TikTok causa dipendenza nei bambini?

TikTok, dopo aver ricevuto una multa di 345 milioni per aver violato il GDPR, ora finisce nel mirino dello Utah, poiché il social sembrerebbe creare dipendenza nei bambini. Non sembra, inoltre, essere particolarmente gradito il modo in cui la società oscura il rapporto con ByteDance, società madre cinese.

La Divisione protezione dei consumatori dello Utah ha citato in giudizio TikTok poiché questa inviterebbe «illegalmente i bambini a un uso dannoso», con delle funzionalità che portano a scrollare lo schermo all’infinito per vedere sempre più filmati, facendo guadagnare la piattaforma con la pubblicità.

Inoltre, Spencer Cox, il governatore dello Utah, dice che il social «inganna i genitori dicendo che la sua app è sicura per i bambini».

Nella causa in questione leggiamo che TikTok violerebbe lo Utah Consumer Sales Practices Act, in quanto le entrate aumentano all’aumentare dell’inganno nei confronti degli utenti. Inoltre, lo Stato dello Utah sostiene che, nonostante TikTok abbia sede negli USA, viene controllato direttamente dalla società madre in Cina.

Per tutti questi motivi lo Utah richiede un processo con giuria, con lo scopo di «inibire in via preliminare o permanente» il social, costringendo la società al pagamento di 300.000 dollari in sanzioni civili e di altri 300.000 per danni, oltre alle spese legali.


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Danno esistenziale per un maxi ritardo ferroviario, della durata di 23 ore, senza fornire assistenza ai passeggeri che erano bloccati sul treno. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28244, ha respinto il ricorso di Trenitalia.

Nel 2019, il Tribunale di Cassino aveva confermato la decisione presa del giudice di pace, che condannò la società ferroviaria a pagare 5,25 euro in quanto “indennizzo da ritardo”, oltre a 400,00 euro come risarcimento del “danno esistenziale”.

La vicenda risale al 3 febbraio 2012, quando, a causa di una forte nevicata nel basso Lazio, un treno di pendolari restò isolato nella neve per 23 ore, senza alcun tipo di assistenza.

Secondo la Terza sezione civile, «i bollettini metereologici risultavano aver chiarito in misura sufficiente – al di là quindi delle pur possibili evoluzioni ulteriormente peggiorative – a dover indurre l’esercente il servizio di trasporto ferroviario […] a predisporre, con precauzionale diligenza, misure organizzative di assistenza, indipendentemente, cioè, dalla possibilità di porle in essere, in forma ridotta, una volta concretizzata la situazione di emergenza».

Prosegue la Cassazione: «Il Tribunale ha evidentemente quanto ragionevolmente ritenuto il travagliato viaggio di quasi ventiquattro ore continuative in defatiganti condizioni di carenza di cibo, necessario riscaldamento e possibilità di riposare, un’offesa effettivamente seria e grave all’individuabile e sopra rimarcato interesse protetto, tale da non tradursi in meri e frammentati disagi, fastidi, disappunti, ansie o altro tipo di generica insoddisfazione».

La ricorrente ha sostenuto che i viaggiatori avrebbero dovuto «astenersi dal mettersi in viaggio», poiché la condotta era «in ogni caso inesigibile, in quanto le informazioni fornitele non erano tali da far prevedere che il tragitto non si sarebbe concluso in tempi ragionevoli, e di per sé incongruente, in quanto […] si sarebbe trovata nella necessità di fare fronte al reperimento di un luogo ove soggiornare, a Roma o nel corso del travagliato tragitto, a sue esclusive spese».

Per concludere, la normativa «è volta ad assicurare forme di “indennizzo” per le ipotesi di cancellazione o interruzione o ritardo nel servizio, ma non anche a impedire che, qualora ne sussistano i presupporti, sia accolta la domanda giudiziale di risarcimento di ulteriori pregiudizi tutelati e lesi».


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Scienza e Giustizia: un nuovo esame del Dna per identificare il colpevole

Corte di Cassazione: indennità vacanza contrattuale ripartita tra più datori

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In Italia, per la prima volta, è stato utilizzato il protocollo del laboratorio di genetica forense del Centro regionale antidoping, per un procedimento richiesto da un magistrato dopo che le analisi convenzionali non avevano dato alcun riscontro.

La scienza corre in aiuto della giustizia, con una tecnica che è stata utilizzata per la prima volta in assoluto in Piemonte e che ha consentito di individuare l’autore di un reato, riuscendo laddove le convenzionali analisi genetico-forensi non erano riuscite ad arrivare.

Tutto questo avviene nel laboratorio di genetica forense del Centro regionale antidoping Bertinaria, una struttura di riferimento internazionale per quanto concerne l’investigazione scientifica sulle tracce biologiche, in particolar modo per sulla presenza del Dna.

Le informazioni in sé sono riservate: è un’inchiesta per minacce che si rivolgono ad una personalità ben nota. La tecnica impiegata, tuttavia, è quella che conta.

Il nuovo protocollo tiene conto delle tracce biologiche, dei dati genetico-identificativi, della provenienza geografica, dell’aspetto e dei caratteri fenotipici. Da pochissime cellule di Dna sarà possibile avere un identikit del soggetto che ha lasciato il materiale genetico, anche con un contatto epidermico.

In particolar modo, da determinate tracce di contatto trovate su fogli di carta e su oggetti che sono già stati toccati, è stato possibile isolare i profili del Dna dello stesso soggetto, che sono stati inviati in banca dati nazionale, e che non hanno prodotto corrispondenza.

Il magistrato, a tal punto, ha proseguito le indagini genetico forensi con una nuova procedura ideata da Paolo Garofano, con degli ottimi risultati. Nella prima fase le tracce identificate appartenevano ad un cittadino italiano, con un’analisi effettuata sui profili genetici che sono già stati estrapolati.

Successivamente, con una strumentazione maggiormente sofisticata, si è riusciti ad ottenere dei dati fenotipici crudi (capelli castani e occhi azzurri). I campioni residui sono stati trattati con un pannello di marcatori maggiormente diversificato, che ha consentito di ottenere l’aspetto di chi aveva rilasciato le tracce da contatto.

Caratteristiche particolari relative all’aspetto di un individuo non sembrano essere ancora disponibili, anche se lo saranno in futuro.


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L’indennità per la vacanza contrattuale non può ricadere solo sull’ultimo datore di lavoro, quello che impiega il dipendente quando avviene il rinnovo. L’importo dovrà essere riassegnato alle diverse aziende in cui il dipendente ha lavorato durante i mesi di “vacanza”.

Lo chiarisce la Corte di Cassazione con sentenza n. 28186, accogliendo il ricorso di un’azienda che lavorava per Trenitalia. La Corte d’Appello di Reggio Calabria, invece, aveva respinto il ricorso della società in questione, confermando la condanna al pagamento di 305,39 euro per la copertura della vacanza contrattuale della durata di 44 mesi.

Tuttavia per la ricorrente, a suo carico doveva esserci solo il «periodo di prestazione del lavoratore alle proprie dipendenze».

Nel dare ragione all’azienda, la Sezione Lavoro ricorda come l’indennità una tantum abbia la funzione di «assicurare un parziale recupero del potere di acquisto del dipendente rispetto all’aumento del costo della vita con riferimento al periodo di mancato rinnovo del contratto collettivo e il suo addossamento a carico del datore si giustifica con i possibili vantaggi economici che questi ne trae».

«Non appare», prosegue, «giustificato porre a carico del soggetto, con il quale il rapporto intercorreva al momento del rinnovo, l’intero importo anche per i periodo di attività prestata presso precedenti datori di lavoro, verso i quali alcun obbligo era stabilito dalla previsione collettiva».

Una conferma indiretta della correttezza di tale soluzione «è costituita dall’esigenza di riproporzionamento, espressamente avvertita dalle parti collettive laddove le stesse hanno stabilito che gli importi in questione dovessero essere corrisposti “in proporzione ai mesi di servizio prestati nel periodo di riferimento”».

Per concludere, «l’indennità in oggetto, in quanto strutturalmente correlata all’effettuazione della prestazione lavorativa, può essere oggetto di pretesa soltanto nei termini descritti, in assenza di diversa previsione negoziale ad hoc che ponga l’obbligazione integralmente in capo a chi risulti datore di lavoro al momento della stipula del contratto collettivo».


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L’obiettivo del regolamento Ue 2022/2065 è rendere sempre più sicuro il mondo online. Il Dsa punta anche alla difesa dei minori che devono fare i conti con gli effetti di cyberbullismo, stalking, molestie sessuali online e abusi nella condivisione di immagini.

Gli effetti del Dsa potrebbero avere conseguenze globali per quanto riguarda la protezione dei minori, soprattutto se preso come modello da Stati extra Ue e se applicato alla lettera dalle grandi piattaforme.

Anche la Commissione Ue, con il regolamento di esecuzione 2023/1201 ha una funzione fondamentale, benché gli effetti concreti si vedranno grazie ai prestatori di servizi intermediari, che rafforzeranno gli obblighi di diligenza.

Fondamentale la spiegazione più chiara delle condizioni generali nell’accesso ai servizi, che deve essere «facilmente comprensibile ai minori». Nel Dsa si individuano 4 categorie di rischi che dovranno essere valutati dai fornitori di servizi, tra cui le questioni collegate alle ripercussioni negative sulla vita dei minori.

Sono 19 i fornitori di piattaforme e motori di ricerca destinatari dell’intervento, che dovranno assicurare rispetto per quanto concerne l’interesse superiore del minore «nell’adottare misure quali l’adattamento della progettazione del loro servizio e della loro interfaccia online».

I fornitori di servizi dovranno consentire l’accesso semplice e immediato ai meccanismi di segnalazione e reclamo, adottando adeguate misure per assicurare «un elevato livello di tutela della vita privata, di sicurezza e di protezione dei minori sul loro servizio».

I fornitori, inoltre, non dovranno inserire pubblicità basate sulla profilazione nell’interfaccia del sito. Dovranno adottare misure per la verifica dell’età, garantire una rapida segnalazione degli abusi ed assicurare il controllo parentale.

Verranno vietati anche i messaggi pubblicitari che si rivolgono ai minori, anche se i fornitori non hanno l’obbligo di trattamento dei «dati personali ulteriori per valutare se il destinatario del servizio sia minore».


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Il 9 ottobre è la Giornata mondiale della posta, che ricorda l’istituzione dell’Unione postale universale che avvenne il 9 ottobre 1874, in Svizzera.

Nel 1969 fu istituito il World Post Day. Proprio in quegli anni si cominciava a pensare ad una nuova tipologia di posta. Nel 1965, alcuni ricercatori al Mit di Boston avevano sviluppato, per gli studenti universitari, un sistema di mailbox e nel 1971 il pioniere di Arpanet Ray Tomlinson perfezionò il protocollo.

Tomlinson cominciò a mettere in contatto vari atenei e scelse la chiocciola come collegamento tra il nome utente e la mail di destinazione. Inviare mail oggi è molto semplice, e l’intelligenza artificiale potrebbe correre in nostro soccorso per poterle scrivere, riassumendo concetti e impostando risposte automatiche.

Per esempio, si potrebbe utilizzare l’estensione ChatGPT Writer, che compone mail e aiuta gli utenti a scrivere testi, correggere errori grammaticali, cambiare tono della mail o parafrasare blocchi di testo che sono già stati scritti.

AI Mails, invece, è stato progettato per Gmail, al fine di generare delle risposte personalizzate e professionali, con un occhio di riguardo alla privacy, visto che i dati restano crittografati.

Con Merlin, invece, è possibile andare oltre: l’utente potrà selezionare un contenuto da pagina web e decidere in che modo rielaborarlo. Merlin consente di creare delle risposte basandosi sul contenuto selezionato, accorciandolo, sintetizzandolo, modificandone il tono e molto altro.

ChatSonic è un’altra estensione per Chrome, dedicata a Gmail, in grado di sintetizzare mail e impostare risposte automatiche. L’estensione è gratuita sino a 10mila parole al mese.

A proposito di mail: Google ha dichiarato che l’anno prossimo arriveranno alcune novità che renderanno più sicuro Gmail. La piattaforma ridurrà infatti la pubblicità indesiderata. Dal 2024, infatti, chi invierà mail ad almeno 5mila indirizzi differenti in una giornata avrà l’obbligo di inserire l’opzione di scelta per i destinatari di cancellare o meno la propria iscrizione.


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Registro Titolari effettivi: si parte dal 10 ottobre

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A Milano, nella sede dello studio legale Herbert Smith Frehills, si è tenuta la 47esima edizione della Italian Pro Bono Roundtable. L’evento è organizzato da Pro Bono Italia, e riunisce studi legali, avvocati e associazioni forensi al fine di promuovere e diffondere la cultura del pro bono in Italia.

L’evento è stato un momento utile per il confronto e per lo scambio tra realtà differenti, che lavorano in settori differenti, ma con un focus specifico sull’intelligenza artificiale e sulla tutela dei diritti umani.

Durante la prima parte dell’evento sono state presentate delle buone pratiche di impegno sociale e di cooperazione rivolte a soggetti più svantaggiati, pratiche messe in atto da Mygrants e Gruppo L’Impronta, con il supporto di Clearinghouse, Antigone Onlus e Helbert Smith Freehills.

Nella seconda parte, invece, é stato presentato il seminario Intelligenza Artificiale: etica, diritti e impatti sulla società nell’era di ChatGPT, organizzato in collaborazione con I-Com e The Good Lobby Italia.

Durante l’incontro si è potuto riflettere sul reale impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro e sulla vita di tutti i giorni, sottolineando gli aspetti di natura etica, giuridica, economica e tecnologica rispetto al suo sviluppo ed utilizzo.

Il seminario è stato introdotto dall’avv. Pietro Pouché e ha visto il contributo di Luna Bianchi, Massimo Chiriatti, Barbara Caputo, Eleonora Faina, Oreste Pollicino ed Emanuela Girardi.

Al termine dell’evento, l’avv. Giovanni Carotenuto, co-fondatore dell’associazione Pro Bono Italia, ha evidenziato quali sono le principali criticità e opportunità emerse durante l’incontro, come la necessità di una tutela efficace dei diritti umani nel processo legislativo, che porterà all’approvazione del Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale.


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Lunedì 9 ottobre verrà pubblicato in GU il decreto riguardante l’operatività del registro dei titolari effettivi. Ci sarà tempo sino all’11 dicembre per gli invii telematici. Questo è quanto stabilito dall’art. 3 comma 6 del dm 55/2022, che richiedono che entro 60 giorni dalla pubblicazione in GU avvengano le prime comunicazioni.

L’obbligo riguarda 1,5 milioni di soggetti, che siano società di capitali, persone giuridiche private, trust e soggetti ad essi assimilati. Società e persone giuridiche private verranno iscritte nella sezione autonoma, mentre trust e soggetti affini nella sezione speciale.

Nel decreto ministeriale n.55 dell’11 marzo 2022, si dispone che: «Le comunicazioni dei dati e le informazioni di cui ai commi 1 e 2 (in merito alle titolarità effettive) sono effettuate entro i 60 giorni successivi alla pubblicazione dei dati e delle informazioni sulla titolarità effettiva».

Si tratta del provvedimento del Mimit, che attesta l’operatività del sistema di comunicazione delle informazioni e dei dati sulla titolarità effettiva.

Dal 10 ottobre cominceranno i 60 giorni previsti dal decreto, e la scadenza viene fissata per il giorno 11 dicembre. La prossima settimana, invece, verranno inviate delle informative da parte dei registri delle imprese alle società che sono tenute ad adempiere all’obbligo.

La pubblicazione in GU del decreto che riguarda l’operatività del sistema di comunicazione andrà a determinare anche quali sono gli obblighi permanenti per le imprese e altri soggetti coinvolti. Le imprese con personalità giuridica e le persone giuridiche private costituitesi dopo il 9 ottobre dovranno comunicare l’iscrizione al registro dei titolari effettivi entro 30 giorni dall’iscrizione nei propri registri.

Soltanto per i trust, invece, i 30 giorni cominceranno dalla data della loro costituzione. Eventuali variazioni dovranno essere comunicate sempre entro 30 giorni.

Enti, società e trust dovranno confermare annualmente informazioni e dati comunicati entro 12 mesi dalla prima comunicazione.


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Un nodo ancora tutto da sciogliere è il tema della sicurezza e delle persone con problemi psichiatrici che compiono reati. Il Guardasigilli Carlo Nordio offre le sue soluzioni, durante un convegno al centro congressi Bhr di Quinto, parlando dell’apertura delle strutture para-carcerarie nelle caserme non utilizzate e dismesse.

In dieci anni, 42 pazienti, identificati in quanto autori di reati, sono stati seguiti dal dipartimento di salute mentale di Treviso. I numeri sono destinati a crescere: 8 pazienti nel 2021, 18 nel 2022. Spiega Carola Tozzini, direttrice del dipartimento: «La novità sta nella differenziazione di genere: sono comparse anche le donne. E si è abbassata l’età media, è un andamento che ci preoccupa. Da qui la decisione di iniziare a parlarci e a confrontarci».

Nel 2014 sono stati chiusi ufficialmente gli ospedali psichiatrici giudiziari, anche se non bastano le nuove residenze per eseguire le misure di sicurezza, pensate per l’accoglienza delle persone con disturbi mentali, dopo i pronunciamenti della magistratura.

I trattamenti sanitari obbligatori non sono affatto delle soluzioni stabili. Fa il punto della situazione il Sindaco Mario Conte: «Mi preoccupa il numero di Tso e il fatto che spesso riguardano giovanissimi: le nostre comunità chiedono soluzioni».

Invece, la società italiana di psichiatria forense chiede l’introduzione di un nuovo concetto di vincolo di cura e di maggior attenzione alla salute mentale dei detenuti nelle carceri. La psichiatria non può in alcun modo controllare le anomalie comportamentali.

Spiega Nordio: «Il problema delle carceri e del trattamento psichiatrico è una priorità. Si possono fare delle riforme a costo limitato per ridurre il problema. La mia idea è di recuperare gli spazi che esistono nelle caserme dismesse».

«Se si svuota una parte delle carceri di detenuti che possono essere trasferiti in queste nuove strutture para-carcerarie, si liberano posti per le persone che devono essere sottoposte a trattamenti sanitari in una struttura carceraria adeguata alle esigenze di cura. Per le persone meno pericolose, poi, sarà possibile istituire dei centri di cura intramoenia nelle stesse caserme dismesse».

Aggiunge: «Non si possono riaprire gli ospedali psichiatrici giudiziari. Non si può ritornare indietro, ma si può coniugare il bilanciamento tra il malato e il diritto di sicurezza della società».


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In questi giorni cominciano ad arrivare mail da parte di Meta agli utenti Instagram. Cambiano, infatti, termini e condizioni di ben 19 piattaforme, come Amazon, YouTube e Google. Si tratta del primo step dell’applicazione del Dsa, il Digital Services Act, il regolamento europeo che punta alla protezione degli utenti online dalle fake news, comportamenti illeciti, pratiche commerciali scorrette e violenza.

Vista la grande influenza che possono avere le big tech sul mondo dell’informazione e su molti aspetti delle nostre vite, il nuovo regolamento europeo intende creare un ambiente più sicuro.

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Dal 25 agosto è cominciato il primo step per l’applicazione del Dsa, che coinvolge 17 siti e social, oltre a Google e a Bing. Dal prossimo 17 febbraio 2024, invece, chi opera online dovrà rendersi conforme al Regolamento.

È difficile dire che cosa sia cambiato, nel concreto, per gli utenti. Anche se molte piattaforme hanno allestito delle pagine apposite per informare gli utenti, orientarsi tra i vari Termini e condizioni è complicato.

I big, inoltre, si limitano a delle promesse generiche di impegno e sorveglianza nei confronti dei contenuti, ma senza indicare quali sono i modi e i tempi di intervento. Per l’avvocato Giulio Coraggio, che ha condotto un primo monitoraggio sull’adeguamento al Dsa, «occorre evitare che l’adeguamento sia più formale che sostanziale e questo dipenderà dall’applicazione concreta e dai controlli che avvierà la commissione europea».

«A Bruxelles», prosegue, «sono state annunciate più di cento assunzioni per il monitoraggio, quasi quante quelle indicate dal solo Regno Unito per la stessa finalità».

Sono i dati a testimoniare il bisogno di sicurezza in rete. Infatti, circa il 15% degli adolescenti sembra essere stato vittima di cyberbullismo. Le percentuali più alte si registrano tra le ragazze e gli undicenni, ma calano con l’aumentare dell’età.

Con la legge 71 del 2017 è possibile rivolgersi al Garante Privacy per richiedere di rimuovere i contenuti offensivi online, e quest’anno siamo arrivati a quota 50. Inoltre, al Garante si può segnalare il rischio di revenge porn: sempre quest’anno ci sono state 360 segnalazioni.


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Nel corso degli anni SM - Servicematica ha ottenuto le certificazioni ISO 9001:2015 e ISO 27001:2013.
Inoltre è anche Responsabile della protezione dei dati (RDP - DPO) secondo l'art. 37 del Regolamento (UE) 2016/679. SM - Servicematica offre la conservazione digitale con certificazione AGID (Agenzia per l'Italia Digitale).

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