L’importanza di conoscere le opinioni dei clienti per innovare i servizi

Internet ha reso il cliente una parte fondamentale per l’innovazione di aziende e studi. Attraverso l’analisi dei dati si possono identificare le aree di miglioramento, soprattutto grazie a feedback negativi, che sono preziose opportunità di crescita.

Un limite che aziende e studi professionali rischiano di incontrare è prendere delle decisioni strategiche soltanto basandosi sulla propria esperienza e sul proprio punto di vista.

L’ascolto dei clienti e delle loro esperienze in relazione a servizi e prodotti rappresenta il punto di partenza per poter migliore l’organizzazione, la comunicazione, i servizi e il marketing.

Per fornire un servizio personalizzato ai clienti, quello che bisogna fare è conoscere i loro bisogni, le loro esigenze e le loro aspettative; e per conoscere i propri clienti, le aziende potranno utilizzare sondaggi, focus group e ricerche di mercato.

Al fine di fornire un servizio che soddisfi tutte le esigenze dei clienti, è importante conoscere le loro opinioni per quanto riguarda l’esperienza che hanno fatto nel fruire di prodotti e servizi della stessa azienda.

La soddisfazione generale del cliente viene influenzata in gran parte dalla stessa esperienza del cliente, che, se positiva, aumenterà la sua fedeltà.

Ci sono diversi modi per raccogliere e monitorare le opinioni dei clienti. Si possono utilizzare sondaggi che vengono generalmente inviati con una mail dopo un acquisto, oppure contattando l’assistenza clienti dell’azienda, o ancora online, dopo aver fatto un acquisto.

Questi metodi permettono di fare una rapida valutazione del servizio clienti e ottenere feedback sugli operatori che assistono i clienti, monitorando in modo costante la qualità del servizio, intervenendo tempestivamente quando e se necessario.

In questa categoria di strumenti troviamo anche le recensioni online, presenti sia sul sito web che sui social media, che permettono di determinare qual è la percezione generazione del brand o del servizio sul pubblico.

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Dopo aver raccolto i dati, bisogna analizzarli e interpretarli, per poter determinare dove e come migliorare. Un feedback negativo non dovrà mai essere ignorato, ma visto come opportunità di crescita. Infatti, una critica costruttiva aiuta a capire dove migliorare e ad evitare di ripetere eventuali errori.

Importantissimo anche informare i clienti sui cambiamenti che sono stati apportati, anche grazie ai loro suggerimenti: questo contribuisce molto alla fidelizzazione del cliente.

Gli strumenti di raccolta dei feedback permettono alle aziende di creare delle esperienze personalizzate, al fine di soddisfare esigenze e preferenze dei clienti. Per poter raggiungere l’obiettivo, si potranno utilizzare piattaforme e servizi che si basano su strumenti di Intelligenza Artificiale, al fine di analizzare dati e fornire offerte personalizzate anche attraverso messaggi e mail mirati.

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Generare nuove idee e soluzioni innovative è un’operazione facilitata dal contatto costante con il cliente, così come dalla raccolta delle sue opinioni.

Lo scopo è sempre quello di migliorare l’esperienza del cliente, mettendo le esigenze di questo al centro di tutti i processi di innovazione. Aziende e studi possono continuare a migliorare i servizi offerti rafforzando il loro rapporto di fiducia con i clienti e ascoltando attentamente le loro esigenze.


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La Giustizia Climatica debutta alla Corte dei diritti dell’uomo

A Trento il 10/o congresso distrettuale degli Avvocati

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La Giustizia Climatica debutta alla Corte dei diritti dell’uomo

Sei giovani portoghesi, con età compresa tra 11 e 24 anni, hanno portato 32 Stati di fronte alla Corte europea dei diritti dell’Uomo (Cedu), per non aver rispettato gli obblighi climatici comunitari.

Nel 2017, nella regione di Beira, che si trova tra Portogallo e Spagna, le fiamme sono costate la vita a 66 persone e a 20mila ettari di foresta: per questo motivo, i sei hanno deciso di affidarsi al gruppo di avvocati Glan, per poter cercare giustizia alla corte di Strasburgo.

Commenta Catarina Mota, una dei sei giovani: «I nostri esperti dicono che a 3 gradi ci saranno ondate di caldo ancora più estreme, che dureranno un mese o più. I governi di tutto il mondo hanno il potere di fermare tutto ciò, ma hanno scelto di non fare la loro parte. Non possiamo restare a guardare».

L’accusa è rivolta contro 27 stati membri, più Regno Unito, Norvegia, Svizzera, Russia e Turchia, e non riguarda soltanto l’inadempienza agli obblighi climatici, ma anche la violazione dei diritti umani, sottolineando in tal senso come i diritti fondamentali dell’uomo fanno anche parte della lotta alla crisi climatica.

La Corte si è pronunciata positivamente, e questo potrebbe rappresentare uno storico precedente legislativo, anche se per la decisione potrebbero volerci molti mesi. Fino ad oggi, l’ambiente aveva incontrato la giustizia soltanto all’interno dei singoli Paesi.

In Italia, per esempio, c’è stata la campagna di Giudizio Universale del 2021, nella quale 200 ricorrenti, comprendenti anche 17 minori e 24 associazioni, hanno denunciato l’Italia per inadempienza climatica per quanto riguarda la riduzione di emissioni che alterano il clima, al fine di rientrare negli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi, i famosi 1,5/2 gradi.

Anche l’Italia dovrà difendersi dai giudici della Cedu. Il caso è stato classificato come prioritario, e verrà discusso anche di fronte alla Grande Camera, ovvero l’organo più solenne della Corte.

Prima di pronunciarsi, la Corte dovrà esaminare la ricevibilità del ricorso, e ciò implica il rispetto di alcuni criteri molto rigorosi, sui quali parecchi casi, nel passato, si sono arenati. L’attuale crisi climatica, ricordano i sei giovani, non distribuisce equamente i suoi effetti nei vari stati.

Gli avvocati di Glen parleranno anche della violazione dei diritti alla salute dei giovani, che quest’estate hanno superato i 40 gradi in molte zone. Dichiara il portavoce della campagna, il 15enne André dos Santos Oliveira: «Tutta l’Europa sta vivendo tremendi impatti climatici: in Portogallo quest’estate abbiamo sperimentato ondate di caldo sempre peggiori che stanno limitando la nostra capacità di poter decidere della nostra vita in maniera libera».

Alcuni Paesi avrebbero già inviato i loro pareri alla Cedu. La Grecia, per esempio, avrebbe comunicato: «Non può essere stabilita una relazione di causa-effetto assoluta tra i cambiamenti climatici e problemi sulla salute umana: c’è grande incertezza sul bilancio finale della mortalità: se sia positivo o negativo».


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A Trento il 10/o congresso distrettuale degli Avvocati

Linee guida per l’utilizzo di strumenti di Intelligenza Artificiale da parte degli Avvocati

10/o congresso avvocati trento

A Trento il 10/o congresso distrettuale degli Avvocati

Giovedì 28 settembre, il professore Guido Alpa e l’ex Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Maria Masi, apriranno il 10/o congresso giuridico distrettuale degli Ordini degli Avvocati di Trento, Bolzano e Rovereto.

Il congresso si svolgerà tra venerdì 29 e sabato 30 settembre a Trento. Quest’anno il tema sarà “Il ruolo dell’avvocato in una stagione di riforme tra efficienza ed efficientismo“. Antonio Angelini, il presidente dell’Ordine degli avvocati di Trento, ha spiegato in conferenza stampa che il tema rimanda alla Riforma Cartabia, che sembra «addebitare all’avvocatura ritardi che in realtà non le sono addebitabili».

Presenti 72 moderatori e relatori provenienti da tutta Italia, per dare vita a 18 sessioni che andranno a coinvolgere i 600 iscritti al congresso. Durante le sessioni si affronteranno temi relativi alla giustizia civile, penale e amministrativa, al diritto al lavoro, di famiglia, di deontologia e di mediazione.

Sabato 30 settembre si terrà l’evento conclusivo, che tratterà il tema del rapporto dell’avvocatura con l’intelligenza artificiale. Dichiara Angelini: «L’argomento dell’intelligenza artificiale è molto delicato e importante. Non possiamo accettare di diventare dei terminali giuridici di un linguaggio informatico, e quindi dobbiamo ribadire il ruolo dell’avvocato come persona e come soggetto capace di interloquire con il cittadino per cercare di difendere i suoi diritti con il lato umano che caratterizza la nostra professione: la partecipazione alle vicende dei nostri assistiti».


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Da tempo si discute circa l’impatto dell’Intelligenza Artificiale in campo legale, soprattutto dopo l’introduzione di ChatGPT di OpenAI.

La maggior parte dei chatbot di intelligenza artificiale sono generici, anche se cominciano già a prendere piede sistemi di intelligenza artificiale generativa specializzati, progettati dunque per la semplificazione dei compiti dei professionisti.

In questo contesto troviamo l’azione della FBE, la Commissione Nuove Tecnologie, Fédération des Barreaux d’Europe, che punta ad aiutare gli avvocati presenti in Europa a comprendere meglio il funzionamento degli strumenti di intelligenza artificiale generativa, per poterli utilizzare in maniera responsabile, nel pieno rispetto dei principi della professione legale.

Il rapporto pubblicato dalla FBE conteneva le seguenti linee guida:

  1. Comprendere l’IA generativa;
  2. Riconoscere le limitazioni e il contesto;
  3. Rispettare le regole esistenti sull’uso della IA;
  4. Integrare la competenza giuridica;
  5. Rispettare il segreto professionale;
  6. Garantire la protezione dei dati personali e della privacy;
  7. Informare il cliente e assumersi la responsabilità

Clicca qui sopra per leggere le linee guida 🙂

Tali linee guida, seppur non esaustive, sono un valido aiuto per mantenere gli standard etici e per proteggere la riservatezza del cliente.

La GenAI, l’intelligenza artificiale generativa, indica quei sistemi di intelligenza artificiale che generano testi, immagini e altri media a seguito di una richiesta. La GenAI si basa sui modelli linguistici di grandi dimensioni, LLM, che generano output simili al linguaggio umano, anche se la loro funzione principale resta quella di prevedere quale sarà la parola successiva in una stringa di testo.

Comprendere la tecnologia e familiarizzare con il suo funzionamento è un ottimo punto di partenza per poter decidere in che modo sfruttarla nella professione. Gli avvocati, nello specifico, vengono sollecitati a prestare attenzione non soltanto ai bias dell’apprendimento automatico, ma anche alle allucinazioni, ovvero alla creazione di contenuti che non rispecchiano in alcun modo la realtà.

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Questi strumenti potrebbero anche migliorare determinati aspetti della professione, ma dobbiamo ricordare che i contenuti potrebbero non venire sempre aggiornati. Resta, dunque, la necessità di verificare e controllare i vari output.

Gli avvocati europei dovranno conoscere e rispettare le varie norme esistenti, che vanno a disciplinare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e restare sempre aggiornati circa il Regolamento sull’Intelligenza artificiale dell’UE, ora in fase di approvazione.

Probabilmente, l’indicazione che più merita attenzione è la numero 4. La GenAI, infatti, dovrebbe andare ad integrare le competenze legali, e non sostituirle. La tecnologia è uno strumento di semplificazione del lavoro, visto che non è in alcun modo capace di sostituire il giudizio o la capacità critica del professionista.

Resta di cruciale importanza il rispetto del segreto professionale, e dunque anche l’importanza della salvaguardia dei dati personali. Gli strumenti di GenAI utilizzati dagli avvocati, dunque, dovranno sempre rispettare il GDPR.

L’ultimo punto, invece, parla della comunicazione ai clienti circa l’utilizzo degli strumenti di GenAI negli Studi Legali. Gli avvocati dovranno spiegare lo scopo, i vantaggi, le limitazioni e le garanzie di questo strumento.

Per la FBE, il rapporto in questione non è soltanto utile, «ma anche un catalizzatore per iniziative volte a sensibilizzare gli avvocati sull’uso responsabile dell’intelligenza artificiale generativa».

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Cooperativa tra avvocati: quali sono i vantaggi?

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Sembra ufficiale: l’era di internet gratis, ormai, sta finendo. Nei primi anni Duemila i giornali cominciarono a trasferirsi online, non c’erano paywall e l’informazione era completamente gratuita. Era un’autentica rivoluzione.

Leggi anche: Digital Services Act: in vigore nuove norme europee per le aziende digitali

Dopo qualche anno cominciarono ad affermarsi i blog e i social network. Alcuni, come Meta, sono sopravvissuti, altri sono scomparsi, come MySpace, altri ancora hanno cambiato nome oppure sono stati venduti a grandi colossi.

L’iniziale entusiasmo per questa sorta di liberazione nel mondo dell’informazione ha successivamente dovuto fare i conti con realtà, ovvero, la pubblicità online, da sola, non bastava.

Giornali, colossi tech e social, abili nella profilazione e nella raccolta pubblicitaria, se la sono cavata per anni, sino all’introduzione delle norme del Gdpr, che hanno imposto di chiedere agli utenti se volevano essere tracciati, al posto di farlo automaticamente.

Nell’ultimo anno, per non morire, alcuni giornali hanno deciso di mettere il lettore di fronte ad una scelta: chi vuole continuare a leggere un articolo gratuitamente deve acconsentire al tracciamento. In caso contrario, o si paga un piccolo contributo oppure ci si abbona.

Il Garante non si è ancora espresso, ma sembra che la cosa potrebbe essere accettata soltanto in caso di trasparenza e se la somma richiesta risulta proporzionata, affinché la scelta del tracciamento non sia obbligata.

I social network stanno guardando con molto interesse a questa possibilità. Il New York Times, recentemente, ha riportato la notizia che Meta starebbe valutando se offrire anche in Europa una versione di Facebook e di Instagram a pagamento e senza pubblicità.

Un’idea simile l’ha avuta anche Elon Musk. Twitter, che ora si chiama X, ha già una versione premium dal costo di una decina di euro al mese, che consente di accedere a diverse opzioni aggiuntive rispetto a quelle di base.

La decisione è stata presa anche dai colossi dello streaming, che cominciano ad offrire abbonamenti più economici con pubblicità al fine di guadagnare nuovi iscritti.

Le aziende, comunque, se garantiscono consensi chiari, liberi, informati e trasparenti, potranno seguire la via del profitto nella maniera che più ritengono opportuna, visto che non è ancora arrivato il parere del Garante.


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Cooperativa tra avvocati: quali sono i vantaggi?

A Parma è nato un nuovo Studio Legale in forma di cooperativa, MC2 legali. Fondatrici e socie sono le avvocate Manuela Mulas, Donata Cappelluto e Lauravita Cappelluto, che, dopo aver lavorato insieme per molti anni, hanno capito che la forma dello Studio associato non faceva proprio per loro, poiché allontanava lo spirito di collaborazione e non assicurava prospettive adeguate ai collaboratori.

Tale forma societaria è già presente all’interno del Codice Civile ed è utilizzata in molti altri settori, come quello assicurativo e quello bancario, ed è stata estesa ai professionisti nel 2017 con il Decreto Concorrenza, convertito in Legge 124 del 4 agosto 2017.

La Sta coop ha alcuni aspetti importanti che la rendono utile per l’esercizio collettivo della professione forense. È una formula che si adatta ai giovani, soprattutto per i bassi costi di costituzione e di manutenzione.

È consigliabile, comunque, adottarla nei casi in cui la compagnia di professionisti sia organizzata in maniera non verticistica, ovvero il gruppo di avvocati che intende lavorare insieme si riconosce in un sodalizio tra pari al posto di una struttura gerarchica piramidale.

Questa forma societaria è consigliabile anche nel caso in cui si vogliano far crescere i collaboratori, oppure acquisire nuovi soci. Quando un socio entra o esce non ci sarà bisogno del notaio, o di passaggi di quote, né tantomeno di modificare assetti di governance.

La cooperativa tra avvocati è utile se i professionisti stanno bene insieme, e permette di riconoscere ad ogni socio un compenso con un fisso, un variabile e un bonus. Inoltre, sarà possibile distribuire ai soci anche gli utili derivanti dall’attività a seconda di quanto stabilito all’interno del regolamento.

I vantaggi dello Studio Legale in forma Cooperativa

La cooperativa è una società a responsabilità limitata. Questo potrebbe contare poco per i soci fondatori, ma ha molta importanza per quelli che entrano successivamente in società. All’interno dell’associazione sarebbero solidalmente responsabili, mentre nella coop no.

Il vantaggio più significativo, comunque, riguarda la possibilità che lo studio in forma di cooperativa e i soci instaurino un rapporto di lavoro sotto il profilo fiscale, esattamente come quello dipendente.

Un avvocato socio di una coop potrà percepire uno stipendio da parte dello studio di cui risulta comproprietario, e potrà fare a meno della Partita IVA. L’Avvocato, dal punto di vista previdenziale, verserà a Cassa Forense contributi che risultano proporzionali al suo reddito.

Il secondo vantaggio è quello dell’elasticità contrattuale nei rapporti tra i soci e la società, per quanto riguarda stipendio e compensi. È presente piena libertà di individuare un meccanismo di retribuzione, purché disciplinato da un regolamento.

Per effetto della competenza e della contabilità del regime lavorativo, il socio paga Cassa Forense soltanto sulla base di ciò che percepisce effettivamente dalla cooperativa: quindi si paga sul reddito, e non sull’imponibile IRPEF.


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I cyber-agenti sono liberi di hackerare

Diffamazione in chat: per la Cassazione non è aggravata

 

I cyber-agenti sono liberi di hackerare

I cyber-agenti infiltrati devono aver libertà di hackerare. Non devono essere punibili se, al fine di contrastare eversione e terrorismo, decidono di aprire account e siti fake, accedendo o alterando i sistemi telematici e informatici.

Questo è quanto proposto da un emendamento che vede la firma dei relatori Pietro Pittalis e Sara Kelany al disegno di legge in conversione del DL 105/2023, in esame in commissione alla Camera. L’emendamento, in sintesi, rafforza gli strumenti atti al contrasto di eversori e terroristi, che pianificano e realizzano, sempre più spesso, attività delittuose, utilizzando il web.

Nella strategia che è stata disegnata nell’emendamento sono previste tre linee di intervento. La prima riguarda i margini di manovra per le operazioni sotto copertura, per combattere l’eversione e il terrorismo, ma anche i reati informatici che interessano le varie infrastrutture critiche informatizzate.

Inoltre, si prevede l’aumento dei poteri di coordinamento e di impulso del procuratore nazionale antimafia, da estendere alle più gravi forme di criminalità informatica. Per ultima cosa, si punta alla creazione di un filo informatico diretto tra la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Di quest’ultima si dovrebbe rinforzare il potere di ordinare la collaborazione da parte degli enti pubblici e privati in caso di attacchi o di incidenti.

Nell’emendamento sono presenti delle integrazioni alla legge 146/2006, ovvero:

  • L’adeguamento al progresso informatico per le operazioni sotto copertura;
  • Il potenziamento degli strumenti di contrasto dei reati che vengono commessi ai danni delle strutture informatizzate critiche.

Nel dettaglio, si parla di attività di hackeraggio come deterioramento, danneggiamento, alterazione del sistema informatico o telematico, cancellazione, alterazione di informazioni o di programmi, attivazioni delle identità anche digitali degli spazi e dei domini informatici.

La non punibilità di tali attività diverrebbe appannaggio sia degli organismi antiterrorismo di Polizia, GdF e Carabinieri, sia degli organismi del Ministero dell’Interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione.

La proposta è, inoltre, quella di estendere i poteri d’impulso e di coordinamento del Procuratore nazionale antimafia, riguardo i procedimenti di alcune tipologie di delitti informatici. Tra questi delitti troviamo l’accesso abusivo informatico aggravato, danneggiamento di informazioni e di programmi informatici dello Stato o comunque di pubblica utilità.

Si propone anche un meccanismo di stretta collaborazione tra Procura nazionale antimafia e Agenzia nazionale per la cybersicurezza, che dovrà trasmettere dati e notizie sui fatti rilevanti per le indagini dei gravi reati informatici.

Nel caso di incidenti per quanto riguarda la sicurezza informatica, nell’emendamento si propone di inserire l’obbligo di collaborazione con l’Agenzia a carico di soggetti pubblici e privati coinvolti.


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Diffamazione in chat: per la Cassazione non è aggravata

La diffamazione in chat non è aggravata, come invece avviene nel caso dei social e dei siti internet.

L’offesa non sembra essere arrecata con la pubblicità: i social e il web, sono assimilati alla stampa, in quanto l’espressione ingiuriosa potrebbe raggiungere un numero di persone indeterminato.

Il gruppo WhatsApp, invece, per natura, risulta destinato ad un numero ristretto di persone. Lo scambio di comunicazioni, dunque, rimane riservato, o comunque non dà il via ad una diffusione incontrollata, come invece avviene nei social.

Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza del 14 settembre n. 37618/2023.

Risulta definitivo il non luogo a procedere nei confronti di un carabiniere, condannato a 5 mesi e 5 giorni di reclusione, oltre alla responsabilità civile. Al carabiniere è stata originariamente imputata una diffamazione continuata pluriaggravata, per aver inviato dei messaggi offensivi ad alcuni militari all’interno del loro gruppo WhatsApp.

Bocciato anche il ricorso del pm, che va a contestare l’esclusione dell’aggravante mentre invocava la giurisprudenza dei social e delle mail. Si esclude, infatti, che utilizzare la chat integri l’offesa recata mediante pubblicità.

Questo perché gli strumenti dedicati alla comunicazione digitale non sono per niente uguali, né tantomeno funzionano allo stesso modo. Il principio è valido nei confronti di tutti, che siano militari o civili, poiché sul codice penale militare di pace ci si basa sull’art. 595 c.p.

WhatsApp ha agevolato la comunicazione, tuttavia, il messaggio viene raggiunto soltanto dagli iscritti alla chat, che potranno comunque condividerlo, senza che la comunicazione perda la sua connotazione di riservatezza.

Diverso, invece, è il caso di Facebook, social dove le persone possono condividere i contenuti. Il libero accesso al sito web corrisponde alla scelta di leggere un giornale. Si tratta di un principio di tassatività, vigente in ambito penale, e dunque sufficiente per poter escludere che WhatsApp possa essere comparato ad un social ed esser ritenuto un mezzo di pubblicità.


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Entra ufficialmente nella Costituzione italiana lo sport, in quanto valore tutelato dalla Carta. La Camera ha approvato definitivamente la proposta di legge costituzionale, che va ad inserire, con 312 sì, la tutela dello sport nella Costituzione.

Il provvedimento aveva ricevuto in precedenza il via libera da parte del Senato in prima e in seconda lettura. Sempre alla Camera c’era stata un’approvazione unanime lo scorso 4 aprile.

Il testo si compone di un’unica norma all’art. 33 della Camera, in cui si parla sia di arte che di scienza, aggiungendo:

«La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme».

Nel testo originale della Costituzione non c’erano riferimenti relativi all’attività sportiva. Erano previsti soltanto due Statuti speciali, ovvero quello del Trentino-Alto Adige, che assegnava potestà legislativa riguardo le «attività sportive e ricreative con i relativi impianti ed attrezzature» e quello del Friuli-Venezia Giulia.

Nel 2001, con la riforma del Titolo V, lo sport entra ufficialmente in Costituzione: nell’art. 117, comma 3, troviamo «l’ordinamento sportivo» tra le materie di competenza.

In ogni caso, nella scorsa legislatura, c’era già stato un tentativo di approvazione della legge costituzionale, che non riuscì a concludere il suo iter visto lo scioglimento anticipato delle Camere. Il contenuto dell’attività sportiva viene declinato su tre direttrici complementari, ovvero il valore educativo, il valore sociale, ma anche la concezione di benessere psico-fisico.


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I Dialoghi sono un’importante iniziativa di formazione, che hanno per oggetto il procedimento dinanzi la Corte Suprema di Cassazione, che il CNF ha organizzato con il Consiglio Direttivo della Corte.

Si prevede una serie di incontri paralleli, e per ogni data individuata tratteranno il diritto civile e processuale civile, il diritto penale e processuale penale; gli avvocati potranno selezionare la propria area di interesse.

Lo svolgimento consisterà nel dialogo tra un avvocato e un magistrato di Cassazione, al fine di provocare un confronto sulla struttura del giudizio di legittimità, andando ad analizzare quali sono le modalità redazionali della sentenza e del ricorso.

Gli incontri dureranno due ore e avverranno online. La partecipazione è completamente gratuita e darà diritto a 2 crediti formativi. Per garantire una più ampia partecipazione agli incontri, il CNF ha suddiviso gli iscritti agli Ordini in sei differenti macroaree a base regionale, riservando ad ognuna di loro una giornata.

Per controllare il calendario degli incontri potete cliccare qui sopra.


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Inoltre è anche Responsabile della protezione dei dati (RDP - DPO) secondo l'art. 37 del Regolamento (UE) 2016/679. SM - Servicematica offre la conservazione digitale con certificazione AGID (Agenzia per l'Italia Digitale).

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