle ritenute non fiscali. Queste ultime, infatti, costituiscono una perdita patrimoniale reale per il danneggiato, poiché il mancato versamento, ad esempio di contributi previdenziali, incide direttamente sulla sua posizione futura, come nel caso di una pensione anticipata o ridotta.

Un risarcimento equo e conforme alla logica risarcitoria — sottolinea la Corte — deve collocare il lavoratore danneggiato nella stessa condizione economica in cui si sarebbe trovato senza il sinistro: né arricchito, né penalizzato ingiustamente. Da qui la necessità di distinguere tra ritenute fiscali, che non costituiscono danno, e contributi previdenziali o assicurativi, la cui mancata applicazione determina un pregiudizio effettivo e meritevole di ristoro.

Stesso principio per i lavoratori autonomi: anche per loro il riferimento al “reddito netto” va inteso escludendo le imposte, ma includendo eventuali detrazioni o contributi che, se non versati, producono un danno patrimoniale.


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Niente euro in Russia per cure mediche: il divieto Ue vale anche per la salute

Un chiarimento importante arriva dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea in merito alle restrizioni finanziarie imposte alla Russia. Con una sentenza pubblicata il 30 aprile 2025 nella causa C-246/24, i giudici di Lussemburgo hanno stabilito che il divieto di esportare banconote in euro verso la Russia si applica anche quando il denaro è destinato a finanziare cure mediche.

Il caso all’origine della pronuncia riguarda una passeggera fermata all’aeroporto di Francoforte sul Meno, in Germania, mentre tentava di imbarcarsi per Mosca con quasi 15mila euro in contanti. Secondo quanto riferito, parte della somma sarebbe servita a sostenere spese di viaggio, mentre il resto era destinato a coprire interventi medici, tra cui cure odontoiatriche, trattamenti ormonali e un’operazione di chirurgia estetica.

Le autorità doganali tedesche hanno sequestrato tutto il denaro, fatta eccezione per un migliaio di euro ritenuto sufficiente per coprire le spese di viaggio. Sul caso è stato poi chiamato a pronunciarsi un giudice tedesco, che ha sollevato la questione davanti alla Corte Ue per chiarire se tra le eccezioni al divieto potessero rientrare anche i fondi destinati alle cure mediche.

La risposta della Corte è stata netta. La normativa europea, varata come misura restrittiva in risposta all’aggressione militare russa in Ucraina, vieta l’esportazione di contanti in euro o in altre valute ufficiali degli Stati membri. Le uniche eccezioni previste riguardano le somme necessarie per coprire il viaggio e il soggiorno personale del viaggiatore o dei suoi familiari stretti. Le spese sanitarie, ha precisato la Corte, non sono considerate necessità direttamente legate al viaggio o al soggiorno, ma costituiscono una finalità diversa, esclusa dalla deroga.

Nessuna limitazione al diritto di recarsi in Russia, sottolineano i giudici europei, ma solo alla possibilità di portare con sé denaro contante oltre certe soglie e per determinati usi, allo scopo di evitare che il sistema economico russo possa trarne beneficio.

Una decisione che chiarisce definitivamente il perimetro delle eccezioni e conferma l’intenzione dell’Unione europea di mantenere rigide le misure economiche e finanziarie nei confronti di Mosca.


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Riforma della professione forense: nuovi percorsi e regole per gli avvocati del futuro

Il futuro della professione forense prende forma con la proposta di riforma dell’ordinamento elaborata dal Consiglio Nazionale Forense (CNF) e presentata nei giorni scorsi agli Ordini territoriali e alle Unioni. Obiettivo: adeguare le regole della professione alle esigenze della società contemporanea e superare l’attuale legge 247 del 2012.

Il presidente del CNF, Francesco Greco, ha ricordato come il lavoro di aggiornamento sia nato da un confronto avviato dopo il Congresso Nazionale Forense del dicembre 2023. «Abbiamo chiesto a tutti uno sforzo per guardare avanti e immaginare come dovrà muoversi l’avvocatura nella società del futuro», ha dichiarato Greco, sottolineando che il testo, frutto di un tavolo istituzionale, dovrà ora essere affinato e discusso con il Ministero della Giustizia e i gruppi parlamentari.

Tra le principali novità, il percorso per diventare avvocato verrà ridefinito. Il tirocinio tornerà a svolgersi obbligatoriamente presso studi legali iscritti da almeno cinque anni all’albo, con frequenza continuativa e affiancamento effettivo del dominus. Sarà possibile svolgerlo anche presso l’Avvocatura dello Stato o gli uffici legali di enti pubblici e, in parte, all’estero o durante l’ultimo anno di università.

Durante i 18 mesi di pratica, sarà obbligatoria la frequenza dei corsi delle scuole forensi, che includeranno moduli dedicati al linguaggio giuridico, agli strumenti digitali e all’intelligenza artificiale.

Stabilizzato anche l’esame di abilitazione, nel formato introdotto nel 2023 e prorogato fino al 2025: una prova scritta e un orale articolato in tre fasi, con verifica anche della conoscenza dell’inglese giuridico tramite lettura e traduzione di un testo (senza voto).

Sul fronte dei compensi, la proposta introduce la possibilità di parametrarli al raggiungimento degli obiettivi concordati con il cliente, superando, ma mai oltre il 20%, i valori stabiliti dai parametri ministeriali. Resta però il divieto di percepire beni oggetto della prestazione o della lite (patto di quota lite), poiché i parametri prevedono espressamente retribuzioni in denaro.

Viene inoltre disciplinato il contratto di rete, pensato per permettere forme di aggregazione professionale più flessibili rispetto a società e associazioni, già sperimentate dai giovani avvocati. Prevista anche una regolamentazione specifica per i casi di monocommittenza o collaborazione continuativa, con obbligo di contratto scritto e indicazione di durata e compensi minimi, escludendo il lavoro subordinato.


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Trasferte, nuove regole sui rimborsi: obbligo di tracciabilità e rifusione sempre garantita

Dal 1° gennaio 2025 cambiano le regole per i rimborsi spese di trasferta. La nuova normativa introdotta dalla legge di Bilancio impone l’obbligo di tracciabilità per tutte le spese sostenute dai dipendenti fuori sede, rendendo necessario verificare, già nella fase di gestione e rimborso, che i pagamenti siano stati effettuati con mezzi tracciabili. Per agevolare i controlli e prevenire criticità, molte aziende stanno valutando di dotare i propri collaboratori di carte di credito aziendali.

Definizione e obblighi
La trasferta è definita come uno spostamento temporaneo del lavoratore dalla sede abituale a un altro luogo di lavoro. Il lavoratore è obbligato a svolgerla su disposizione unilaterale del datore e ha diritto al rimborso delle spese sostenute, come previsto dalla contrattazione collettiva. È esclusa la possibilità per il datore di lavoro di rifiutare il rimborso, pena il rischio di procedura disciplinare.

Modalità di rimborso
In base alle disposizioni contrattuali, i rimborsi possono avvenire tramite pagamento di un’indennità di trasferta e/o il rimborso delle spese effettive di vitto, alloggio, viaggio e trasporto. Le somme rimborsate saranno comunque soggette a tassazione e contributi, salvo nel caso di opzioni di miglior favore che prevedano il cosiddetto “lordizzazione” degli importi, cioè il calcolo del rimborso comprensivo del peso fiscale e contributivo per neutralizzare l’effetto sul netto in busta paga.

Nota spese e documentazione
Il documento ufficiale per richiedere il rimborso resta la nota spese, che dovrà essere compilata e sottoscritta dal dipendente, indicando data, motivo della trasferta, chilometri percorsi, importi richiesti e allegando i giustificativi delle spese e i relativi pagamenti tracciati. Dal 2025 la nota spese dovrà essere conservata dal datore di lavoro come documento giustificativo del rimborso erogato.


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Made in Italy, il futuro passa dai mestieri: aziende e Terzo settore investono nella formazione dei giovani

Il cuore del Made in Italy batte ancora forte, ma per continuare a crescere ha bisogno di mani esperte e menti preparate. Dai settori della moda al design, dall’alimentare alla nautica, passando per l’ospitalità e la gioielleria, le imprese italiane cercano nuove generazioni di professionisti capaci di custodire e innovare le eccellenze artigianali e manifatturiere che rendono il nostro Paese unico nel mondo.

A rispondere a questa esigenza sono progetti che uniscono il mondo profit e quello no profit, con l’obiettivo di trasmettere competenze tecniche e creative ai giovani e offrire loro sbocchi professionali concreti. Tra gli esempi più significativi c’è “Adotta una Scuola”, iniziativa promossa da Altagamma in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e il patrocinio della Commissione Europea. Un vero ponte tra scuole tecnico-professionali, Its Academy e le aziende del lusso, che in quattro anni ha coinvolto 59 imprese, 65 scuole e oltre 3.500 studenti in 12 regioni italiane. L’obiettivo è duplice: far riscoprire ai ragazzi il valore dei mestieri tecnici e dare alle aziende profili qualificati di cui hanno urgente bisogno.

Parallelamente, anche il Terzo settore si mobilita. È il caso di Distretto Italia, avviato nel 2023 dal consorzio di aziende dell’ente non profit Elis, che offre corsi gratuiti in settori strategici come energia e dati, mobilità, commercio, grandi opere, tecnologie digitali e ristorazione. Solo nell’ultimo anno sono stati oltre mille i giovani formati e inseriti professionalmente, un risultato importante in un Paese che, come sottolinea Pietro Cum, amministratore delegato di Elis, “è tra i primi in Europa per numero di Neet e tra gli ultimi per laureati”.

Competenze è la parola chiave che tiene insieme queste iniziative. Perché il Made in Italy non è solo una firma di prestigio, ma un sistema produttivo che vive di capacità, saper fare e passione. E per continuare a scrivere questa storia di eccellenza, servono giovani preparati e motivati, pronti a raccogliere il testimone.


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Nasce a Milano la prima piattaforma online per segnalare i magistrati

Si chiama “Una giustizia che ascolta” ed è la prima piattaforma online in Italia dedicata alla raccolta di segnalazioni sul funzionamento degli uffici giudiziari e sull’operato dei magistrati. A promuoverla è il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, che ha deciso di dotarsi di uno strumento digitale riservato e sicuro, in ottemperanza a quanto previsto dalla Legge 31 dicembre 2012, n. 247 e dai decreti legislativi n. 25/2006 e n. 160/2006.

Obbligatoria per legge, l’attività di raccolta delle segnalazioni è stata resa dalla componente forense milanese più accessibile e trasparente grazie a questa piattaforma innovativa, concepita per tutelare i magistrati segnalati e garantire un sistema di valutazione più efficace.

Lo strumento è riservato ad avvocati e praticanti, che potranno inviare in modo protetto segnalazioni dettagliate — sia positive che critiche — riguardanti esclusivamente “fatti specifici incidenti sulla professionalità dei magistrati, con particolare attenzione alle eventuali situazioni di esercizio non indipendente della funzione o a comportamenti che evidenzino mancanza di equilibrio o preparazione giuridica”.

Siamo orgogliosi di aver realizzato per primi una piattaforma che coniuga trasparenza, riservatezza e spirito collaborativo,” ha dichiarato il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano. “Ogni segnalazione sarà valutata con attenzione, in un’ottica di dialogo costruttivo con la magistratura e con l’unico obiettivo di migliorare il funzionamento della giustizia e il pieno esercizio del diritto di difesa dei cittadini.”

Come funziona la piattaforma? Accessibile dall’area riservata del sito dell’Ordine, consente di trasmettere segnalazioni corredate da documentazione utile (verbali, provvedimenti, trascrizioni) secondo i criteri fissati dal Regolamento approvato il 22 luglio 2024. Le segnalazioni vengono esaminate da una Commissione interna (CVS), che formula un parere da sottoporre al Consiglio dell’Ordine, il quale decide sulle iniziative da intraprendere.

Se ritenute fondate, le segnalazioni possono essere trasmesse alle autorità competenti per contribuire alle valutazioni di professionalità o per risolvere eventuali disfunzioni. La tutela della riservatezza è garantita: l’identità del segnalante e dei soggetti coinvolti resta protetta fino all’eventuale trasmissione della segnalazione, e nessuna forma di profilazione o trattamento automatizzato è prevista.

Il trattamento dei dati avviene in conformità al Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) ed è stato sottoposto a una Valutazione d’Impatto (DPIA) validata dal DPO dell’Ordine.


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Fra 10 anni 3 milioni di persone in età lavorativa in meno

Le proiezioni demografiche indicano che, entro i prossimi dieci anni, la popolazione in età lavorativa [1] presente in Italia diminuirà di quasi 3 milioni di unità (precisamente 2.908.000), pari a una riduzione del 7,8 per cento. All’inizio del 2025 questa fascia demografica contava 37,3 milioni di persone [2]; si prevede che la platea nel 2035 scenderà a 34,4 milioni. Tale calo è attribuibile al progressivo invecchiamento della popolazione: con un numero sempre più ridotto di giovani e un consistente gruppo di baby boomer [3] prossimo all’uscita dal mercato del lavoro per raggiunti limiti d’età, il nostro Paese rischia lo “spopolamento” della coorte anagrafica potenzialmente occupabile.

Va sottolineato che tutte le 107 province italiane monitorate in questo studio registreranno entro il prossimo decennio una variazione assoluta negativa, confermando che il fenomeno colpirà indistintamente tutte le aree del Paese. L’analisi è stata realizzata dall’Ufficio studi della CGIA che ha elaborato le previsioni demografiche dell’Istat.

Previsto un progressivo rallentamento del Pil

Se si considera il declino demografico insieme all’instabilità geopolitica, alla transizione energetica e a quella digitale, nei prossimi anni le imprese sono destinate a subire dei contraccolpi molto preoccupanti. La difficoltà, ad esempio, nel reperire giovani lavoratori da inserire nelle aziende artigiane, commerciali o industriali è un problema sentito già oggi, figuriamoci tra un decennio.

È importante sottolineare che chi spera in un’inversione del trend demografico rischia di rimanere deluso, poiché non esistono misure efficaci in grado di modificare questa tendenza in tempi ragionevolmente brevi. Inoltre, nemmeno il ricorso alla manodopera straniera potrà risolvere completamente la situazione. Di conseguenza, dobbiamo prepararci a un progressivo rallentamento del Pil. Va inoltre considerato che una società con una popolazione sempre più anziana e meno giovane dovrà affrontare un aumento rilevante della spesa previdenziale, sanitaria e assistenziale, con implicazioni molto negative anche sui nostri conti pubblici.

Tra le imprese saranno le Pmi le più penalizzate

Da qualche anno in tutto il Paese le imprese denunciano grosse difficoltà nel reperire personale qualificato da inserire nei propri organici. Nei prossimi anni, tuttavia, il Mezzogiorno potrebbe incontrare meno problemi rispetto al Centronord. A differenza di quest’ultimo, infatti, il Sud e le Isole presentano tassi di disoccupazione e inattività significativamente elevati, che potrebbero consentire di colmare almeno parzialmente le lacune occupazionali previste soprattutto nel settore agroalimentare e in quello turistico-ricettivo.

È altresì evidente che molte aziende, in particolare quelle di piccole dimensioni, saranno costrette a ridurre gli organici a causa dell’impossibilità di procedere ad assunzioni. Per quanto riguarda le medie e grandi imprese, invece, la problematica potrebbe risultare meno rilevante: grazie alla possibilità di offrire salari superiori alla media, orari flessibili, benefit e pacchetti significativi di welfare aziendale, i giovani presenti sul mercato del lavoro tenderanno a preferire le realtà più strutturate piuttosto che le piccole e micro imprese che solo in piccola parte sono in grado di erogare tali benefici.

Ad avvantaggiarsene potrebbero essere solo le banche

Un Paese con una popolazione in progressivo invecchiamento potrebbe affrontare, nei prossimi decenni, significative sfide nel mantenimento dell’equilibrio dei conti pubblici, soprattutto a causa dell’incremento delle spese sanitarie, pensionistiche, farmaceutiche e assistenziali. La CGIA sottolinea che una ridotta presenza di giovani under 30 e un’alta incidenza di over 65 potrebbero determinare ripercussioni negative su settori economici strategici, comportando una contrazione strutturale del Pil.

Considerando la minore propensione alla spesa tipica della popolazione anziana rispetto a quella giovanile, una società prevalentemente composta da persone in età avanzata rischia di ridurre il volume d’affari del mercato immobiliare, dei trasporti [4], della moda e del settore ricettivo (HoReCa). Al contrario, il settore bancario potrebbe essere tra i pochi a beneficiare di alcuni effetti positivi: grazie a una maggiore inclinazione al risparmio rispetto alle altre coorti anagrafiche, la popolazione anziana potrebbe incrementare il valore economico dei propri depositi, favorendo così le istituzioni creditizie.

Le contrazioni più importanti si verificheranno nel Mezzogiorno. A Napoli calo record: -236.677 persone

Secondo l’elaborazione della CGIA, le contrazioni della popolazione in età lavorativa più importanti riguarderanno, in particolare, il Mezzogiorno.

Dei 3 milioni di persone in meno che occuperanno la fascia anagrafica tra i 15 e i 64 anni, la metà interesserà le regioni del Sud. Lo scenario più critico investirà la Sardegna che entro il prossimo decennio subirà una riduzione di questa platea di persone del 15,1 per cento (-147.697 persone).

Seguono la Basilicata con il -14,8 per cento (-49.685), la Puglia con il -12,7 per cento (-312.807), la Calabria con il -12,1 per cento (-139.450) e il Molise con il -11,9 per cento (-21.323). Per contro, le regioni meno interessate da questo fenomeno saranno il Trentino Alto Adige con il -3,1 per cento (-21.256) la Lombardia con il -2,9 per cento (-189.708) e, infine, l’Emilia Romagna con il -2,8 per cento (-79.007) . A livello provinciale, invece, la flessione più importante si verificherà a Nuoro con il -17,9 per cento.

Seguono la Sud Sardegna con il -17,7, Caltanissetta con il -17,6, Enna con il -17,5 e Potenza con il -17,3. In valore assoluto la provincia che subirà la perdita più importante è Napoli con -236.677 persone. Tra le province meno interessate dalla contrazione segnaliamo Bologna con il -1,4 per cento, Prato con il -1,1 e, infine, Parma con il -0,6.

[1] Tra i 15 e i 64 anni
[2] Secondo l’Istat, a inizio 2025 gli occupati totali presenti in Italia erano 24,3 milioni
[3] Persone nate negli anni ’60 del secolo scorso
[4] Minore propensione a viaggiare e ad acquistare un’auto nuova


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