Più sicurezza per i minori online: limite alla pubblicità e sistemi per la verifica dell’età

L’obiettivo del regolamento Ue 2022/2065 è rendere sempre più sicuro il mondo online. Il Dsa punta anche alla difesa dei minori che devono fare i conti con gli effetti di cyberbullismo, stalking, molestie sessuali online e abusi nella condivisione di immagini.

Gli effetti del Dsa potrebbero avere conseguenze globali per quanto riguarda la protezione dei minori, soprattutto se preso come modello da Stati extra Ue e se applicato alla lettera dalle grandi piattaforme.

Anche la Commissione Ue, con il regolamento di esecuzione 2023/1201 ha una funzione fondamentale, benché gli effetti concreti si vedranno grazie ai prestatori di servizi intermediari, che rafforzeranno gli obblighi di diligenza.

Fondamentale la spiegazione più chiara delle condizioni generali nell’accesso ai servizi, che deve essere «facilmente comprensibile ai minori». Nel Dsa si individuano 4 categorie di rischi che dovranno essere valutati dai fornitori di servizi, tra cui le questioni collegate alle ripercussioni negative sulla vita dei minori.

Sono 19 i fornitori di piattaforme e motori di ricerca destinatari dell’intervento, che dovranno assicurare rispetto per quanto concerne l’interesse superiore del minore «nell’adottare misure quali l’adattamento della progettazione del loro servizio e della loro interfaccia online».

I fornitori di servizi dovranno consentire l’accesso semplice e immediato ai meccanismi di segnalazione e reclamo, adottando adeguate misure per assicurare «un elevato livello di tutela della vita privata, di sicurezza e di protezione dei minori sul loro servizio».

I fornitori, inoltre, non dovranno inserire pubblicità basate sulla profilazione nell’interfaccia del sito. Dovranno adottare misure per la verifica dell’età, garantire una rapida segnalazione degli abusi ed assicurare il controllo parentale.

Verranno vietati anche i messaggi pubblicitari che si rivolgono ai minori, anche se i fornitori non hanno l’obbligo di trattamento dei «dati personali ulteriori per valutare se il destinatario del servizio sia minore».


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Giornata mondiale della posta: ecco come scrivere mail con l’IA

A Milano un evento per diffondere la cultura Pro Bono in Italia

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Il 9 ottobre è la Giornata mondiale della posta, che ricorda l’istituzione dell’Unione postale universale che avvenne il 9 ottobre 1874, in Svizzera.

Nel 1969 fu istituito il World Post Day. Proprio in quegli anni si cominciava a pensare ad una nuova tipologia di posta. Nel 1965, alcuni ricercatori al Mit di Boston avevano sviluppato, per gli studenti universitari, un sistema di mailbox e nel 1971 il pioniere di Arpanet Ray Tomlinson perfezionò il protocollo.

Tomlinson cominciò a mettere in contatto vari atenei e scelse la chiocciola come collegamento tra il nome utente e la mail di destinazione. Inviare mail oggi è molto semplice, e l’intelligenza artificiale potrebbe correre in nostro soccorso per poterle scrivere, riassumendo concetti e impostando risposte automatiche.

Per esempio, si potrebbe utilizzare l’estensione ChatGPT Writer, che compone mail e aiuta gli utenti a scrivere testi, correggere errori grammaticali, cambiare tono della mail o parafrasare blocchi di testo che sono già stati scritti.

AI Mails, invece, è stato progettato per Gmail, al fine di generare delle risposte personalizzate e professionali, con un occhio di riguardo alla privacy, visto che i dati restano crittografati.

Con Merlin, invece, è possibile andare oltre: l’utente potrà selezionare un contenuto da pagina web e decidere in che modo rielaborarlo. Merlin consente di creare delle risposte basandosi sul contenuto selezionato, accorciandolo, sintetizzandolo, modificandone il tono e molto altro.

ChatSonic è un’altra estensione per Chrome, dedicata a Gmail, in grado di sintetizzare mail e impostare risposte automatiche. L’estensione è gratuita sino a 10mila parole al mese.

A proposito di mail: Google ha dichiarato che l’anno prossimo arriveranno alcune novità che renderanno più sicuro Gmail. La piattaforma ridurrà infatti la pubblicità indesiderata. Dal 2024, infatti, chi invierà mail ad almeno 5mila indirizzi differenti in una giornata avrà l’obbligo di inserire l’opzione di scelta per i destinatari di cancellare o meno la propria iscrizione.


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A Milano un evento per diffondere la cultura Pro Bono in Italia

Registro Titolari effettivi: si parte dal 10 ottobre

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A Milano, nella sede dello studio legale Herbert Smith Frehills, si è tenuta la 47esima edizione della Italian Pro Bono Roundtable. L’evento è organizzato da Pro Bono Italia, e riunisce studi legali, avvocati e associazioni forensi al fine di promuovere e diffondere la cultura del pro bono in Italia.

L’evento è stato un momento utile per il confronto e per lo scambio tra realtà differenti, che lavorano in settori differenti, ma con un focus specifico sull’intelligenza artificiale e sulla tutela dei diritti umani.

Durante la prima parte dell’evento sono state presentate delle buone pratiche di impegno sociale e di cooperazione rivolte a soggetti più svantaggiati, pratiche messe in atto da Mygrants e Gruppo L’Impronta, con il supporto di Clearinghouse, Antigone Onlus e Helbert Smith Freehills.

Nella seconda parte, invece, é stato presentato il seminario Intelligenza Artificiale: etica, diritti e impatti sulla società nell’era di ChatGPT, organizzato in collaborazione con I-Com e The Good Lobby Italia.

Durante l’incontro si è potuto riflettere sul reale impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro e sulla vita di tutti i giorni, sottolineando gli aspetti di natura etica, giuridica, economica e tecnologica rispetto al suo sviluppo ed utilizzo.

Il seminario è stato introdotto dall’avv. Pietro Pouché e ha visto il contributo di Luna Bianchi, Massimo Chiriatti, Barbara Caputo, Eleonora Faina, Oreste Pollicino ed Emanuela Girardi.

Al termine dell’evento, l’avv. Giovanni Carotenuto, co-fondatore dell’associazione Pro Bono Italia, ha evidenziato quali sono le principali criticità e opportunità emerse durante l’incontro, come la necessità di una tutela efficace dei diritti umani nel processo legislativo, che porterà all’approvazione del Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale.


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Lunedì 9 ottobre verrà pubblicato in GU il decreto riguardante l’operatività del registro dei titolari effettivi. Ci sarà tempo sino all’11 dicembre per gli invii telematici. Questo è quanto stabilito dall’art. 3 comma 6 del dm 55/2022, che richiedono che entro 60 giorni dalla pubblicazione in GU avvengano le prime comunicazioni.

L’obbligo riguarda 1,5 milioni di soggetti, che siano società di capitali, persone giuridiche private, trust e soggetti ad essi assimilati. Società e persone giuridiche private verranno iscritte nella sezione autonoma, mentre trust e soggetti affini nella sezione speciale.

Nel decreto ministeriale n.55 dell’11 marzo 2022, si dispone che: «Le comunicazioni dei dati e le informazioni di cui ai commi 1 e 2 (in merito alle titolarità effettive) sono effettuate entro i 60 giorni successivi alla pubblicazione dei dati e delle informazioni sulla titolarità effettiva».

Si tratta del provvedimento del Mimit, che attesta l’operatività del sistema di comunicazione delle informazioni e dei dati sulla titolarità effettiva.

Dal 10 ottobre cominceranno i 60 giorni previsti dal decreto, e la scadenza viene fissata per il giorno 11 dicembre. La prossima settimana, invece, verranno inviate delle informative da parte dei registri delle imprese alle società che sono tenute ad adempiere all’obbligo.

La pubblicazione in GU del decreto che riguarda l’operatività del sistema di comunicazione andrà a determinare anche quali sono gli obblighi permanenti per le imprese e altri soggetti coinvolti. Le imprese con personalità giuridica e le persone giuridiche private costituitesi dopo il 9 ottobre dovranno comunicare l’iscrizione al registro dei titolari effettivi entro 30 giorni dall’iscrizione nei propri registri.

Soltanto per i trust, invece, i 30 giorni cominceranno dalla data della loro costituzione. Eventuali variazioni dovranno essere comunicate sempre entro 30 giorni.

Enti, società e trust dovranno confermare annualmente informazioni e dati comunicati entro 12 mesi dalla prima comunicazione.


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Un nodo ancora tutto da sciogliere è il tema della sicurezza e delle persone con problemi psichiatrici che compiono reati. Il Guardasigilli Carlo Nordio offre le sue soluzioni, durante un convegno al centro congressi Bhr di Quinto, parlando dell’apertura delle strutture para-carcerarie nelle caserme non utilizzate e dismesse.

In dieci anni, 42 pazienti, identificati in quanto autori di reati, sono stati seguiti dal dipartimento di salute mentale di Treviso. I numeri sono destinati a crescere: 8 pazienti nel 2021, 18 nel 2022. Spiega Carola Tozzini, direttrice del dipartimento: «La novità sta nella differenziazione di genere: sono comparse anche le donne. E si è abbassata l’età media, è un andamento che ci preoccupa. Da qui la decisione di iniziare a parlarci e a confrontarci».

Nel 2014 sono stati chiusi ufficialmente gli ospedali psichiatrici giudiziari, anche se non bastano le nuove residenze per eseguire le misure di sicurezza, pensate per l’accoglienza delle persone con disturbi mentali, dopo i pronunciamenti della magistratura.

I trattamenti sanitari obbligatori non sono affatto delle soluzioni stabili. Fa il punto della situazione il Sindaco Mario Conte: «Mi preoccupa il numero di Tso e il fatto che spesso riguardano giovanissimi: le nostre comunità chiedono soluzioni».

Invece, la società italiana di psichiatria forense chiede l’introduzione di un nuovo concetto di vincolo di cura e di maggior attenzione alla salute mentale dei detenuti nelle carceri. La psichiatria non può in alcun modo controllare le anomalie comportamentali.

Spiega Nordio: «Il problema delle carceri e del trattamento psichiatrico è una priorità. Si possono fare delle riforme a costo limitato per ridurre il problema. La mia idea è di recuperare gli spazi che esistono nelle caserme dismesse».

«Se si svuota una parte delle carceri di detenuti che possono essere trasferiti in queste nuove strutture para-carcerarie, si liberano posti per le persone che devono essere sottoposte a trattamenti sanitari in una struttura carceraria adeguata alle esigenze di cura. Per le persone meno pericolose, poi, sarà possibile istituire dei centri di cura intramoenia nelle stesse caserme dismesse».

Aggiunge: «Non si possono riaprire gli ospedali psichiatrici giudiziari. Non si può ritornare indietro, ma si può coniugare il bilanciamento tra il malato e il diritto di sicurezza della società».


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In questi giorni cominciano ad arrivare mail da parte di Meta agli utenti Instagram. Cambiano, infatti, termini e condizioni di ben 19 piattaforme, come Amazon, YouTube e Google. Si tratta del primo step dell’applicazione del Dsa, il Digital Services Act, il regolamento europeo che punta alla protezione degli utenti online dalle fake news, comportamenti illeciti, pratiche commerciali scorrette e violenza.

Vista la grande influenza che possono avere le big tech sul mondo dell’informazione e su molti aspetti delle nostre vite, il nuovo regolamento europeo intende creare un ambiente più sicuro.

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Dal 25 agosto è cominciato il primo step per l’applicazione del Dsa, che coinvolge 17 siti e social, oltre a Google e a Bing. Dal prossimo 17 febbraio 2024, invece, chi opera online dovrà rendersi conforme al Regolamento.

È difficile dire che cosa sia cambiato, nel concreto, per gli utenti. Anche se molte piattaforme hanno allestito delle pagine apposite per informare gli utenti, orientarsi tra i vari Termini e condizioni è complicato.

I big, inoltre, si limitano a delle promesse generiche di impegno e sorveglianza nei confronti dei contenuti, ma senza indicare quali sono i modi e i tempi di intervento. Per l’avvocato Giulio Coraggio, che ha condotto un primo monitoraggio sull’adeguamento al Dsa, «occorre evitare che l’adeguamento sia più formale che sostanziale e questo dipenderà dall’applicazione concreta e dai controlli che avvierà la commissione europea».

«A Bruxelles», prosegue, «sono state annunciate più di cento assunzioni per il monitoraggio, quasi quante quelle indicate dal solo Regno Unito per la stessa finalità».

Sono i dati a testimoniare il bisogno di sicurezza in rete. Infatti, circa il 15% degli adolescenti sembra essere stato vittima di cyberbullismo. Le percentuali più alte si registrano tra le ragazze e gli undicenni, ma calano con l’aumentare dell’età.

Con la legge 71 del 2017 è possibile rivolgersi al Garante Privacy per richiedere di rimuovere i contenuti offensivi online, e quest’anno siamo arrivati a quota 50. Inoltre, al Garante si può segnalare il rischio di revenge porn: sempre quest’anno ci sono state 360 segnalazioni.


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Il decreto giustizia ora è legge: il Senato ha votato la fiducia, con 100 sì, 71 no e un astenuto.

Il provvedimento, che era già stato votato dalla Camera, ora è stato definitivamente approvato.

Nel decreto Omnibus ci sono norme in materia di processo penale e civile, riguardanti le intercettazioni, misure per contrastare gli incendi boschivi, interventi legislativi per il recupero delle tossicodipendenze, della cultura e della salute, anche relative al personale della pubblica amministrazione e della magistratura.


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Nello Studio Legale conserviamo tutti gli atti e i documenti dei nostri clienti, in versione cartacea ma soprattutto in digitale. È importante, dunque, proteggerli dalle minacce che corrono nel web, che spesso infettano i dispositivi dei professionisti al fine di chiedere riscatti.

Per esempio, potreste aver lavorato giorno e notte per preparare un atto molto importante, e lo lasciate “libero” nel PC per rileggerlo e depositarlo il giorno seguente. Ma, sorpresa! Siete vittime di un attacco ransomware, e per questo non riuscite più ad accedere al dispositivo e dovete anche pagare un riscatto.

Il giorno prima, magari, avete aperto una mail strana, che sembrava vera ma invece era una mail di phishing. Potrete procedere con la denuncia, anche se probabilmente non sarete più in grado di recuperare ciò che era contenuto nel pc, e continuerete a chiedervi come avreste potuto evitare la cosa.

Non esiste un metodo sicuro al 100% per difendere il nostro dispositivo, anche perché la tecnologia è in continua evoluzione, e gli hacker inventano continuamente nuovi modi per riuscire a rubare dati sensibili ed infettare dispositivi.

Quello che possiamo fare è rendere le cose difficili ai criminali informatici, chiudendo bene a chiave le porte d’accesso dello studio legale digitalizzato.

Ogni dispositivo che utilizziamo per lavoro dovrà essere protetto da una password importante, e se possibile, anche dall’autenticazione a due fattori.

Una buona password è composta generalmente da almeno 8 caratteri, con numeri, lettere maiuscole, lettere minuscole e caratteri speciali.

Meglio evitare di utilizzare come password dati che un hacker potrebbe dedurre sbirciando nel web, nei social o nell’albo degli avvocati. Assolutamente vietati, dunque, nome e cognome, data di nascita, data di matrimonio, data d’iscrizione all’albo, data di nascita dei parenti, nomi di animali domestici, 123456789, aeiou e abcdefg.

L’ideale sarebbe scegliere lettere e numeri a caso, oppure affidarsi ad un generatore di password, che si trova gratuitamente anche online. Le password dovranno poi essere annotate su un foglio e rinchiuse in una cassaforte o in una app cassaforte.

Leggi anche: Avvocato, la tua password è veramente sicura?

Per un pc, l’antivirus è simile al sistema immunitario dell’uomo. Infatti, la navigazione su Internet, gli scambi di mail e la condivisione di file su cloud o chiavetta, possono esporre al rischio di incontrare malware e virus.

Su Windows 10 e 11 sono presenti sistemi di protezione integrati, ovvero Sicurezza di Windows, e un antivirus, ovvero Microsoft Defender. I Mac sono meno soggetti all’attacco di virus, poiché è meno diffuso rispetto ai pc Windows e Apple è in grado di bloccare sul nascere le minacce cyber.

In ogni caso, è sempre consigliabile utilizzare un software antivirus, e se non vogliamo utilizzare quelli gratuiti, Servicematica vi consiglia AVG Business Antivirus.

I software installati e il sistema operativo, inoltre, dovranno sempre essere costantemente aggiornati. Gli aggiornamenti fatti dagli sviluppatori sono necessari per correggere eventuali errori o difetti di programmazione, e per proteggersi dagli attacchi esterni.

Un altro suggerimento utile è l’utilizzo di una VPN, ovvero una rete virtuale privata che nasconde l’indirizzo IP. Evitiamo anche di collegarci alle reti pubbliche, accessibili a chiunque, dunque anche ai malintenzionati.

Leggi anche: VPN: che cos’è e perché è così importante per la nostra sicurezza

Il metodo migliore per non perdere i dati è avere sempre a disposizione dei duplicati, per non perdere nulla nel caso di attacco hacker, ma anche nell’ipotesi di un allagamento, un incendio o uno sbalzo di corrente. Il backup si potrà fare su un hard disk esterno, su un cloud o su entrambi.

Inoltre, il numero crescente dei professionisti vittime di attacchi hacker sta spingendo gli avvocati verso la stipula di una polizza che protegge dalla perdita o dalla diffusione non autorizzata dei dati dei clienti.

Se avviene un data breach, l’avvocato è soggetto all’applicazione degli art. 33 e 34 del GDPR, e per questo dovrà informare dell’accaduto, entro 72 ore dalla conoscenza del fatto, il garante privacy e i clienti.

Dunque, l’avvocato dovrà analizzare tutti i rischi cyber a cui potrebbe venire sottoposto, prendere precauzioni per evitarli e tutelarsi con i prodotti Servicematica.


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Dal 3 ottobre all’11 novembre 2023 è possibile inviare le domande di partecipazione agli esami di abilitazione per l’esercizio della professione forense, che potranno essere presentate soltanto per via telematica.

La sessione del 2023 è stata indetta con il decreto ministeriale del 1° agosto 2023, pubblicato in GU, n.59 del 4 agosto 2023. Tutti i candidati che non hanno ancora completato la pratica professionale ma hanno intenzione di completarla entro il 10 novembre 2023 dovranno dichiararlo nella domanda.

La registrazione e l’autenticazione dei candidati dovrà avvenire soltanto sulla piattaforma informatica del Ministero della Giustizia, con l’utilizzo esclusivo di SPID, CIE o CNS. I candidati dovranno inoltre procedere con il pagamento di tutti gli oneri di partecipazione con la piattaforma PagoPA.

Nell’esame di Stato sono presenti una prova scritta e una prova orale.

La prova scritta si svolgerà dalle ore 9.00 del 12 dicembre 2023 nelle sedi delle Corti di Appello di Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Brescia, Cagliari, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, L’Aquila, Lecce, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Torino, Trento, Trieste, Venezia.

Oggetto della prova scritta è la redazione di un atto giudiziario, basandosi su conoscenze di diritto sostanziale e processuale, su un quesito proposto in una materia scelta dal candidato tra diritto penale, amministrativo e civile. Per poter svolgere il tema ogni candidato ha a disposizione sette ore.

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La prova orale, invece, si svolge a non meno di 30 giorni di distanza dal deposito dell’elenco degli ammessi e si articola in tre fasi. Nella prima fase si esamina e si discute riguardo una questione pratico-applicativa, nella seconda fase si discute su questioni che dimostrano quali sono le capacità argomentative e di analisi giuridica e la terza fase è relativa alla dimostrazione della conoscenza dell’ordinamento forense, così come dei diritti e dei doveri dall’avvocato.

Per accedere alla procedura, cliccare sopra questo link.


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Entro il 16 ottobre si potranno inviare le domande per poter partecipare alla sperimentazione sulla digitalizzazione dei pagamenti in Siope+ e sull’allineamento della Piattaforma dei crediti commerciali.

Ifel, con un avviso pubblicato sul sito, promuove il progetto insieme ad Anci, Banca D’Italia, Ragioneria generale dello Stato, Agid e Upi. Le linee da seguire sono due.

La prima è quella della digitalizzazione completa dei pagamenti degli enti locali in Siope, che consente di ridurre, sino alla progressiva eliminazione, l’utilizzo dei documenti esterni agli ordinativi informatici per pagare le spese del personale.

La seconda, invece, punta a ridurre la distanza presente tra l’ammontare del debito commerciale rilevato dalla Pcc e l’importo che risulta dalla contabilità interna all’ente, oltre ad una corretta alimentazione della piattaforma.

L’avviso punta a selezionare gli enti sperimentatori che potranno ricevere dei voucher economici del valore di 2,65 milioni sulle risorse del Pon Governance.

L’ente sperimentatore che riuscirà a raggiungere gli obiettivi si vedrà assegnato un voucher omnicomprensivo, con un importo fisso a 75mila euro per Città Metropolitane, Liberi Consorzi Comunali e Province. Per i Comuni, invece, la somma viene modulata a seconda della dimensione demografica.

Nella prima linea illustrata, i premi ammontano a 44mila euro per i Comuni che hanno sino a 15mila abitanti, mentre si arriva a 58mila per quelli più grandi. Nella seconda linea, invece, si vede un contributo fisso che ammonta a 25mila euro per le Città Metropolitane, i Liberi consorzi comunali e le Province. Nel caso dei Comuni, gli importi partono da 10mila e arrivano a 22mila euro.


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