La ricarica delle auto elettriche è una cessione di beni: decisione della Corte di Giustizia UE

La fornitura di energia elettrica per la ricarica delle auto è qualificata come cessione di beni. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza del 17 ottobre 2024 (causa C-60/23), che chiarisce il trattamento IVA per le stazioni di ricarica. Se la ricarica avviene utilizzando una card o un’applicazione fornita da una società diversa dal gestore della stazione, si configurano due operazioni distinte: la prima tra il gestore della stazione e la società intermediaria, e la seconda tra quest’ultima e l’utente finale.

Due operazioni distinte e trattamento IVA

Quando l’utente utilizza una card o un’app per accedere al servizio di ricarica, la Corte ha precisato che si realizzano due cessioni di beni. La prima avviene tra il gestore della stazione di ricarica e la società che mette a disposizione la card o l’applicazione; la seconda, tra quest’ultima società e l’utente. Questo comporta che, ai fini IVA, entrambe le operazioni sono soggette a imposta, trattandosi di due transazioni distinte.

I servizi collaterali: una prestazione autonoma

La Corte ha inoltre stabilito che eventuali servizi collaterali offerti dalla società intermediaria, per i quali l’utente paga un importo fisso mensile, devono essere considerati come prestazioni autonome rispetto alla cessione di energia elettrica. Tali servizi, ad esempio la gestione della card o dell’app, costituiscono una prestazione indipendente dal punto di vista fiscale, anch’essa soggetta al regime IVA previsto.


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Ingressi di lavoratori extra-UE: nuove regole per contrastare le pratiche scorrette

Con l’introduzione del Decreto Legge n. 145/2024, arrivano importanti modifiche alle procedure per l’ingresso di lavoratori stranieri in Italia, volte a limitare le pratiche scorrette da parte di alcuni datori di lavoro. La nuova normativa introduce, tra l’altro, vincoli più rigidi per chi presenta domanda di nulla osta per l’assunzione di lavoratori extra-UE, ponendo fine a certe irregolarità che permettevano agli stranieri di entrare nel Paese senza poi ottenere un vero impiego.

Stop alle promesse non mantenute

Una delle novità più rilevanti riguarda il datore di lavoro che, nel triennio precedente, non ha sottoscritto il contratto di soggiorno dopo aver ottenuto il nulla osta per un lavoratore straniero. In questi casi, non sarà più possibile presentare nuove domande. Questa misura mira a contrastare il fenomeno delle “promesse di impiego” mai realizzate, che permettevano l’ingresso regolare di stranieri senza poi offrir loro il lavoro previsto. Inoltre, il decreto introduce l’obbligo di confermare la richiesta di nulla osta entro sette giorni dalla conclusione degli accertamenti per il rilascio del visto d’ingresso, pena il rifiuto e la revoca del nulla osta stesso.

Digitalizzazione del processo

La semplificazione delle procedure passa anche attraverso una maggiore digitalizzazione. Dal 2025, i datori di lavoro dovranno trasmettere il certificato di idoneità alloggiativa, l’asseverazione di un consulente del lavoro o di un’organizzazione di categoria e il domicilio digitale allo sportello unico per l’immigrazione in formato digitale. Ciò consente di velocizzare il processo, eliminando la necessità di presentare documenti di persona e riducendo così i costi e i tempi delle pratiche.

Contratto di soggiorno digitale

Un’altra importante novità riguarda la firma del contratto di soggiorno. Entro otto giorni dall’ingresso in Italia, il contratto potrà essere firmato digitalmente dal datore di lavoro e dal lavoratore, che potranno quindi trasmetterlo in via telematica allo sportello unico. In caso di mancata trasmissione entro il termine stabilito, il nulla osta verrà automaticamente revocato, salvo cause di forza maggiore.

Verifica di manodopera disponibile

Prima di presentare la domanda nominativa di nulla osta per un lavoratore straniero, il datore di lavoro dovrà verificare con il centro per l’impiego la disponibilità di lavoratori già presenti in Italia. Se non vi sarà risposta entro otto giorni, la verifica sarà considerata conclusa con esito negativo, accelerando così ulteriormente le tempistiche della procedura.

Lavoro stagionale e nuove opportunità

Il Decreto introduce anche modifiche relative al lavoro stagionale. Tra le più rilevanti, la possibilità di conversione del permesso di soggiorno da stagionale a lavoro subordinato, senza limiti di quote, per i lavoratori che abbiano svolto almeno tre mesi di attività lavorativa regolare. Inoltre, i lavoratori stagionali verranno iscritti automaticamente alla piattaforma SIISL per agevolare la ricerca di nuovi impieghi una volta terminato il contratto stagionale.

Identificatori biometrici e visti d’ingresso

Dal 9 gennaio 2025, i richiedenti di visti per soggiorni di breve durata dovranno fornire identificatori biometrici all’atto della domanda. Questa misura, parte della riforma introdotta dal DL n. 145/2024, mira a rafforzare il controllo degli ingressi nel Paese.


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Mattarella al Festival delle Regioni: collaborazione e innovazione per giustizia e ambiente

Al Festival delle Regioni e delle Province autonome a Bari il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra le istituzioni per il loro buon funzionamento e per il servizio alla comunità. “La condivisione delle scelte e la ricerca di punti comuni sono essenziali”, ha affermato Mattarella, evidenziando come in momenti cruciali non sia sufficiente affermare visioni di parte, ma sia necessaria una capacità di mediazione e sintesi. Questo approccio, ha aggiunto, è un pilastro della democrazia, perché le istituzioni devono rispondere all’intera collettività.

Giustizia, intelligenza artificiale e dignità umana

Nel suo discorso, Mattarella ha affrontato anche il tema dell’intelligenza artificiale (IA), sollevando questioni etiche cruciali. “L’IA deve essere utilizzata per affermare, e non per violare, la dignità umana”, ha dichiarato. Ha inoltre evidenziato i rischi legati a un uso improprio delle tecnologie emergenti e ha posto l’accento sulla necessità di garantire che le decisioni più importanti rimangano nelle mani degli esseri umani. Il Presidente ha citato esempi significativi: “Pensiamo davvero che una macchina possa sostituire un medico nella cura delle persone o un giudice nello scrivere una sentenza?”

Questo aspetto è di particolare rilevanza per il mondo della giustizia, dove la crescente informatizzazione e l’introduzione di sistemi basati sull’IA stanno rivoluzionando il settore. Tuttavia, come ha osservato Mattarella, le decisioni che riguardano la vita e la dignità umana non possono essere affidate solo agli algoritmi. Questo monito assume particolare importanza nel contesto delle nuove tecnologie applicate alla gestione dei procedimenti giudiziari e all’uso dei dati.

Transizione ecologica e sostenibilità

Un altro tema centrale del suo intervento è stato l’ambiente. Mattarella ha esortato a seguire l’esempio delle nuove generazioni nella lotta ai cambiamenti climatici, ricordando che le risorse del pianeta non sono illimitate. La de-carbonizzazione e il contrasto ai cambiamenti climatici sono obiettivi irrinunciabili, ma non devono essere visti come freni allo sviluppo, bensì come opportunità per una crescita sostenibile.


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Giustizia e migrazioni: Nordio e Meloni contro la magistratura sulla questione Albania

Mentre i tecnici di Palazzo Chigi lavorano alla stesura di un decreto legge per modificare la lista dei Paesi sicuri e facilitare la gestione extra-territoriale dei migranti, il recente rifiuto della convalida di 12 migranti trasferiti in Albania ha acceso un intenso dibattito tra il governo e la magistratura. La gestione delle migrazioni, particolarmente in riferimento all’Albania, ha posto nuovamente al centro dell’attenzione il delicato equilibrio tra il potere esecutivo e giudiziario.

Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, i governi non possono espellere migranti verso Paesi terzi se vi è anche solo un rischio parziale di condanne a morte, torture o trattamenti degradanti. Questa sentenza, secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, è stata interpretata in modo restrittivo dalla magistratura italiana, che ha bloccato il trasferimento dei migranti in Albania. In un’intervista a La Repubblica, Nordio ha criticato i giudici romani, sostenendo che la definizione di “Paese sicuro” non spetta alla magistratura, ma è una decisione politica entro i parametri del diritto internazionale.

La polemica ha raggiunto il suo apice quando la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha accusato una parte della magistratura di essere “politicizzata e ideologicamente prevenuta”. La diatriba ha assunto toni particolarmente aspri con il coinvolgimento del giudice Marco Patarnello, sostituto procuratore della Corte di Cassazione, il cui messaggio privato ad alcuni colleghi, criticando le politiche di Meloni, è stato diffuso sui social dalla stessa premier. Meloni ha utilizzato questo episodio per rilanciare l’attacco a una parte della magistratura, accusata di ostacolare le decisioni del governo per ragioni politiche, anziché giudiziarie.

Le tensioni tra il governo e la magistratura non si sono limitate a questo episodio. Nordio ha paventato possibili sanzioni disciplinari contro i giudici che, a suo dire, hanno “esondato” dalle loro competenze. Questo ha suscitato una forte reazione da parte dell’Associazione Nazionale Magistrati, con il presidente Giuseppe Santalucia che ha espresso preoccupazione per i toni “di aggressione senza precedenti” rivolti ai magistrati.

Anche il Partito Democratico, con la sua leader Elly Schlein, ha condannato duramente le dichiarazioni di Nordio, chiedendo le dimissioni del ministro. Schlein ha ribadito che il governo sta dimenticando il principio della separazione dei poteri, sottolineando che i giudici italiani non fanno altro che applicare le normative europee.

Il dibattito su chi abbia l’autorità di definire quali Paesi possano essere considerati sicuri non si esaurisce con le dichiarazioni politiche. Da un lato, il governo intende trasformare l’elenco dei Paesi sicuri in legge di rango primario, rafforzando la propria posizione sulle politiche migratorie; dall’altro, la magistratura, sostenuta anche dall’Unione Camere Penali, insiste che le decisioni dei giudici sono conformi alle normative europee, che impongono criteri rigorosi per evitare il rimpatrio in Paesi dove i diritti umani non sono pienamente garantiti.

 


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Violenza di genere, Nordio: “Educare al rispetto dei diritti delle donne. Le leggi ci sono”

“Normativamente siamo a buon punto, le leggi ci sono, la magistratura opera bene e il Codice Rosso funziona: quello che manca è la educazione al rispetto dei diritti delle donne”.

Al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, sono affidate le conclusioni del convegno “Scenari giuridici e sociali sulla violenza di genere: dalla repressione alla prevenzione e percezione del fenomeno”. L’evento si è tenuto presso la sede della Scuola superiore della magistratura di Castel Capuano; un’occasione per presentare e diffondere il leaflet di sensibilizzazione del Ministero “La violenza mai”.

“Ognuno deve vedere nelle persone un proprio uguale; una sedimentazione psicologica che – ha aggiunto il Guardasigilli – deve essere assistita dalla legge così come è. Non è la legge penale che può risolvere il problema, che è essenzialmente educativo e informativo”.

Organizzato dalla Corte d’appello di Napoli, il convegno è stato introdotto dai saluti della presidente Maria Rosaria Covelli – a capo dell’Osservatorio di via Arenula sull’efficacia delle norme contro la violenza di genere -, del procuratore generale Antonio Gialanella e del procuratore generale della Cassazione Luigi Salvato.


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Attacco informatico al Ministero, hacker arrestato: in possesso delle password di 46 magistrati

Carmelo Miano, il 24enne siciliano arrestato con l’accusa di aver violato i server del Ministero della Giustizia e di alcune Procure, deteneva le password di 46 magistrati, tra cui i procuratori di Perugia e Firenze. Le indagini, condotte dalla Procura di Napoli, hanno rivelato che Miano ha effettuato una serie di hacking per mesi.

Durante l’udienza dinanzi ai giudici del Riesame di Napoli, è emerso che l’hacker avrebbe anche avuto accesso alla rete informatica del Ministero. L’avvocato di Miano, Gioacchino Genchi, ha richiesto la scarcerazione del suo assistito, sottolineando che tra le informazioni rubate vi erano anche gli account email dei magistrati che lo stavano indagando. Tuttavia, la Procura si è opposta sia alla scarcerazione che al trasferimento del caso a Perugia, chiedendo invece la conferma della detenzione dell’indagato.


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“Le somme liquidate mi erano dovute”: la nostra rettifica

Riceviamo e pubblichiamo una richiesta di rettifica che pubblichiamo di seguito, a firma dell’avv. Corrado Schiaffonati

Oggetto: Vs.articolo del 17/10/2024 dal titolo “Rimosso il giudice Giuseppe Bersani: favoriva
avvocati amici, il Csm lo espelle”

Nella giornata di ieri è apparso sul vostro quotidiano un articolo che riguarda il Giudice Dott.
Giuseppe Bersani e che coinvolge anche la mia persona nella parte in cui si legge:
“…..Un altro episodio riguarda l’avvocato Corrado Schiaffonati, al quale Bersani
avrebbe liquidato somme di denaro significative in occasione del suo trasferimento da Piacenza a
Cremona, senza rispettare i criteri previsti dalla legge. Inoltre, secondo l’incolpazione, il
magistrato avrebbe costretto un azionista di maggioranza di una società a versare a Schiaffonati
una cifra spropositata di 550mila euro, giustificata da una prestazione legale ben al di sotto di tale
valore..”
Ciò premesso Vi significo quanto segue.
Le somme che mi vennero liquidate a titolo di compenso dal Dott. Bersani, peraltro più di sette anni
or sono, mi erano dovute.
Quanto all’importo di Euro 550.000,00, esso mi venne corrisposto nel mese di marzo 2010, quindi
oramai ben quindici anni or sono, da una società che si era resa assuntrice di un concordato
fallimentare, ma del tutto spontaneamente e senza che vi fosse stata “costrizione da parte mia e da
parte del Dott. Bersani” il quale, oltretutto, non doveva nemmeno “essere più lui a liquidarmi i
compensi”, proprio perché era intervenuto il concordato fallimentare.
Purtroppo, e come spesso accade in questo strano paese, alcuni anni or sono venne avviata
un’indagine nei confronti miei e dal Dott. Bersani per i fatti sopra indicati ipotizzando i reati di
abuso d’ufficio e di estorsione in concorso, che venne trasmessa per competenza ex artt.11 c.p.p.
alla Procura della Repubblica di Ancona.
I due Pubblici Ministeri anconetani, dopo approfondite indagini e dopo aver attentamente vagliato
gli atti e i documenti prodotti, si resero conto dell’assoluta infondatezza delle ipotesi delittuose che
erano state contestate a me e al Dott. Bersani, e quindi in data 24/12/2020 avanzarono una richiesta
di archiviazione nei nostri confronti perché le norme che qualcuno assumeva essere state violate
riguardo al primo episodio non erano nemmeno in vigore al tempo dei fatti; quanto al secondo
episodio la motivazione era invece dovuta all’insussistenza dei fatti, e che vi allego con omissis
nella sola parte che mi riguarda.

2 Il Gip di Ancona in data 02/02/2021 accolse la richiesta dei due Pubblici Ministeri e dispose
l’archiviazione del procedimento per entrambi. Suppongo che il decreto di archiviazione sia stato
poi vistato dal Procuratore Generale competente.
Quindi quanto è stato da Voi scritto nel vostro articolo, che ha diffusione nazionale in quanto
consultabile via internet, contiene delle affermazioni che non corrispondono a verità e sono
gravemente lesive della mia reputazione, personale e professionale, in quanto io vengo presentato al
vasto pubblico come un avvocato farabutto che pone in essere delle estorsioni a danno di terzi in
combutta con un Magistrato per ottenere il pagamento di una somma di Euro 550.000,00 che non
gli era dovuta, quando invece dalle risultanze delle indagini è emerso che tanto io quanto il Dott.
Bersani non avevamo ricattato proprio nessuno, e che i danari che mi vennero corrisposti mi erano
legittimamente dovuti.
Inoltre, e a quanto mi costa, per i fatti sopracitati il Dott. Bersani era stato già archiviato anche dalla
sezione disciplinare del CSM con ordinanza n.39/2023 del 20/04/2023.
(…)
Allego: copia della richiesta di archiviazione della procura di Ancona e del decreto di archiviazione
del Gip di Ancona nei confronti miei e del Dott. Bersani.

Piacenza li 18/10/2024

Avv. Corrado Schiaffonati


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C’è tempo fino al 31 dicembre per presentare la domanda di partecipazione al bando di Cassa Forense, che offre contributi alle famiglie monogenitoriali degli avvocati iscritti. Nei giorni scorsi, l’ente previdenziale ha pubblicato il bando che prevede un contributo di mille euro per ogni famiglia a genitore unico che abbia almeno un figlio a carico di età inferiore ai 26 anni.

Le domande possono essere presentate attraverso il portale dedicato, e si invita a verificare i requisiti specifici per l’accesso ai contributi. Per maggiori dettagli, è possibile consultare il documento ufficiale qui.


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Diffamazione via Messenger: quando la Cassazione esclude il reato per mancanza di dolo

Con la sentenza n. 36217 depositata il 27 settembre 2024, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’invio di messaggi diffamatori su Messenger non integra il delitto di diffamazione in assenza di dolo. La vicenda ha origine dalla condanna di un’imputata da parte della Corte d’Appello dell’Aquila, che l’aveva ritenuta colpevole di diffamazione aggravata per aver condiviso, attraverso la piattaforma di messaggistica di Facebook, una lettera offensiva nei confronti di un avvocato.

Il difensore dell’imputata ha contestato la sentenza, sottolineando che i messaggi erano stati inviati in un contesto privato e che l’imputata non sapeva che più persone avessero accesso a quel canale di comunicazione. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, evidenziando che per configurare il reato di diffamazione è necessario che l’agente sia consapevole di comunicare con più persone o di agire in modo tale che le informazioni possano diffondersi.

I giudici hanno ribadito che il dolo, nel caso di diffamazione, richiede non solo l’intento di ledere la reputazione altrui, ma anche la consapevolezza che le affermazioni denigratorie possano raggiungere un pubblico più ampio. Nel caso in esame, la mancanza di tale consapevolezza ha portato all’annullamento della sentenza senza rinvio, poiché il reato era estinto per prescrizione.


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La Corte d’Appello aveva inoltre considerato i precedenti disciplinari del dipendente, ritenendo congruo il provvedimento di licenziamento. La Cassazione, nel rigettare il ricorso, ha ribadito alcuni principi fondamentali in materia di licenziamento per giusta causa, sottolineando che tali disposizioni devono essere interpretate dal giudice, tenendo conto sia della coscienza generale sia dei principi giuridici richiamati implicitamente dalle norme.


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