La nuova Internet fotonica nasce in Italia

Dall’Expo di Osaka, dove un padiglione interattivo mostra il confine sempre più sottile tra realtà fisica e digitale, fino ai laboratori di Milano, il filo conduttore è la stessa visione: una rete capace di annullare le distanze, fondere emozioni e tecnologia, ridisegnare le basi della connettività globale. È l’obiettivo dell’Innovative Optical and Wireless Network (IOWN), il progetto internazionale guidato da NTT che punta a realizzare la prima infrastruttura di comunicazione interamente fotonica, senza il passaggio intermedio degli elettroni.

Il cuore del progetto è in Italia

Accanto ai poli di Tokyo e del Texas, l’Innovation Center di Milano è uno dei centri nevralgici di ricerca. Qui NTT Data lavora a soluzioni destinate a trasformare il digitale: una rete end-to-end basata esclusivamente su fotoni, in grado di ridurre i consumi energetici di cento volte e di abbattere la latenza di oltre duecento volte. Un salto che aprirebbe scenari radicalmente nuovi per applicazioni industriali, mediche e quotidiane.

«Il nostro compito non è solo sviluppare tecnologia, ma affiancare le imprese nella trasformazione dei modelli di business», spiega Ludovico Diaz, Ceo di NTT Data Italia. La società impiega nel nostro Paese 6mila persone per un fatturato di 650 milioni di euro e investe globalmente 3,6 miliardi di dollari l’anno in ricerca e sviluppo, pari a circa un terzo del fatturato di gruppo.

Connessioni che trasmettono sensazioni

La nuova rete sarà accompagnata da Feel Tech, una tecnologia che consente di replicare esperienze fisiche a distanza. In campo medico, ad esempio, un chirurgo potrà percepire la pressione esercitata durante un intervento remoto; nell’e-commerce, i clienti potranno toccare la trama di un tessuto prima dell’acquisto. La stessa tecnologia è già utilizzata per analizzare le reazioni emotive dei consumatori nella grande distribuzione o per migliorare i servizi di emergenza, come dimostra il chatbot “Giulia” sviluppato a Roma per fornire informazioni in tempo reale nei pronto soccorso.

L’intelligenza artificiale come priorità

Se la fotonica rappresenta la prossima rivoluzione tecnologica, l’intelligenza artificiale è il fronte più immediato. NTT Data ha avviato il programma AI Metamorphosis, con un investimento da 4 miliardi di dollari, per spingere le aziende a considerare l’IA non come una mera questione tecnica, ma come leva strategica di trasformazione organizzativa.

Oltre la rete: blockchain e quantistico

Lo sguardo è già proiettato oltre: algoritmi quantistici pronti a girare su macchine ibride, blockchain applicata alla tracciabilità e nuovi sistemi di sicurezza. Una ricerca che mira a mettere continuamente in discussione i paradigmi consolidati, spingendo verso un futuro in cui la comunicazione non sarà più solo scambio di dati, ma anche di emozioni e sensazioni.

L’Italia, con il centro di Milano, è al centro di questo percorso. Se la sfida sarà vinta, la prossima Internet potrebbe nascere proprio qui: fotonica, sostenibile e capace di connettere non solo dispositivi, ma anche esseri umani, nella loro dimensione più completa.


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Campania, nasce l’Officina per la digitalizzazione aerospaziale

La Campania si conferma uno dei poli più dinamici dell’industria aerospaziale italiana. Entro fine settembre sarà inaugurata l’Officina per la digitalizzazione aerospaziale, una struttura già pronta e operativa, promossa dal Distretto Aerospaziale della Campania (DAC). Si tratta di un laboratorio di ultima generazione dotato di simulatori e sistemi avanzati, pensato per accompagnare le imprese – in particolare le piccole e medie – nella transizione digitale della progettazione, produzione e simulazione.

«Le PMI che investono in innovazione potranno sperimentare soluzioni digitali, verificare la compatibilità con i sistemi delle grandi aziende come Leonardo e ricevere orientamento tecnologico», spiega Luigi Carrino, presidente del DAC. Un percorso che punta a consolidare il ruolo delle imprese campane anche nei programmi di difesa e sicurezza, grazie all’impiego di tecnologie di intelligenza artificiale.

Tecnologie di frontiera

L’Officina nasce dalla collaborazione con partner di primo piano. Zeiss fornirà strumenti di scansione ottica 3D e microscopia avanzata, fondamentali per reverse engineering, ricerca e controllo qualità. Dassault, con il supporto di Cadland, metterà a disposizione piattaforme per la progettazione immersiva e il Model Based System Engineering, già adottate da Leonardo e Airbus. Un tratto distintivo della struttura è la sala di Realtà Virtuale (VR), che consente simulazioni immersive per verificare producibilità, manutenibilità e presentare sistemi complessi a clienti e partner.

Un ecosistema in crescita

Il DAC coinvolge oltre 300 soggetti: 32 grandi imprese, 123 PMI, 15 università e centri di ricerca – tra cui CIRA, CNR, ENEA e l’Università Federico II di Napoli – e circa 170 partner nazionali e internazionali. In dieci anni di attività, il distretto ha promosso progetti per oltre 300 milioni di euro di investimenti.

La strategia punta a consolidare non solo il settore spaziale e aeronautico, ma anche a creare sinergie trasversali. Un recente incontro con il Polo nazionale dell’Ambiente Subacqueo, ad esempio, ha aperto la strada al trasferimento di tecnologie tra comparto aerospaziale e subacqueo.

Formazione e nuovi programmi

Accanto all’Officina, il DAC lancerà entro settembre anche una Academy per piloti di droni, con corsi che porteranno al rilascio di patenti in collaborazione con Rina. L’interesse per i droni cresce rapidamente in Campania, dove sono già in corso sperimentazioni per l’utilizzo nel settore sanitario e nei servizi postali.

Sul fronte aeronautico, la regione è coinvolta nel grande investimento di Radia a Grottaglie (Taranto), dove nascerà il WindRunner, il più grande aereo mai costruito, pensato per il trasporto di pale eoliche ma anche per applicazioni nel campo della difesa. Un programma che vedrà il coinvolgimento di Leonardo e del gruppo Magnaghi, con ricadute su tutta la filiera italiana.

«È una grande occasione per l’Italia – commenta Carrino – perché unisce la nostra tradizione aeronautica a una sfida di scala globale, proiettandoci verso i prossimi anni con programmi di altissimo livello».


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Spazio, l’Italia prepara la sua costellazione satellitare

L’Italia si appresta a lanciare un nuovo capitolo della propria avventura nello Spazio. Dopo l’entrata in vigore, lo scorso giugno, della legge quadro sul settore, l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) è pronta a pubblicare – tra settembre e ottobre – un bando per lo studio di fattibilità di una costellazione nazionale di satelliti per le telecomunicazioni sicure. Un progetto che, se confermato, potrebbe segnare una svolta industriale e strategica per il nostro Paese.

«Abbiamo completato una prima analisi tecnica e il Comitato interministeriale ci ha affidato il compito di coordinare le amministrazioni e i principali attori industriali», spiega Teodoro Valente, presidente dell’ASI. «Il bando riguarderà uno studio di architettura industriale (fase A) della durata di sei mesi, al termine del quale passeremo alle decisioni sul programma».

Una filiera tutta italiana

La condizione posta dall’Agenzia è chiara: coinvolgere l’intera filiera nazionale, dalle grandi aziende – Leonardo, Thales Alenia Space Italia, Telespazio, Sitael – fino alle PMI e ai centri di ricerca. L’obiettivo è rafforzare un comparto che, ricorda Giorgio Marsiaj, delegato di Confindustria per l’Aerospazio, «ha davanti grandi opportunità legate alla difesa, alla sicurezza e alla Space Economy, ma deve fare massa critica per restare competitivo».

Confindustria ha istituito un gruppo tecnico ad hoc, mentre diverse infrastrutture – come le nuove Space Factory – sono già in fase di completamento e pronte a essere integrate nei progetti.

Il passaggio europeo

Il percorso italiano si intreccia con le scelte a livello continentale. A fine novembre, al Consiglio ministeriale di Brema, l’Europa definirà il budget spaziale per il prossimo triennio. L’Italia, terzo contributore dell’ESA dopo Germania e Francia (con un impegno di circa 3,1 miliardi nel 2022), dovrà ribadire il proprio peso politico e industriale.

«Stiamo lavorando per confermare l’alto livello di ambizione dell’Italia», sottolinea Valente. «Entro metà novembre completeremo il processo preparatorio e presenteremo i nostri obiettivi».

Una tradizione consolidata

L’Italia non parte da zero. Dal lanciatore Vega alle missioni lunari ed extraplanetarie, fino ai programmi di osservazione della Terra, telecomunicazioni e Space Safety, la nostra industria è presente in tutti i principali segmenti. Il contributo ai programmi ESA, come Moonlight per le comunicazioni lunari o i progetti per la propulsione green finanziati dal PNRR, testimoniano un protagonismo riconosciuto anche a livello internazionale.

La sfida della Space Economy

Il fondo da 35 milioni previsto dalla legge quadro, in attesa dei decreti attuativi, rappresenta un primo passo, ma le prospettive sono ben più ampie. Una costellazione satellitare nazionale garantirebbe indipendenza tecnologica, sicurezza delle comunicazioni e nuove opportunità di mercato per l’industria italiana.

«Lo Spazio – conclude Marsiaj – è uno dei settori più promettenti per crescita e innovazione. Ma dobbiamo muoverci ora per non restare indietro: la competizione è globale e velocissima».


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L’oro si fa digitale: Londra scommette sui lingotti come collaterale finanziario

L’oro, da sempre bene rifugio per eccellenza, prova a reinventarsi come strumento finanziario hi-tech. A guidare questa trasformazione è il World Gold Council (Wgc), che ha annunciato per l’inizio del 2026 l’avvio di un progetto pilota destinato a rivoluzionare il mercato: i Pooled Gold Interest (PGI), una nuova forma digitale di lingotto, pensata per agevolarne l’utilizzo come collaterale da parte di banche e istituzioni finanziarie.

La sfida della City di Londra

L’obiettivo è chiaro: difendere il primato della piazza londinese, che resta la più liquida al mondo con scambi per oltre 930 miliardi di dollari, ma che oggi deve fronteggiare la concorrenza crescente di hub alternativi come la Cina e le incertezze legate alle politiche commerciali internazionali. Il Wgc punta quindi a un’infrastruttura innovativa, capace di superare i vincoli normativi che hanno finora limitato l’oro nel ruolo di collaterale, a differenza di titoli di Stato e altri asset classificati “sicuri”.

Dal lingotto alla frazione digitale

Il nodo principale riguarda le dimensioni e la gestione dei tradizionali lingotti da 400 once (oltre 12 chili), poco adatti a operazioni snelle e digitalizzate. Con i PGI, invece, un trust detenuto da banche o istituzioni del settore custodirà oro fisico, che verrà “frazionato” in unità digitali. Queste, pur rimanendo ancorate al metallo sottostante, saranno negoziabili come asset allocati, facilmente trasferibili e più appetibili sul mercato globale.

Effetti sul mercato e sulle banche

Secondo David Tait, ceo del Wgc, l’iniziativa aprirà opportunità enormi per il sistema bancario: “Potranno finalmente inserire l’oro in bilancio come collaterale – anche per obblighi di provvista – e questo significa nuove fonti di profitto”. L’impatto non sarà solo finanziario. Una maggiore domanda di oro allocato potrebbe spingere ulteriormente i prezzi, già raddoppiati negli ultimi tre anni e vicini ai massimi storici di 3.556 dollari l’oncia.

Oltre le criptovalute, un’infrastruttura regolata

Il progetto non riguarda le criptovalute ancorate all’oro, come Tether Gold o Pax Gold, che hanno già superato un miliardo di capitalizzazione. Qui si parla di un’iniziativa istituzionale, regolata e costruita per superare le rigidità di Basilea 3, che oggi penalizza l’oro non allocato considerandolo ad alto rischio.

La nuova frontiera del metallo giallo

Con il programma Gold247, il Wgc ha già introdotto strumenti di tracciabilità basati su blockchain per certificare l’origine dei lingotti. Ora, con i PGI, punta a un salto di qualità: trasformare l’oro in un asset digitale riconosciuto e spendibile nei circuiti finanziari internazionali. Se il progetto decollerà, l’oro non sarà più solo un rifugio nei momenti di crisi, ma una vera e propria infrastruttura silenziosa a sostegno della finanza globale.


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Quando l’IA misura l’ombra: alberi e tecnologia alleati contro il caldo urbano

Le estati sempre più torride hanno trasformato le città europee in trappole di calore. Le ondate registrate negli ultimi anni, con record di temperature e black-out elettrici, hanno riportato con forza al centro del dibattito una domanda cruciale: come raffreddare le metropoli senza peggiorarne le condizioni?

La risposta più immediata sembra essere l’aria condizionata. Ma i climatizzatori, se da un lato garantiscono sollievo, dall’altro rilasciano calore all’esterno, amplificando l’effetto “isola urbana” e creando nuove disuguaglianze: chi può permetterseli vive in ambienti freschi, chi no resta esposto a rischi per la salute, il lavoro e la qualità della vita.

La ricerca sugli alberi “climatizzatori naturali”

Un gruppo di ricercatori del Senseable City Lab del MIT, in collaborazione con università e città come Los Angeles, Amsterdam, Dubai e Boston, ha mappato per la prima volta con precisione l’impatto degli alberi sul microclima urbano. Grazie a modelli basati su intelligenza artificiale, è stato possibile quantificare il raffrescamento prodotto da diverse specie.

I risultati sorprendono: nelle ore più calde della giornata, la temperatura sotto la chioma di alcuni alberi può essere fino a 15 gradi inferiore rispetto alle aree asfaltate e prive di vegetazione. Non tutte le piante hanno però lo stesso effetto. Le palme di Los Angeles, ad esempio, hanno dimostrato un impatto minimo, mentre gli alberi ad alto fusto con chiome ampie e dense risultano i più efficaci. A Dubai, specie autoctone come il neem, resistenti alla siccità, hanno superato in prestazioni gli esemplari importati.

Ombra, traspirazione e pianificazione

Il raffrescamento non dipende solo dall’ombra. Con il processo di evapotraspirazione, gli alberi rilasciano umidità, abbassando la temperatura percepita e migliorando la qualità dell’aria. La collocazione è altrettanto cruciale: piantumazioni lungo strade strette o vicino agli edifici moltiplicano l’effetto refrigerante.

Per i ricercatori, il prossimo passo sarà costruire un vero e proprio “catalogo climatico” delle specie più efficaci, per aiutare urbanisti e amministrazioni a pianificare in modo consapevole il verde urbano.

La città del futuro affonda le radici nel passato

Naturalmente, gli alberi non sono privi di limiti: richiedono manutenzione, acqua, cura. Ma rappresentano un’infrastruttura “silenziosa” che, con investimenti mirati, può ridurre consumi energetici, rendere più vivibili le città e proteggere la salute pubblica.

In un mondo che si riscalda sempre più rapidamente, la soluzione potrebbe dunque non arrivare solo dalla tecnologia, ma dalla natura stessa. Per affrontare il futuro, forse occorre recuperare un’antica consapevolezza: la miglior difesa contro il caldo estremo è già sotto i nostri piedi, e cresce verso il cielo.


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Processo Grillo, il dramma personale del giudice ferma la sentenza

Tempio Pausania si è svegliata aspettando il verdetto sul caso di Ciro Grillo e dei suoi tre amici genovesi, imputati per violenza sessuale di gruppo. Ma in aula, alle 10.20, il silenzio ha preso il posto della pronuncia attesa da mesi: la notizia della morte del figlio ventiduenne di Marco Contu, presidente del collegio giudicante, ha fermato tutto. Una tragedia improvvisa – il giovane è deceduto a Roma, travolto da un treno della metropolitana, in circostanze che la polizia ipotizza come gesto volontario – che ha reso impossibile celebrare l’udienza.

Il dolore e la sospensione

La notizia si è diffusa rapidamente in tribunale, lasciando senza parole magistrati, avvocati e pubblico ministero Gregorio Capasso. A prendere la parola sono stati i giudici a latere, Alessandro Cossu e Marvella Pinna, che hanno spiegato la necessità di trovare una nuova data. In un primo momento si è ipotizzato un rinvio immediato al giorno successivo, anche per consentire a Cossu – prossimo al trasferimento ad Asti – di concludere il processo.

Ma i difensori hanno respinto con fermezza questa ipotesi: “È impensabile che un uomo possa sedere in udienza il giorno dopo aver perso un figlio”, ha detto l’avvocato Alessandro Vaccaro, difensore di Vittorio Lauria. L’aula si è fermata in un clima di rispetto e cordoglio, e la sentenza è stata rinviata al 22 settembre.

La polemica e il caso Csm

Le parole attribuite alla presidente del tribunale, Caterina Interlandi, secondo cui l’udienza si sarebbe potuta celebrare il giorno dopo, hanno sollevato polemiche. Vaccaro ha parlato di “ipotesi inaccettabile”, mentre altri avvocati hanno formalizzato il rifiuto di discutere in una simile condizione. La vicenda è approdata anche al Consiglio superiore della magistratura: il consigliere laico Enrico Aimi ha annunciato la presentazione di una richiesta di apertura di pratica, sottolineando come in gioco ci sia “uno dei requisiti primari che un magistrato deve possedere, l’equilibrio”.

Interlandi, da parte sua, ha respinto le accuse, chiarendo di non essere presente in aula e di non avere mai proposto un rinvio così ravvicinato: “Non faccio parte del collegio e non ho altro da aggiungere. Non cercate polemiche inutili”.

Verso la nuova udienza

Salvo nuovi colpi di scena, il 22 settembre sarà la data della sentenza. In aula non sono attesi gli imputati – Ciro Grillo, Vittorio Lauria, Edoardo Capitta e Francesco Corsiglia – mentre dovrebbe essere presente la giovane donna che li accusa, Silvia, decisa ad assistere alla lettura del verdetto.


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Manovra, la Lega alza la posta: pace fiscale e contributo dalle banche

La legge di bilancio entra nella fase più calda e la Lega prova a imprimere la propria impronta. Le richieste del partito guidato da Matteo Salvini puntano su due fronti principali: una nuova pace fiscale, con la rottamazione definitiva delle cartelle esattoriali, e un contributo straordinario da parte delle banche, da destinare a famiglie e imprese alle prese con inflazione e caro-mutui.

Il progetto, rilanciato nelle ultime ore anche con una nota ufficiale, prevede lo stanziamento di circa 8 miliardi da destinare a interventi di sostegno. “Difesa del reddito delle famiglie e rilancio dell’economia” sono le parole chiave della proposta leghista, che ricalca l’idea già avanzata due anni fa di chiedere un contributo al settore finanziario, oggi tornata d’attualità dopo i risultati migliori del previsto sulle entrate fiscali.

La partita della pace fiscale

Secondo le stime circolate al ministero dell’Economia, la rottamazione delle cartelle potrebbe interessare un numero elevatissimo di contribuenti, alleggerendo un sistema già appesantito da milioni di pendenze. La misura è vista dalla Lega come strumento non solo di equità, ma anche di efficienza amministrativa, con l’obiettivo di chiudere definitivamente pratiche di difficile riscossione.

Il nodo banche

Più delicata la partita sugli istituti di credito. Salvini spinge per una forma di contributo obbligatorio, “non un nuovo fondo NATO”, come precisano fonti leghiste, ma un prelievo mirato destinato direttamente a finanziare misure di sostegno. Un’ipotesi che non piace al mondo bancario, preoccupato per il rischio di nuovi oneri dopo la tassa sugli extraprofitti.

I conti della manovra

Le trattative avvengono mentre i tecnici del Mef lavorano a limare i saldi di bilancio. Le entrate superiori alle attese, circa 13 miliardi, offrono qualche margine, ma i vincoli europei e le spese obbligatorie riducono gli spazi di manovra. La quadra definitiva è attesa entro metà settembre, quando il testo dovrà approdare in Consiglio dei ministri.

Lo sfondo politico: il rebus Veneto

A complicare lo scenario, anche il capitolo interno alla Lega. Matteo Salvini ha definito il governatore del Veneto Luca Zaia “un valore aggiunto” per il partito, tentando di smorzare i contrasti che da tempo agitano il Nord. Zaia, dal canto suo, ha risposto con toni misurati: “Ci incroceremo”. Un messaggio che lascia intendere che il dialogo resta aperto, ma anche che le distanze politiche non sono ancora colmate.

La manovra, dunque, diventa non solo il terreno delle scelte economiche del governo, ma anche un banco di prova per gli equilibri interni della Lega. Con un Salvini intenzionato a intestarsi il pacchetto fiscale, mentre Zaia continua a rappresentare il volto più istituzionale e radicato nei territori del Nord produttivo.


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Divorzio con spunta blu: i messaggi WhatsApp diventano accordi vincolanti

Il diritto di famiglia entra nell’era delle chat. Con una decisione destinata a far discutere (sentenza n. 1620/2025), il tribunale di Catanzaro ha stabilito che un messaggio su WhatsApp può valere come patto prematrimoniale. Niente carta bollata, niente notaio, neppure la firma: basta un pollice che digita e una connessione internet.

Il caso riguarda una coppia separata. L’ex marito, via WhatsApp, si era impegnato a farsi carico interamente del mutuo della casa in cambio della rinuncia della moglie all’assegno di mantenimento. Un accordo informale, privo di timbri ufficiali, che i giudici hanno però ritenuto pienamente valido come “principio di prova scritta”. A rafforzare la decisione è arrivata anche la testimonianza del figlio adolescente, chiamato a confermare la consapevolezza familiare dell’intesa. Risultato: revocato un decreto ingiuntivo da 21mila euro nei confronti dell’uomo.

Dal “semplice indizio” al contratto digitale

Il salto di qualità rispetto al passato è evidente. La Cassazione, con la sentenza n. 1254/2025, aveva già ammesso che i messaggi potessero essere utilizzati come prove documentali, a condizione che fossero riconducibili a un dispositivo preciso, non manipolati e acquisiti tramite screenshot. Ma a Catanzaro la chat non è stata considerata solo una prova: è diventata un vero e proprio contratto.

Un precedente che apre la strada a scenari inediti. Il tribunale di Perugia, poche settimane fa, ha già applicato lo stesso principio ai prestiti privati: un impegno a restituire denaro espresso via chat è stato ritenuto sufficiente per obbligare il debitore al rimborso.

Le perplessità degli esperti

Non mancano però le critiche. “Si rischia di dare forza legale a messaggi rapidi, spesso ambigui, che mancano di chiarezza e struttura”, osservano diversi giuristi. In altre parole, un semplice “ok” potrebbe trasformarsi in un impegno vincolante. Con il pericolo di moltiplicare i contenziosi, visto quanto le conversazioni digitali siano soggette a errori, fraintendimenti e cancellazioni accidentali.

Il diritto liquido

Il fenomeno si inserisce in una trasformazione più ampia del sistema giuridico italiano, sempre più orientato a recepire strumenti e linguaggi digitali. Una “giustizia liquida” che guadagna in velocità e adattabilità, ma che porta con sé fragilità evidenti: la volatilità delle prove digitali, la dipendenza da device e piattaforme, la difficoltà di garantire certezza giuridica in un mondo governato da pixel ed emoji.

Il paradosso è chiaro: oggi, la memoria di uno smartphone può pesare più di una scrittura privata. E nel nuovo diritto 2.0, forse, il consiglio non è più solo “patti chiari, amicizia lunga”, ma anche “screenshot chiari, processo breve”.


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Professioni sotto la lente del Governo: parte la stagione delle riforme

Il Consiglio dei ministri apre ufficialmente il cantiere delle professioni. Sul tavolo di Palazzo Chigi sono attesi oggi quattro disegni di legge che promettono di ridisegnare in profondità il sistema ordinistico italiano: una riforma generale per tutti gli Ordini, un intervento mirato per i commercialisti, uno per l’avvocatura e un quarto pacchetto per le professioni sanitarie. In gioco ci sono regole elettorali, incompatibilità, modalità di accesso e nuove forme di esercizio della professione.

L’ultima riforma organica del settore risale al 2011, con il decreto legge 138 e il Dpr 137 del 2012, che fissarono principi generali su Albi, formazione continua e procedimenti disciplinari. Da allora, però, sono stati solo ritocchi a macchia di leopardo, mentre oltre 1,6 milioni di professionisti attendono da anni un intervento strutturale.

La riforma generale degli Ordini

Il disegno di legge delega predisposto dai ministeri del Lavoro e della Giustizia punta a un riordino complessivo del sistema ordinistico. Tra le ipotesi allo studio anche una revisione delle regole elettorali, con la possibilità che i futuri Consigli siano prorogati in attesa delle nuove norme. L’associazione “Professioni Italiane”, che riunisce 22 Ordini, ha già chiesto al Governo di intervenire su accesso, disciplina e potenziamento della sussidiarietà, ribadendo il ruolo sociale dei professionisti accanto allo Stato.

I commercialisti

La categoria guidata da Elbano de Nuccio spinge da tempo per modificare il Dlgs 139/2005. La riforma riguarderebbe tirocinio (anche retribuito), regole sulle aggregazioni, incompatibilità più flessibili e un nuovo sistema elettorale che darebbe spazio al voto diretto degli iscritti accanto a quello degli Ordini territoriali. Proprio questo punto ha sollevato tensioni interne: l’Associazione nazionale commercialisti (Anc) ha scritto al ministro Nordio chiedendo di sospendere l’iter almeno fino alle elezioni previste per gennaio 2026.

Gli avvocati

Il disegno di legge delega sull’ordinamento forense, elaborato a partire dal testo del Consiglio nazionale forense, intende aggiornare la legge professionale 247 del 2012. Le novità principali riguardano la possibilità di esercitare in forma di rete tra avvocati, in regime di collaborazione continuativa o monocommittenza. Inoltre, verrebbe allentato il regime delle incompatibilità: gli avvocati potrebbero assumere incarichi come amministratori di società di capitali. Una prospettiva che ha diviso la categoria: l’Associazione nazionale forense ha già diffuso una lettera aperta al ministro Nordio chiedendo di ritirare il testo e aprire un confronto con l’intera avvocatura.

Le professioni sanitarie

Il pacchetto dedicato ai sanitari affronta due temi delicati: lo scudo penale per i medici e la riorganizzazione della medicina territoriale. I giovani medici di famiglia, oggi liberi professionisti, potrebbero essere inquadrati come dipendenti, con l’obbligo di prestare alcune ore di servizio nelle case di comunità. Anche in questo caso le resistenze non mancano.

Un percorso in salita

Il condizionale resta d’obbligo: nelle ore precedenti al Consiglio dei ministri il lavoro di limatura è proseguito senza sosta, sotto la pressione di associazioni e sindacati di categoria. Non è quindi scontato che tutti e quattro i testi arrivino in giornata sul tavolo del Governo. Quel che è certo è che il settore delle professioni – fermo a regole di oltre dieci anni fa – è pronto a vivere una nuova stagione di cambiamento, tra attese di modernizzazione e timori di una riforma calata dall’alto.


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Google salva Chrome e Android, ma dovrà aprire i suoi dati ai rivali

Una vittoria a metà per Google e un passo importante per la regolamentazione del digitale negli Stati Uniti. La decisione di un giudice federale di Washington ha infatti respinto la richiesta del governo americano di costringere il gruppo Alphabet – la holding che controlla Google – a cedere il browser Chrome e il sistema operativo Android. Due asset considerati “strategici”, che il Dipartimento di Giustizia voleva separare dall’azienda per limitare il potere monopolistico nel mercato delle ricerche online.

Il giudice Amit Mehta, in una sentenza corposa di 230 pagine, ha riconosciuto che la cessione forzata avrebbe rappresentato una misura sproporzionata, dato che Google non avrebbe usato queste piattaforme per pratiche illegali di restrizione del mercato. Tuttavia, la sentenza introduce vincoli significativi: Mountain View non potrà più siglare accordi di esclusiva per la distribuzione dei propri servizi chiave – dalla ricerca web fino all’intelligenza artificiale di Gemini – e sarà obbligata a condividere parte dei dati del proprio motore di ricerca con i concorrenti.

In concreto, Google dovrà mettere a disposizione di aziende rivali come Microsoft (con Bing), DuckDuckGo e persino realtà emergenti dell’AI come OpenAI porzioni del suo indice di ricerca e informazioni sulle interazioni degli utenti. L’obiettivo: favorire la concorrenza e sostenere lo sviluppo di prodotti alternativi in un settore che rischia di restare troppo concentrato nelle mani di un unico attore.

La sentenza non vieta invece a Google di continuare a pagare colossi come Apple o Mozilla per mantenere i propri servizi preinstallati su iPhone e Firefox. Proprio i documenti processuali hanno svelato che la partnership con Cupertino vale miliardi di dollari l’anno, mentre per Mozilla i ricavi legati a Google rappresentano la principale fonte di sostentamento.

Rispetto al modello europeo, che obbliga gli utenti a scegliere il motore di ricerca preferito sui nuovi dispositivi, il giudice americano ha preferito una soluzione meno invasiva. Ma le implicazioni restano rilevanti: si tratta infatti del primo passo concreto dopo la sentenza del 2024 che aveva accertato il monopolio di Google nella ricerca online.

Non sorprende che i mercati abbiano reagito con entusiasmo: le azioni di Alphabet sono balzate del 7% nelle contrattazioni after-hours, mentre anche Apple ha guadagnato il 3%. Una conferma che, almeno per ora, Google ha evitato lo scenario peggiore.


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