trans tribunale trapani

Cambio di nome senza intervento chirurgico: a Trapani il primo sì ad una donna transgender

Il Tribunale di Trapani ha riconosciuto ad una donna transgender, nata uomo, il diritto di cambiare sia il nome che l’identità di genere all’anagrafe senza aver effettuato interventi chirurgici, senza averne programmati e senza aver cominciato terapie ormonali.

La protagonista di questo racconto è Emanuela, che dopo 20 anni di battaglie ha ottenuto il sì del giudice. Una sentenza storica, che fa leva su un principio della Cassazione del 2015, secondo cui un’altra donna trans ha ottenuto il riconoscimento a donna prima di sottoporsi all’operazione, nonostante quest’ultima fosse pianificata.

Tuttavia, Emanuela ha spiegato che non aveva intenzione di sottoporsi ad alcun intervento, e il principio è rimasto valido anche per lei.

Dichiara l’avvocato Marcello Mione: «Il principio espresso dalla Cassazione è che l’intervento chirurgico modificativo dei caratteri sessuali non incide sulla fondatezza della richiesta di rettifica anagrafica, con la conseguenza che, nei casi in cui l’identità di genere sia frutto di un processo individuale serio e univoco, l’organo sessuale primario non determina necessariamente la percezione di sè».

Spiega Emanuela: «Non avere l’organo sessuale femminile non compromette il modo in cui mi percepisco, le mie sembianze non offuscano le mia identità femminile».

Non manca il commento su Twitter del deputato Alessandro Zan: «Il tribunale di Trapani conferma che l’identità di genere è un diritto fondamentale, e che, applicando la legge 164/1982, ciò che prevale è il benessere fisico/psichico della persona».


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Concessione di un permesso premio: a quali principi deve attenersi il magistrato di sorveglianza?

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principi magistrato

Concessione di un permesso premio: a quali principi deve attenersi il magistrato di sorveglianza?

Per concedere un permesso premio, un Giudice di sorveglianza dovrà valutare il percorso carcerario del condannato, e non i suoi principi morali, così come stabilito dalla sentenza n.1192 del 30 marzo 2023. La Corte di Cassazione ha fornito dei chiarimenti per quanto riguarda il regime detentivo ostativo, ex. Art.4 bis.

In particolare, la vicenda ha riguardato la richiesta di un permesso premio, che è stata formulata da un condannato per reati commessi all’interno della criminalità organizzata, respinta dal Magistrato vista la perdurante professione d’innocenza da parte del soggetto.

Per il Tribunale, il condannato, ostinandosi a negare gli addebiti, non avrebbe intrapreso alcun percorso di rivisitazione critica, in una prospettiva risocializzante, venendo meno, dunque, all’onere di provare la recisione effettiva del collegamento con il contesto malavitoso di provenienza.

La Corte di legittimità, nell’accogliere il ricorso, ha deciso di annullare l’ordinanza del Tribunale, andando a chiarire i principi secondo cui si deve attenere il Magistrato di sorveglianza, nel concedere un permesso premio.

Con la sentenza 253 del 2019 si dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art.4 bis, nella parte in cui si impediva di concedere i permessi premio ai condannati che non collaboravano, anche se avessero attestato la loro partecipazione al percorso rieducativo, acquisendo elementi tali da poter escludere la partecipazione all’associazione criminosa.

L’illegittimità costituzionale della norma, per la Corte Costituzionale, risiedeva nella previsione di una presunzione assoluta, secondo la quale il detenuto non collaborante con la giustizia debba ritenersi collegato all’associazione criminale.

Con l’ordinanza n.97 del 2021, la Corte Costituzionale sollecitava il Parlamento ad intervenire sulla materia con una regolamentazione tale che, nella sua presunzione assoluta, prevedesse un iter istruttorio che sondi le ragioni di una non collaborazione del detenuto, per poter verificare in che modo il silenzio dovesse essere riconducibile ad un legame con la criminalità organizzata.

Il Giudice, sostanzialmente, ha rimarcato, a più riprese, che il criterio per la concessione o meno dei benefici penitenziari alle persone con condanna per reati ostativi è costituito dall’assenza dei collegamenti del soggetto con il mondo della criminalità organizzata.

Il DL 162/2022 ha corretto l’art. 4 bis, modificando la norma affinché venga consentito al detenuto che aspiri ai benefici penitenziari pur non essendo collaborante, superando la presunzione assoluta di pericolosità, andando ad allegare elementi che escludano «l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata».

Il Tribunale di Roma afferma, dunque, come la mancata assunzione di responsabilità da parte del condannato, con la conseguente mancata collaborazione dichiarativa con le istituzioni, si traduca nel mancato assolvimento dell’onere probatorio, riguardo la recisione fattuale dei contatti con gli ambienti della criminalità organizzata.

La Corte di Cassazione osserva tuttavia che il tribunale abbia trascurato che, dopo aver concesso il permesso premio, si debba adeguare il rilievo all’efficacia del percorso rieducativo, che viene intrapreso dal condannato.

In questo caso specifico, il richiedente aveva tenuto un’ineccepibile condotta intramuraria, partecipando alla formazione didattica e all’attività lavorativa sino al conseguimento della laurea.

Come precisato nella motivazione, il Magistrato di sorveglianza dovrà limitarsi alla valutazione degli elementi individualizzanti, che connotino il percorso carcerario del soggetto soltanto con lo scopo di verificare se è propenso a «recidere i collegamenti criminali e a non riannodarli», senza in questo modo perseguire il «rinvenimento di una intima e personalissima emenda da parte del condannato».

Il Tribunale dovrà verificare la meritevolezza dei benefici da parte del condannato, andando a valutare elementi di fatto che vadano a delineare la condotta intramuraria del detenuto, senza per forza addentrarsi in valutazioni morali che escludono il piano giuridico.

Tale pronuncia interpreta in un nuovo modo l’art. 4 bis, come novellato dal DL 162/2022. Tale norma va a specificare che i benefici potranno essere concessi ai detenuti soltanto se «alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata».

La genericità della norma si chiedeva quali fossero gli elementi «diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria», tenendo in considerazione la valutazione della pericolosità per la concessione dei benefici penitenziari.

La Corte di Cassazione ribadisce che il Magistrato di sorveglianza dovrà vagliare gli elementi concreti che indichino la mancanza di collegamento con la criminalità organizzata.

Questa verifica, che dovrà essere «parametrata all’insieme complessivo degli elementi emersi e condotta attraverso un esame ad ampio raggio dei comportamenti serbati» dovrà avvenire soltanto in relazione agli elementi fattuali.


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Avvocato denigra un collega: il diritto di difesa non giustifica le accuse offensive

Ma quindi, quale sarà il destino di SPID?

Avvocato denigra un collega: il diritto di difesa non giustifica le accuse offensive

Un avvocato è stato sanzionato per aver utilizzato alcune espressioni offensive nei confronti di un collega per quanto riguarda la redazione degli atti processuali. Per il CNF, il diritto e il dovere della difesa non giustifica in alcun modo l’utilizzo di accuse offensive, che non risultano pertinenti o necessarie per sostenere la tesi difensiva.

La sentenza 209/2022 del CNF afferma che il professionista ha violato i doveri di probità, dignità e decoro, ai quali qualsiasi avvocato deve conformarsi.

Le espressioni utilizzate nel documento processuale per poter descrivere il collega avversario in quanto «professionista incapace, riuscito ad avere accesso nella professione con metodi non leciti e screditanti sono state considerate offensive e senza rilevanza per la difesa del cliente.

Tali espressioni offensive e sconvenienti, purtroppo, non sono insolite nel mondo legale, anche se questo caso specifico ha sollevato la questione del rispetto professionale e della responsabilità etica.

Il COA ha ritenuto necessaria l’emissione di un avvertimento in quanto misura disciplinare, al fine di sottolineare come l’avvocato abbia violato il divieto stabilito dall’art. 20 CDF, che vieta l’utilizzo di espressioni offensive o sconvenienti.

Tali espressioni, in particolare, sarebbero state utilizzate dall’avvocato per descrivere la controparte durante la redazione degli atti processuali in un procedimento di separazione. La questione, tuttavia, è stata portata in Cassazione e davanti al CNF, che conferma la sanzione imposta.

Per il CNF, le espressioni utilizzate dall’avocato erano assolutamente discriminatorie e immotivate, e non hanno trovato alcuna giustificazione nel contesto del procedimento della separazione. Il Consiglio, inoltre, ha rilevato che il comportamento adottato dall’avvocato è stato mosso da un’intenzione di vendetta, non compatibile, ovviamente, con i principi di dignità, correttezza e decoro che tutti gli avvocati devono rispettare.

Non soltanto il CNF ha confermato la sanzione, ma ha ribadito come, nonostante la condotta sia stata valutata anche dalla Corte di Cassazione, il principio del divieto di reformatio in peius va a vincolare il CNF a mantenere una sanzione mitigata dall’avvertimento.

Si tratta di un caso che mette in risalto l’importanza di un comportamento professionale ed etico tra gli avvocati nel corso del processo legale. Il diritto e il dovere di difesa non dovrebbero mai essere utilizzati in quanto pretesto al fine di denigrare i colleghi gratuitamente o per ledere la dignità di chi viene coinvolto nel procedimento.

Il CNF, inoltre, ribadisce che l’avvocatura deve rispettare alti standard deontologici, e che utilizzare espressioni offensive viola questi principi.


Ma quindi, quale sarà il destino di SPID?

Roma: primo concorso in magistratura telematico, con tablet e tastiera

 

futuro SPID

Ma quindi, quale sarà il destino di SPID?

A breve arriverà una nuova app, che andrà a rappresentare il portafoglio digitale del cittadino. Così come riportato dal Sole24Ore, la direzione è quella di un singolo IT Wallet, che sarà rappresentato da una nuovissima versione dell’App IO.

Si tratta di una razionalizzazione, che permetterà allo Stato di evitare la spesa inutile di spendere tempo e soldi in più app, che, in fin dei conti, faranno la stessa cosa.

Il Governo starebbe attualmente lavorando ad un riordino dell’identità digitale, grazie ad una nuova app che andrà a costituire il portafoglio digitale del cittadino, e che racchiuderà tutte le sue informazioni personali. Oggi possiamo scegliere tra vari sistemi d’accesso ai servizi della PA, come SPID, CIE e CNS, ma nel futuro sembra che ci sarà una nuova unica app.

Qui troveremo le versioni digitali della tessera sanitaria, dei documenti di identità e della patente di guida.

Probabilmente, entro la fine del mese di luglio 2023, dovrebbe arrivare una prima norma, che precederà i vari decreti attuativi. Una prima versione provvisoria dell’app dovrebbe vedere luce verso la fine dell’anno, mentre l’app definitiva dovrebbe esordire entro il prossimo 30 giugno 2024.

L’app digitale europea, invece, dovrebbe arrivare nel 2026.

Che cosa ne sarà di SPID?

La domanda delle domande, ovviamente, è che cosa ne sarà di SPID, una volta attivato l’IT Wallet? Beh, non sembrano esserci certezze.

Sicuramente non ha senso che l’esecutivo continui ad investire a livello economico per riuscire a mantenere più piattaforme per accedere ai servizi digitali della PA: si tratta di un costo che non trova giustificazioni.

Secondo Mario Nobile, direttore generale AGID, SPID potrebbe rappresentare un’ottima occasione per dei servizi a valore aggiunto, come quelli assicurativi o bancari. In pratica, SPID potrebbe essere utilizzato per la compilazione veloce e automatica dei documenti, come, per esempio, quelli che richiedono un addebito sul conto corrente.

Ma siamo nel puro campo delle ipotesi: staremo a vedere che cosa accadrà.


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Roma: primo concorso in magistratura telematico, con tablet e tastiera

Il concorso esterno in associazione mafiosa verrà “rimodulato”

concorso magistratura telematico roma

Roma: primo concorso in magistratura telematico, con tablet e tastiera

A Roma, dall’11 al 13 luglio si sono svolte le prove del concorso per 12 posti di magistrato ordinario, riservato agli Uffici Giudiziari di Bolzano (d.m. 9 maggio 2023).

Ma per la prima volta in assoluto, durante le prove scritte per gli aspiranti pubblici ministeri e giudici, non erano presenti soltanto penna e carta, ma anche tablet e tastiera. Dunque, si tratta del primo concorso in magistratura telematico.

Una prima sperimentazione, che vedrà poi l’estensione su scala nazionale, per quanto riguarda l’uso dei supporti informatici, che consentirà di accorciare i tempi di correzione degli elaborati e di tutta la procedura, ma anche di velocizzare il processo di immissione di ruolo dei magistrati.

I candidati, in totale, erano 57, e per la prima volta, oltre ai tradizionali fogli di carta, si sono visti assegnare, mediante un QR Code, sia il tablet che la postazione in cui svolgere l’esame.

È un grande passo in avanti per un sempre maggior efficienza e per avvicinare la procedura concorsuale alle modalità effettive di redazione dei provvedimenti giurisdizionali.


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Il concorso esterno in associazione mafiosa verrà “rimodulato”

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Il concorso esterno in associazione mafiosa verrà “rimodulato”

Il Guardasigilli Carlo Nordio, durante un dibattito a Roma ha dichiarato che ritiene necessario «rimodulare» il concorso esterno in associazione mafiosa.

Si tratta di un tema di cui Nordio aveva già parlato in un’intervista a Libero, per il quale il Fatto Quotidiano lo aveva successivamente accusato di «voler salvare pure i politici mafiosi». A queste accuse Nordio ha risposto spiegando il motivo per il quale ritiene che il concorso esterno in associazione mafiosa debba essere cambiato.

«Il Concorso esterno non esiste come reato, è una creazione giurisprudenziale. Cioè la Cassazione, i giudici, hanno inventato questa formula abbastanza evanescente, che a rigore di logica, vorrei dire “popperiana”, è un ossimoro. Perché il concetto di concorso esterno è contraddittorio, ecco l’ossimoro, perché se sei concorrente non sei esterno, e se sei esterno non sei concorrente. Naturalmente, tutte queste cose quando le discuti sotto il profilo tecnico ti trovi delle risposte di ordine ideologico, di ordine emotivo. Ecco, noi non lo vogliamo eliminare, noi sappiamo benissimo che si può essere mafiosi all’interno dell’organizzazione e si può essere favoreggiatori all’esterno dell’organizzazione, ma allora va rimodulato completamente il reato, che in questo momento non esiste né come tassatività né come specificità perché non è nel codice».

Il concorso esterno deriva all’applicazione dell’art. 110 del c.p., che suppone il concorso, ovvero la partecipazione di una persona ad un reato e all’art. 416 bis che prevede il reato di associazione mafiosa.


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Il governo ha presentato la carta “Dedicata a te” per l’acquisto di generi alimentari

Sezione Speciale Cassa Depositi e Prestiti – Sottosezioni Casse Professionali

Avvocati: finanziamenti agevolati con la Sezione Speciale Cassa depositi e prestiti

Comincia la Sezione Speciale Cassa Depositi e Prestiti – Sottosezioni Casse Professionali, al fine di finanziare l’incremento delle coperture fino al 90% per la riassicurazione e sino all’80% dell’importo per la garanzia diretta.

Giancarlo Renzetti, consigliere di Cassa Forense dichiara: «Un vantaggio per tutti i liberi professionisti le cui Casse hanno aderito, in particolare per gli Avvocati, dal momento che Cassa Forense ha aderito all’iniziativa con ben 2 milioni e mezzo di euro».

L’aumento riguarderà tutte le operazioni di riassicurazione, che prevedono una copertura dell’80%, e le operazioni di garanzia diretta con copertura al 60%.

Mediocredito Centrale (MCC) avvierà l’operatività delle Sottosezioni Professionisti, con un finanziamento complessivo di 5,4 milioni di euro da 7 casse professionali che hanno aderito all’ADEPP, l’Associazione degli Enti Previdenziali Privati.

I beneficiari saranno, dunque, avvocati, così come ingegneri, dottori commercialisti, architetti, medici, biologi, consulenti del lavoro, odontoiatri, fisici, chimici, attuari, dottori agronomi e forestali e geologi, iscritti a una delle sette casse: Enpacl, Enpab, Epap, Cassa Dottori Commercialisti, Inarcassa, Enpam, Cassa Forense.

Continua Renzetti: «La sottosezione costituisce una novità assoluta per i professionisti, che per la prima volta possono accedere a finanziamenti agevolati, altrimenti riservati da Cassa Depositi e Prestiti solo alle piccole e medie imprese, attraverso un canale dedicato».

Il Ministero del Made in Italy chiarisce che le operazioni finanziarie agevolabili sono quelle che hanno i requisiti per poter accedere al beneficio delle garanzie rilasciate dal Fondo PMI, che hanno come Beneficiari Finali i professionisti iscritti alla Cassa Nazionale di Previdenza e di Assistenza Forense, in forma associata o individuale, oppure pensionati attivi in regola con gli adempimenti statutari per quanto riguarda l’iscrizione e la contribuzione.

Cassa Forense rilascerà l’attestazione di regolarità.

Nella sottosezione CDP-CNPAF non possono accedere ai benefici delle garanzie rilasciate dal Fondo PMI le STP (Società tra Professionisti) e le STA (Società tra Avvocati), o ulteriori forme associative in cui i soci non risultino iscritti a Cassa Forense.

Gli iscritti potranno richiedere l’attestazione sul sito web di Cassa Forense al seguente link: https://www.cassaforense.it/contatti/richiesta-durc/.


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Il governo ha presentato la carta “Dedicata a te” per l’acquisto di generi alimentari

Per Nordio la politica deve smettere “di inchinarsi alla magistratura”

carta dedicata a te

Il governo ha presentato la carta “Dedicata a te” per l’acquisto di generi alimentari

Il governo ha presentato la carta “Dedicata a te”, che consentirà ai possessori di acquistare generi alimentari. La carta avrà un valore complessivo di 382,5 euro.

L’iniziativa è stata finanziata attraverso un fondo di 500 milioni di euro, come previsto dalla recente legge di bilancio.

Durante una conferenza stampa in cui hanno partecipato anche Francesco Lollobrigida (ministro dell’Agricoltura), Giancarlo Giorgetti (ministro dell’Economia) ed Elvira Calderone (ministra del Lavoro) è stato descritto nel dettaglio in che modo funzionerà la carta, distribuita ai cittadini da Poste Italiane.

La carta sarà disponibile dal 18 luglio, e dovrebbe aiutare 1 milione e 300 mila nuclei familiari a basso reddito per acquistare beni alimentari di prima necessità, che consistono in qualsiasi alimento escluse le bevande alcoliche.

Il governo ha stabilito che le famiglie a basso reddito saranno quelle con almeno tre persone e con un ISEE inferiore a 15mila euro. I requisiti per il suo utilizzo sono l’essere residenti in Italia e avere una certificazione ISEE valida.

Non potranno ricevere la carta “Dedicata a te”, invece, le persone che beneficiano di qualsiasi tipo di sostegno al reddito da parte dello Stato italiano, come la cassa integrazione o il reddito di cittadinanza.

Chi è stato identificato dall’INPS come beneficiario dell’iniziativa riceverà una lettera, da parte del Comune di residenza nel corso delle prossime settimane. Per ritirare la carta bisognerà presentarsi presso gli Uffici di Poste Italiane.

Lollobrigida, durante la conferenza stampa, ha spiegato che la carta dovrà essere attivata entro il prossimo 15 settembre. Tutti «i fondi delle carte non attivate verranno ripartiti su quelle attivate».

Il ministero dell’Agricoltura spiega che «la carta potrà essere utilizzata presso tutti gli esercizi commerciali che vendono generi alimentari». Alcuni esercizi della GDO hanno concordato anche l’applicazione di uno sconto del 15% su totale degli acquisti che verranno effettuati attraverso la carta.


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Per Nordio la politica deve smettere “di inchinarsi alla magistratura”

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Carlo Nordio ha detto che «nessuno vuole impedire alla magistratura di commentare le leggi sotto il profilo tecnico».

Secondo il Guardasigilli, la colpa del mondo della politica è stata quella di «inchinarsi alla magistratura senza dire “Noi ascoltiamo le vostre opinioni ma alla fine decidiamo noi e solo noi perché abbiamo un mandato che secondo la Costituzione deriva dal popolo”».

Nordio, dunque, in un’intervista a Libero dice che rifiuta «di pensare a magistrati che vogliono interferire nell’azione governativa attraverso azioni giudiziarie», anche se nel momento in cui si è «provato a fare una riforma della giustizia è sempre stata bloccata con interventi giudiziari».

Il Guardasigilli ha parlato anche dei contrasti avvenuti tra governo a Anm, soprattutto dopo i casi Delmastro e Santanché, in cui una parte della magistratura è stata accusata di essere schierata politicamente. «Non mi pare che il presidente del Consiglio abbia pronunciato una sola parola contro la magistratura».

Spiega Nordio: «Queste reazioni di voler delegittimare i magistrati quando si criticano alcune loro iniziative è quasi una reazione automatica da parte dell’Associazione. Lo hanno fatto anche con me un mese fa. Al che io ho risposto che se i magistrati si arrabbiano quando noi critichiamo il loro operato allora anche i politici hanno ragione di arrabbiarsi quando vengono inquisiti dai magistrati».

Prosegue Nordio: «Nel mio mondo ideale i magistrati non dovrebbero criticare le leggi e i politici non dovrebbero criticare le sentenze. Una settimana fa ho incontrato i rappresentanti dell’Anm e Santalucia al ministero. Abbiamo cercato di individuare i punti che ci uniscono che di più di quelli che ci dividono. A noi interessa essenzialmente una giustizia efficiente, rapida ed equa».


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La Commissione Europea ha approvato un accordo per consentire il libero trasferimento dei dati che possiedono le aziende tra Stati Uniti e Unione Europea.

La decisione era attesa da un bel po’ di tempo, in particolare dalle grandi piattaforme, quali Facebook e Google, che da tre anni non avevano alcun riferimento normativo per quanto riguarda la trasmissione dei dati, dopo la decisione della Corte di Giustizia Ue di bloccare l’accordo per gli scambi dei dati con scopo commerciale, il cosiddetto “Scudo UE-USA per la privacy”.

Dunque, la Commissione ha formalmente riconosciuto gli Stati uniti in quanto paese con protezioni e garanzie sufficienti per il trattamento dei dati personali, approvando una “decisione di adeguatezza”.

Si tratta di uno strumento previsto dal GDPR, che stabilisce se un paese terzo offre livelli adeguati di protezione dei dati personali, che possono essere paragonati a quelli dell’Ue.

Il trasferimento dei dati, in precedenza, era previsto dallo “Scudo UE-USA per la privacy”. Tuttavia, nel 2020 la Corte di Giustizia UE lo aveva bloccato, in quanto le agenzie di intelligence degli USA avevano mantenuto delle capacità eccessive di spiare i dati personali dei cittadini UE.

Inoltre, la Corte aveva annullato anche il “Safe Harbor”, un ulteriore accordo che è entrato in vigore nel 2000, ritenuto non sufficiente al fine di garantire la tutela dei dati. Questi due accordi erano stati bloccati dopo una denuncia di Max Schrems, che aveva contestato l’intelligence americana per quanto riguarda la gestione dei dati europei.

Nell’accordo è prevista l’istituzione di un nuovo organismo che permetta ai cittadini UE di fare ricorso contro le agenzie di intelligence USA se ritengono che i dati siano stati raccolti senza un motivo adeguato oppure in maniera sproporzionata.

Il nuovo accordo avrà conseguenze concrete per le grandi piattaforme UE, che potranno ora gestire con maggior semplicità i dati personali degli utenti europei. In precedenza, Meta aveva annunciato che senza adeguate norme non avrebbe potuto in alcun modo proseguire con i suoi servizi all’interno dell’UE, come Instagram e Facebook.

Tutto questo dovrebbe avere risvolti positivi per le aziende informatiche, anche se ci sono dubbi per quanto riguarda la nuove garanzie per le singole persone.

Il Parlamento Ue si era opposto al nuovo accordo, visto che le protezioni contro il trasferimento dati potrebbe non essere sufficiente, e Schrems ha anticipato che ricorrerà di nuovo alla Corte di Giustizia Ue per annullare la decisione.


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