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Tecnologie digitali: in cosa investono gli studi professionali

LOsservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano ha condotto un’analisi su oltre 3.000 studi professionali — in particolare avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro — in relazione agli investimenti in tecnologie digitali.

La pandemia ha introdotto il lavoro da remoto e un più ampio uso delle tecnologie digitali anche all’interno degli studi professionali. Ma questa nuova normalità ha richiesto anche un nuovo approccio alla professione, con una riorganizzazione del lavoro e del rapporto con collaboratori e clienti.

INVESTIMENTI IN TECNOLOGIE DIGITALI

Questa nuova realtà ha portato un aumento degli investimenti in tecnologie digitali.
Durante il 2020, avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro hanno speso quasi l’8% in più rispetto all’anno precedente.

I principali investimenti riguardano strumenti per/di:
– gestione elettronica dei documenti (+34%),
– gestione del workflow (+57%),
CRM (+120%),
business intelligence (+86%)
machine learning (+125%).

NUOVA ORGANIZZAZIONE

La crisi portata dalla pandemia ha anche cambiato le modalità con cui vengono gestiti i clienti per ben il 70% delle realtà intervistate, ma solo il 25% si dice pronto a rivedere la propria organizzazione e la propria struttura.

Se durante la crisi commercialisti, consulenti del lavoro e studi multidisciplinari hanno visto aumentare il proprio carico di lavoro, lo stesso non si può dire per gli avvocati, i quali hanno patito lo stop alle attività presso i tribunali.

Ad appesantire la situazione degli avvocati concorre il fatto che, rispetto a commercialisti e consulenti del lavoro, questi non hanno un rapporto stretto con le aziende: tra le PMI, solo il 32% fa ricorso in modo continuativo alle competenze degli studi legali, mentre tra le grandi imprese la percentuale sale al 60%.

FOCUS SUGLI AVVOCATI

Tra le categorie considerate, sono gli avvocati ad aver aumentato maggiormente il loro budget per l’ICT, che segnala quasi un 30% in più.

Gli studi legali hanno investito soprattutto in tecnologie che potessero consentire di proseguire immediatamente le attività durante il lockdown, per esempio software e strumentazione per le videochiamate (89% degli intervistati).

Dal rapporto dell’Osservatorio si evince come, a differenza di commercialisti, consulenti e studi multidisciplinari, gli avvocati tendano a sfruttare strumenti e tecnologie digitali più a scopi di marketing che di operatività. Infatti, il 54%  ha un sito web, contro il 39% dei commercialisti e il 45% dei consulenti del lavoro; mentre il 27% ha almeno un account social, contro il 25% dei commercialisti e il 27% dei consulenti del lavoro.

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Bonus sanificazione: il modello di domanda è online

Bonus sanificazione: il modello di domanda è online

Sul sito dell’Agenzia delle Entrate il modello di domanda per il bonus sanificazione per le spese di giugno, luglio, agosto 2021

Lo scorso 15 luglio, l’Agenzia delle Entrate pubblica online il provvedimento n.191910: criteri e modalità di applicazione e fruizione del credito d’imposta per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione. Nello specifico, l’Agenzia delle Entrate ne chiarisce le istruzioni per la compilazione, le modalità tecniche per l’ottenimento e la quota fruibile.

La domanda è presentabile sul sito dell’Agenzia delle Entrate dal 4 ottobre al 4 novembre.

Bonus sanificazione: modalità di fruizione, destinatari e scadenze

La “Comunicazione delle spese per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione” è online, sul sito dell’Agenzia delle Entrate, dallo scorso 15 luglio. L’agevolazione consiste in un credito d’imposta pari al 30% delle spese sostenute nei mesi di giugno, luglio ed agosto 2021. Lo scopo è di andare a coprire le spese sostenute per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, proprio come le spese sostenute per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi necessari a garantire la salute di lavoratori e utenti (inclusi i tamponi per COVID-19)

Infatti, si tratta di tipologie di spese per la sanificazione di ambienti dove si esercitano attività lavorative e/o istituzionali. Perciò, i destinatari del bonus sono i soggetti esercenti attività d’impresa, arti e professioni; gli enti non commerciali, inclusi quelli del Terzo settore, e religiosi civilmente riconosciuti; infine, le strutture ricettive extra-alberghiere a carattere non imprenditoriale (solo con codice identificativo di cui all’articolo 13-quater, comma 4, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34).

Il periodo utile per presentare domanda per il bonus sanificazione è il mese compreso tra il 4 ottobre ed il 4 novembre 2021. Il mezzo, ai fini dell’utilizzo in compensazione del credito d’imposta, è quello del modello F24 che, pena il rifiuto dell’operazione di versamento, va presentato esclusivamente tramite i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.

Infine, nel caso in cui l’importo del credito utilizzato in compensazione risulti superiore all’ammontare massimo del 30% dei costi sostenuti, anche tenendo conto di precedenti fruizioni, il relativo modello F24 è scartato.

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Se un avvocato decide di comunicare con il proprio cliente tramite messaggi SMS e WhatsApp sta forse commettendo una violazione deontologica? Secondo il CNF no.

IL CASO

Una donna viene contattata tramite lettera da un avvocato che le comunica di essere il suo difensore d’ufficio in un procedimento penale e le chiede di contattarlo il prima possibile

La donna, che scopre in quel momento del procedimento a suo carico, contatta l’avvocato che fissa un appuntamento al quale però lei non si presenta.
A quel punto l’avvocato invia diversi messaggi SMS all’assistita per ribadire la necessità di un incontro il prima possibile dato che la scadenza dei termini è vicina.

La donna fa sapere all’avvocato di non aver ricevuto alcuna notifica sul procedimento penale e di avere nominato come difensore un altro legale. L’avvocato scopre ciò tramite una PEC inviata dal collega nominato.

L’avvocato d’ufficio allora invia una richiesta per iscritto alla donna, chiedendo il pagamento di una somma e avvisandola delle conseguenze in caso di mancato pagamento.

La donna si rivolge al COA di riferimento che apre un procedimento disciplinare verso l’avvocato che viene sanzionato con la censura per:

  • un uso insistente dei messaggi.
    Tale comportamento contrasterebbe con l’obbligo si svolgere l’attività professionale con dignità, probità e decoro, principi da rispettare anche nelle forme e nelle modalità di trasmissione delle informazioni al cliente (art. 9, in relazione all’art. 35 co.11 del codice disciplinare);
  • aver chiesto un compenso sproporzionato rispetto all’attività svolta (art. 29 comma 4 codice disciplinare).

IL RICORSO AL CNF

L’avvocato ricorre al CNF, ritenendo la sanzione eccessiva e chiedendo che venga ridotta al solo richiamo verbale. Questi i motivi a sostegno della richiesta:

  • – “l’uso degli s.m.s. rappresenta una consuetudine quale sistema corrente e veloce di comunicazione e che tale uso non può integrare di per sé una violazione delle norme deontologiche”.
 L’avvocato dice di aver inviato pochi SMS e solo fino al momento in cui non ha ricevuto notizia della nomina del nuovo difensore. Si tratta insomma di messaggi informativi icon l’obiettivo di tutelare la cliente in un contesto di urgenza, non certo di una molestia;
  • – prima di chiedere il pagamento, l’avvocato si è rivolto al COA per avere un parere di congruità, dopo il quale ha ridotto la somma da 405,00 a 250,00 euro. Tale compenso è stato calcolato secondo i parametri minimi indicati nelle tabelle del DM n. 55/2014.

MESSAGGI WHATSAPP E SMS, LA DECISIONE DEL CNF

Il CNF accoglie il ricorso e annulla il provvedimento, rilevando che:

  • – “l’uso della messaggistica, che consente una comunicazione più immediata e veloce, non possa ritenersi in sé in violazione dell’art. 9 del NCDF poiché, per molti aspetti, ormai rappresenta un vero e proprio metodo di comunicazione avente anche valore legale e, che per di più, fornisce anche una valida prova nel processo” (si veda anche la sentenza n. 49016/2017 della Cassazione, secondo cui gli sms rappresentano la memorizzazione di fatti storici e possono quindi essere considerati prova documentale);
  • – gli SMS inviati dall’avvocato avevano puro scopo informativo e non erano affatto eccessivi nel numero, pertanto non possono essere considerati una molestia;
  • – anche il compenso ridotto non risulta affatto eccessivo.

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Costituzione via PEC non ammessa innanzi al Giudice di Pace

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Non essendo ancora stato attivato il processo telematico, la costituzione via PEC innanzi al Gdp è inammissibile.

Il Giudice di Pace di Ferrara rammenta che non essendo ancora stato attivato il processo telematico, innanzi al Giudice di Pace non è ammesso il deposito degli atti tramite PEC. Dunque, la costituzione di parte avvenuta via PEC è da ritenersi inammissibile. Stessa sorte per l’invio di raccomandata on line ai server delle poste italiane.

Inammissibile la costituzione via PEC innanzi al Giudice di Pace

Succede che venga irrogata una sanzione amministrativa per violazione dei limiti di velocità; quindi, la sanzionata ricorre per contestare l’ordinanza di ingiunzione emessa dalla Prefettura (a seguito del rigetto del ricorso in via amministrativa proposto innanzi ad essa). In particolare, le doglianze espresse dalla ricorrente innanzi al giudice onorario riguardano il verbale emesso.

Tuttavia, alla base dell’accoglimento dell’istanza, il Giudice di Pace ritiene di porre la questione della costituzione avvenuta via PEC da parte della Prefettura.

Infatti, come afferma la sentenza, tale costituzione tramite Posta Elettronica Certificata è da ritenersi inammissibile: il deposito degli atti innanzi a tale ufficio non può avvenire attraverso suddetta forma di deposito. Questo perché, per l’ufficio del Giudice di Pace non è intervenuta alcuna normativa che consente tale produzione -al contrario di quanto accade invece per altri organi giudicanti.

Lo stesso accade anche per il deposito degli atti: dinanzi gli uffici del Giudici di pace, esso non può avvenire mediante posta elettronica certificata o mediante invio di raccomandata on line ai server delle poste italiane.

Dunque, fino a quando non sarà attiva anche per il Giudice di Pace la disciplina del processo telematico, in tale sede sarà necessario estrarre copie analogiche degli atti digitali ed estrarne la conformità (artt. 6 e 9, commi 1 bis e 1 ter, della I. n. 53 del 1994 -Sez. U, Sent. n. 10266 del 2018-).

Infine, vale la pena sottolineare che, comunque, gli stessi principi sono stati più volte ribaditi anche dai giudici di merito (sentenza n. 562/2020 del Giudice di Pace di Lodi).

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Il Rapporto ISTAT 2021 fotografa un paese alle prese con i molteplici effetti della pandemia sulla società, la vita quotidiana e l’economia.

Per quanto riguarda quest’ultimo punto, il Rapporto ISTAT si è concentrato sulla capacità e le difficoltà delle imprese italiane di affrontare la crisi e il recupero, soprattutto in considerazione della necessaria trasformazione digitale a cui stiamo già assistendo.

Altri elementi importanti dell’analisi sono la quantità di investimenti, il piano per le infrastrutture e la sostenibilità ambientale, tutti legati al PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, e al piano europeo Next Generation EU.

Durante la presentazione del Rapporto a Montecitorio, Gian Carlo Blangiardo, Presidente dell’ISTAT ha spiegato che:

“Le previsioni ISTAT stimano per il 2021 una robusta ripresa dell’attività, sostenuta dalla domanda per consumi e investimenti, spinti anche dall’avvio del PNRR: la crescita del PIL dovrebbe essere del 4,7%. […].

Nel primo trimestre 2021 livello del fatturato industriale ha superato di circa l’1% quello della fase precedente la crisi; si segnala un generale recupero anche della domanda interna di prodotti industriali“.

IMPRESE E TRASFORMAZIONE DIGITALE

La relazione tra trasformazione digitale e aziende italiane si sta rafforzando.
Nel Rapporto ISTAT si legge che:

“Tra il 2018 e il 2020 la quota di imprese che utilizzano servizi cloud è passata dal 23 al 59% e dall’11 al 32% per quanto riguarda i servizi evoluti, grazie anche agli incentivi fiscali contenuti nel piano Industria 4.0”.

A ciò si aggiunge che dei 235 miliardi di risorse parte del PNRR e dei fondi React-Eu, l’Italia ha destinato circa il 27% a progetti di digitalizzazione aziendale.

Sul piano strettamente pratico, l’Italia è prima in Europa per quanto riguarda l’uso della fattura elettronica, registra buoni risultati nell’uso di dispositivi interconnessi a controllo remoto (internet delle cose) e si colloca nella media europea per quanto riguarda l’uso di intelligenza artificiale e robotica.

Questa vivacità si è tradotta in una maggiore capacità delle aziende di affrontare i cambiamenti dovuti alla pandemia. Solo il 4% delle imprese digitalmente evolute già da prima della crisi sanitaria ha dovuto ridimensionare le proprie attività, contro più del doppio di quelle rimaste indietro.

IL NODO DELLE COMPETENZE DIGITALI

Nonostante la crescente importanza delle tecnologie digitali, nel 2020 i professionisti del settore ICT rappresentavano silo il 4,3% dell’occupazione in Ue e il 3,6% di quel italiana.
La crescita degli occupati nel settore nel 2020 in Italia è stata solo del 18%, contro il 35% della Spagna, il 50% della Germani e il 77% della Francia.

“L’incidenza relativamente modesta degli occupati in professioni ICT segnala una carenza sistemica che riguarda la domanda di servizi specialistici amplificata dalla scarsità di risorse umane qualificate dal lato dell’offerta: nel 2020 meno del 40% degli occupati in professioni ICT in Italia dispone di una formazione universitaria contro il 66% per l’insieme dell’Ue”.

Come si evince dai dati ISTAT, la trasformazione digitale delle imprese rappresenta però un fattore fondamentale sia per la competitività del paese che per un’evoluzione più sostenibile del sistema produttivo.

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Cassazione: ok alla richiesta di rinvio d’udienza per legittimo impedimento via PEC, purché lo si faccia tempestivamente

Il Tribunale condanna un imputato straniero per resistenza a pubblico ufficiale e ricettazione. In appello, l’imputato viene assolto dal primo capo di accusa e si ridetermina in 600 euro la multa per il reato di ricettazione. Infine, il ricorso viene rigettato dalla Cassazione: il difensore non ha trasmesso tempestivamente la richiesta di differimento d’udienza per legittimo impedimento.

L’istanza di rinvio trasmessa 2 giorni prima dell’udienza non è tempestiva

Quali motivi ha sollevato il difensore dell’imputato nel suo ricorso in Cassazione?

Innanzitutto, essendo la comunicazione di avvenuta espulsione del suo assistito allegata al fascicolo, il giudizio doveva esser sospeso proprio per l’assenza dello straniero. In secondo luogo, la PEC per la richiesta d’invio sarebbe pervenuta in tempo, non fosse stato per la Cancelleria (che la sottopone al giudice 5 giorni dopo).

A questo punto, la Cassazione rigetta il ricorso, motivando: l’assenza dell’imputato è “per rinuncia”, e non per impossibilità. Anche perché l’espulsione dell’imputato straniero -di per sé- non costituisce legittimo impedimento: è comunque consentito il suo rientro temporaneo per la difesa in giudizio. Inoltre, nel caso in questione, non si può considerare applicabile la disciplina emergenziale: la posta elettronica per notifiche, comunicazioni o istanze dirette all’ufficio qui non era possibile.

Comunque, anche considerando accettabile il mezzo PEC (“non è prevista una modalità particolare di trasmissione delle istanze di rinvio”), “l’istanza di differimento per legittimo impedimento del difensore per concomitante impegno professionale è caratterizzata da requisiti di ammissibilità quali, in primo luogo, la sua tempestiva presentazione”.

Ciò, in quanto il giudice deve necessariamente accertare e valutare tutti i fatti prima di decidere di concedere o meno il differimento dell’udienza. Nel caso di specie, la richiesta via PEC è stata trasmessa due giorni prima (18.10.2020) della data fissata per l’udienza (20.10.2020), pur sapendo di avere un impegno professionale contestuale già dal 24.07.2017: non si può in alcun modo parlare di tempestiva presentazione.

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La nuova frontiera dei cybercriminali è il Green Pass, che si sta rivelando un ottimo mezzo per truffare gli utenti, soprattutto quelli meno attenti ai temi della privacy e della sicurezza informatica.

QR CODE, PRIVACY E SICUREZZA INFORMATICA

I problemi in fatto di privacy e sicurezza informatica legati al Green Pass riguardano la tecnologia del QR code.

Attenzione però! Il QR code non è pericoloso di per sé. Esattamente come per le email di phishing o gli sms e messaggi truffaldini, il vero nodo sta nella scarsa consapevolezza dei rischi da parte degli utenti.

COS’È IL QR CODE

Il codice QR, Quick Response Code o codice a risposta veloce, è una matrice a due dimensioni, composto di tanti quadrati neri all’interno di un quadrato. Funziona un po’ come il codice a barre, ma può contenere più dati: indirizzi web, testi, numeri di telefono, sms.
Può essere letto da qualsiasi smartphone dotato dell’apposito programma di lettura, ormai cosa comune.

GREEN PASS, A COSA STARE ATTENTI

Giusto per farvi capire, ecco quali sono le minacce principali:

– Truffa via WhatsApp

La Polizia di Stato ha già segnalato l’esistenza di una truffa legata al Green Pass perpetrata attraverso un messaggio WhastApp con un link a una pagina dove viene chiesto di inserire i propri dati bancari per ottenere la certificazione.

Il vero messaggio che segnala la disponibilità del Green Pass viene inviato tramite sms, pochi giorni dopo la somministrazione del vaccino. Contiene un codice di autenticazione da usare sul sito istituzionale o sull’App, ma si può anche attendere la notifica tramite App IO. In nessun caso vengono richiesti dati bancari.

– Condivisione spontanea del QR code sui social

Molti cittadini che hanno ottenuto il Green Pass hanno deciso di condividere sui social il proprio QR code, incuranti del fatto che il codice possa essere letto da un qualsiasi smartphone e che i cybercriminali usare i dati personali in esso contenuti per attività illegali.

Il Garante della Privacy, consapevole di questa tendenza pericolosa, ha pubblicamente chiesto a tutti di non pubblicare il proprio QR code da nessuna parte.

– Qishing

Qishing è l’unione di ‘QR’ e ‘phishing’.
Poiché ci stiamo abituando a vedere QR code con sempre maggiore frequenza (al ristorante al posto dei menù, per prenotazioni di visite, ecc.), i cybercriminali hanno iniziato a inviare messaggi, per esempio via mail, con QR code che conducono a pagine internet dove viene richiesto di lasciare i propri dati personali o di scaricare file per ottenere il Green Pass. Nel primo caso, le informazioni personali vengono rubate; nel secondo, vengono scaricati malware.

Massimo Grandesso è il Cybersecurity Manager di Innovery, multinazionale del settore ICT destinato alle aziende di medie e grandi dimensioni, spiega così il fenomeno:

“I QR code inviati via email riescono ad eludere i normali sistemi di antiphishing: il Qishing, così si chiama questa tecnica, funziona esattamente come cliccare su un link, solo che il link non è visibile in quanto codificato nel QR code, e si dovrebbero utilizzare le stesse cautele che si usano per i link”.

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Ne beneficiano avvocati e praticanti iscritti alla Cassa. Domande entro settembre

Il bando n. 4/2021 è uno dei nuovi bandi che la Cassa Fornese mette a disposizione per l’anno 2021. In particolare, si tratta dell’assegnazione di contributi per l’acquisto di strumenti informatici per lo studio legale. La procedura per l’invio della domanda è da svolgersi esclusivamente on line, entro il termine del 30/09/2021.

Bando contributo per strumenti informatici: destinatari e importi

Tra i bandi messi a disposizione per l’anno 2021 dalla Cassa Forense, c’è anche quello sull’assegnazione di contributi per l’acquisto di strumenti informatici per lo studio legale. Dunque, è una possibilità rivolta ad avvocati e praticanti avvocati che, alla data di pubblicazione, sono iscritti alla Cassa o hanno il procedimento di iscrizione in corso. Invece, ne sono esclusi: sospesi e cancellati dall’Albo/Registro dei praticanti avvocati; coloro che hanno già percepito il contributo dei bandi n. 9/2018, n. 9/2019 e n. III/2020.

L’importo del contributo è pari al 50% della spesa complessiva, al netto dell’IVA, sostenuta -in un arco di tempo che va dal 1° gennaio 2020 alla data di pubblicazione del bando- per acquistare strumenti informatici destinati all’esercizio della professione. Nello specifico, non sono previsti contributi di importi inferiori a 300 euro o superiori a 1.500euro. Ora, le spese effettivamente rimborsabili riguardano l’acquisto di strumenti informatici, uno per tipologia tra:

  • computer fisso;
  • computer portatile;
  • monitor;
  • tablet;
  • cuffie, auricolari, microfono;
  • webcam;
  • stampante multifunzione;
  • sistema per videoconferenze;
  • licenza antivirus e software per la gestione degli studi legali e relativi applicativi e aggiornamenti;
  • firewall;
  • abbonamento per l’utilizzo di piattaforme per videoconferenze;
  • strumenti per la conservazione e protezione dei dati dello studio.

Quindi, per l’assegnazione del contributo, la domanda deve essere inviata, a pena d’inammissibilità, entro le ore 24,00 del 30 settembre 2021, dal sito www.cassaforense.it.

La domanda deve contenere l’autocertificazione della dichiarazione dei redditi 2020 e, sempre in modalità telematica, il richiedente deve produrre copia della fattura quietanziata relativa agli acquisti effettuati, intestata a sé stesso o allo studio cui appartiene. Infine, in caso di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi formali richiesti, l’istante deve produrre -entro 15 giorni, a pena di esclusione- le dichiarazioni, integrazioni o regolarizzazioni richieste da Cassa Forense.

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Cookie e consenso al tracciamento. Le nuove regole del Garante

Il Garante della Privacy ha aggiornato le regole del 2014 sui cookie e sul consenso al tracciamento degli utenti online. Le modifiche si sono rese necessarie soprattutto alla luce delle novità introdotte in tema di privacy dal GDPR, ma non solo.

PERCHÈ IL GARANTE DELLA PRIVACY È INTERVENUTO

L’intervento del Garante della Privacy in materia di cookie e altri strumenti di tracciamento nasce dal monitoraggio di quanto avvenuto dal 2014 in poi. I reclami, le segnalazioni e le richieste di pareri raccolti hanno offerto all’Autorità una mole di dati concreti da cui partire per affinare la gestione della materia.

A questo si aggiunge poi lo sviluppo di nuove tecnologie e anche un’evoluzione dei comportamenti degli utenti, con l’uso di più servizi online e la conseguente crescita di identità digitali multiple per ognuno.

L’insieme di questi fattori ha aumentato il rischio che le informazioni personali del singolo vengano raccolte anche incrociando i dati proveniente da più device o account, portando a una profilazione molto più dettagliata di cui però l’utente non è consapevole.

L’obiettivo delle nuove regole pubblicate dal Garante è quello di dare ancora maggiore controllo al singolo utente sul consenso al trattamento delle sue informazioni personali online.

LE NUOVE LINEE GUIDA SUI COOKIE, SISTEMI DI TRACCIAMENTO E CONSENSO

Ecco qui una panoramica delle principali novità. Per i dettagli vi invitiamo a legger la scheda di sintesi “Linee guida Cookie e altri sistemi di tracciamento” pubblicata dal Garante stesso.

  • L’informativa agli utenti deve essere semplice, accessibile, fruibile anche dai soggetti affetti da disabilità. Deve indicare gli eventuali altri soggetti a cui vengono inviati i dati personali e i tempi di conservazione di questi.
  • Il banner per acquisire il consenso deve avere il comando per essere chiuso senza prestare il consenso, il comando per accettare tutti i cookie e i sistemi di tracciamento, il link a una sezione dove procedere a un consenso più selezionato.
    Il banner dei cookie di profilazione deve essere ben distinguibile sulla pagina web.
  • Lo scrolling, cioè lo spostamento verso basso del cursore non è considerata una idonea manifestazione del consenso. I gestori dei siti «dovranno eventualmente inserire lo scrolling in un processo più articolato nel quale l’utente sia in grado di generare un evento, registrabile e documentabile presso il server del sito, che possa essere qualificato come azione positiva idonea a manifestare in maniera inequivoca la volontà di prestare un consenso al trattamento».
  • Il cookie wall, ovvero vincolare la navigazione sul sito solo a patto che l’utente conceda il consenso al trattamento dei suoi dati personali, è illegittimo, salvo diverse ipotesi che però vanno valutate caso per caso.
  • In caso di mancato consenso la richiesta non va reiterata presentando nuovamente il banner a ogni nuovo accesso. La decisione dell’utente «dovrà essere debitamente registrata e non più sollecitata» a meno che non cambino le condizioni di trattamento, se è impossibile sapere se un cookie sia già stato memorizzato, o se sono trascorsi almeno sei mesi dall’ultima richiesta.
  • Non è consentito incrociare i dati provenienti da account relativi a servizi usati su più dispositivi senza il consenso dell’utente.

I gestori avranno 6 mesi per adeguare i propri siti web alle nuove regole.

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Vacanze estive e genitori separati

Vacanze estive e genitori separati

Regolamentazione e conseguenze pratiche del mancato rispetto degli obblighi dei genitori

Nel caso della separazione coniugale, le vacanze estive da trascorrere in compagnia dei figli richiedono spesso uno sforzo organizzativo importante.

Generalmente, il calendario del Tribunale, che stabilisce anche le tempistiche con le quali i figli trascorrono le vacanze con ciascun genitore, non è troppo dettagliato. Infatti, tale decisione è rimessa al giudice della separazione (art. 337 ter c.c.) che, nell’interesse dei figli alla bigenitorialità, ne stabilisce modalità e tempistiche.

In caso di separazione, il giudice stabilisce modi e tempi delle vacanze con figli

Innanzitutto, è necessario precisare che -in materia di pause estive o invernali- non ci sono regole precise a cui far riferimento per stabilire la quantità di tempo che i genitori possono trascorrere con i propri figli. Per questa ragione, la decisione viene rimessa al giudice della separazione (art. 337 ter c.c.) che si pronuncia nell’interesse dei figli alla bigenitorialità.

Decisione che, comunque, tiene conto di eventuali accordi tra i genitori, se non contrari al fondamentale interesse dei figli.

Comunque, esiste una prassi, che è quella di riconoscere a ciascun genitore 15 giorni consecutivi -o frazionati- per le vacanze esclusive con i figli.

Tuttavia, nel caso dei viaggi all’estero, l’iter è più complicato: per il rilascio del passaporto è necessario l’assenso reciproco di entrambi genitori. Assenso che l’altro genitore può negare se: la destinazione è insalubre o pericolosa oppure se esiste un fondato pericolo che il genitore colga l’occasione del viaggio per espatriare all’estero con i figli.

Infatti, gli accordi e le disposizioni stabiliti costituiscono obblighi ben precisi che, se non rispettati, possono portare a conseguenze civili e penali. Ad esempio, la mancata comunicazione di indirizzo e recapito telefonico del luogo di villeggiatura all’altro genitore non comporta conseguenze penali ma viola il dovere di collaborazione di entrambi i genitori per l’interesse della famiglia (art. 143 codice civile).

In ambito penale, invece, il genitore che -una volta fissato dal Giudice il calendario delle visite- non rispetta gli obblighi incorre nel reato art.388 c.p.: la pena è la reclusione fino a tre anni o la multa da euro 103 a euro 1.032.

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