Fincantieri: a Venezia un processo per sfruttamento degli operai

A Venezia è cominciato un processo per quanto riguarda lo sfruttamento dei lavoratori che costruiscono le navi da crociera.

Sono state imputate 33 persone, tra le quali troviamo 13 dirigenti e dipendenti di Fincantieri, il più importante gruppo navale in tutta Europa, e i titolari di alcune delle ditte che avevano preso in appalto dei lavori di carpenteria all’interno dei cantieri navali di Fincantieri.

La Guardia di finanza, lo scorso 28 marzo, ha annunciato di aver scoperto 1.951 lavoratori delle aziende in appalto che avrebbero ricevuto retribuzioni irregolari, così come confermato dalle varie testimonianze raccolte dalla Federazione italiana operai metalmeccanici (Fiom-Cgil).

Nel 2018, infatti, il sindacato aveva presentato alla procura veneziana un esposto, dal quale era partita l’indagine, della durata di 5 anni e che ha portato, nel frattempo, ad ulteriori 3 processi.

Gli operai, provenienti dall’Europa dell’Est, dal Bangladesh e dal Sud Italia, venivano retribuiti secondo un meccanismo di “paga globale”, ovvero un compenso forfettario dove venivano conteggiate ferie, permessi, TFR e indennità di trasferta.

Secondo la procura, nei cedolini mensili venivano inserite «voci artificiose», come «anticipo stipendio», «bonus 80 euro», «indennità buono pasto», che non venivano pagate, con lo scopo di ottenere notevoli sgravi fiscali.

6 milioni di euro sarebbero stati pagati in nero, mentre 383 lavoratori hanno accettato una paga oraria inferiore a 7 euro lordi, dato che avevano bisogno di lavorare al fine di rinnovare il loro permesso di soggiorno.

Fincantieri si difende dalle accuse, dicendo che nel 2017 aveva firmato un accordo con il ministero dell’Interno, al fine di garantire  trasparenza e legalità degli appalti, soprattutto per bloccare eventuali infiltrazioni mafiose.

Sostiene di esser venuta a conoscenza delle indagini già nel 2019, garantendo piena collaborazione con le forze dell’ordine e con la magistratura, costituendosi parte civile nel processo.

Nella sua relazione di bilancio 2021, Fincantieri, oltre a dichiarare di aver chiuso con un utile di 125 milioni di euro, ha detto di impiegare 10mila persone in Italia, attivando anche ulteriori «90mila posti di lavoro, che raddoppiano su scala mondiale in virtù di una rete produttiva di diciotto stabilimenti in quattro continenti e oltre 20mila lavoratori diretti».

Più della metà di questi sono dirigenti, quadri e impiegati. Gli operai assunti, di solito lavorano nelle officine e nei magazzini, e la costruzione delle navi viene appaltata quasi del tutto a ditte esterne. Per esempio, a Marghera i dipendenti Fincantieri sono 1.057, mentre i lavoratori indiretti, l’anno scorso, erano tra i 4 e i 5mila.

A Venezia, i magistrati hanno scoperto il sistema di appalti sui quali si regge tutta la produzione Fincantieri, che si basa sul metodo del work breakdown structure. Sostanzialmente, la costruzione di una nave si scompone in singole parti, e ognuna di queste viene affidata ad una società appaltante.

In media ogni ditta appaltante ha circa 8 lavoratori: questo consente a Fincantieri di risparmiare, ogni anno, ben 20mila euro a lavoratore. Racconta Fabio Querin, sindacalista della Fiom: «I lavoratori delle ditte mi vedevano in cantiere, si fermavano a raccontarmi cose che si tenevano per sé perché avevano paura di perdere il lavoro».

«Nel 2018», continua Querin, «abbiamo deciso di presentare un esposto, segnalando una serie di aziende che utilizzavano la paga globale e allegando, oltre alle buste paga, anche documenti vari, tra cui alcune sentenze di processi civili già conclusi, dove eravamo parte civile. Sentenze che ci davano ragione e confermavano l’utilizzo di lavoratori sottoinquadrati, a cui non venivano versate le indennità contrattuali, ad esempio per il lavoro notturno, e che venivano pagati con la paga globale 4-5 euro l’ora, con le aziende condannate a versare contributi e differenze retributive».

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