Nvidia sotto accusa in Cina: indagine antitrust e crollo in Borsa

Pechino alza la pressione su Nvidia. La Cina ha avviato un’indagine antitrust sul colosso statunitense dei microchip per presunte violazioni delle regole sulla concorrenza. Nel mirino della State Administration of Market Regulation (SAMR) ci sono gli impegni assunti da Nvidia in occasione dell’acquisizione da 6,9 miliardi di dollari della Mellanox Technologies, fornitore di soluzioni di rete e trasmissione dati, conclusa nel 2019.

Le autorità cinesi avevano approvato l’operazione nel 2020, ma con alcune condizioni mirate a preservare la concorrenza nel settore. L’indagine arriva in un contesto di forte tensione tra Stati Uniti e Cina sul fronte tecnologico, con Washington che ha recentemente inasprito i controlli sulle esportazioni di chip avanzati verso Pechino. La risposta cinese non si è fatta attendere: un embargo sui materiali critici necessari alla produzione di chip e dispositivi con utilizzo civile e militare.

Borsa e ripercussioni globali

La notizia ha avuto un impatto immediato sui mercati. A Wall Street, le azioni di Nvidia hanno perso oltre il 3% nel corso della seduta di lunedì. Il crollo è significativo, considerando che il titolo ha guadagnato il 180% dall’inizio dell’anno, grazie al ruolo cruciale dell’azienda nel settore dell’intelligenza artificiale. Nvidia è infatti leader globale nella produzione di chip AI, essenziali per i sistemi di apprendimento automatico utilizzati da colossi come OpenAI, Google e Meta.

La Cina rappresenta una fetta importante del fatturato di Nvidia, contribuendo al 15% delle vendite nel trimestre precedente. Aziende cinesi come ByteDance, Alibaba e Tencent hanno aumentato gli investimenti in infrastrutture per l’intelligenza artificiale, trainando la domanda di chip di ultima generazione.

Scontro geopolitico sulle tecnologie avanzate

L’indagine cinese si inserisce nel più ampio conflitto tecnologico tra Cina e Stati Uniti. Washington ha intensificato i controlli sulle esportazioni di chip, bloccando la fornitura di componenti avanzati e macchinari per la produzione di semiconduttori. La mossa ha colpito aziende come Nvidia e AMD, leader nella produzione di chip per l’intelligenza artificiale e le infrastrutture di data center.

In questo scenario, la Cina mira a rafforzare la sua autonomia tecnologica, ma il contrasto con gli Stati Uniti rischia di rallentare lo sviluppo globale del settore AI. Nvidia, intanto, si trova a dover gestire non solo le incertezze di mercato, ma anche le crescenti pressioni regolatorie su due fronti opposti: Stati Uniti e Cina.


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Manovra finanziaria: stop al taglio dell’Irpef, via libera a Ires ridotta per chi assume

La manovra finanziaria prende forma, ma non senza rinunce. Il taglio dell’Irpef tanto atteso non ci sarà, almeno per ora. Le risorse necessarie — 2,5 miliardi di euro — avrebbero dovuto provenire dalla seconda tranche del concordato preventivo biennale, ma finora sono stati raccolti solo 1,3 miliardi. Il governo rimanda la misura a un momento successivo, “dopo il consolidamento dei conti”.

La maggioranza ha invece deciso di tendere la mano alle imprese. In linea con le richieste di Confindustria, l’Ires scenderà dal 24% al 19% per le aziende che reinvestiranno almeno il 70% degli utili in assunzioni o investimenti. La Lega può rivendicare un passo avanti sulla flat tax, con l’innalzamento del tetto di reddito per i lavoratori dipendenti da 30 a 35 mila euro, mentre Forza Italia si vede costretta a rinunciare alla riduzione dell’Irpef dal 35% al 33% per il ceto medio.

Spunta inoltre una tassazione agevolata al 5% sugli straordinari per infermieri e specializzandi, insieme all’esclusione di forze dell’ordine ed enti locali dal blocco parziale del turn over, un punto su cui Fratelli d’Italia ha insistito con forza.

Il vertice di maggioranza, tenutosi a Palazzo Chigi con la presenza della premier Giorgia Meloni e dei vice Salvini e Tajani, ha richiesto due ore per definire le priorità. L’esame della manovra entra ora nel vivo in commissione Bilancio alla Camera, con l’obiettivo di arrivare in Aula la prossima settimana.

Le critiche delle opposizioni

Le opposizioni non fanno sconti. Il Partito Democratico chiede una “radicale revisione delle priorità” e più risorse per sanità, pensioni e salari. Durissimo il Movimento 5 Stelle, che definisce la manovra “disastrosa, tutta tagli e tasse” e ne invoca la riscrittura completa.

Intanto, con il veicolo del decreto Milleproroghe, il governo introduce alcune novità importanti: proroga di tre mesi (fino al 31 marzo 2025) per l’obbligo di polizze contro i danni da calamità naturali per le imprese e proroga dello scudo erariale per gli amministratori pubblici. La Lega incassa una sua storica battaglia: l’annullamento delle multe da 100 euro per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale durante la pandemia, anche se non sarà previsto alcun rimborso per chi ha già pagato.

Il cammino della manovra si preannuncia tutt’altro che semplice, con un confronto serrato in Parlamento e il peso degli emendamenti ancora da discutere.


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Accordo tra Ministero della Giustizia e AIE: accesso per gli editori alla Banca Dati di Merito

Il Ministero della Giustizia e l’Associazione Italiana Editori (AIE) hanno siglato una convenzione che apre le porte della Banca Dati di Merito (BDP) agli editori, consentendo l’accesso ai provvedimenti giudiziari di merito in forma non anonimizzata. L’accordo, valido in via sperimentale per tutto il 2024, punta a favorire la diffusione della conoscenza giurisprudenziale e a supportare l’editoria giuridica e non solo.

La BDP, operativa dal 14 dicembre 2023, raccoglie i provvedimenti civili (sentenze, decreti e ordinanze) emessi dai tribunali e dalle corti d’appello italiane dal 1° gennaio 2016. Sostituendo il vecchio Archivio Giurisprudenziale Nazionale, questa banca dati si inserisce nel più ampio progetto di digitalizzazione della giustizia previsto dal PNRR.

Accesso, costi e modalità
Gli editori, anche non associati ad AIE, potranno aderire alla convenzione sottoscrivendo un apposito modulo da trasmettere al Dipartimento per l’Innovazione Tecnologica della Giustizia. L’accesso comporta il pagamento di una quota forfettaria di 10.000 euro per editore, che permetterà di scaricare in modo massivo i provvedimenti giudiziari dal 1° gennaio 2024.

I documenti saranno forniti in forma non anonimizzata, tranne quelli relativi a minorenni, stato delle persone e famiglia, per i quali il Ministero provvederà all’oscuramento dei dati personali, in conformità con l’articolo 52 del Codice Privacy (d.lgs. 196/2003). Gli editori, dal canto loro, sono tenuti a verificare la corretta oscurazione dei dati e a segnalare eventuali anomalie.

Obblighi e garanzie
L’accesso alla BDP avverrà tramite una procedura telematica con rilascio di un identificativo univoco per ogni editore. Gli editori saranno responsabili della conservazione e del corretto utilizzo dei dati ricevuti, nel rispetto della normativa europea sul trattamento dei dati personali (GDPR) e del Codice della Privacy. Sarà vietata ogni forma di cessione a terzi, anche a titolo gratuito.

Il Ministero si impegna ad attivare il servizio entro 20 giorni dalla ricezione della prova di pagamento del corrispettivo da parte dell’editore. La convenzione scadrà il 31 dicembre 2024, ma è già previsto un possibile rinnovo, con l’introduzione di un sistema tariffario che terrà conto dei volumi di dati e dei costi sostenuti dal Ministero.

Un’opportunità per l’editoria giuridica
L’accesso ai provvedimenti giudiziari rappresenta un’importante risorsa per gli editori giuridici, che potranno sviluppare contenuti e servizi per gli operatori del diritto, con un notevole impatto sul mercato dell’editoria legale e sugli strumenti di informazione giuridica. L’accordo si pone in linea con gli obiettivi di trasparenza e digitalizzazione della giustizia previsti dal PNRR e potrebbe aprire la strada a un modello di collaborazione pubblico-privato per la valorizzazione del patrimonio informativo giuridico.


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Vendita di dati personali a OpenAI: il Garante Privacy avverte il Gruppo GEDI

Il Garante per la protezione dei dati personali ha inviato un avvertimento formale al Gruppo GEDI e alle sue società affiliate, segnalando possibili violazioni del Regolamento UE 2016/679 (GDPR) legate all’accordo siglato con OpenAI. L’intesa, firmata il 24 settembre 2024, prevede la condivisione di contenuti editoriali delle testate del Gruppo GEDI con la piattaforma ChatGPT.

Secondo l’accordo, i contenuti editoriali di GEDI — tra cui articoli, notizie e approfondimenti — verranno utilizzati da OpenAI per offrire agli utenti la possibilità di ricercare in tempo reale le notizie di attualità. La piattaforma di intelligenza artificiale fornirà anche un riassunto automatizzato della notizia, con il relativo link diretto al contenuto originale. Tuttavia, i dati non saranno impiegati solo per l’accesso ai contenuti, ma anche per addestrare gli algoritmi di OpenAI, sollevando preoccupazioni sulla gestione dei dati personali contenuti negli archivi editoriali.

Dati personali e rischi per la privacy

L’Autorità ha evidenziato come negli archivi digitali dei giornali siano presenti milioni di storie personali con dettagli di natura anche particolarmente delicata, come informazioni sanitarie, giudiziarie e riservate, che non possono essere trasferite a terzi senza un’adeguata base giuridica e senza il rispetto degli obblighi di trasparenza. Il Garante Privacy ha infatti sottolineato che, se l’accordo venisse attuato senza ulteriori garanzie, il Gruppo GEDI potrebbe violare le disposizioni degli articoli 9, 10, 13, 14 e del Capo III del GDPR, con il rischio di incorrere in pesanti sanzioni economiche.

Il comunicato del Garante: “Mancano trasparenza e diritti per gli interessati”

Il 29 novembre 2024, il Garante ha pubblicato un comunicato stampa per chiarire le ragioni dell’avvertimento. Secondo l’Autorità, la valutazione d’impatto sulla protezione dei dati (DPIA) trasmessa dal Gruppo GEDI non è risultata sufficiente. In particolare, la valutazione non ha chiarito in modo adeguato la base giuridica che consentirebbe al gruppo editoriale di “cedere o licenziare in uso a terzi” i dati personali contenuti nel proprio archivio, né ha dimostrato come il Gruppo possa garantire ai soggetti interessati il rispetto dei loro diritti, in particolare il diritto di opposizione al trattamento dei propri dati.

Il provvedimento di avvertimento è stato indirizzato non solo al Gruppo GEDI, ma anche a tutte le società coinvolte nell’accordo con OpenAI, tra cui:

  • Gedi News Network S.p.A.
  • Gedi Periodici e Servizi S.p.A.
  • Gedi Digital S.r.l.
  • Monet S.r.l.
  • AlFemminile S.r.l.

Cosa rischia il Gruppo GEDI?

Se le contestazioni del Garante venissero confermate, il Gruppo GEDI potrebbe essere sottoposto a sanzioni pecuniarie rilevanti, in linea con le severe disposizioni del GDPR, che prevedono multe fino al 4% del fatturato globale annuo per violazioni gravi.

L’episodio solleva un tema cruciale nel dibattito sull’uso dei dati personali per addestrare l’intelligenza artificiale, evidenziando la necessità di garantire la tutela della privacy anche nell’era dell’IA. La vicenda si inserisce nel più ampio contesto di attenzione dei regolatori europei verso le big tech e le loro pratiche di gestione dei dati personali.

Il Garante Privacy ha ribadito che il trattamento dei dati deve rispettare i principi di minimizzazione, trasparenza e liceità, e ha chiesto al Gruppo GEDI di fornire ulteriori chiarimenti e adottare misure correttive per garantire il rispetto dei diritti dei soggetti interessati.


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Concorso pubblico: il Garante privacy multa l’INPS per 50mila euro

Il Garante per la protezione dei dati personali ha inflitto una nuova sanzione di 50mila euro all’INPS per la diffusione online di dati personali relativi ai partecipanti di un concorso pubblico. L’Istituto avrebbe pubblicato sul proprio sito web le graduatorie finali contenenti non solo nomi, cognomi e date di nascita dei candidati, ma anche il dettaglio dei punteggi ottenuti nelle prove scritte e orali, i titoli di studio e persino informazioni sensibili come le causali di ammissione con riserva, tra cui riferimenti a situazioni di salute.

La vicenda trae origine da un primo intervento del Garante, che l’11 aprile 2024 aveva già sanzionato l’INPS con 20mila euro di multa per la diffusione degli atti intermedi del concorso, poi finiti sui social a causa di terzi. Tuttavia, ulteriori accertamenti hanno rivelato che l’Istituto aveva pubblicato anche le graduatorie finali, esponendo oltre 5.384 partecipanti a possibili danni reputazionali.

Tra le violazioni più gravi segnalate dall’Autorità, la presenza accanto ai nominativi di alcuni candidati di riferimenti a giudizi pendenti, elemento che avrebbe potuto indurre l’errata convinzione di precedenti penali.

Il Garante ha ribadito che la pubblicazione delle graduatorie deve limitarsi ai dati essenziali e necessari alla trasparenza e che l’uso di Internet amplifica il rischio di diffusione incontrollata. A differenza della pubblicazione tradizionale, infatti, le informazioni rese disponibili online possono essere indicizzate dai motori di ricerca, restando in rete per un tempo indefinito e accessibili per scopi ulteriori.

Il provvedimento del 26 settembre 2024 ha concluso che l’INPS ha violato i principi di liceità, correttezza, trasparenza e minimizzazione dei dati, previsti dagli articoli 5, 6 e 9 del GDPR e dagli articoli 2-ter e 2-septies del Codice Privacy. Per questo motivo, il Garante ha imposto all’Istituto il pagamento di una sanzione di 50mila euro.


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Giustizia: Anm, Ministero chiarisca su scadenza smart card giudici e amministrativi

ROMA – “Venerdì scorso, 6 dicembre, i dirigenti delle Corti di appello hanno ricevuto una mail da un ufficio ministeriale con la comunicazione che “a causa di una direttiva vincolante europea, i certificati di firma sulle CMG emesse prima di gennaio 2024 verranno revocati da autorità a partire dal primo gennaio 2025”, e con l’invito a dare “priorità al personale di magistratura ai funzionari delegati poiché maggiormente influenzati dal provvedimento”. Successivamente, con una nota affidata ai giornali, il ministero della Giustizia ha assicurato che le attività del processo civile telematico non subiranno alcuna interruzione di servizio e che la mail inviata agli uffici amministrativi delle Corti di appello aveva solo una “funzione cautelativa”. Allo stato, nessuna comunicazione ufficiale è pervenuta agli uffici giudiziari da parte del Ministero e si rincorrono voci su una possibile proroga dei certificati delle card, subito dopo smentite da altre. Per evitare ulteriori disservizi, dovuti anche alla mancata comunicazione delle iniziative effettivamente intraprese dal Ministero, si evidenzia la necessità che sia resa al più presto dal ministero della Giustizia una informazione ufficiale, in modo da consentire alle Corti di appello di ovviare nel migliore dei modi alle difficoltà causate dalla necessità di organizzare, in meno di venti giorni, la sostituzione di un numero elevatissimo di smart card”. Così la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati in una nota.


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Aiga guarda all’Europa: tra uniformità formativa e cooperazione internazionale

SPOLETO. “È necessario che gli Stati Membri dell’Unione Europea si impegnino ad adottare regole comuni per “europeizzare” il giurista sin dal proprio percorso accademico. Tra le proposte di AIGA, oltre all’Erasmus del giovane avvocato, vi è quella di uniformare il percorso di studi universitario, incentivando corsi e seminari di respiro internazionale”. Lo ha affermato il presidente nazionale AIGA (Associazione Italiana Giovani Avvocati), Carlo Foglieni, a margine del quinto Consiglio Direttivo Nazionale 2024 AIGA, tenutosi a Spoleto e aperto da un convegno sull’evoluzione della figura del giurista in chiave europea.

Alla due giorni di Spoleto, i lavori si sono aperti con i saluti delle istituzioni locali, politiche e forensi: Federica Fortunati (presidente del Tribunale di Spoleto), Pietro Morichelli (presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Spoleto), Ermes Farinazzo (OCF), Carlo Orlando (presidente Unione Interregionale degli Ordini Forensi del Centro Adriatico), Andrea Sisti (sindaco di Spoleto), Michele Bromuri (Cassa Forense) e Paolo Feliziani (CNF).

In un vivace confronto gli europarlamentari Camilla Laureti, Michele Picaro e Marco Tarquinio hanno esposto lo stato dell’arte della giustizia in Europa, indicando i progetti che sono in discussione in seno alle istituzioni europee per rendere il sistema giustizia più efficace ed efficiente.

Dall’Irlanda del Nord si è poi collegata Shannon Gawley, presidente EYBA – European Young Bar Association: un’associazione europea di giovani avvocati, nata con l’obiettivo di fornire una piattaforma di condivisione di idee e progetti comuni volti a esprimere una voce unitaria a livello continentale.

I lavori sono proseguiti nella giornata di sabato con il consueto appuntamento con il Consiglio direttivo nazionale.


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Gratteri: “Inutili le riforme dalla Cartabia in poi”

AOSTA – Nicola Gratteri, procuratore capo di Napoli, non ha risparmiato critiche alle riforme introdotte dalla ministra Cartabia e al dibattito sulle intercettazioni. Durante un incontro al teatro Splendor di Aosta, in occasione della presentazione del suo libro Una cosa sola, scritto con Antonio Nicaso, Gratteri ha affermato che “tutto quello che è stato cambiato dalla riforma Cartabia a oggi non è servito a niente.”

Il procuratore ha respinto le dichiarazioni del ministro Nordio secondo cui le intercettazioni sarebbero troppo costose e fatte a strascico. “Costano solo 170 milioni all’anno, una cifra esigua”, ha spiegato, sottolineando come le intercettazioni non vengano effettuate a caso, ma piuttosto siano frutto di una carenza di personale che rende difficile svolgere indagini su persone non coinvolte in reati.

Gratteri ha anche difeso l’utilità delle intercettazioni nelle indagini su mafie e corruzione, rispondendo a chi sostiene che i mafiosi non parlino. “Se così fosse, come si sarebbero fatte tutte le indagini?” ha chiesto, evidenziando il legame tra politica e criminalità organizzata. Il procuratore ha concluso lamentando che le recenti riforme abbiano rallentato i processi, a scapito della tutela delle vittime.


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Flick: un’avvocatura protagonista delle transizioni in corso

ROMA – L’avvocatura italiana è chiamata a essere protagonista delle grandi transizioni in corso, preservando i valori umani e costituzionali e promuovendo una giustizia inclusiva e sostenibile. Questo il messaggio di Giovanni Maria Flick, Presidente emerito della Corte costituzionale, durante l’evento organizzato dal Consiglio Nazionale Forense (Cnf) per celebrare i 150 anni dell’Ordine degli Avvocati.

Flick ha esortato gli avvocati a cogliere l’importanza dello sviluppo sostenibile, sancito dalla riforma costituzionale, sia nella funzione sociale della professione che nelle prestazioni professionali, in particolare nei settori dell’ambiente e dell’impresa. Ha inoltre sottolineato la necessità di un’Europa meno frammentata e più unitaria, in grado di affrontare le sfide globali come la migrazione e il cambiamento climatico.

L’ex Presidente della Corte ha anche avvertito contro il rischio dell’“algocrazia”, dove gli algoritmi potrebbero prevalere nei processi decisionali, e ha ribadito l’importanza di mantenere la “dimensione umana” nella giustizia, attraverso la formazione digitale dei professionisti e la tutela dei diritti umani. Concludendo, ha auspicato una giustizia equilibrata, frutto della collaborazione tra avvocati e magistrati, con una responsabilità sociale che si affianca al dovere di difendere i diritti del cliente.


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Parco della Giustizia di Bari: la partita resta aperta

BARI – La partita per il Parco della Giustizia di Bari è ancora aperta. Nonostante il recente pronunciamento del Consiglio di Stato, che ha respinto la richiesta di sospensione del bando avanzata dal Consorzio Stabile Impero di Roma, il destino dell’appalto sarà deciso il prossimo 17 dicembre in camera di consiglio.

Il consorzio romano, assistito dall’avvocato Federico Tedeschini, ha contestato i tempi troppo ristretti per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara. La procedura, indetta dall’Agenzia del Demanio per l’affidamento congiunto della progettazione esecutiva e dei lavori, ha un valore di circa 400 milioni di euro, stanziati quasi interamente dal Ministero della Giustizia. L’opera prevede la realizzazione della nuova sede degli uffici giudiziari baresi nelle ex caserme dismesse Milano e Capozzi, nel quartiere Carrassi.

Il bando, pubblicato il 16 settembre, prevedeva inizialmente una scadenza fissata per il 16 ottobre, poi prorogata al 4 novembre. In seguito al primo ricorso del Consorzio Stabile Impero, il Tar Puglia aveva fissato un’udienza il 20 novembre, ma la scadenza per partecipare alla gara è stata ulteriormente prorogata al 26 novembre.

Il Consiglio di Stato, con decreto firmato dal presidente della quinta sezione, Paolo Giovanni Nicolò Lotti, ha ritenuto non sussistenti i presupposti per accogliere l’istanza cautelare. «La deadline indicata in appello – si legge nel decreto – è già spirata», il che ha reso inutile la sospensione d’urgenza del bando. Tuttavia, la decisione definitiva sulla controversia verrà presa dopo la discussione in camera di consiglio del 17 dicembre.

Il cuore del contenzioso riguarda la presunta ristrettezza dei tempi previsti per la presentazione delle offerte. Secondo il Consorzio Stabile Impero, le proroghe non sarebbero state sufficienti a garantire la partecipazione competitiva delle imprese. L’Agenzia del Demanio, dal canto suo, ha difeso la legittimità della procedura, evidenziando il rispetto delle tempistiche previste dalla normativa vigente.

L’esito della decisione del 17 dicembre sarà cruciale per il futuro del Parco della Giustizia di Bari, un’infrastruttura strategica per il sistema giudiziario del Mezzogiorno. Se i giudici dovessero accogliere il ricorso del Consorzio romano, la gara potrebbe subire ulteriori rallentamenti, con il rischio di allungare i tempi di realizzazione di un’opera ritenuta essenziale per la giustizia barese.


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