Agorà degli Ordini, per Greco bisogna “modernizzare la professione ma niente limiti agli atti della difesa”

Il nostro compito è «quello di modernizzare la nostra professione e restituire l’orgoglio di essere avvocati e la fiducia verso il futuro. Se non riusciremo in questa missione nell’arco del quadriennio di consiliatura, significherà che avremo fallito il nostro mandato».

Queste le parole di Francesco Greco, il Presidente del CNF, durante l’Agorà degli Ordini e delle Unioni regionali forensi tenutosi a Roma, presso la Pontificia Università della Santa Croce, al fine di «individuare insieme le soluzioni più efficaci per le riforme».

Una sfida per il mondo dell’Avvocatura è senza dubbio l’attuazione della riforma Cartabia nei confronti del processo civile; in particolar modo per quanto riguarda gli atti processuali digitali che hanno un limite massimo di caratteri e che ancorano il difensore ad una sanzione.

Incalza il Presidente Greco: «Dobbiamo fare le barricate, perché nessuno può e deve imbavagliare il diritto di difesa. Su questo non siamo e non saremo disponibili ad alcuna mediazione. È inaccettabile che i limiti previsti siano correlati a delle sanzioni».

Se partiamo dai dati sconfortanti dell’ultimo rapporto Censis sull’Avvocatura, il Presidente del CNF afferma come sia «indispensabile avviare da subito un percorso condiviso con i Consigli dell’Ordine degli Avvocati per ragionare insieme sui passi da fare e sugli obiettivi comuni, e per individuare le emergenze da affrontare con urgenza».

Tra le priorità troviamo la riforma per quanto riguarda l’accesso alla professione dell’Avvocato. Fondamentale anche prestare attenzione al calo demografico degli iscritti, che sembra consolidarsi e inserirsi «in un trend iniziato qualche anno fa».

«La professione è in difficoltà, i redditi sono bassi, ma il dato più preoccupante è quello che fotografa l’indice di soddisfazione degli avvocati nell’esercizio della professione. Il 25,5% degli intervistati la definisce molto critica, per il 30% è critica ma sopportabile e il 34% si dichiara disponibile a lasciare la professione forense se si presentasse una valida alternativa».


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