PA: multe per chi utilizza troppi termini inglesi. La proposta di FdI

Fino a 100mila euro di multa per chi utilizza troppi anglicismi nella PA. Questa la proposta di legge recentemente avanzata da Fabio Rampelli, deputato di Fratelli d’Italia.

L’obiettivo, secondo Rampelli, è quello di disincentivare l’utilizzo di parole o espressioni straniere al posto di quelle italiane, chiedendo anche delle multe salate per i responsabili della PA. Dunque, secondo il deputato, al posto di “dispenser” bisognerebbe utilizzare “dispensatore di liquido igienizzante per le mani”.

Si tratta di un tema molto sentito e parecchio discusso tra gli studiosi della lingua italiana, dato che le espressioni della lingua inglese vengono utilizzate tanto nello slang dei giovani quanto a livello istituzionale. Come se, in qualche modo, la lingua inglese fosse più autorevole.

Ma questa proposta di legge potrebbe portare delle grosse criticità. Difendere la lingua italiana da un eccessivo utilizzo dei termini inglesi è qualcosa di evidente sin dal primo articolo della proposta di legge, che ricorda come sia la Repubblica a garantire «l’uso della lingua italiana in tutti i rapporti tra la pubblica amministrazione e il cittadino nonché in ogni sede giurisdizionale».

Negli articoli successivi, viene stabilito come la «lingua italiana è obbligatoria per la promozione e la fruizione di beni e servizi pubblici sul territorio nazionale». Leggiamo inoltre che: «Chiunque ricopre cariche all’interno delle istituzioni italiane, della pubblica amministrazione, di società a maggioranza pubblica e di fondazioni è tenuto alla conoscenza e alla padronanza scritta e orale della lingua italiana».

Ma l’articolo che ha suscitato maggior perplessità è l’articolo 6, che stabilisce che all’interno delle università pubbliche italiane e negli istituti scolastici, di qualsiasi ordine o grado, «le offerte formative non specificamente rivolte all’apprendimento delle lingue straniere devono essere in lingua italiana».

Un articolo decisamente problematico, visto che tantissimi atenei italiani tengono corsi di laurea esclusivamente in lingua inglese, oppure singole lezioni in inglese al fine di attirare studenti stranieri favorendo, in tal senso, l’interscambio culturale.

Nell’articolo 8, invece, si stabilisce che «la violazione degli obblighi» comporta una sanzione amministrativa, che consiste nel pagamento di una somma di denaro che va dai 5.000 euro ai 100.000 euro.

Secondo il Corriere, in realtà, uno dei principali problemi che si riscontrano nella PA non è l’invasione della lingua inglese, ma l’utilizzo del burocratese, ovvero il maltrattamento dell’italiano.

Dichiarano gli esponenti del M5S: «Pensavamo di averne viste già molte di proposte sconclusionate e al limite del ridicolo da parte di questa maggioranza, ma quella che giunge con apposito disegno di legge da parte del vice presidente della Camera Rampelli le batte tutte».

«L’alfiere di Fratelli d’Italia porta in Parlamento una crosciata contro i “forestierismi”», continuano. «Peccato che sia proprio il suo governo ad aver istituito il Ministero del made in Italy. Rampelli denuncerà il collega di partito Urso, che è a capo di un siffatto ministero, tanto incline al forestierismo perfino nel suo nome? Insomma, è lo stesso governo di cui lui fa parte ad essere responsabile dell’inquinamento della lingua italiana, denunciato nella relazione della sua legge».

Anche l’Accademia della Crusca boccia la proposta di legge di FdI: «La proposta di sanzionare l’uso delle parole straniere per legge, con tanto di multa, come se si fosse passati col semaforo rosso, rischia di vanificare e marginalizzare il lavoro che noi, come Crusca, conduciamo da anni allo scopo di difendere l’italiano dagli eccessi della più grossolana esterofilia, purtroppo molto frequente», dice il presidente della Crusca, Claudio Marazzini.

Aggiunge: «L’eccesso sanzionatorio esibito nella proposta di legge rischia di gettare nel ridicolo tutto il fronte degli amanti dell’italiano».

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