Venerdì 7 ottobre 2022, il presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden ha firmato un ordine esecutivo al fine di ridefinire il modo in cui vengono trasmessi i dati dall’Unione Europea agli Stati Uniti.
L’ordine punta a ridefinire i problemi delle aziende americane, come Google, per esempio, che ricevono e trattano i dati che provengono dall’UE. In Europa, infatti, la legislazione è differente rispetto a quella americana, ed è decisamente più stringente.
In poche parole, l’intelligence americana avrà più difficoltà ad accedere alle informazioni personali degli abitanti dell’UE. Saranno adottate delle nuove misure, infatti, per tutelare la privacy degli utenti europei.
L’ordine esecutivo di Biden arriva dopo mesi di negoziati tra gli Stati Uniti e la Commissione Europea, cominciati nel 2020. La Corte di Giustizia dell’Ue aveva infatti deciso di bocciare il complesso di regole sul trasferimento dei dati noto come “Privacy Shield”, che non tutelava a sufficienza i cittadini Ue.
L’ordine esecutivo di Biden è uno degli step concordati con la Commissione per finalizzare un nuovo accordo complessivo sul trasferimento dei dati in grado di sostituire il “Privacy Shield”. Secondo i funzionari UE ci vorranno sei mesi, circa, affinché il nuovo accordo venga approvato ed entri in vigore.
Cosa c’è scritto nel provvedimento firmato da Biden
Secondo Biden, il provvedimento firmato venerdì porrà le fondamenta alle leggi in grado di regolare i flussi di dati transatlantici, affrontando anche le preoccupazioni che sono state sollevate dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Stando a quanto si legge nel provvedimento, l’ordine esecutivo rafforzerebbe la tutela delle libertà e della privacy dalle attività di intelligence degli USA. Inoltre, creerebbe un meccanismo vincolante e indipendente che consentirebbe alle persone di richiedere un risarcimento in caso di violazione della legge.
In particolar modo:
- verranno ridefiniti i limiti di accesso ai dati da parte dell’intelligence americana, con garanzie che limitano l’accesso ai dati a particolari situazioni di necessità, ovvero per garantire la sicurezza nazionale;
- verrà istituito un nuovo meccanismo di ricorso, imparziale, indipendente e accessibile a tutti i cittadini non statunitensi. Questo grazie all’istituzione di un nuovo tribunale del riesame della protezione dei dati (DPCR), che avrà il compito di indagare e risolvere le controversie che riguardano l’accesso ai dati da parte delle autorità di sicurezza nazionale statunitensi.
Tutto questo fornirà alla Commissione europea una base per adottare nuove misure di sicurezza adeguate, al fine di ripristinare un meccanismo di trasferimento dei dati molto importante, conveniente e accessibile ai sensi del diritto europeo.
Fornirà una maggior certezza del diritto a tutte quelle società che utilizzano le clausole contrattuali standard e regole aziendali vincolanti per il trasferimento dei dati personali dall’Ue agli Stati Uniti.
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La nota di Noyb
Ora la palla passa alla Commissione Europea, che dovrà decidere se tali misure sono sufficienti per nuovi accordi di adeguatezza finalizzati alla regolamentazione del trasferimento dei dati, annunciato già a marzo da Biden e dalla Commissione europea.
Secondo la Casa Bianca, le nuove misure sono sufficienti. Tuttavia, già nella serata di venerdì è arrivata una nota di Noyb – l’associazione da cui è partita tutta la controversia che ha portato all’invalidazione del Privacy Shield.
Secondo Noyb è improbabile che l’ordine soddisferà a pieno l’UE. Non garantirebbe, infatti, un vero e proprio limite alla sorveglianza di massa sui dati, secondo i criteri che l’UE ha definito attraverso le proprie norme.
Leggiamo nella nota: «Non vi è alcuna indicazione che la sorveglianza di massa negli Stati Uniti cambierà nella pratica. La cosiddetta “sorveglianza di massa” continuerà con il nuovo ordine esecutivo e tutti i dati inviati ai provider statunitensi continueranno a finire in programmi come PRISM o Upstream, nonostante la CGUE abbia dichiarato per due volte le leggi e le pratiche di sorveglianza statunitensi non “proporzionate”».
«Sembra che l’UE e gli USA abbiano concordato di copiare le parole “necessario” e “proporzionato” nell’Ordine esecutivo, ma non hanno concordato che avranno lo stesso significato legale. Se avessero lo stesso significato, gli Stati Uniti dovrebbero limitare radicalmente i loro sistemi di sorveglianza di massa, per conformarsi alla concezione di sorveglianza “proporzionata” dell’UE».
Altre sorprese
Ma non è finita qui, perché lo stesso giorno è arrivata anche un’altra novità. Il Dipartimento di commercio americano ha deciso di presentare anche alcune restrizioni in grado di rendere molto più difficile ottenere o produrre microchip per le aziende cinesi.
Si tratta di tecnologie destinate ai computer avanzati e alle intelligenze artificiali, che potrebbero avere anche applicazioni militari. Washington, quindi, ha deciso di ostacolare lo sviluppo del suo principale rivale in quel campo.
Thea Kendler, dirigente del Dipartimento, ha dichiarato: «La Repubblica Popolare Cinese ha investito risorse nello sviluppo di capacità di supercalcolo e mira a diventare leader mondiale nell’intelligenza artificiale entro il 2030. Sta usando queste capacità per monitorare, tracciare e sorvegliare i propri cittadini e per alimentare la propria modernizzazione militare».
Questi controlli rappresentano un’escalation degli sforzi già in corso per riuscire a rallentare il progresso tecnologico cinese. I controlli, secondo il Financial Times «impediranno alle aziende statunitensi di esportare strumenti critici per la produzione di chip in Cina, il che interesserà gruppi come Semiconductor Manufacturing International Corp, Yangtze Memory Technologies Co e ChangXin Memory».
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