Mafie digitali: IA, dark web e chat criptate, le nuove armi del crimine organizzato

Il crimine organizzato sta evolvendo rapidamente, e oggi il web rappresenta per le mafie un’opportunità senza precedenti per muoversi liberamente e senza confini territoriali. Le organizzazioni criminali, simili a vere e proprie holding, stanno sfruttando le tecnologie più avanzate, tra cui l’intelligenza artificiale (IA), il dark web e le chat criptate, mettendo a dura prova l’attuale sistema investigativo, che fatica a tenere il passo con l’evoluzione dei mezzi informatici.

Questa nuova criminalità, sempre più cyber, è una delle economie più redditizie al mondo. La sfida per contrastarla coinvolge legislatori, forze dell’ordine, magistrati e tecnici, e tocca temi cruciali come la privacy, i confini territoriali e la sovranità. La lotta al crimine informatico è un’emergenza che necessita di una risposta globale e coordinata.

A Roma, giuristi, esperti di cybersicurezza e forze dell’ordine si sono riuniti in occasione della presentazione del libro “Algoritmo criminale: IA, mafie e web” di Pierguido Iezzi e Ranieri Razzante, per approfondire le dinamiche della criminalità digitale e il ruolo dell’intelligenza artificiale. Secondo gli autori, la connessione internet ha reso possibile l’anonimato e l’azione indisturbata contro la legge, fenomeno che l’IA ha amplificato, complicando enormemente il lavoro delle forze investigative.

Colosimo: “Lotta al crimine con gli stessi strumenti informatici”
Chiara Colosimo, presidente della Commissione Parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie, ha sottolineato la responsabilità del governo nell’affrontare questa sfida, ma anche i numerosi ostacoli da superare. “Garantire una maggiore possibilità di indagine o proteggere la privacy è un dilemma”, ha affermato. Colosimo ha evidenziato come le organizzazioni criminali stiano utilizzando algoritmi di Machine Learning per riciclare denaro, realizzare frodi e gestire flussi informativi protetti dalle autorità giudiziarie. La soluzione, secondo lei, è esportare un modello di lotta al crimine che sfrutti le stesse tecnologie a disposizione delle mafie.

Gabrielli: “Strumenti più performanti per le indagini”
Ivano Gabrielli, direttore della Polizia postale, ha ribadito l’importanza di dotarsi di strumenti tecnologici più avanzati per superare i limiti tecnici che attualmente ostacolano le indagini. “La criminalità digitale è l’ultima frontiera, ma anche la più dinamica”, ha dichiarato. Le forze dell’ordine sono chiamate a contrastare frodi, attacchi hacker e reati informatici, cercando di prevenire i crimini prima che accadano.

Palazzi: “Investire sulla tecnologia per combattere le mafie”
Mario Palazzi, sostituto procuratore presso la DDA di Roma, ha posto l’accento sulla necessità di investimenti politici per potenziare la risposta contro la criminalità informatica. Ha inoltre evidenziato l’importanza di una cooperazione internazionale più stretta, affinché le forze di polizia possano scambiare informazioni in tempo reale, ostacolando così le mafie che approfittano delle differenze legislative. “Le mafie si avvalgono dei migliori servizi tecnologici disponibili sul mercato”, ha aggiunto Palazzi, “e c’è un urgente bisogno di un’attenzione maggiore da parte dei regolatori per affrontare questo nuovo tipo di criminalità”.


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Manovra, contributo unificato. D’Orso: “Assurda norma contro avvocati e clienti”

Roma, 17 dic. – “Rimane in tutta la sua assurdità la norma del governo Meloni contro gli avvocati e i loro clienti sul contributo unificato. Dopo essere rimasti silenti e coperti per settimane, governo e maggioranza si sono presentati all’ultimo minuto in commissione Bilancio con una riformulazione che al danno aggiunge la beffa e l’hanno approvata con un vero e proprio blitz. Per citare una nota espressione del ministro Calderoli, hanno dato una nuova forma ma la sostanza non cambia: forse hanno anche fatto peggio del testo varato in Cdm”.

Così la deputata Valentina D’Orso, capogruppo M5s in commissione Giustizia alla Camera. “Se secondo la versione originale della norma – aggiunge – il mancato o parziale pagamento del contributo unificato avrebbe determinato l’estinzione del procedimento, con la riformulazione appena approvata si stabilisce che la causa non può proprio essere iscritta a ruolo se non è versato il contributo unificato. Non solo, per non allentare in alcun modo la loro morsa verso gli avvocati e i cittadini utenti della Giustizia, hanno previsto la cancellazione dell’invito al pagamento da parte del cancelliere e dispongono che Equitalia Giustizia proceda direttamente alla riscossione a mezzo ruolo senza alcun avviso preliminare. Ma il governo Meloni non è quello del Fisco (presunto) amico? Cosa ne pensano il collega Calderone e Forza Italia che tanto si erano allarmati promettendo interventi risolutivi? Gli ostacoli all’accesso alla Giustizia per le persone in difficoltà economica permangono. Ricordiamo che non stiamo parlando di una potenziale evasione di imposta ma del suo versamento posticipato. Meloni e Giorgetti dimostrano così di voler mercificare i diritti e di voler riservare la giustizia civile solo a chi può permetterselo. Ma siccome al peggio non c’è mai fine, non è tutto. Solo al fine di fare cassa e assumendo una postura punitiva, il governo dispone il versamento di un contributo unificato maggiorato fino al doppio per sanzionare gli avvocati che superino i limiti dimensionali degli atti, così mortificando ulteriormente il lavoro e l’elaborazione giuridica dei professionisti del diritto, ai quali peraltro non si lasciano più margini di discrezionalità sulla necessità di superare i limiti dimensionali degli atti ma si impone di chiedere preventiva autorizzazione al giudice. Insomma un ulteriore aggravio nell’attività dei difensori ed un ulteriore pregiudizio al diritto di difesa. Era difficile fare tanti torti insieme agli avvocati italiani – conclude D’Orso – ma il governo Meloni è riuscito in questa ‘impresa’”


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Settore civile e penale, problemi ai servizi informatici: aggiornamenti e consigli operativi

Si stanno riscontrando forti rallentamenti nei sistemi civili, che interessano tutti gli Uffici Giudiziari dei distretti di Corte di Appello su tutto il territorio nazionale. Questi disagi coinvolgono anche il Portale dei Servizi Telematici, inclusi il Portale del Processo Penale Telematico e il Portale dei Giudici di Pace.

Nonostante queste difficoltà, i servizi di posta elettronica certificata (PEC) sono attivi, il che consente il deposito telematico nel settore civile da parte di avvocati, professionisti e altri soggetti abilitati esterni. Tuttavia, i messaggi relativi agli esiti dei controlli automatici potrebbero pervenire solo al riavvio dei sistemi, causando ritardi nella ricezione delle informazioni.

Servizi al momento indisponibili:

  • Consultazione da parte dei soggetti abilitati esterni.
  • Pagamenti telematici, incluso il pagamento del contributo di pubblicazione di un’inserzione sul Portale delle Vendite.
  • Pubblicazione di nuove inserzioni sul Portale delle Vendite Pubbliche per le vendite giudiziarie.
  • Accesso al Portale Deposito atti Penali per il deposito telematico di atti penali.
  • Accesso al Portale di consultazione dei SIUS distrettuali per Avvocati.
  • Consultazione degli avvisi degli atti penali depositati in cancelleria.
  • Accesso ai sistemi dei distretti di Roma, Firenze, L’Aquila e Perugia.
  • Sistemi della Corte Suprema di Cassazione, incluso Italgiure.

Sono in corso attività di analisi e risoluzione, con aggiornamenti previsti a breve. Si segnala inoltre che potrebbero verificarsi errori nella ricezione della terza PEC dopo l’invio dei depositi (ad esempio, errore E0401: Il Mittente del messaggio non è autorizzato al Processo Telematico).

Secondo le disposizioni della Riforma Cartabia (Legge n. 134/2021), il deposito telematico resta comunque valido con la sola prima PEC, che attesta l’invio del documento al sistema di giustizia. La seconda e terza PEC sono informative e non influenzano la validità del deposito. Pertanto, anche in caso di problemi con la ricezione della terza PEC, il deposito è considerato valido.

Consigli operativi:
In attesa della risoluzione del problema, si consiglia di monitorare gli aggiornamenti ufficiali da parte del Ministero della Giustizia e di contattare i seguenti uffici per ulteriori chiarimenti:

Servicematica continua a monitorare attentamente la situazione. “Rimaniamo a disposizione -spiegano i tecnici SM- per ogni ulteriore chiarimento e per fornire supporto tecnico qualora fosse necessario”.


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Ampliamento competenze giudici onorari, l’UNCC boccia il ddl sulla riforma della magistratura onoraria

Roma, 16 dicembre 2024 – L’Unione Nazionale delle Camere Civili (UNCC) esprime forte preoccupazione per il contenuto del Disegno di Legge n. 1322, attualmente all’esame del Senato, che prevede una significativa estensione delle competenze dei Giudici Onorari di Tribunale (Got) e dei Viceprocuratori Onorari (Vpo). La riforma, già approvata dalla Camera lo scorso 5 dicembre, rischia di compromettere la qualità della giurisdizione e il diritto dei cittadini a un equo processo.

Il provvedimento, come sottolineato dall’UNCC, attribuisce ai giudici onorari la possibilità di trattare e definire cause di rilevante valore economico e giuridico, come i procedimenti relativi a beni mobili di valore inferiore a 50.000 euro e quelli sui risarcimenti per danni stradali fino a 100.000 euro. Per l’UNCC, questo ampliamento rischia di introdurre un “doppio binario” nella giustizia civile, con i cittadini che vedrebbero le proprie controversie affidate a magistrati privi di un percorso formativo e selettivo paragonabile a quello dei magistrati togati.

L’Unione rileva come i giudici onorari, a differenza dei togati, non abbiano le stesse garanzie di indipendenza e inamovibilità, né siano esentati dall’esercizio di altre attività professionali, fattori che potrebbero minare l’imparzialità della giurisdizione. Inoltre, l’attribuzione di un carico giudiziario così significativo a magistrati onorari – figure spesso reclutate con criteri meno rigorosi e prive di un adeguato percorso formativo – rischia di generare decisioni non uniformi e di compromettere la certezza del diritto.

L’UNCC evidenzia, inoltre, il rischio di una giustizia “a due velocità”, con un sistema che affida le controversie più delicate a magistrati togati, mentre le cause di valore economico anche rilevante verrebbero assegnate a giudici onorari. Una disparità che potrebbe portare a pronunce di qualità disomogenea e a un aumento dei ricorsi, allungando i tempi di definizione delle controversie e aggravando il già pesante arretrato giudiziario.

L’Unione sottolinea come il Disegno di Legge n. 1322 rappresenti solo un palliativo per far fronte al sovraccarico del sistema giudiziario, senza affrontare le cause reali dell’inefficienza, quali la carenza di magistrati togati e le difficoltà organizzative. Al contrario, il potenziamento dell’Ufficio per il Processo e l’incremento del numero di magistrati togati rappresenterebbero soluzioni più efficaci per garantire un sistema giustizia equo e stabile.

“L’idea di affidare controversie complesse e rilevanti ai giudici onorari non solo è in contrasto con il principio costituzionale di indipendenza della magistratura, ma rischia di creare un sistema giustizia disomogeneo e diseguale, con i cittadini privati del diritto a una giustizia qualificata e competente”, dichiara Alberto Del Noce, presidente dell’Unione Nazionale delle Camere Civili.

L’Unione chiede con forza il ritiro delle disposizioni contenute nel Disegno di Legge e si rende disponibile a un confronto con il Governo e con le Commissioni Giustizia di Camera e Senato. “Non servono soluzioni di facciata – conclude Del Noce – ma interventi strutturali che garantiscano il rafforzamento della magistratura togata, la digitalizzazione del processo civile e la promozione di strumenti di risoluzione alternativa delle controversie”.


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Venezia, inaugurata la nuova sede del tribunale civile

“L’emozione è pari a quella di tornare in un posto dove ho lavorato per più di quarant’anni. Questa nuova sede è razionale, ma anche molto bella e ariosa, e una grande conquista per Venezia. Grazie a tutti coloro che hanno collaborato a questo risultato; senza la convergenza di competenze e di buona volontà non saremmo arrivati a questo punto”.
Il ministro Nordio ha oggi inaugurato a Venezia la nuova sede del tribunale civile e degli uffici amministrativi della presidenza, insieme al presidente del Tribunale, Salvatore Laganà e al presidente della Corte d’Appello, Carlo Citterio. Presenti all’evento anche il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, il sindaco Luigi Brugnaro, il presidente della Giunta regionale, Luca Zaia e il presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, Tommaso Bortoluzzi.
Da secoli ubicati nelle Fabbriche Vecchie e Nuove di Rialto, gli uffici sono stati definitivamente trasferiti nella Cittadella giudiziaria di piazzale Roma, che da anni ospita il settore penale. Il trasferimento è stato reso possibile grazie alla ristrutturazione dell’ex sede della Manifattura Tabacchi, rivitalizzando così un importante complesso di archeologia industriale.

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Riforma fiscale: il rapido aggiornamento dei decreti attuativi e l’evoluzione della compliance

Negli ultimi mesi, l’implementazione della riforma fiscale ha accelerato, con l’introduzione di una serie di decreti ministeriali e provvedimenti delle Entrate che stanno trasformando il panorama della gestione fiscale e della compliance in Italia. A distanza di un anno dall’approvazione della legge delega (Legge 111/2023), i numeri sono in costante crescita, segnando un +37% rispetto al 26,5% iniziale. Tuttavia, la piena attuazione delle disposizioni prevede ulteriori passaggi.

Nel dettaglio, il mese di novembre ha visto l’emanazione di tre decreti legislativi fondamentali, accompagnati da numerosi provvedimenti di seconda livello. Tra questi, il decreto 139/2024 sulle successioni e le imposte indirette, quello sulle dogane (141/2024), e il decreto finalizzato a regolare l’Irpef-Ires. Questi provvedimenti, ancora in attesa di pubblicazione ufficiale in Gazzetta Ufficiale, promettono di semplificare e rendere più trasparente il sistema fiscale, ma sollevano anche interrogativi sulla loro effettiva implementazione.

Tra i cambiamenti più significativi, il Digs (Digitale Interattivo Gestione Successioni) ha introdotto una serie di modifiche che mirano a migliorare la compliance, con l’introduzione di nuovi criteri per l’attestazione dell’efficacia del ravvedimento speciale. Inoltre, il recente provvedimento sui compensi per i componenti della commissione di gara per la gestione automatizzata dei lotti ha avuto un grande impatto. Tuttavia, il percorso non è esente da difficoltà burocratiche. Il decreto sulla riscossione, ad esempio, ha dovuto affrontare il rinvio di molte delle sue disposizioni, con i termini di dilazione delle imposte ancora in fase di perfezionamento.

Un altro ambito in evoluzione riguarda la gestione dei rappresentanti fiscali. Il decreto ministeriale firmato il 31 luglio 2023, che definisce l’identikit del rappresentante fiscale, ha visto la sua attuazione rallentata dal mancato allineamento delle modalità operative da parte delle Entrate. Un altro esempio emblematico di rallentamento riguarda il codice di condotta per le imprese aderenti al regime di compliance, introdotto nel decreto Mef del 29 aprile 2024, che però richiederà ulteriori aggiustamenti in futuro.

Nonostante questi rallentamenti, il ritmo delle modifiche normative è stato accelerato nelle ultime settimane. A ottobre, il decreto sulla riscossione ha finalmente definito le modalità di applicazione per i cittadini e le imprese. Questo, insieme a nuove misure in ambito fiscale e con l’introduzione di modalità di compliance più stringenti, sta dando un impulso significativo all’attuazione della riforma.

Il passo successivo sarà la gestione della “silver economy”, un altro importante capitolo che riguarda la transizione dei professionisti più anziani verso la pensione. Le modifiche normative, infatti, hanno un impatto diretto anche su questo segmento, poiché alcuni professionisti che hanno raggiunto l’età pensionabile preferiscono continuare a lavorare per integrare la propria pensione. Questo fenomeno sta portando alla definizione di nuove strategie previdenziali, come il recente aumento dell’aliquota contributiva per gli avvocati pensionati.


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Professionisti over 50: l’ascesa dei pensionati attivi e la sfida della Silver Economy

Il mondo delle professioni liberali sta vivendo una trasformazione interessante, con un numero crescente di professionisti che, pur avendo diritto alla pensione, decidono di continuare a lavorare. Un fenomeno che è ormai noto come “silver economy”, e che ha trovato riscontro anche nel XIV Rapporto Adepp sulla previdenza privata, presentato a Roma la scorsa settimana. Secondo i dati, dal 2005, il numero di pensionati attivi è aumentato in modo esponenziale, passando dal 25,2% al 42,7% nel 2023.

La crescita dei pensionati che continuano a lavorare è stata particolarmente marcata tra avvocati, commercialisti, architetti e ingegneri, con percentuali che variano in base alla categoria professionale. Gli avvocati, ad esempio, sono tra i più inclini a non abbandonare la professione, con il 77% dei pensionati che continua a essere attivo. Tra i commercialisti, invece, la cifra sale all’81%. Un dato che sottolinea come la professione sia ormai vista come una vocazione e non solo un mestiere.

Ma perché i professionisti over 50, e in particolare quelli tra i 60 e i 70 anni, decidono di non smettere di lavorare? Le motivazioni sono molteplici. Da un lato, c’è il desiderio di non abbandonare un’attività che ha rappresentato per anni la propria identità professionale; dall’altro, la necessità di integrare il reddito della pensione, spesso insufficiente a mantenere lo stesso tenore di vita. A tutto questo si aggiungono dinamiche legate al passaggio generazionale nelle professioni, dove spesso non c’è una figura giovane pronta a prendere il posto del professionista anziano, costringendolo a restare attivo.

I numeri parlano chiaro: nel 2023, i professionisti under 30 hanno guadagnato in media 16.954 euro, mentre quelli tra i 60 e i 70 anni hanno raggiunto un reddito di circa 53.495 euro. La disparità di reddito tra le diverse fasce di età è quindi evidente, e pone un tema rilevante per le politiche previdenziali.

Tuttavia, il fenomeno dei pensionati attivi non riguarda solo gli aspetti economici. Esso si inserisce all’interno di un contesto più ampio legato all’evoluzione delle dinamiche sociali e culturali. La previdenza privata, infatti, sta evolvendo per far fronte a questa nuova realtà. Tra le novità più significative, c’è l’aumento dell’aliquota contributiva per gli avvocati pensionati, che dal 7,5% è stata portata al 12%, ma solo la metà di quanto versato verrà effettivamente accreditato nel montante pensionistico.

Ma non solo: dal 2025, l’ente bilaterale Ebipro ha annunciato nuove misure di sostegno, pensate per favorire la conciliazione tra vita privata e lavoro. Tra queste, ci sono indennità per la frequenza dei centri estivi, per i congedi parentali dei padri o dei genitori single, e per l’assistenza a familiari con grave disabilità.


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Bonus Natale 2024: come ottenerlo anche senza cedolino di tredicesima

Con l’arrivo delle festività, cresce l’attesa per il bonus Natale. Ma cosa succede per i lavoratori che non ricevono il cedolino della tredicesima? Ecco come ottenere il bonus anche in questi casi, senza complicazioni burocratiche.

I lavoratori a chiamata e il bonus Natale

Per i lavoratori a chiamata, che non percepiscono il cedolino della tredicesima mensilità, è possibile comunque ricevere il bonus Natale, ma solo se il datore di lavoro prepara un documento ad hoc. Questo è fondamentale per garantire agli operai gli stessi diritti degli altri dipendenti, con il bonus che verrà formalizzato nella dichiarazione dei redditi.

Operai edili e agricoli: normative speciali

Anche per gli operai edili e agricoli esistono disposizioni specifiche. Nel caso degli operai agricoli a tempo determinato, la gratifica natalizia si inserisce nel contesto dell’elemento retributivo “terzo elemento”, che va erogato insieme alla tredicesima. La corresponsione del bonus natalizio avviene in base alle stesse modalità previste per altri lavoratori, sebbene ci siano alcune differenze a livello territoriale.

La condizione fiscale del lavoratore

Il bonus natalizio è riservato a chi ha almeno un figlio a carico e un reddito inferiore ai limiti fissati dalla legge (4.000 euro per un figlio sotto i 24 anni). È importante che il reddito complessivo venga correttamente calcolato in fase di dichiarazione, per non perdere l’opportunità di accedere al bonus.

Il ruolo del datore di lavoro

I datori di lavoro devono seguire con attenzione le normative per garantire che i lavoratori senza cedolino della tredicesima possano ricevere il bonus Natale. Ciò implica la preparazione di documenti certificativi per l’erogazione dell’indennità, così da evitare problematiche fiscali future.


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L’intelligenza artificiale raddoppia, ma l’Italia è impreparata

La domanda di professionisti specializzati nell’intelligenza artificiale (IA) generativa sta raddoppiando, ma la scarsità di competenze specifiche, sia tecniche che trasversali, continua a rappresentare una delle sfide più grandi. Un recente studio condotto in collaborazione tra Gi Group Holding e Microsoft Italia evidenzia che le offerte di lavoro nel campo dell’IA generativa sono aumentate significativamente, con un incremento del 250% rispetto all’anno precedente.

Nel panorama emergente, nuove figure professionali stanno prendendo piede, come gli “AI Model & Prompt Engineers”, che si occupano di perfezionare i prompt utilizzati per interagire con i modelli linguistici avanzati, e i “Data Curators & Trainers”, responsabili della qualità e integrità dei dati. Tuttavia, sebbene la domanda stia crescendo, il numero di professionisti qualificati non riesce a tenere il passo con questa evoluzione rapida.

In Italia, sebbene ci sia un grande potenziale per l’adozione dell’IA, il Paese è ancora indietro rispetto ad altri in termini di investimenti in startup e scale-up legate a questa tecnologia. Le università italiane sono scarsamente presenti nei ranking mondiali e solo una piccola percentuale di infrastrutture per data center sono localizzate nel nostro territorio. La mancanza di competenze specifiche e la lentezza nell’adottare soluzioni su larga scala pongono l’Italia in una posizione di svantaggio, nonostante il potenziale di crescita economica che l’IA potrebbe generare.

Il futuro del lavoro in Italia potrebbe quindi essere segnato da una crescente domanda di competenze nell’IA generativa, ma è fondamentale che vengano sviluppate nuove iniziative educative e di formazione per rispondere a questa sfida.


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ANM in allerta: sciopero in vista contro la riforma della giustizia

L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) alza il tono dello scontro contro la riforma dell’ordinamento giudiziario voluta dal Governo. Alla vigilia dell’avvio del dibattito parlamentare, il Direttivo dell’ANM annuncia una mobilitazione senza precedenti: «Una o più giornate di sciopero e una manifestazione nazionale da tenersi dopo la prima approvazione della riforma». Il momento clou sarà, con ogni probabilità, l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario a gennaio, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

La riforma, che punta alla separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici, è definita dall’ANM «uno strappo e non una nuova trama del tessuto costituzionale». Per il presidente Giuseppe Santalucia, la magistratura sarebbe sotto attacco: «Buona parte della stampa e dei media la ferisce con ogni genere di accuse, il tutto reso possibile dall’insofferenza che settori importanti della politica ostentano nei confronti della giurisdizione».

Oltre alla mobilitazione interna, l’ANM non esclude di rivolgersi alle istituzioni europee, con la possibilità di sollecitare procedure di infrazione contro l’Italia. L’obiettivo, spiegano, è “difendere le garanzie e i diritti dei cittadini”, che a loro avviso verrebbero compromessi dalla riforma.

La replica della politica: “Difendono le correnti”

Dal centrodestra la reazione non si è fatta attendere. Enrico Costa (FI) accusa l’ANM di voler proteggere il “vecchio sistema”: «Protestano per difendere le correnti che, fino a oggi, hanno deciso promozioni, incarichi e persino procedimenti disciplinari. Vogliono mantenere lo status quo, opponendosi a una riforma che fa perdere potere alle correnti e spinge sul merito».

Anche il senatore Maurizio Gasparri non usa mezzi termini: «Santalucia racconta fanfaluche con una retorica degna di miglior causa. È il solito tentativo di condizionare il Parlamento, ma questa volta non funzionerà».

Il Governo, per bocca della premier Giorgia Meloni, ha confermato che l’obiettivo della riforma resta quello di restituire credibilità alla giustizia, puntando su trasparenza e merito. «Non sarà una riforma contro la magistratura, ma per i cittadini», ha dichiarato Meloni.

Il braccio di ferro, tuttavia, è solo all’inizio. Da una parte, il Governo vuole segnare una svolta storica con la separazione delle carriere, dall’altra, la magistratura promette battaglia con tutte le armi a sua disposizione, incluse quelle internazionali. Il rischio, ormai consolidato, è che il confronto si trasformi nell’ennesimo scontro ideologico sulla giustizia italiana.


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