Un avvocato che scrive un ricorso poco chiaro, incoerente e prolisso non può stupirsi dell’eventuale dichiarazione di inammissibilità da parte della Cassazione.
Una tale situazione è accaduta nel 2009.
Un avvocato ottiene un decreto ingiuntivo per il pagamento dei propri compensi da parte di una società che però si oppone.
La società fallisce, la causa viene interrotta e poi ripresa dalla curatela fallimentare, ma la Corte d’Appello dichiara l’appello inammissibile per genericità.
L’avvocato allora ricorre in Corte di Cassazione, la quale però concorda sull’inammissibilità del ricorso per 2 ragioni, tra cui figura anche la formulazione confusa e prolissa dell’atto nonché le censure di alcuni fatti rilevanti.
SCRIVERE BENE: ORGANICITÀ E CHIAREZZA DELLA FORMA
Per la Cassazione il ricorso appare in contrasto con l’organicità e la chiarezza della forma richiesti dall’art. 3 comma 2 del processo amministrativo e dalla “Guida per Avvocati” approvata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Secondo la Guida, scrivere bene un ricorso è il primo passo per permettere al giudice di individuare subito e facilmente gli elementi essenziali su cui basare il proprio giudizio.
SUGGERIMENTI PER UNA BUONA SCRITTURA
Allora, c’è da chiedersi quali siano queste regole per scrivere bene.
A darci un quadro molto utile ci pensa il “Breviario per una buona scrittura redatto dal gruppo di lavoro sula chiarezza e la sinteticità degli atti processuali del Ministero della Giustizia”.
Sebbene il breviario non sia recentissimo, i suoi contenuti sono tutt’ora validissimi, pertanto abbiamo deciso di scegliere quelli che secondo noi sono i 27 suggerimenti da non dimenticare mai in fase di scrittura.
- Usare frasi brevi (max 20-25 parole).
- Esplicitare i soggetti.
- Evitare la subordinazione, preferire la coordinazione.
- Limitare incisi e parentetiche (frasi brevi inserite in un costrutto). Se possibile, preferire frasi autonome, altrimenti porli alla fine della frase o almeno segnalarli con lineette.
- Preferire le frasi affermative.
- Preferire i modi e tempi verbali di uso più comune.
- Evitare espressioni desuete e il burocratese.
- Sciogliere le sigle.
- Evitare aggettivi o avverbi inutili.
- Preferire verbi semplici a perifrasi verbali (“dare comunicazione”: meglio dire “comunicare”).
- Usare parole comuni, concrete e dirette (“morte” invece di “trapasso”).
- Non esagerare con le ripetizioni e l’uso di “suddetto”, “sopracitato” e simili.
- Evitare tecnicismi eccessivi.
- Evitare l ’uso eccessivo del participio presente e la sua sostantivazione (il dichiarante, l’istante, il delegante).
- Evitare o limitare modi di dire e frasi fatte.
- Limitare l’uso del latino.
- Scegliere font facilmente leggibili, dalle forme convenzionali e ben spaziate.
- Preferire un’interlinea di 1,5 punti.
- Usare immagini o figure solo se necessario.
- Usare link per arricchire il testo di agganci a risorse esterne.
- Numerare le pagine, meglio indicando anche il numero totale (es. “2/15” oppure “pag. 3 di 18”)
- Inserire un indice per offrire una panoramica della struttura dell’atto.
- Numerare e titolare i paragrafi per facilitare l’individuazione dei punti di interesse.
- Inserire un breve prospetto di sintesi per offrire un quadro dei tratti essenziali.
- Numerare e titolare i documenti allegati e linkati.
- Usare caratteri differenti per distinguere i richiami esterni o le citazioni dal testo.
- Inserire i richiami giurisprudenziali nelle note a piè pagina.
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