firma digitale app IO

Che cos’è e come funziona Firma con IO

IO è un’app per dispositivi mobili sviluppata da PagoPA, che ha l’obiettivo di integrare i vari servizi pubblici. L’obiettivo è quello di renderne più semplice e veloce l’utilizzo e l’accesso per i cittadini.

Debuttata nel 2020, l’app permette al cittadino di ricordare scadenze ed eventi importanti: sono gli enti pubblici, dunque, a mettersi in contatto con i soggetti interessati, e non viceversa. Ebbene, Firma con IO è il nuovo passo verso questa direzione.

Il nuovo strumento Firma con IO è una soluzione molto utile per tutti i cittadini che devono scambiare documenti con la PA. Utilizzando solo l’app IO sarà possibile anche apporre una FEQ, una firma elettronica qualificata, sottoscrivendo qualsiasi documento in qualunque momento.

Il cittadino, dunque, non dovrà più prendere appuntamento per recarsi fisicamente presso gli sportelli degli enti pubblici, poiché Firma con IO permette di apporre una firma con massimo valore legale.

FEQ One Shot

La FEQ “one shot” è una tipologia di firma elettronica che viene solitamente utilizzata al fine di consentire la firma di documenti digitali in maniera rapida.

Viene definita one shot visto che si applica una volta sola, senza necessità di ulteriori autenticazioni o passaggi, e si basa su una chiave crittografica privata, strettamente associata alla reale identità del firmatario.

L’utilizzo di questa tipologia di firma è previsto dal Regolamento eIDAS, e per l’app IO i meccanismi di autenticazione si basano su SPID e CIE.

Come firmare con l’app IO

Apporre una firma digitale è un’operazione molto semplice con l’app IO.

L’ente pubblico richiederà al cittadino di firmare un documento attraverso l’invio di un messaggio tramite l’app IO.

Se si utilizzano sistemi desktop, il sistema mostrerà un codice QR, che dovrà essere inquadrato con lo smartphone. Si aprirà un link attraverso il quale seguire tutta la procedura guidata.

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L’utente, a questo punto, sarà in grado di visualizzare i documenti da firmare direttamente sullo smartphone, consultando clausole e condizioni del fornitore. Dopo aver accettato i termini e le condizioni del servizio e selezionato le firme da apporre, l’utente potrà completare l’operazione con il riconoscimento biometrico oppure l’inserimento del codice di sblocco dello smartphone.

I documenti firmati, poi, verranno restituiti dalla stessa app IO. Potranno essere condivisi oppure scaricati in locale, ed è consigliato farlo, visto che IO conserva i documenti solo per 90 giorni. La conservazione del certificato della FEQ dura per 20 anni e spetta al Provider.

Cosa dovranno fare gli enti pubblici

Nel manuale operativo ci sono tutti i dettagli tecnici sulle varie prassi che la PA dovrà applicare per poter richiedere di apporre una firma, al fine di verificare lo stato dei documenti e la loro avvenuta sottoscrizione.

Il cittadino, come prima cosa, deve aver ricevuto soltanto documenti in PDF standard o con firma PAdES. Non è consentito, invece, l’invio e l’utilizzo di documenti scannerizzati.

Leggi anche: Alla scoperta della differenza tra le firme CADES e PADES

Gli enti pubblici dovranno creare un dossier, individuare il cittadino attraverso il suo ID univoco, connesso al codice fiscale, creare una richiesta di firma, inviare i documenti da firmare e spedire la richiesta. Al fine di verificare lo stato della firma e per ottenere i documenti così firmati, sarà sufficiente inviare una richiesta specifica.

In ogni caso l’alternativa all’utilizzo della Firma con IO resta sempre presentare istanze online agli enti pubblici mediante autenticazione con CIE o con SPID.

Possibile stipulare contratti a distanza

Firma con IO potrà essere utilizzato per varie finalità, visto che lo scambio di documenti tra cittadini ed enti è immediato e pratico.

Si può, infatti, gestire qualsiasi pratica con la PA, i Comuni potranno gestire a distanza le richieste di cambio di residenza, attivare richieste di erogazione della CIE e di altri documenti. Si potranno anche stipulare dei contratti per fornitura di servizi quali acqua, luce e gas, oppure contratti da remoto per tirocini, servizi occasionali, dottorati, borse di studio o assegni di ricerca.


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PNRR: è online la piattaforma Connetti Italia per monitorare l’avanzamento dei Piani

Dal 30 giugno obbligo di Deposito Telematico presso il Giudice di Pace

Connetti Italia – Reti Ultraveloci

PNRR: è online la piattaforma Connetti Italia per monitorare l’avanzamento dei Piani

Da martedì 20 giugno 2023 è online la nuova piattaforma Connetti Italia – Reti Ultraveloci di Infratel Italia, al fine di monitorare l’avanzamento dei Piani del PNRR.

Si tratta di un esercizio di trasparenza, con il quale Infratel prova a coinvolgere la Pubblica Amministrazione, imprese e cittadini coinvolti nei progetti del PNRR. La piattaforma è soltanto una prima versione, che verrà successivamente migliorata grazie ai feedback che forniranno gli utenti nel corso dei prossimi mesi.

L’obiettivo di Connetti Italia è quello di creare uno strumento utile per i cittadini, che potranno accedere alle informazioni sullo stato di avanzamento degli interventi del PNRR in tempo reale, interventi previsti dalla Missione 1, Componente 2, Investimento 3 “Reti Ultraveloci”.

Il sito, che è stato realizzato da Infratel Italia, in quanto soggetto attuatore dei Piani nella convenzione siglata con il Dipartimento per la trasformazione digitale, aggiorna continuativamente lo Stato dei lavori, con dei dati mensili che vengono forniti dagli operatori a livello nazionale e suddivisi in 5 piani operativi.

Per ciascun Piano, inoltre, viene indicata una sintesi degli obiettivi, con caratteristiche economiche e tecniche degli interventi, informazioni varie ed innovazioni tecnologiche relative.

I dati messi a disposizione consentono di approfondire, con mappe dettagliate su base regionale, la percentuale dei lavori completati, il valore dei lotti assegnati ma anche la natura dei civici, delle strutture e delle aree correlate o attivate a seconda del piano selezionato.

Presente anche la funzione Cerca il tuo Comune, che consente agli utenti di verificare la copertura sul proprio territorio.

La piattaforma Connetti Italia – Reti Ultraveloci, è soltanto l’inizio di un percorso di sviluppo che, secondo le intenzioni di Infratel e del Dipartimento, vedrà l’alimentazione anche con apporto diretto dei cittadini. Il sito presenta anche una sezione con le domande più frequenti, che verrà aggiornato costantemente, per rispondere alle varie richieste di approfondimento.


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Dal 30 giugno obbligo di Deposito Telematico presso il Giudice di Pace

WhatsApp annuncia il filtro chiamate: maggior privacy e controllo

pct giudice di pace service 1

Dal 30 giugno obbligo di Deposito Telematico presso il Giudice di Pace

La Riforma Cartabia ha inserito nelle Disposizioni per l’attuazione del Codice di procedura civile il Titolo V-ter rubricato le «Disposizioni relative alla giustizia digitale», composto dal Capo I che comprende l’art. 196 quater, «l’obbligatorietà del deposito telematico di atti e provvedimenti».

L’obbligo di deposito telematico, stabilito per la data del 30 giugno 2023, riguarderà tutti i procedimenti del Giudice di Pace, in forza di quanto disposto dall’art. 35 comma 3, DL 140/2022:

«Davanti al giudice di pace, al tribunale per i minorenni, al commissario per la liquidazione degli usi civici e al tribunale superiore delle acque pubbliche, […]. Davanti ai medesimi uffici, le disposizioni previste dal capo I del titolo V-ter delle citate disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, introdotto dal presente decreto, si applicano a decorrere dal 30 giugno 2023 anche ai procedimenti pendenti a tale data. Con uno o più decreti non aventi natura regolamentare il Ministro della Giustizia, accertata la funzionalità dei relativi servizi di comunicazione, può individuare gli uffici nei quali viene anticipato, anche limitatamente a specifiche categorie di procedimenti, il termine di cui al secondo periodo».

Da venerdì prossimo, 30 giugno 2023, dunque, diventerà obbligatorio il deposito telematico degli atti del processo presso gli Uffici del Giudice di Pace, che siano per procedimenti di nuova introduzione che per quelli pendenti.


Per eseguire il deposito telematico di atti e documenti presso il Giudice di Pace con Service1 bisognerà seguire i seguenti passaggi:

 

1. Selezionare PCT

 

2. Selezionare Fascicoli

 

3. Selezionare Nuovo: si aprirà la schermata Crea Fascicolo

 

4. Selezionare Giudice di Pace

 

5. Compilare tutti i campi richiesti e cliccare su Avanti

 

6. Selezionare Nuovo Deposito

 

7. Si aprirà la schermata Crea Deposito: scegliere il campo, compilare i dati richiesti e cliccare su Avanti per completare la procedura


Ecco un video con un esempio di deposito telematico degli atti del processo presso gli Uffici del Giudice di Pace:


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WhatsApp annuncia il filtro chiamate: maggior privacy e controllo

Meta ha annunciato, attraverso un post di Mark Zuckerberg, nuove funzioni WhatsApp che offrono «una privacy e un controllo ancora maggiori», perché «ora puoi silenziare automaticamente le chiamate in arrivo da contatti sconosciuti».

Le novità, attualmente già disponibili per chiunque anche in Italia, si trovano alla voce Privacy nelle Impostazioni.

In cima alla pagina troviamo un banner che invita a controllare la Privacy, affinché «tutti conoscano le opzioni di protezione disponibili su WhatsApp» e che permette anche di silenziare le chiamate da parte di numeri sconosciuti.

Dopo aver avviato l’opzione, si apriranno alcune schermate che consentono di stabilire chi ci può aggiungere ai Gruppi, se e in che modo concedere il permesso per la geolocalizzazione, quali contatti sono stati bloccati e permettere o bloccare chiamate in arrivo da numeri sconosciuti.

Tutte queste opzioni vengono ripetute singolarmente nella sezione Privacy dell’app, e quindi sono modificabili, eventualmente, in un secondo momento.

Più privacy e controllo

L’idea, secondo le dichiarazioni, è «garantire ancora più privacy e controllo sulle chiamate in entrata», ma anche di aiutare a «filtrare automaticamente chiamate spam, truffe e chiamate in arrivo da persone sconosciute, garantendo maggiore protezione».

Nella pratica, se un contatto non è presente in rubrica e ci chiama su WhatsApp, il telefono non squillerà e quindi non verremo disturbati da nessuna notifica. In ogni caso, le chiamate perse non saranno visibili nell’elenco delle chiamate, per permetterci di verificarle.

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Alcuni utenti WhatsApp a maggio hanno segnalato un problema curioso, un accesso anomalo da parte dell’app al microfono del telefono. Nella dashboard di Android 13, tutta dedicata alla privacy risultava che l’app, anche se non in uso, accedeva al microfono.

Gli sviluppatori hanno inizialmente attribuito la causa delle criticità a Google, che a distanza di un mese riconosce il problema e annuncia una soluzione. «Un recente bug di Android che interessava un numero limitato di utenti di WhatsApp ha prodotto indicatori e notifiche sulla privacy errati nella Dashboard della privacy di Android», dichiarano gli sviluppatori.

«Ringraziamo WhatsApp per la loro collaborazione e ci scusiamo per l’eventuale confusione che questo bug potrebbe aver causato agli utenti». Google procederà ora al rilascio di una correzione che risolverà ufficialmente le criticità.


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Rivelazione di segreto d’ufficio: 15 mesi di carcere per Piercamillo Davigo

Ecco come cambia l’abilitazione forense

condanna davigo

Rivelazione di segreto d’ufficio: 15 mesi di carcere per Piercamillo Davigo

Piercamillo Davigo, membro del pool Mani Pulite e del Csm fino al 2020, è stato condannato in primo grado dal tribunale di Brescia a un anno e tre mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio.

Davigo è stato riconosciuto colpevole di aver fatto circolare durante la primavera del 2020 alcuni verbali segreti all’interno del Csm, relativo al “Caso Amara”, inerente all’avvocato Piero Amara, consulente legale di Eni per anni.

Amara, in questi verbali, si riferiva ad un’organizzazione segreta, di nome “Ungheria”, che influenzava la vita giudiziaria e politica del paese. Nei verbali erano presenti accuse non confermate verso esponenti importanti del mondo della giustizia e della politica.

Davigo ottenne questi nomi dal Pm Paolo Storari, che era profondamente insoddisfatto del modo in cui i procuratori Laura Pedio e Francesco Greco stessero trattando questo caso. Davigo condivise i verbali con undici persone e successivamente vennero consegnati anche a dei giornalisti.

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Condannato anche ad un risarcimento di 20mila euro verso Sebastiano Ardita, ex consigliere del Csm, costituitosi parte civile nel processo e lamentando di essere stato screditato proprio a causa della diffusione dei verbali.

Davigo ha annunciato che ricorrerà in appello.


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Ecco come cambia l’abilitazione forense

Testo Unitario dell’Ordinamento forense

esame abilitazione forense

Ecco come cambia l’abilitazione forense

Una prova scritta che riguarda la stesura di un atto giudiziario, su un quesito scelto dal candidato tra civile, penale e amministrativo, che richiederà la conoscenza del «diritto sostanziale e processuale», e una orale, suddivisa in tre fasi, ovvero:

  • l’esame e la discussione di una questione pratico-applicativa;
  • la discussione di «brevi questioni che dimostrino le capacità argomentative e di analisi giuridica» relativa a tre materie, di cui una di diritto processuale;
  • la «dimostrazione di conoscenza dell’ordinamento forense e dei diritti e doveri» del legale.

Tutte le novità si trovano all’interno di un emendamento di Fi presentato al decreto sulla PA (51/2023) approvato il 19 giugno 2023, nelle commissioni affari costituzionali e bilancio della Camera, con parere favorevole del Governo.

Ne dà notizia Francesco Paolo Sisto, viceministro della giustizia e le deputate Annarita Patriarca (Fi) e Marta Schifone (FdI) durante un dibattito in cui l’Aiga, con a capo Francesco Paolo Perchinunno, ha espresso la sua posizione invocando anche l’utilizzo della strumentazione informatica e di una doppia sessione d’esame al fine di «velocizzare l’ingresso degli aspiranti avvocati nel mondo del lavoro».

Il restyling dello strumento per l’entrata nell’attività lavorativa per i legali è sì orientato a dettare una disciplina speciale, in relazione alla sessione di quest’anno che riprende un po’ le fila di quanto disposto durante la pandemia, richiamando anche le disposizioni della legge 247/2012.

Rispetto a quanto avvenuto nel 2019, dunque, la correzione parlamentare ha ottenuto il placet da parte del ministero della Giustizia, fissando lo svolgimento di un’unica prova scritta e di una prova orale, a cui potranno essere ammessi solo i candidati che hanno conseguito un punteggio di almeno 18 punti nel primo test.

Secondo l’emendamento, «per la valutazione della prova orale ogni componente della sottocommissione d’esame dispone di dieci punti di merito per l’esame e la discussione», e saranno idonei i candidati che nella seconda prova ottengono «un punteggio complessivo non inferiore a 105 punti ed un punteggio non inferiore a 18 punti in ognuna delle materie indicate».

La revisione dell’esame di Stato andrà ad incidere positivamente sui nostri conti pubblici: le minori uscite per l’affitto dei locali e i tagli verso commissari e compensi per la correzione degli elaborati, hanno stimato un risparmio di circa 640.000 euro rispetto al 2019.


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Testo Unitario dell’Ordinamento forense

La digitalizzazione di Poste Italiane: addio alla carta

comunicazione cnf

Testo Unitario dell’Ordinamento forense

E’ disponibile sul sito web istituzionale del CNF una raccolta delle fonti normative che regolano la professione forense.

L’opera è stata realizzata dalla Commissione legislativa su incarico del CNF, e offre il panorama dell’assetto normativo vigente della disciplina della professione. In futuro, potrebbe rappresentare una base per una proposta eventuale della riforma dell’assetto ordinamentale.

Per ogni materia vengono riportate soltanto le norme vigenti, di rango primario e regolamentare:

  • La legge professionale forense (n. 274/2012)
  • Le altre fonti di rango primario
  • Le fonti di rango secondario

 TESTO UNITARIO DELLA PROFESSIONE FORENSE
(aggiornato al 7 maggio 2023)

Per maggiori informazioni cliccate qui sopra per andare alla pagina dedicata del CNF.

digitalizzazione poste italiane

La digitalizzazione di Poste Italiane: addio alla carta

La digitalizzazione di Poste Italiane è qualcosa di veramente importante, visto che è la più grande Infrastruttura di servizi in Italia, che gestisce una rete di 12.800 uffici postali, 128mila dipendenti, 35 milioni di clienti, 536 miliardi di euro di attività finanziarie, e un fatturato di oltre 11 miliardi di euro.

Le attività di Poste Italiane sono molto difficili da mappare, anche dall’esterno, a causa della loro scala e della loro numerosità. Tuttavia, l’aspetto più critico è la gestione dei processi interni.

Poste ha dei clienti molto diversi tra loro, e gestire una complessità del genere al fine di digitalizzarla è un’impresa enorme. L’opportunità nasce grazie al piano strategico 2021/2024, con la collaborazione con il Governo al Pnrr.

Una nuova economia digitale

Secondo quanto dichiarato da Mirko Mischiatti, responsabile del gruppo per le strategie digitali, «la digitalizzazione dei processi di Poste Italiane e l’eliminazione della carta erano i fattori chiave per una trasformazione che potesse sostenere una nuova economia digitale».

L’obiettivo era la trasformazione di uno dei settori più critici in assoluto, ovvero quello delle Customer Operations, che si occupano delle attività di assistenza ai clienti, trasformando un approccio centrato più sulla pratica che sulla centralità del cliente.

Poste ha dovuto rivedere parte dei processi aziendali, al fine di costruire un meccanismo di controllo dello stato di lavorazione delle pratiche dei clienti.

Trasformare la Costumer Operations è un’operazione molto complessa: la maggior parte dei processi di Poste Italiane erano frammentati e cartacei, con dei pacchi di pratiche che ruotavano spesso tra le varie scrivanie degli operatori specializzati.

La soluzione passa dai servizi forniti da Appian Corporation, azienda specializzata nella realizzazione di app per aziende, e in particolare di tre cose che servivano proprio a Poste Italiane: attività di process mining, sviluppo low-code e business process management.

Dichiara Mischiatti: «Attraverso la nostra partnership con Appian abbiamo ottenuto proprio questo, abbiamo visto miglioramenti significativi nel modo in cui svolgiamo la nostra attività, riducendo i tempi di lavorazione di almeno il 25% e la pressione sulle risorse del 45% in alcune parti del business, pur ottenendo gli stessi risultati».

Più produttività in meno tempo

Il lavoro è cominciato nel 2018, e ha richiesto un impegno importante nel processo di trasformazione e di analisi.

Per Silvia Speranza di Appian: «Era tutto destrutturato, il processo era nella testa delle persone, perché passava attraverso sistemi diversi che spesso non si parlavano. Uno stesso operatore poteva dover entrare in cinque o sei sistemi diversi con credenziali differenti».

«Abbiamo aumentato la produttività degli operatori cambiando circa 60 processi, coinvolgendo 3.600 operatori. Adesso ci sono pratiche, per esempio le successioni, che da trenta giorni vengono elaborate in meno di otto».

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Prosegue Speranza: «Durante il Covid Poste Italiane è stata coinvolta nell’erogazione dei fondi di cassa integrazione in deroga per le aziende. Se non ci fosse stato un back office già digitalizzato e nel cloud, con gli operatori che potevano lavorare da casa, sarebbe stato molto più complesso riuscire a farlo».

Un elemento chiave in questo processo di trasformazione digitale è l’uso dei sistemi di Rpa, Robotic process automation. I robot, nonostante il nome, non sono meccanismi fisici ma sistemi con la capacità di interagire con vecchi software proprietari, virtualizzando l’operatore.

Tale approccio è low code, dunque non richiede lo sviluppo di app dedicate ma semplicemente di mettere assieme delle funzionalità e delle librerie di azioni precostituite, al fine di mappare e di attivare i processi di business.

Questa è una delle strade principali con cui le grandi aziende italiane, tranne il settore della PA, procedono con la digitalizzazione. Appian ha altri contratti, per esempio nei comuni italiani come Milano, in cui si ottimizzano i processi interni per i servizi verso il cittadino «con l’obiettivo di migliorare il servizio da un lato ma dall’altro rendere più efficienti e produttivi gli impiegati che ci lavorano».


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La Pec diventa obbligatoria da luglio

Nuova truffa su WhatsApp che ruba 5mila euro: anziani a rischio

obbligo pec

La Pec diventa obbligatoria da luglio

Dal prossimo 6 luglio, avere una PEC sarà (quasi) obbligatorio. Almeno, se si vogliono ricevere multe, accertamenti, rimborsi fiscali, detrazioni fiscali, cartelle esattoriali e altre comunicazioni della PA di una certa importanza.

Si tratta di un passo fondamentale per abbandonare la vecchia raccomandata e per velocizzare e snellire la comunicazione con il cittadino attraverso Inad, l’indice nazionale dei domicili digitali, nel quale gli utenti possono registrare il proprio indirizzo PEC al fine di ricevere le comunicazioni ufficiali della Pa.

La PEC è un servizio di posta che permette la ricezione delle comunicazioni digitali, e in Italia è molto importante al fine di garantire uno scambio sicuro di mail e di documenti, poiché fornisce la prova della ricezione e dell’invio di un messaggio.

Ogni messaggio è dotato di firma digitale e di un certificato che ne garantisce l’autenticità. La manovra mira a semplificare il dialogo tra l’amministrazione e i cittadini, interrotto spesso da mancate consegne e lunghe attese.

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Si tratta, comunque, di un processo graduale. Fino al prossimo 30 novembre, i cittadini meno digitalizzati potranno ricevere gli atti della PA anche in forma cartacea, che si tratti di raccomandate, multe o avvisi.

Con un emendamento al decreto PA viene stabilito che «al fine di garantire la piena inclusione dei soggetti in divario digitale, fino al 30 novembre 2023, il gestore della piattaforma per la notificazione digitale degli atti della pubblica amministrazione invia al destinatario sprovvisto di domicilio digitale che non abbia già perfezionato la notifica tramite accesso alla piattaforma l’avviso di avvenuta ricezione in formato cartaceo».

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Dal 6 giugno è nato l’Inad, l’indice nazionale dei domicili digitali, in cui i cittadini possono registrare un indirizzo PEC utile per ricevere le comunicazioni ufficiali da parte della PA. È un recapito digitale utile per poter ricevere delle informazioni, da parte della PA, con valenza legale.

Tutte le comunicazioni verranno notificate in tempo reale. I cittadini avranno a disposizione tutta la documentazione in un unico luogo digitale. Chiunque avrà la possibilità di consultare il registro dall’area pubblica del sito, andando ad inserire il CF della persona.

Per poter eleggere il proprio domicilio digitale, basterà accedere al portale apposito e registrarsi con SPID, CIE o CNS. Dopo aver effettuato la registrazione, il sistema richiederà l’inserimento della propria PEC per registrarla come domicilio digitale.

Oltre a Inad, le PA si potranno appoggiare alla Piattaforma Notifiche Digitali, l’infrastruttura gestita da PagoPA, che permettere di inviare comunicazioni a valore legale verso i cittadini, con l’intenzione di sfruttare le opportunità del digitale per migliorare le comunicazioni legali da parte degli enti.

Quello che dovranno fare i mittenti sarà soltanto il deposito dell’atto da notificare ai cittadini: sarà la Piattaforma, poi, ad occuparsi dell’invio, che sia digitale o analogico.

Hai bisogno di una PEC? Servicematica può aiutarti.

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Nuova truffa su WhatsApp che ruba 5mila euro: anziani a rischio

Pmi: la digitalizzazione ora è realtà. Manca il salto di qualità

truffa whatsapp

Nuova truffa su WhatsApp che ruba 5mila euro: anziani a rischio

Sta girando una truffa WhatsApp che prende di mira principalmente gli anziani, e rischia di fare grandi danni ai loro conti correnti, anche irreversibili.

La truffa comincia con un messaggio da parte di un numero sconosciuto: Mamma, ho cambiato numero, memorizza questo, oppure Mi è caduto il telefono e scrivo dal numero di un amico e finisce con un bonifico istantaneo da 5mila euro, che la vittima non vedrà mai più.

Come spiega Paolo Dal Checco, uno dei più noti ingegneri forensi in Italia: «La truffa ora è abbastanza diffusa».

Su Twitter l’utente @WebMarkeThink spiega che qualche giorno fa hanno rubato in questo modo 5mila euro a sua madre, e per questo ha deciso di diffondere gli screenshot della truffa. Spiega: «Purtroppo non è riuscita a recuperarli e comunque non avevo molte speranze».

La truffa può manifestarsi con messaggi differenti, ma il trucco è sempre lo stesso: il criminale finge di essere il figlio o la figlia della vittima, che contatta il genitore con alcuni messaggi a pioggia, automatici, a numero di cellulari che possiede grazie ai numerosi databreach.

Il cybercriminale inventa una scusa per l’utilizzo di un numero di telefono diverso da quello reale, come cellulare scarico, rotto, o cambio di numero, simulando un’emergenza: c’è un problema urgente e ha bisogno di soldi, ma non riesce più ad accedere al conto, e dunque richiede di inviare i soldi al conto di un amico.

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Non manca, nel messaggio, il nome “dell’amico” e il suo IBAN, con tanto di richiesta di bonifico istantaneo. La vittima, per cascarci, dovrà ignorare tutti i vari segnali d’allarme.

Per esempio, è una strana coincidenza che qualcuno abbia un nuovo numero e il conto bloccato. Inoltre, se chiama il numero per chiedere spiegazioni al “figlio”, il criminale finge che la linea sia disturbata. In molti ci cascano, soprattutto se anziani.

Spiega Dal Checco: «Il bonifico finisce su un conto aperto con documenti falsi oppure aperto da un “money mule”, un complice involontario». Si tratta di un utente che viene contattato precedentemente dai criminali con alcune mail, e che crede di fare un lavoro da casa: quando riceve i soldi sul proprio conto, li invia su un altro conto o su circuito Western Union.

Il truffatore potrà ritirare i soldi in contanti, che divengono successivamente non rintracciabili e non rimborsabili al cliente. È una brutta truffa proprio per questo, visto che non ci sono proprio speranze di riottenere i soldi.

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Questa tipologia di truffa potrebbe peggiorare, nel futuro, vista l’evoluzione dell’intelligenza artificiale. Come spiegato di recente da Bruce Schneier, uno dei più noti esperti al mondo di cybersecurity, l’intelligenza artificiale gli consentirebbe di rispondere ad una telefonata della madre con un audio contraffatto con la finta voce del figlio.

Gli audio deepfake sono già indistinguibili rispetto alla realtà: si possono fare anche video per ingannare le vittime, ma per il momento il risultato finale non risulta così credibile.


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