Gender gap e bassi guadagni: queste le principali difficoltà che riscontrano i giovani avvocati. Lo stabilisce il primo rapporto Aiga sulla giovane avvocatura, pensato e realizzato dalla Commissione Pari Opportunità di Aiga.
Lo studio ha coinvolto il 10% degli avvocati iscritti all’Aiga, ovvero 616 persone. Il 68% di questi ha meno di 40 anni.
Il dato principale che balza all’occhio di tutti è proprio il gender pay gap. I professionisti che percepiscono uno stipendio compreso tra 0 e 5mila euro si compongono del 23,35% delle donne e del 15,94% degli uomini.
Il 30,22% delle avvocate e il 19,92% degli avvocati inoltre percepisce un reddito compreso tra i 5mila e i 15mila euro. Per quanto riguarda la fascia reddituale compresa tra 15mila e 30mila euro troviamo il 27,20% delle donne mentre gli uomini corrispondono al 24,30%.
I professionisti più ricchi, ovvero quelli che percepiscono più di 85mila euro, sono composti dallo 0,37% di donne e dal 6,37% di uomini.
Il divario retributivo è molto più accentuato nelle isole e nel sud Italia. Esercitare la professione al Nord comporta una retribuzione più elevata, e soprattutto un’età più avanzata permette di guadagnare di più.
Avvocate donne hanno meno possibilità di guadagno rispetto ai colleghi uomini. Nel rapporto Aiga si parla anche del rapporto tra il divario retributivo e gli stereotipi relativi ai ruoli di genere, che spesso impongono alle donne di dedicarsi alla responsabilità familiari sacrificando la loro carriera professionale. Si segnala, inoltre, una carenza per quanto concerne il sistema assistenziale relativo alla maternità.
L’esercizio della professione ha influito parecchio nelle scelte di vita e personali del 53,57% delle avvocate e del 41,43% dei colleghi uomini. Le ragioni, di solito, sono legate alla formazione della famiglia, al sacrificare il tempo libero o le vacanze, continuare a vivere con i propri genitori e delle difficoltà nel rendersi più autonomi.
Le avvocate, dopo essere diventate madri, devono fare i conti con l’impossibilità di vivere la maternità allo stesso modo rispetto alle lavoratrici dipendenti. Secondo i dati, comunque, la scelta di avere un figlio viene spesso rimandata dopo i 35 anni, ma non comporta necessariamente l’interruzione della professione, anzi.
Il 9% del campione sceglie attività alternative all’esercizio della professione, prediligendo il dottorato di ricerca e il lavoro di insegnante.
Il 34,89% delle donne svolge la professione in collaborazione con il titolare dello Studio Legale. Le avvocate titolari di uno Studio che hanno meno di 35 anni corrispondono al 5%, il 12% ha un’età compresa tra 35 e 40 anni e il 10% ha più di 40 anni.
Il 40,24% degli avvocati uomini che hanno aderito al sondaggio è titolare dello Studio: ad avere meno di 35 il 7%, il 17% ha un’età compresa tra 35 e 40 anni mentre ad avere più di 40 è il 16%. Le donne avvocato, in linea di massima, raramente sono titolari di Studi Legali, oppure partner nei grandi studi associati.
Contrariamente a quanto si possa pensare, gli avvocati che lavorano all’interno degli Studi delle proprie famiglie non dispongono di stipendi così alti. Sono migliori le condizioni economiche degli avvocati che lavorano in Studi “esterni”, che contano un reddito compreso tra 15 e 30mila euro.
Il 57% dei professionisti, secondo l’indagine di Aiga, dice di non aver mai pensato di lasciare la professione, mentre il 43% ha preso in considerazione l’idea, a causa di un riconoscimento economico considerato inadeguato, dell’instabilità, e delle difficoltà di conciliazione tra lavoro e tempo libero.
Anche qui è ben presente il divario di genere, visto che a pensare ad abbandonare la professione troviamo il 53,02% delle donne contro il 37,02% degli uomini.
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