Siamo sempre più vicini all’identità digitale europea. È la fine di Spid?

È cominciata la resa dei conti sull’identità digitale unica europea. Il Parlamento Ue ora dovrà decidere se dare l’ok all’avvio dei negoziati con Consiglio e Commissione riguardo la riforma del regolamento Eidas, ovvero il regolamento che fornisce una base normativa sui servizi e sui mezzi di identificazione elettronica all’interno dell’Ue.

Una riforma che avrà delle conseguenze pratiche, dato che si occupa dei dati personali dei cittadini europei, del loro uso e della loro archiviazione. La via che si intende percorrere è quella di un sistema comunitario di identità digitale, basato su un’app per smartphone che permette di condividere soltanto le informazioni necessarie. Per esempio, se devo semplicemente dimostrare di essere maggiorenne, l’app esibirà soltanto la mia data di nascita.

La riforma Eidas, per l’Italia, confluisce nel sistema pubblico di identità digitale e della carta d’identità elettronica – rispettivamente, Spid e Cie. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni vorrebbe mettere mano su questo duopolio, anche in prospettiva del futuro sistema europeo.

La soluzione ideale sarebbe l’Identità Digitale Nazionale, un progetto che mescola Spid e Cie in un unico sistema. Sono molti, tuttavia, i punti interrogativi e i nodi ancora da sciogliere.

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Il sistema comune di identità digitale, che la Commissione Ue vorrebbe rendere reale entro il 2025, ha mosso ben 63 milioni di euro per la realizzazione di sperimentazioni che aiutano il processo di progettazione di servizi e app.

Ci sono ancora molti dubbi sul livello di garanzia da adottare per il wallet europeo. Alto, sostanziale e basso: questi i tre livelli contesi. Alto è il livello della CIE, mentre il livello di Spid è sostanziale. Per il Consiglio e il Parlamento Ue, il livello desiderato è quello alto.

Spinge verso questa direzione la Germania, che ha investito molto sulla CIE, assegnandola a tutti i cittadini. Tuttavia, Bitkom, associazione di categoria tedesca, che rappresenta ben 2.700 aziende di economia digitale, si schiera contro la scelta del livello di sicurezza alto.

Anche l’italiana Assocertificatori è di questa opinione: un livello alto, infatti, necessita di lettori di smart card oppure di alcuni requisiti tecnici che ostacolerebbero l’esperienza dell’utente. Dati Agid del 2022 certificano che, nonostante il numero di iscritti a Spid e Cie sia praticamente identico, gli italiani preferiscono Spid per accedere ai servizi online

Anche la Germania, nonostante le 60 milioni di CIE, ha contato soltanto 11 milioni di accessi nel 2021.

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La Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo (Itre) avrebbe proposto di garantire FEQ (firme elettroniche qualificate) gratis per tutti i cittadini. Ma Bitkom ed European Signature Dialog, un’altra associazione di categoria, hanno contestato la scelta.

Per garantire la gratuità a tutti della FEQ, infatti, dovranno essere i vari Stati a finanziare l’intera Infrastruttura informatica. Dunque, se il cittadino non paga in maniera diretta, si compenserà con maggiori tasse.

Bitkom chiede anche di fare chiarezza su chi riceverà l’autorizzazione a gestire il wallet europeo. Ad oggi, l’art. 6 del regolamento prevede tre diversi casi: la gestione diretta dello Stato, il mandato del Governo ad un fornitore e il libero mercato.

Non è ben chiaro se queste tre condizioni possano coesistere o se l’una esclude l’altra.

Il regolamento Eidas viene combattuto anche a livello politico. In un attimo si potrebbe trasformare nel cavallo di Troia per la schedatura digitale o per la sorveglianza su larga scala.

Tuttavia, sottolinea l’eurodeputato Patrick Breyer, come la proposta del Parlamento prevede che «i dati nel wallet devono essere archiviati sul dispositivo dell’utente, salvo che non scelga esplicitamente che sia creata una copia esterna sul cloud» e che «protegge il diritto a usare i servizi digitali in modo anonimo».

Il codice sorgente del wallet, in ogni caso, sarà open source (trattasi di un software libero da copyright e modificabile dagli tutti gli utenti).

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L’attuale impasse sui negoziati impatta anche sull’Italia, in particolar modo su Spid. Certo, sembra ormai consolidato che il governo voglia trovare un nuovo accordo con i gestori al fine di rinnovare le convenzioni già scadute lo scorso dicembre e prorogate fino al prossimo aprile.

Sembra che al Dipartimento per la Trasformazione Digitale si stia lavorando molto duramente all’Identità Digitale Nazionale, al fine di far confluire insieme Spid e Cie: una specie di antipasto verso l’identità europea.

Il governo crede molto nel progetto, forse troppo: il rischio è quello di ritrovarsi con un doppione dell’app Ue, dato che Bruxelles ha già assegnato l’appalto per la realizzazione del wallet europeo.

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