Bonifici istantanei obbligatori in tutta l’UE: in vigore il nuovo Regolamento europeo

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del Regolamento (UE) 2024/886, avvenuta il 19 marzo 2024, è entrato ufficialmente in vigore l’Instant Payment Regulation (IPR), un provvedimento che introduce un quadro normativo armonizzato per i bonifici istantanei in euro in tutti gli Stati membri dell’Unione. Approvato dal Parlamento europeo il 7 febbraio e dal Consiglio il 26 febbraio 2024, il regolamento modifica precedenti direttive e regolamenti per rendere obbligatoria l’offerta di bonifici istantanei da parte di tutte le banche e i prestatori di servizi di pagamento (PSP).

Il nuovo sistema impone che i bonifici istantanei siano disponibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e che vengano eseguiti entro 10 secondi dall’ordine. Entro lo stesso tempo, il pagatore deve ricevere conferma dell’operazione e il beneficiario vedere accreditata la somma.

Due fasi per l’implementazione

Il Regolamento, in vigore dall’8 aprile 2024, prevede due fasi di attuazione:

  • Dal 9 gennaio 2025, i PSP dei Paesi dell’area euro dovranno garantire la ricezione dei bonifici istantanei attraverso gli stessi canali e allo stesso costo dei bonifici tradizionali.
  • Dal 9 ottobre 2025, scatterà l’obbligo anche per l’invio dei bonifici istantanei e per l’introduzione di un sistema obbligatorio di verifica del beneficiario, volto a prevenire frodi e errori di accredito.

Più efficienza, meno frammentazione

La nuova disciplina nasce dalla necessità di superare la frammentazione normativa dei sistemi nazionali di pagamento, che secondo i “considerando” del Regolamento impedisce la creazione di un vero mercato unico dei pagamenti europei. Il legislatore europeo punta così a ridurre tempi e costi delle transazioni, migliorare l’accesso ai fondi e rafforzare la sicurezza e la fiducia degli utenti.

Misure anti-frode e sicurezza rafforzata

Per garantire la sicurezza, il regolamento prevede nuovi obblighi in materia di antiriciclaggio e controlli sulle sanzioni finanziarie internazionali, con particolare attenzione alla verifica di eventuali misure restrittive su pagatori e beneficiari. Sarà inoltre possibile impostare limiti giornalieri o per operazione, tanto per l’utente quanto per il PSP, per evitare usi fraudolenti del servizio.

Nuove regole per IP e IMEL nei sistemi di pagamento

Tra le modifiche più rilevanti, c’è anche l’inclusione degli istituti di pagamento (IP) e degli istituti di moneta elettronica (IMEL) nella definizione di “ente” della Direttiva 98/26/CE, nota come Settlement Finality Directive. Fino ad oggi, l’esclusione di questi soggetti impediva loro di partecipare a pieno titolo ai sistemi di pagamento formalmente riconosciuti dagli Stati membri, ostacolando la concorrenza. Con il nuovo Regolamento, potranno essere partecipanti a pieno titolo – ma solo per i bonifici istantanei in euro.

L’intervento normativo rappresenta quindi un passo decisivo verso la digitalizzazione dei servizi bancari e la competitività europea nei pagamenti elettronici, con effetti diretti su imprese, cittadini e operatori del settore fintech.


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Cassazione: niente deposito cartaceo se il sistema informatico funziona

Il deposito cartaceo in Cassazione è ammesso solo in caso di accertato malfunzionamento dei sistemi informatici del “dominio giustizia”. A stabilirlo è la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 9269 depositata il 9 aprile 2025, che ribadisce la centralità del canale telematico nei processi civili, salvo casi eccezionali.

Il caso riguardava il ricorso di un contribuente calabrese contro una sentenza della Corte di giustizia tributaria regionale, che gli aveva imposto il pagamento dell’Imu. La Sezione tributaria della Cassazione ha tuttavia dichiarato il ricorso improcedibile, senza entrare nel merito, poiché era stato depositato in formato cartaceo nonostante l’obbligo del deposito telematico previsto dall’art. 196 quater, comma 1, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, applicabile ai procedimenti civili pendenti in Cassazione dal 1° gennaio 2023.

Il ricorrente aveva giustificato il deposito cartaceo adducendo “problemi tecnici” e una personale mancanza di competenze informatiche, definendo la materia “più da ingegnere informatico che da avvocato”. Su questa base aveva ottenuto, in via d’urgenza, l’autorizzazione al deposito cartaceo da parte del Primo Presidente della Corte, che tuttavia ne subordinava la validità alla successiva verifica tecnica.

Verifica che non ha dato ragione al ricorrente. Il CED della Cassazione ha infatti attestato che nei giorni interessati “i sistemi informatici del dominio giustizia erano completamente funzionanti”, escludendo l’esistenza di problemi tecnici oggettivi. Di conseguenza, la Corte ha escluso la sussistenza delle condizioni di urgenza previste dall’art. 196 quater, comma 4, che legittimano il deposito cartaceo.

La Suprema Corte ha anche ricordato che solo eventi tecnici oggettivi e assoluti, non governabili dal difensore, possono costituire impedimenti giustificati al deposito telematico. Non è quindi sufficiente invocare “mere difficoltà” o l’assenza di perizia informatica, poiché queste ultime devono essere fronteggiate con l’ordinaria diligenza professionale.

In conclusione, la mancata iscrizione a ruolo nei termini previsti dall’art. 369, comma 1, c.p.c., è stata ritenuta imputabile alla negligenza della parte ricorrente, la quale – osserva la Corte – non ha nemmeno tentato di avviare la procedura di deposito telematico.


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A beneficiare della norma saranno i cosiddetti “clienti vulnerabili”: over 75, persone con disabilità, cittadini in condizioni economiche svantaggiate o affetti da gravi problemi di salute. Il blocco dell’esecuzione immobiliare scatterà solo se l’immobile oggetto del debito è l’unica proprietà del debitore e vi è stabilita la residenza anagrafica.

Ma le novità non finiscono qui. Per i clienti vulnerabili, alla scadenza del 31 marzo 2027, il passaggio dal mercato a tutele graduali non avverrà verso il mercato libero, ma all’interno di un nuovo sistema di tutela, come spiegato dal presidente della commissione Alberto Gusmeroli (Lega), cofirmatario dell’emendamento.

Anche Forza Italia ottiene un risultato concreto: previsto un fondo da 10 milioni di euro destinato alle piscine, per compensare l’aumento dei costi energetici registrato nell’ultimo anno.

Nel pacchetto di modifiche approvate trova spazio anche il rifacimento delle regole per il bonus elettrodomestici. Addio ai click day: il contributo, fino al 30% del prezzo (con un tetto massimo di 100 euro, che sale a 200 per le famiglie con ISEE fino a 25mila euro), sarà applicato direttamente come sconto in fattura.

Infine, via libera all’emendamento dei relatori Gianluca Caramanna (FdI) e Andrea Barabotti (Lega) che salva le auto aziendali dal nuovo sistema di tassazione sui fringe benefit introdotto con l’ultima manovra. La deroga varrà solo per i veicoli ordinati entro il 31 dicembre 2024 e concessi in uso promiscuo dal 1° gennaio al 30 giugno 2025.


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ROMA, 11 aprile –

“Salutiamo con favore la legge di riforma della magistratura onoraria da pochi giorni approvata in Parlamento che, dopo tanti anni, inizia a restituire dignità ai tanti giudici e vice procuratori onorari che, senza tutele sociali, hanno sempre fornito il proprio encomiabile contributo all’amministrazione della giustizia con dignità e onore. Ci auguriamo che questo sia solo un primo passo per dare efficienza al sistema giudiziario nel suo complesso”.

Così la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati.


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Equi compensi fermi da 15 anni: il Pd interroga il Ministero della Giustizia

Un’interrogazione parlamentare per chiedere conto del blocco dell’Osservatorio sull’equo compenso. A presentarla, lunedì 7 aprile 2025 alla Camera, è stato il deputato del Partito Democratico Arturo Scotto, che si rivolge direttamente al Ministro della Giustizia per sapere “quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per addivenire ad aggiornare gli equi compensi dei professionisti fermi da 12-15 anni”.

Secondo quanto riportato nell’atto ispettivo, l’Osservatorio per il monitoraggio della disciplina sulla giusta remunerazione degli autonomi – istituito presso il Ministero della Giustizia – sarebbe «in stallo»: l’ultima convocazione risale a quasi quattro mesi fa e nel corso del 2024 si sarebbe riunito soltanto 4 o 5 volte, senza produrre alcun risultato concreto.

Una situazione paradossale, evidenzia Scotto, considerando che i parametri ministeriali per la determinazione dei compensi dei professionisti non vengono aggiornati da oltre un decennio: “In questo contesto – si legge nel testo dell’interrogazione – la legge sull’equo compenso, entrata in vigore a maggio 2023, rischia di restare una sorta di scatola vuota”.

Il parlamentare chiede dunque agli uffici di via Arenula di intervenire con urgenza per dare piena attuazione a una norma pensata per tutelare i lavoratori autonomi, troppo spesso penalizzati da compensi inadeguati e non proporzionati alla prestazione resa.


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Il Tar Lazio promuove la nuova mediazione: “Le spese non violano il diritto alla giustizia”

Le nuove spese previste per il primo incontro di mediazione obbligatoria non violano il diritto costituzionale di accesso alla giustizia. A stabilirlo è il Tar del Lazio, che con la sentenza n. 5489 del 17 marzo 2024 ha respinto il ricorso presentato dal Codacons contro il decreto del Ministero della Giustizia n. 150 del 24 ottobre 2023.

L’associazione contestava l’aumento dei costi che le parti devono sostenere sin dalla fase iniziale del procedimento di mediazione, ritenendolo eccessivo e discriminatorio soprattutto per i meno abbienti. Nel ricorso, il Codacons denunciava tre principali criticità: la soppressione del consenso per avviare la mediazione, la trasformazione del primo incontro gratuito in un passaggio oneroso, e una disciplina più rigida del gratuito patrocinio.

Ma secondo i giudici amministrativi del Lazio, le nuove disposizioni sono legittime e in linea con lo spirito della riforma Cartabia. Il Tribunale ha ritenuto che le norme siano ispirate a un rafforzamento dell’istituto della mediazione e della professionalità dei mediatori, elementi ritenuti essenziali per migliorare il funzionamento della giustizia civile.

Nella motivazione, il Tar evidenzia come la precedente disciplina della mediazione si fosse rivelata inefficace, riducendosi a un passaggio puramente formale, gratuito e spesso privo di reale confronto tra le parti. Al contrario, la nuova normativa punta a rendere la mediazione uno strumento concreto di risoluzione delle controversie.

A sostegno di questa tesi, i giudici citano diversi elementi introdotti dalla riforma:

  • il primo incontro come momento sostanziale e non più solo informativo;
  • l’obbligo per gli organismi di mettere a disposizione mediatori qualificati per almeno due ore;
  • l’ampliamento delle materie soggette a mediazione;
  • l’investimento pubblico attraverso i crediti d’imposta;
  • la possibilità per i meno abbienti di accedere al gratuito patrocinio;
  • la proporzionalità delle spese al valore della causa;
  • la possibilità di uscire dalla mediazione senza ulteriori costi qualora il primo incontro si concluda senza accordo.

“La previsione delle spese per il primo incontro, anche in caso di mancato accordo – si legge nella sentenza – non ostacola l’accesso alla giustizia, ma rafforza l’efficacia della mediazione, trasformandola in un momento dialettico concreto, utile e potenzialmente risolutivo”.

Il verdetto chiude, almeno sul piano giuridico, una controversia che ha animato il dibattito tra addetti ai lavori. Tuttavia, all’interno dell’avvocatura persistono dubbi sull’utilità concreta della mediazione così come concepita, tra chi la considera una valida alternativa al processo e chi teme si traduca in un ulteriore onere per i cittadini.


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Giustizia, a Cagliari il convegno dei Giovani Avvocati dedicato alla separazione delle carriere

L’Associazione Italiana Giovani Avvocati (AIGA) organizza a Cagliari il Consiglio Direttivo Nazionale, in programma venerdì 11 e sabato 12 aprile 2025. L’evento, che si terrà presso il Caesar’s Hotel, sarà un momento di confronto e discussione dedicato alla separazione delle carriere, dal titolo: “Separare per unire. Tra giusto processo, autonomia e indipendenza della magistratura”. Prevista la partecipazione di 300 avvocati da tutta Italia.

La giornata di venerdì 11 aprile si aprirà alle ore 15:30 con i saluti istituzionali, seguiti da una tavola rotonda alla quale gli onorevoli Pietro Pittalis, Jacopo Morrone, Valentina D’Orso e Francesca Ghirra. Sabato 12 aprile, i lavori del Consiglio Direttivo Nazionale continueranno presso la stessa sede.

Carlo Foglieni, presidente AIGA, afferma: “Per i Giovani Avvocati, il CDN di Cagliari rappresenta un’occasione fondamentale per promuovere un dibattito costruttivo sull’importanza della separazione dei poteri. L’obiettivo, secondo AIGA, deve essere quello di garantire la pienezza del contraddittorio e l’equidistanza tra accusa e difesa, nonché la concreta terzietà del giudice. Principi che costituiscono la vera essenza della giurisdizione”.

Mauro Trogu, presidente sezione AIGA di Cagliari, afferma: “Per la nostra sezione è un grande onore e un vero piacere ospitare questo importante evento nella città di Cagliari. Sarà l’occasione sia per assistere ad un confronto di alto livello su un tema di grande attualità e di estremo rilievo per l’assetto costituzionale del Paese, sia per far scoprire le bellezze del capoluogo sardo ai tanti colleghi che visiteranno la città nel fine settimana. Ci attendiamo una grande partecipazione”.


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“Con l’approvazione in prima lettura alla Camera, prende avvio la riforma tanto attesa quanto necessaria della Corte dei Conti. È il primo passo concreto per superare la burocrazia difensiva che per anni ha bloccato l’azione amministrativa e scoraggiato gli amministratori onesti.
La vera svolta è il rafforzamento della funzione consultiva: da zavorra a volano dello Stato. La Corte non solo controlla, ma sollecita, guida, supporta le amministrazioni ad agire con tempestività e senza timori.
Stop alla ‘paura della firma’, sì a controlli preventivi che tutelano chi agisce correttamente. Con questa riforma, diamo fiducia agli amministratori onesti che ogni giorno lavorano per il bene della Nazione.”
Lo dichiara in una nota Andrea Delmastro delle Vedove, deputato di Fratelli d’Italia e Sottosegretario alla Giustizia.

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Arriva la stabilizzazione per tremila addetti all’Ufficio per il processo (Upp), le figure professionali nate per supportare il lavoro di giudici e tribunali e rafforzate negli ultimi anni grazie ai fondi del PNRR. A sancirlo è un emendamento del governo al decreto PA (atto Camera 2308), che dà attuazione a quanto già previsto dalla legge di bilancio 2025 (legge 207/2024).

L’intervento normativo porta a compimento il percorso di inserimento strutturale di una parte del personale Upp nel ministero della Giustizia, attraverso un ampliamento delle piante organiche: 2.600 nuove unità nell’area dei funzionari e 400 nell’area degli assistenti. Una modifica fondamentale che consente finalmente il passaggio alla stabilizzazione definitiva.

Importante anche l’alleggerimento dei requisiti: se la norma originaria prevedeva almeno 24 mesi di servizio, ora ne basteranno 15. Secondo il testo dell’emendamento, le assunzioni avranno decorrenza dal 1° luglio 2026, a condizione che i candidati siano utilmente collocati nelle graduatorie di merito a seguito di una selezione comparativa e abbiano maturato i 15 mesi di servizio continuativo entro il 30 giugno 2026, risultando ancora in servizio alla stessa data.

La misura, accolta positivamente da gran parte degli operatori del settore, non soddisfa però i sindacati. Per la Fp Cgil, si tratta di un passo avanti, ma ancora troppo limitato: “Invece di prevedere nuove prove selettive per chi ha già superato un concorso, sarebbe stato più logico e giusto aumentare i numeri di stabilizzazioni rispetto a quanto previsto dalla legge di bilancio”, afferma il sindacato, che segnala anche il divario tra il personale previsto e quello effettivamente in servizio.

Ad oggi, infatti, mancherebbero oltre 15.000 unità rispetto alle dotazioni organiche, con una previsione di altre 5.000 uscite nei prossimi tre anni. Un’emergenza strutturale che, secondo la Fp Cgil, rende necessario un piano di assunzioni più ambizioso e stabile, per garantire il buon funzionamento della macchina della giustizia.


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Per i giudici supremi, quella scelta era irragionevole e discriminatoria, perché non teneva conto delle famiglie composte da genitori dello stesso sesso. In particolare, il caso esaminato riguardava una bambina figlia di due madri – una biologica, l’altra adottiva tramite stepchild adoption – che aveva diritto a un documento che rispecchiasse la sua reale condizione familiare, anche in vista dei viaggi all’estero.

“Il modello predisposto dal Viminale non rappresenta tutte le legittime conformazioni dei nuclei familiari”, si legge nella motivazione della sentenza. E ciò comporta una discriminazione inaccettabile: la carta d’identità elettronica, infatti, consentiva di indicare in modo corretto solo una delle due madri, costringendo l’altra ad apparire come “padre”, una classificazione non conforme alla sua identità di genere.

Già il Tribunale di Roma, prima, e la Corte d’Appello poi, avevano accolto il ricorso presentato dalla coppia di madri. Ora la Cassazione conferma: non è più tollerabile che un documento pubblico rappresenti in modo parziale e discriminatorio la realtà familiare dei minori.

La decisione segna un passaggio importante anche sul piano simbolico: una svolta verso il riconoscimento delle famiglie omogenitoriali e dei diritti dei bambini che ne fanno parte. Un principio, quello dell’uguaglianza, che la Carta d’identità – oggi più che mai – deve essere in grado di garantire.


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