Nordio: “Rammarico per non aver ancora riconosciuto costituzionalmente la figura dell’avvocato”

Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha espresso il suo rammarico per non essere ancora riuscito a inserire la figura dell’avvocato nel panorama costituzionale, riconoscendole la stessa identità formale e sostanziale delle altre parti che costituiscono la cosiddetta “cultura della giurisdizione”. Intervenuto con un videomessaggio al Congresso regionale delle Camere penali del Friuli Venezia Giulia, in corso a Palmanova con il titolo “La giustizia è ancor un valore (sociale) condiviso?”, Nordio ha parlato con passione del ruolo fondamentale che gli avvocati ricoprono nel sistema giuridico e ha assicurato che, seppur non ancora attuato, tale riconoscimento dovrebbe arrivare entro la fine della legislatura.

Il Ministro ha sottolineato con forza l’alta considerazione che nutre nei confronti della professione legale, spiegando che questo rispetto non nasce solo da motivi professionali, ma anche dal suo lungo percorso come pubblico ministero. «Ho avuto l’opportunità di vedere da vicino il funzionamento del sistema giuridico, e posso dire con certezza che senza la figura dell’avvocato difensore, ma anche della parte civile quando necessario, il tavolo della giurisdizione risulta zoppo. Un tavolo privo di un elemento fondamentale», ha dichiarato Nordio. L’intervento ha messo in evidenza quanto sia essenziale l’equilibrio tra le tre parti fondamentali del processo: il difensore, l’accusatore e il giudice, senza il quale il processo giuridico perde il suo valore di equità.

Il Ministro ha ribadito la sua critica nei confronti di alcuni colleghi magistrati che parlano di “cultura della giurisdizione” come se questo concetto unisse solo pubblici ministeri e giudici, senza includere l’avvocato. «Quando sento parlare di cultura della giurisdizione solo tra magistrati, mi ribello dal punto di vista logico e giuridico. Il tavolo della giurisdizione è quello che include le tre parti: il difensore, l’accusatore e il giudice», ha continuato Nordio, rimarcando l’importanza del ruolo dell’avvocato in un sistema giuridico equilibrato e giusto.

Nel corso dell’intervento, il Ministro ha anche fatto riferimento al cammino della riforma costituzionale già approvata in prima lettura alla Camera e prossima al voto del Senato. «L’approvazione definitiva della riforma è vicina e confido che si possa arrivare a una seconda lettura rapida. La riforma dovrà poi passare al referendum, non solo perché ciò è richiesto dalla Costituzione, ma anche perché una questione così complessa e sensibile deve essere sottoposta al giudizio del popolo italiano», ha dichiarato Nordio, esprimendo l’auspicio che questo lungo processo legislativo possa concludersi positivamente con il coinvolgimento attivo degli italiani.

La dichiarazione di Nordio arriva in un contesto di crescente dibattito sull’equilibrio delle forze all’interno della giurisdizione e sull’importanza di un riconoscimento formale delle varie figure professionali che contribuiscono alla corretta amministrazione della giustizia. Il Ministro ha, inoltre, evidenziato come il riconoscimento della figura dell’avvocato nella Costituzione rappresenti una parte fondamentale di una riforma più ampia che mira a rafforzare e aggiornare il sistema giuridico, rendendolo più equo e moderno.


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Bocciato il divieto assoluto di produzione di deleghe e procure, ma confermato il divieto sulle notifiche degli atti impugnati

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Riforma del processo tributario: la Corte Costituzionale amplia il diritto alla prova in appello

Con la sentenza 36/2025, depositata il 27 marzo, la Corte costituzionale ha modificato alcuni aspetti fondamentali della riforma introdotta dal decreto legislativo 220/2023 in materia di contenzioso tributario, risolvendo le questioni sollevate dalle Corti di giustizia tributaria di Campania e Lombardia. In particolare, la Corte ha bocciato il divieto assoluto, introdotto dall’articolo 58 del decreto, di produzione delle deleghe, delle procure e degli altri atti di conferimento di potere nel giudizio di appello, ritenendolo una limitazione ingiustificata al diritto alla prova.

La nuova disciplina, infatti, impediva alle parti di produrre tali documenti anche nel caso in cui non fosse stato possibile farlo in primo grado per cause non imputabili loro. La Corte ha sottolineato che il processo di appello costituisce una “seconda occasione” fondamentale per chi non è riuscito a presentare in prima istanza determinati mezzi istruttori. La decisione si inserisce in un contesto più ampio di riforma che tende ad applicare un modello di gravame a “istruttoria chiusa”, ma che, secondo i giudici costituzionali, non può precludere la presentazione di prove cruciali per la decisione, a meno che non vi siano motivi legittimi di ordine pubblico.

Nonostante ciò, la Corte ha confermato la legittimità del divieto di produzione in appello delle notifiche dell’atto impugnato, in quanto la notifica ha un valore essenziale nell’ambito del procedimento tributario, e la sua omissione non può essere sanata in secondo grado, nemmeno se la parte non ha potuto depositarla in primo grado per cause non a lei imputabili.

Infine, la Corte ha anche dichiarato illegittima una disposizione che stabiliva che le nuove regole sulla prova in appello si applicassero ai giudizi già in corso al momento dell’entrata in vigore della riforma, ritenendo tale previsione irragionevole e lesiva della sicurezza giuridica delle parti coinvolte nei procedimenti tributari in corso.


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Trump contro le law firm: attacco senza precendenti

WASHINGTON – Negli Stati Uniti, come in molti altri paesi, gli avvocati non sono sempre i più amati, spesso bersagliati da battute e pregiudizi. Ma mai come ora, il sistema legale del Paese sta vivendo un attacco senza precedenti da parte dell’amministrazione Trump. Il presidente ha deciso di scatenare una guerra contro il cosiddetto “Big Law”, il potente gruppo di circa 200 studi legali che gestiscono bilanci da centinaia di milioni, se non miliardi, di dollari.

Il 25 febbraio, a meno di un mese dalla fine del suo mandato, Trump ha firmato tre ordini esecutivi che accusano i grandi studi legali di “danneggiare le comunità” e di svolgere attività “disoneste e pericolose”. Un’offensiva che si basa in gran parte sulla convinzione che alcuni studi abbiano difeso i suoi avversari politici, come l’ex segretario di Stato Hillary Clinton o il procuratore speciale Jack Smith, ma anche avvocati che si sono schierati contro i manifestanti di Capitol Hill il 6 gennaio 2021.

L’ATTACCO ALLE POLITICHE DI DIVERSITÀ E INCLUSIONE

Un altro obiettivo della critica dell’amministrazione riguarda le politiche di “Diversity & Inclusion” adottate da molti studi legali. Secondo il governo, l’introduzione di quote per l’assunzione e la promozione di minoranze etniche o di genere violerebbe il Civil Rights Act del 1964, la storica legge contro la discriminazione razziale. La Corte Suprema, recentemente, ha anche stabilito che l’affirmative action, le politiche che favoriscono determinati gruppi, possono discriminare altre categorie, come gli asiatico-americani, a favore dei quali, secondo il governo, queste politiche sarebbero ingiuste.

L’amministrazione ha quindi imposto severe sanzioni a queste law firm: gli avvocati sono stati esclusi dall’accesso agli edifici federali e dai contratti con la pubblica amministrazione. Ma le conseguenze sono ancora più pesanti: le sanzioni includono anche la cancellazione di contratti governativi esistenti, con la minaccia di danneggiare irreparabilmente le law firm che non cederanno alle pressioni.

LA REAZIONE DEGLI STUDI LEGALI

Le reazioni degli studi legali sono state diverse. Una law firm ha ceduto alle richieste del governo, rinunciando alle sue politiche di diversity e promettendo di svolgere gratuitamente 40 milioni di dollari di lavoro per le cause che il governo sostiene. Un’altra ha scelto di mantenere il silenzio, sperando che la tempesta passi, mentre la terza ha presentato ricorso chiedendo l’annullamento del provvedimento governativo.

LA RITORSIONE CONTRO LA DIFESA DEI CLIENTI

Le politiche punitive di Trump non riguardano solo le scelte di assunzione. La vera questione è la vendetta contro gli studi legali che hanno difeso i suoi avversari politici o che si sono opposti alla sua amministrazione. Una reazione che, seppur impopolare, mina le basi stesse della giustizia americana. Gli avvocati, infatti, sono protetti dalla legge nel loro diritto a difendere chiunque, indipendentemente dalle simpatie politiche. L’intervento del governo contro questi avvocati è un attacco alla libertà di difesa, sancita dalla Costituzione americana, e potrebbe avere ripercussioni gravi sulla separazione dei poteri e sui diritti civili.

UN’INTERFERENZA PERICOLOSA

Questo episodio solleva anche interrogativi più ampi. Come sottolinea il presidente di uno degli studi legali coinvolti, con un fatturato di miliardi di dollari e migliaia di avvocati, una lunga battaglia legale con l’amministrazione potrebbe compromettere seriamente la sopravvivenza dello studio. Ma, più in generale, il caso ci ricorda come l’intromissione dello Stato nell’economia possa facilmente sfociare in un intervento nelle libertà politiche e civili. Come ha ammonito l’economista von Mises, “A cosa serve la libertà di stampa se tutte le tipografie sono in mano al governo?”.


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Caos nelle carceri: il DAP senza guida da tre mesi

ROMA – Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), organo chiave per la gestione delle carceri italiane, è senza una guida dal 27 dicembre scorso. Tre mesi di vuoto ai vertici, in uno dei momenti più critici per il sistema penitenziario: suicidi in aumento, sovraffollamento insostenibile e allarme sulla diffusione dei cellulari tra i detenuti.

La nomina del nuovo capo del DAP, che sembrava cosa fatta con la proposta di Lina Di Domenico, è ora in una fase di stallo. Un’impasse che ha origine in un passaggio istituzionale mancato: la candidatura dell’attuale facente funzione è stata annunciata senza un confronto preliminare con il Quirinale, cui spetta la decisione finale.

IL RUOLO CHIAVE DI DELMASTRO

Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, da mesi figura centrale nella gestione del sistema penitenziario, è apparso come l’unico riferimento per la polizia penitenziaria anche durante la cerimonia di martedì scorso, in occasione della festa del Corpo. È stato lui, e non un capo ufficiale del DAP, a premiare gli agenti distintisi nel corso dell’anno, segnando di fatto una continuità nella gestione senza una vera transizione di potere.

Secondo fonti vicine al ministero, il nome di Di Domenico è stato fatto circolare con troppa leggerezza, senza l’adeguata condivisione con il Quirinale, e ora la questione è diventata un nodo politico. L’ex capo del DAP, Giovanni Russo, si era dimesso dopo una serie di tensioni interne, acuite dalla sua testimonianza nel caso Cospito, ritenuta decisiva per la condanna dell’anarchico.

SUICIDI E SOVRAFFOLLAMENTO: UNA CRISI SENZA PRECEDENTI

Nel frattempo, la situazione nelle carceri continua a peggiorare. Il 2024 ha già segnato un tragico record con 90 suicidi tra i detenuti, un numero mai raggiunto prima. E il 2025 non sembra iniziare meglio: nei primi tre mesi dell’anno, si sono tolti la vita già 20 detenuti.

Alla drammatica emergenza suicidi si somma il problema cronico del sovraffollamento. Le carceri italiane ospitano oggi circa 60mila detenuti a fronte di una capienza regolamentare di poco più di 50mila posti. A questo si aggiunge una carenza strutturale di personale: mancano circa 8mila agenti di polizia penitenziaria, come denuncia Gennarino De Fazio, segretario della UILPA Polizia Penitenziaria.

“La situazione è ormai insostenibile – afferma De Fazio – Abbiamo carenze logistiche, strutturali e sanitarie gravissime. E il governo si occupa dell’Albania mentre qui manca un capo delle carceri.”

IL NODO POLITICO E LE INCERTEZZE SUL FUTURO

La nomina di Lina Di Domenico, ritenuta figura competente e stimata, è ora bloccata da un’impasse politica che nessuno sembra in grado di sbloccare. Fonti interne al ministero parlano di un rischio di “bruciatura” per qualsiasi altro nome venga proposto in alternativa.

Il futuro della gestione carceraria appare quindi avvolto nell’incertezza. Mentre il sistema penitenziario continua a implodere sotto il peso della crisi, il DAP resta senza guida e la politica non riesce a trovare una soluzione.


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Lavoro e intelligenza artificiale: la rivoluzione è già iniziata

Il mondo del lavoro è sull’orlo di una trasformazione senza precedenti. Entro il 2030, l’Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) non sarà più un’entità separata, ma un motore integrato nelle aziende, ridefinendo ruoli e competenze. Lo rivela il report di Deloitte The Organization of the Future, che esplora le implicazioni di questa evoluzione e fornisce una guida strategica alle imprese.

Nonostante il crescente interesse per la GenAI, l’adozione concreta da parte delle aziende è ancora in fase embrionale. Se l’uso individuale di questi strumenti sta aumentando, solo il 25% delle imprese ha avviato un’integrazione strutturale, puntando soprattutto all’ottimizzazione dei processi. Le priorità? Creare valore tangibile, scalare le soluzioni implementate e preparare la forza lavoro al cambiamento. Tuttavia, persistono timori legati alla qualità della GenAI e alla sicurezza del lavoro: appena il 46% delle aziende permette a più del 20% dei propri dipendenti di accedere a questi strumenti.

L’Intelligenza Artificiale Generativa non si limita ad automatizzare compiti ripetitivi, ma sta rimodellando le professioni, modificando le competenze richieste e introducendo nuovi ruoli altamente specializzati. Tra le figure emergenti individuate dal report Deloitte spiccano:

  • Prompt Engineer: esperto nella formulazione di istruzioni per ottenere risposte efficaci dalla GenAI;
  • AI Trainer: responsabile del miglioramento continuo dei modelli di intelligenza artificiale;
  • AI Ethicist/Ethics Officer: garante di un utilizzo responsabile della tecnologia;
  • AI Security Specialist: professionista della cybersicurezza per la protezione dei sistemi AI;
  • Custom AI Solution Developer: specializzato nella personalizzazione delle soluzioni GenAI per esigenze specifiche.

Il successo della GenAI, però, non dipenderà solo dalla tecnologia, ma anche dalla capacità di valorizzare il capitale umano. Secondo Deloitte, qualità come curiosità, agilità nell’apprendimento e adattabilità saranno determinanti per affrontare la trasformazione in corso. L’elemento chiave per le aziende non sarà solo implementare nuove tecnologie, ma orchestrare un cambiamento complesso e multidimensionale.

Governance, regolamentazione e fiducia sono i tre pilastri su cui costruire il futuro del lavoro nell’era della GenAI. Le imprese dovranno affrontare incertezze normative, definire modelli di gestione chiari e investire nella formazione dei dipendenti. Ignorare questi aspetti potrebbe compromettere l’efficacia dell’intera transizione.


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Tasse ambientali: le imprese pagano 21 miliardi l’anno

Anche se il governo è riuscito a mettere una “toppa” all’ultimo momento, dall’inizio del prossimo anno tutte le imprese private dovranno aver stipulato la polizza catastrofale[1], sebbene – ricorda l’Ufficio studi della CGIA – ogni anno queste realtà paghino allo Stato e alle sue articolazioni periferiche ben 21 miliardi di euro di imposte ambientali.

Ancorché la destinazione d’uso di queste risorse non sia vincolata, una parte di questi soldi potrebbe essere utilizzata per la pulizia dell’alveo dei fiumi, per la manutenzione degli argini e delle rive, per la realizzazione dei bacini di laminazione e/o le casse di espansione. Interventi che dovrebbero prevenire/mitigare molti eventi calamitosi che non siamo in grado evitare. In realtà sappiamo che queste opere non si fanno più da almeno qualche decennio, oppure vengono realizzate solo dopo che il disastro si è verificato.

In buona sostanza – al netto della confusione e dell’incertezze introdotte dal regolamento attuativo pubblicato in Gazzetta Ufficiale verso la fine di febbraio – tra qualche mese le imprese si troveranno a pagare due volte la protezione ambientale: una con le imposte allo Stato centrale e agli enti locali; un’altra sottoscrivendo una polizza con le compagnie assicurative private.

Una delle motivazioni che sta a monte dell’introduzione di questa misura è legata ai ritardi biblici dei rimborsi statali. E’ vero: spesso questi ultimi vengono erogati quando le attività colpite hanno già chiuso definitivamente perché piegate dai danni subiti. Con l’intervento delle assicurazioni, invece, gli aiuti dovrebbero arrivare nel giro di poche settimane, permettendo così alle aziende danneggiate di riprendere rapidamente le loro operazioni.

Questa tesi è sicuramente condivisibile ma dovrebbe essere accompagnata da una corrispondente riduzione delle tasse ambientali; altrimenti le aziende saranno costrette a sostenere un doppio onere. Temiamo, invece, che le imposte ambientali siano destinate ad aumentare, specialmente quelle degli enti locali che negli ultimi 2/3 anni hanno sono tornate a crescere per mantenere i bilanci in equilibrio.

Infine, è necessario riflettere su un altro aspetto. Negli ultimi 25 anni abbiamo assistito a un progressivo ripiegamento dello Stato dal settore sociale (previdenza, sicurezza, sanità, etc.) e ora anche da quello della protezione ambientale, lasciando così sempre più spazio ai privati. Se, a nostro avviso, questa scelta politica appare molto discutibile, è comunque legittima. Tuttavia, se la direzione intrapresa è questa, non possiamo far gravare sulle famiglie e sulle imprese il costo due volte. Se i privati stanno acquisendo sempre più quote di “mercato”, le tasse che paghiamo per garantire questi servizi devono essere ridotte; cosa che, purtroppo, fino ad ora non si è verificata.

·        Pagano più imposte le aziende energivore e le manifatturiere

Dei 21 miliardi di euro di imposte ambientali versati dalle imprese private nel 2022, i settori più “tartassati” sono quelli energivori (fornitura energia elettrica, gas, vapore, etc.) con 5,3 miliardi di euro, le imprese manifatturiere con 5 e i trasporti con 3 miliardi.  Il gettito ascrivibile a questi tre settori incide sull’importo totale per il 63,7 per cento.

·        Siamo tra i più tartassati d’UE

Se al carico fiscale in capo alle aziende aggiungiamo anche quello delle famiglie, in Italia il gettito complessivo nel 2023 è stato pari a 54,2 miliardi di euro. Tra i 27 Paesi dell’UE solo la Germania ha registrato un importo complessivo maggiore del nostro e pari a 71,4 miliardi di euro. Se invece, rapportiamo il gettito delle imposte ambientali sul Pil, la nostra situazione migliora. Scivoliamo all’ottavo posto con il 2,6 per cento, anche se il dato risulta essere nettamente superiore a quello dei principali paesi europei. La Francia, infatti, registra l’1,8 per cento, la Germania l’1,7 e la Spagna l’1,6. La media UE, invece, era del  2 per cento.

[1] Contro i danni provocati da alluvioni, inondazioni, esondazioni, terremoti, frane, etc.


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Camere civili, nasce la Fondazione UNCC ETS per la formazione e la specializzazione della professione forense

Roma, 29 marzo 2025 – Un passo decisivo per l’avvocatura civile: ieri, presso lo studio notarile Scalercio di Roma, è stata ufficialmente costituita la Fondazione UNCC ETS. Un evento di portata storica per l’Unione Nazionale Camere Civili (UNCC), che si dota così di un organismo destinato a diventare il fulcro scientifico e culturale della categoria.

Alla guida della Fondazione è stato nominato Virginio Angelini come Presidente, affiancato dalla Vicepresidente Marietta De Rango, dal Segretario Michela Rega, dal Tesoriere Massimiliano Semprini e dal Consigliere Maurizio Flick. L’organo di controllo è affidato al dott. Maurizio Cari, commercialista, revisore e docente presso l’Università Federico II di Napoli.

A sottolineare l’importanza dell’evento è il presidente dell’UNCC, Alberto Del Noce, che ha dichiarato:

“Abbiamo compiuto un passo fondamentale per il futuro dell’UNCC: con la nascita della Fondazione, l’Unione si dota di uno strumento solido e moderno, in grado di rispondere alle crescenti esigenze di formazione e specializzazione della nostra categoria. La Fondazione sarà il presidio scientifico e culturale dell’Unione, con l’obiettivo di promuovere la qualità della professione forense, sostenere la formazione continua degli avvocati e dare impulso alla Scuola di Specializzazione per le professioni legali di area civile, commerciale e processuale.

La Fondazione sarà un interlocutore autorevole nella definizione dei percorsi formativi e nella diffusione della cultura giuridica.

L’UNCC conferma così la propria vocazione: essere presidio di qualità, autonomia e autorevolezza per l’avvocatura civile italiana, oggi più che mai chiamata a interpretare con competenza e visione le sfide del presente.”

Anche il presidente della neo costituita Fondazione, Virginio Angelini, ha voluto evidenziare la missione e gli obiettivi dell’ente:

“Con grande emozione e profondo senso di responsabilità, assumo l’onore di presiedere la Fondazione UNCC, ufficialmente costituita oggi davanti al notaio. Ringrazio l’UNCC per la fiducia accordatami e la Giunta per avermi designato a questo prestigioso incarico. Considero un autentico privilegio poter contribuire a questo ambizioso progetto, che segna un passo decisivo per la crescita e l’evoluzione della nostra professione.”

Con la costituzione della Fondazione UNCC ETS, l’Unione Nazionale Camere Civili rafforza il proprio impegno nel garantire una formazione di alto livello agli avvocati, contribuendo così all’innovazione e alla qualità della giustizia civile nel nostro Paese.


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Caos nel concorso dirigenziale al Ministero della Giustizia: sindacati denunciano irregolarità

Roma, 28 marzo 2025 – Polemiche e proteste sindacali scuotono il concorso pubblico per l’assunzione di 54 dirigenti di seconda fascia presso il Ministero della Giustizia. A sollevare il caso è l’Onorevole Devis Dori, che ha presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere chiarimenti sulle gravi anomalie riscontrate durante la selezione.

Il concorso, bandito il 23 dicembre 2024, ha visto la prima prova preselettiva svolgersi il 21 marzo scorso alla Nuvola di Roma. Tuttavia, sindacati come CISL, CONFSAL-UNSA e CONFINTESA hanno denunciato irregolarità nella procedura, evidenziando l’assenza di una verifica preliminare dei requisiti di ammissione prima della prova preselettiva. Secondo il bando, infatti, tale verifica è rimandata a una fase successiva, ma questa prassi – sottolineano i sindacati – rischia di penalizzare i candidati idonei, escludendoli dalla graduatoria iniziale senza possibilità di reintegro.

Un ulteriore punto critico riguarda la modalità di svolgimento delle prove. Alcuni candidati avrebbero avuto la possibilità di sostenere la preselezione in modalità asincrona con un differimento temporale, in violazione del principio di par condicio tra i partecipanti. Inoltre, sarebbe stata concessa ad altri la possibilità di effettuare la prova da remoto in modalità sincrona, una scelta giustificata dal bando solo in casi specifici come gravidanza o allattamento.

Preoccupazioni emergono anche sulla trasparenza del concorso. Secondo quanto previsto dall’articolo 7 del bando, i punteggi individuali della prova selettiva sono stati comunicati esclusivamente ai candidati ammessi alle prove scritte, escludendo gli altri partecipanti. Una scelta che, secondo l’interrogazione parlamentare, contrasterebbe con i principi di trasparenza amministrativa stabiliti dal decreto legislativo n. 33/2013.

Alla luce di queste criticità, Dori chiede al Ministro della Giustizia di intervenire per fare chiarezza e adottare i provvedimenti necessari per garantire il rispetto delle regole concorsuali ed evitare possibili contenziosi.


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Nuove regole sul contributo unificato: i chiarimenti del Ministero

Il Ministero della Giustizia interviene sul contributo unificato: stop all’iscrizione a ruolo in caso di mancato pagamento

Il Dipartimento Affari di Giustizia del Ministero della Giustizia ha diffuso una nota con una serie di chiarimenti sul contributo unificato, documento che è stato trasmesso dal Consiglio Nazionale Forense (CNF) ai Consigli dell’Ordine degli Avvocati (COA). La nota, firmata dal direttore generale Giovanni Mimmo, fornisce indicazioni dettagliate sulle conseguenze dell’omesso pagamento del contributo unificato, alla luce dei numerosi quesiti giunti dagli uffici giudiziari nel corso del 2024.

Il ruolo dei cancellieri e il blocco dell’iscrizione a ruolo

Uno degli aspetti più rilevanti riguarda la gestione delle cause civili nel caso in cui il contributo unificato non venga versato o risulti insufficiente. Secondo le nuove disposizioni, i cancellieri saranno tenuti a rifiutare il deposito dell’atto introduttivo e a non procedere con l’iscrizione a ruolo della causa. In altre parole, senza il pagamento del contributo minimo previsto per legge, la causa non potrà avere inizio.

Viene inoltre chiarito che non è possibile sospendere l’iscrizione a ruolo in attesa della regolarizzazione del pagamento: se il contributo non è stato versato, la causa non potrà essere registrata e non potranno essere avviate azioni di recupero per il pagamento omesso.

L’onere del contributo per il convenuto

Un altro punto di rilievo riguarda la posizione della parte convenuta. L’omesso pagamento del contributo da parte di quest’ultima non impedisce il deposito dell’atto difensivo. Tuttavia, se il convenuto modifica la domanda, propone una domanda riconvenzionale, chiama in causa un terzo o effettua un intervento autonomo, sarà tenuto a versare un autonomo contributo unificato. In caso di mancato pagamento o versamento insufficiente, la cancelleria accetterà comunque il deposito dell’atto ma avvierà la riscossione per l’importo non corrisposto.

Se, invece, la prima parte a costituirsi in giudizio è il convenuto, sarà quest’ultimo a dover pagare il contributo unificato per evitare la mancata iscrizione a ruolo della causa.

Applicabilità delle nuove regole e impatto sui procedimenti di cittadinanza

Le nuove disposizioni si applicano a tutti i giudizi civili, indipendentemente dal grado di giudizio, e comprendono anche le procedure esecutive e la fase cautelare. Un chiarimento specifico è stato fornito per i procedimenti di riconoscimento della cittadinanza italiana: nel caso in cui più persone presentino un unico ricorso, ciascun ricorrente sarà tenuto al pagamento del contributo unificato minimo di 43 euro.

Questo orientamento è in linea con quanto previsto dalla legge di bilancio 2024, che ha introdotto l’obbligo di versare un contributo fisso per ogni ricorrente, anche in presenza di un unico atto introduttivo. Pertanto, la causa potrà essere iscritta a ruolo solo se tutti i ricorrenti abbiano provveduto al pagamento dell’importo dovuto.

Leggi qui il documento integrale del Dipartimento Affari di giustizia: Scarica il PDF


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Truffa via SMS ai danni dei contribuenti: attenzione ai numeri 893

L’Agenzia delle Entrate ha segnalato una nuova truffa che, nelle ultime settimane, sta colpendo i contribuenti tramite SMS e messaggi WhatsApp. Il raggiro consiste nell’invito a richiamare numeri che iniziano con 893, con il rischio di un ingente addebito sul credito telefonico della vittima.

Come funziona la truffa

I truffatori inviano messaggi che sembrano provenire da fonti affidabili, facendo riferimento a servizi dell’Agenzia delle Entrate, rimborsi fiscali o alla tessera sanitaria. Se il destinatario cade nel tranello e richiama il numero indicato, viene messo in contatto con un centralino che cerca di prolungare la conversazione il più possibile, generando così costi elevati sulla bolletta telefonica.

Come difendersi

L’Agenzia delle Entrate raccomanda di non richiamare mai i numeri sospetti, di non cliccare sui link contenuti nei messaggi e di non fornire dati personali, credenziali d’accesso o coordinate bancarie in caso di contatto telefonico.

Chiunque riceva SMS o messaggi sospetti è invitato a segnalarli alle autorità competenti e al proprio operatore telefonico, per evitare ulteriori danni economici e contrastare la diffusione della frode.


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scrivania con due persone e documenti

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Servicematica

Nel corso degli anni SM - Servicematica ha ottenuto le certificazioni ISO 9001:2015 e ISO 27001:2013.
Inoltre è anche Responsabile della protezione dei dati (RDP - DPO) secondo l'art. 37 del Regolamento (UE) 2016/679. SM - Servicematica offre la conservazione digitale con certificazione AGID (Agenzia per l'Italia Digitale).

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