concorso forestali sicilia

Concorso per 46 forestali annullato per conflitto d’interesse

La Regione Sicilia ha dovuto annullare l’esito del concorso per l’assunzione di 46 agenti del corpo forestale organizzato lo scorso ottobre. Inoltre, ha dichiarato decaduta la commissione esaminatrice a causa di un conflitto d’interessi.

Dunque, il concorso dovrà essere rifatto completamente. Si discuteva della questione da alcuni mesi, in seguito alla rilevazione di irregolarità nel corso della procedura di selezione. Il primo posto era stato assegnato al figlio dell’ex dirigente del corpo forestale regionale; quest’ultimo aveva anche nominato tutti i membri della commissione esaminatrice.

Le prove scritte si erano svolte a Catania e a Siracusa tra il 24 e il 27 ottobre, con circa 20mila candidati che dovevano rispondere a 60 domande a crocette. Prima dell’ufficializzazione dei risultati aveva cominciato a circolare online una versione della graduatoria, e cominciava a spargersi la voce del gran risultato ottenuto dal figlio di Giovanni Salerno, l’ex capo dei forestali, Alessio Maria Salerno.

Per alcuni giornali, Salerno aveva risposto in maniera corretta a tutte le domande, anche ad una che presentava tre opzioni non corrette. La domanda chiedeva quanti sono i deputati presenti nell’Assemblea regionale siciliana, e le risposte erano 60, 120 o 90. Tuttavia, i deputati sono 70.

La Regione Sicilia aveva dunque deciso di intervenire, al fine di accertare se erano effettivamente presenti irregolarità nel concorso. Secondo un’indagine interna, la nomina della commissione da parte dell’ex capo dei forestali era da considerarsi come conflitto d’interessi.

Anche la Corte dei Conti aveva aperto un’indagine, e all’inizio del mese di dicembre 2023, Renato Schifani, presidente regionale, aveva deciso di sospendere l’esito della prova: «L’annullamento degli atti […] è a questo punto l’unica soluzione percorribile per ripristinare la legalità violata e consentire una partecipazione, con pari opportunità, a tutti i concorrenti».

Tuttavia, alcuni partecipanti e deputati di opposizione sostengono che l’annullamento penalizza anche coloro che hanno partecipato alla prova onestamente. In ogni caso, il 30 gennaio 2024 è stata ufficialmente annullata la prova e, dunque, il concorso dovrà essere ripetuto.


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PagoPA: su IO una nuova funzionalità per l’accesso rapido

Convegno: Intelligenza artificiale e processo, nuovi strumenti e opportunità per gli avvocati

nuova funzionalità pagopa

PagoPA: su IO una nuova funzionalità per l’accesso rapido

PagoPa ha annunciato l’introduzione sull’app dei servizi pubblici IO una nuova modalità per l’accesso rapido, che consente l’autenticazione con SPID o CIE soltanto una volta all’anno. In questo modo si supera la modalità di identificazione attuale, che richiede agli utenti di inserire le proprie credenziali ogni 30 giorni.

Questo renderà più semplice ai cittadini l’accesso rapido ai servizi degli enti presenti su IO, servendosi della possibilità di entrare nell’app con il riconoscimento biometrico oppure con un codice di sblocco numerico.

Sarà possibile gestire in app operazioni collegate ad un servizio pubblico con un’esperienza utente molto più semplice e veloce. L’accesso rapido consente agli utenti di accedere all’app in maniera più immediata, rendendo IO uno strumento che risponde adeguatamente ai bisogni dei cittadini.

L’app IO è nata per offrire a PA e cittadini un canale di comunicazione sicuro e personalizzato. L’autenticazione attraverso SPID o CIE consente di garantire e confermare la propria identità.

In caso di smarrimento o furto del dispositivo, solitamente lo smartphone, su cui è installata l’app, sarà possibile effettuare il logout dal web impedendo in tal modo l’accesso ai dati sensibili.

Questa nuova funzionalità sarà disponibile dopo 30 giorni dall’ultimo accesso attraverso l’identità digitale, e l’utente potrà scegliere se proseguire con la modalità di accesso rapido oppure se mantenere la funzione del login ogni mese.

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Convegno: Intelligenza artificiale e processo, nuovi strumenti e opportunità per gli avvocati

Concorso Ministero della Giustizia per 109 autisti

Intelligenza artificiale e processo, nuovi strumenti e opportunità per gli avvocati

Convegno: Intelligenza artificiale e processo, nuovi strumenti e opportunità per gli avvocati

L’Ordine degli Avvocati di Milano e PB Consulting terranno un convegno a Milano il 5 febbraio, dalle ore 10 alle ore 13 presso il Salone Valente – Palazzina Anmig (Via San Barnaba n.29). Il Convegno si chiamerà “Intelligenza artificiale e processo: nuovi strumenti e opportunità per gli avvocati”, e tratterà il rapporto tra avvocato e intelligenza artificiale.

Si discuterà sul modo in cui gli strumenti che si basano sull’intelligenza artificiale stanno rivoluzionando il mondo della ricerca giuridica, della previsione degli esiti giudiziari e dell’analisi dei dati processuali.

Si parlerà dell’impatto dell’automazione circa la gestione di casi e pratiche di due diligence, cercando di comprendere in che modo questo strumento incrementi l’accuratezza e l’efficienza del lavoro che devono svolgere i legali.

Ci sarà un approfondimento di tipo etico sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel mondo del diritto e verranno analizzate le norme emergenti che vanno a regolare tali tecnologie.

Ci sarà anche l’occasione di esaminare alcuni casi studio di successo, nei quali l’utilizzo dell’intelligenza artificiale ha condotto a vantaggi e migliori strategie per gli studi legali e per i dipartimenti legali aziendali.

La partecipazione all’evento prevede la registrazione al seguente form: https://sfera.sferabit.com/servizi/accesso_albosfera.php

L’evento è completamente gratuito, e consente l’attribuzione di 3 crediti formativi.

Ecco il programma del Convegno: https://i2.res.24o.it/pdf2010/S24/Documenti/2024/01/27/AllegatiPDF/Locandina%2005.02.2024_LOGO_OK.pdf


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Concorso Ministero della Giustizia per 109 autisti

Installato il primo impianto cerebrale in un essere umano

concorso autisti ministero giustizia

Concorso Ministero della Giustizia per 109 autisti

È stato pubblicato in GU Concorsi ed esami un avviso per la selezione di 109 autisti per i posti vacanti presenti negli uffici giudiziari delle Regioni Calabria, Basilicata, Lazio, Campania, Liguria, Lombardia, Sicilia, Puglia e Toscana.

Gli autisti avranno posizione retributiva F1 nella seconda area funzionale, e tutto il personale assunto dovrà restare nella sede destinata per almeno 5 anni.

I posti verranno così ripartiti:

  • Amministrazioni centrali – Roma 19 posti
  • Distretto di Bari, 5 posti
  • Distretto di Caltanissetta, 5 posti
  • Distretto di Catania, 6 posti
  • Distretto di Catanzaro, 4 posti
  • Distretto di Firenze, 3 posti
  • Distretto di Genova, 9 posti
  • Distretto di Lecce, 2 posti
  • Distretto di Messina, 2 posti
  • Distretto di Milano, 2 posti
  • Distretto di Napoli, 10 posti
  • Distretto di Palermo, 14 posti
  • Distretto di Potenza, 3 posti
  • Distretto di Reggio Calabria, 4 posti
  • Distretto di Roma, 18 posti
  • Distretto di Salerno, 3 posti

La prova d’esame consiste in un colloquio e in una prova pratica di idoneità, che accerterà se il lavoratore può svolgere le mansioni previste e guidare gli automezzi. Durante la prova pratica verrà attestata anche la conoscenza delle norme di circolazione stradale, e quindi della piena capacità di guida dei mezzi in dotazione del Ministero.

Per maggiori informazioni, è possibile consultare il Bando del concorso al seguente link:

https://www.concorsipubblici.com/avviso-204886-conducente-roma-ministero-della-giustizia


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Installato il primo impianto cerebrale in un essere umano

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Installato il primo impianto cerebrale in un essere umano

L’imprenditore Elon Musk ha annunciato che la sua azienda Neuralink, che si occupa di ricerca e sviluppo di impianti cerebrali collegati a computer, è riuscita ad installare per la prima volta in assoluto uno di questi dispositivi in un essere umano.

Musk non ha svelato molti dettagli sulla sua operazione: ha semplicemente detto che si è svolta domenica e che ora il paziente si sta rimettendo. I primi risultati sembrano essere promettenti, ma dovremo attendere mesi per leggere i primi dati.

Neuralink non è la prima società che si occupa di impianti cerebrali, ma è la prima ad utilizzare alcune tecnologie che potrebbero cambiare il settore.

Neuralink aveva già fatto molti test sugli animali, e di recente aveva ricevuto l’autorizzazione da parte della FDA (Food and Drug Administration) ad effettuare test sugli esseri umani. Se gli esperimenti di Neuralink si riveleranno sicuri e funzioneranno, allora l’azienda potrà richiedere la commercializzazione di tali dispositivi.

Neuralink nasce nel 2016 con lo scopo di sviluppare delle nuove interfacce neurali, ovvero sistemi che mettono in comunicazione il cervello con un dispositivo esterno, come, per esempio, un computer.

Le interfacce neurali sono un’opportunità per i pazienti con malattie debilitanti e paralisi per recuperare le loro normali funzionalità, come muovere gli arti. Se tutto procederà liscio, grazie all’impianto il paziente con paralisi che si è sottoposto al test sarà in grado di controllare con la propria mente il cursore di un computer.

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I ricercatori di Neuralink hanno realizzato degli elettrodi minuscoli, che, secondo l’azienda, possono essere impiantati con un’operazione poco invasiva. L’operazione viene eseguita con un sistema robotizzato ad alta precisione, che inserisce l’impianto nell’area corretta affinché possano essere realizzati collegamenti con i neuroni.

Gli elettrodi realizzati dai ricercatori di Neuralink sembrano essere più flessibili rispetto a quelli che vengono sperimentati in altre aziende. Tale flessibilità ridurrebbe in maniera sensibile il rischio di danni e microtraumi nelle zone in cui viene effettuato l’impianto.

Neuralink ha obiettivi molto ambiziosi. Infatti, lavora anche su sistemi di potenziamento delle attività del cervello degli esseri umani, come l’accesso istantaneo alle informazioni memorizzate all’interno di un pc oppure alle sue capacità di calcolo. «Vogliamo andare oltre le capacità di un normale corpo umano con la nostra tecnologia», dichiara Musk.


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Cittadinanza italiana: in Veneto i tribunali sono intasati

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Cittadinanza italiana: in Veneto i tribunali sono intasati

Nel corso dell’ultimo anno i tribunali veneti hanno dovuto gestire più di 12mila nuove richieste di cittadinanza arrivate dal Brasile, paese che nell’Ottocento ha accolto decine di migliaia di veneti. Si tratta di un numero più alto rispetto al passato: per questo motivo, i pochi funzionari della Corte d’Appello e dei tribunali faticano a smaltire tutte le pratiche.

Per Carlo Citterio, presidente della Corte d’Appello, siamo di fronte ad un problema molto grave, che rischia di provocare il rallentamento o addirittura di bloccare del tutto la giustizia civile. Citterio, durante la cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha detto che le regole devono essere cambiate: «E’ stato reso di fatto automatico il riconoscimento della cittadinanza pure a chi ha legami familiari molto remoti e nessun contatto con l’Italia: bisogna valutare l’opportunità di una eventuale, tempestiva, saggia rivisitazione della disciplina».

In Italia è in vigore lo ius sanguinis, e per questo la legge riconosce come cittadini italiani le persone che sono in grado di dimostrare di aver avuto un lontano antenato italiano, nonostante non siano mai stati in Italia e non parlino italiano.

La maggior parte delle richieste che troviamo nei tribunali del Veneto riguardano i cittadini brasiliani che richiedono la cittadinanza italiana attraverso la dimostrazione di lontani parenti esclusi dallo ius sanguinis (ovvero prima del 1948).

È possibile rivolgersi al tribunale anche quando i consolati non sono in grado di rispondere alla richiesta di cittadinanza entro il termine massimo di 730 giorni. In Brasile e in Argentina, infatti, ci sono dei tempi d’attesa molto lunghi, e per questo le persone decidono di ricorrere alla giustizia italiana.

Nel momento in cui si dimostra la cittadinanza di un lontano parente, tutti i discendenti hanno la possibilità di diventare italiani. Nel 2023 ci sono state 12mila richieste che garantiranno la cittadinanza a più di 100mila persone.

Per Citterio, tutte queste nuove cittadinanze non sono soltanto un problema organizzativo, ma sono anche un problema politico. «Se il fenomeno dovesse estendersi, interferirebbe con la composizione del corpo elettorale e quindi anche dei quorum».

In molti puntano alla cittadinanza italiana, poiché il passaporto è uno dei più “forti” in assoluto. Infatti, avere la cittadinanza italiana, significa spostarsi senza alcun problema all’interno dell’UE, con procedure agevolate per entrare negli USA.


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affettività carcere corte costituzionale

Illegittimo il divieto all’affettività in carcere

La Corte Costituzionale, con una sentenza storica, dichiara illegittimo il divieto all’affettività in carcere, tra persone detenute e partner. Sarà comunque necessario un intervento normativo, per poter meglio disciplinare limiti e condizioni.

La Corte, con sentenza n. 10/2024, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 della legge penitenziaria. In particolar modo, è illegittima la parte in cui non è previsto che la persona detenuta possa svolgere colloqui con il coniuge, con la persona stabilmente convivente o con la parte dell’unione civile senza controllo a vista da parte del personale di custodia, nel caso in cui non ci siano particolari ragioni di sicurezza o di mantenimento dell’ordine e della disciplina.

Afferma la Corte: «L’ordinamento giuridico tutela le relazioni affettive della persona nelle formazioni sociali in cui esse si esprimono, riconoscendo ai soggetti legati dalle relazioni medesime la libertà di vivere pienamente il sentimento di affetto che ne costituisce l’essenza. Lo stato di detenzione può incidere sui termini e sulle modalità di esercizio di queste libertà, ma non può annullarla in radice, con una previsione astratta e generalizzata, insensibile alle condizioni individuali della persona detenuta e alle specifiche prospettive del suo rientro in società».

Il controllo a vista sui colloqui dei detenuti impedisce l’espressione dell’affettività, anche quando non presenti importanti ragioni di sicurezza. La Corte ha riscontrato quindi la violazione degli art. 3 e 7 della Costituzione, con irragionevole compressione della dignità delle persone, ostacolando lo scopo rieducativo previsto dalla pena.

Nella sentenza si ricorda che gran parte degli ordinamenti europei riconosce ai detenuti appositi spazi riservati all’espressione dell’affettività, inclusa la sessualità. Si pensi ai parloirs familiaux (parlatori familiari) e alle unités de vie familiale (unità di vita familiare), locali previsti dal codice penitenziario francese nel quale possono avvenire visite familiari tra adulti «sans surveillance continue et directe» (senza sorveglianza continua e diretta).

La Corte esorta ad un’«azione combinata del legislatore, della magistratura di sorveglianza e dell’amministrazione penitenziaria, ciascuno per le rispettive competenze». La durata dei colloqui intimi dovrà garantire al detenuto e al partner una piena espressione dell’affettività, che non esclude una declinazione sessuale.

Le visite dovranno svolgersi in maniera non sporadica, affinché gli incontri possano raggiungere lo scopo di conservazione della stabilità della relazione affettiva. La Corte esclude tutto questo per coloro che sono soggetti al 41 bis e al regime di sorveglianza particolare.


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Al legale, nel patrocinio a spese dello Stato, dovrà essere liquidato anche il compenso riguardante la fase istruttoria, anche nell’ipotesi di estinzione causa prescrizione del procedimento se ha citato i testi e depositato la lista testimoniale.

Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, con ordinanza n. 2502 del 26 gennaio 2024.

Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto aveva negato il compenso, poiché, secondo il Tribunale, non si era mai tenuta la fase istruttoria, poiché il processo, dopo una serie di rinvii, era stato definito con dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione.

Il legale, come unico motivo di ricorso, sosteneva come il Tribunale non avesse liquidato la fase istruttoria «sull’erroneo presupposto che essa non si fosse svolta, sebbene il difensore avesse depositato una lista testimoniale ed avesse citato i testi».

Secondo la Suprema Corte, il tribunale «non ha considerato che l’art.12, comma 3 del D.M. 55/2014 prevede che la fase istruttoria non consiste solo nell’escussione dei testi, acquisizione di documentazione etc., ma comprende anche l’attività preparatoria», ovvero, «le richieste, gli scritti, le partecipazioni o assistenze relative ad atti ed attività istruttorie procedimentali o processuali anche preliminari, rese anche in udienze pubbliche o in camere di consiglio, che sono funzionali alla ricerca di mezzi di prova, alla formazione della prova, comprese liste, citazioni e le relative notificazioni, l’esame dei consulenti, testimoni, indagati o imputati di reato connesso o collegato».

Il Tribunale, dunque, ha sbagliato a non liquidare la fase istruttoria, «benché il ricorrente avesse depositato la lista testimoniale e citato due testi, attività inequivocabilmente compresa nella fase istruttoria».


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Il Cdm ha approvato il nuovo Ddl sulla Cybersicurezza, al fine di rafforzare la normativa attuale e contrastare il cybercrime in Italia. Il governo non solo ha deciso di intensificare sanzioni e pene, ma anche di introdurre dei premi per coloro che collaborano al ripristino dell’ordine dopo un cyberattacco.

Dichiara Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio: «Questo disegno di legge allarga il perimetro di soggetti tenuti a dotarsi di sistemi di cybersicurezza ai comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti, alle Asl e ai capoluoghi di regione. E chiama questi enti a una notifica immediata ad ACN dell’attacco, in modo da poter articolare un’azione immediata».

Il Governo chiede un grande impegno a queste realtà, scegliendo anche di sanzionarle se non viene notificato l’attacco a chi di dovere. La prima volta ci sarà un semplice richiamo, mentre la seconda ci sarà una multa compresa tra 25.000 e 125.000 euro.

Alla PA viene richiesto di dotarsi di un ufficio di cybersicurezza, al fine di fronteggiare al meglio ogni minaccia. Nel nuovo disegno di legge si prevede un raffreddamento di due anni per i tecnici specializzati in sicurezza informatica che abbandonano un impiego pubblico al fine di inserirsi nel mercato privato.

Nel nuovo disegno di legge vengono introdotte sanzioni più pesanti per i cybercriminali. Infiltrarsi in un sistema informatico abusivamente, infatti, comporterà il passare 1/5 anni e 2/10 anni di reclusione.

Oltre a queste modifiche di carattere “penale sostanziale” ne vengono aggiunte altre di carattere “penale procedurale”.

Prosegue Mantovano: «Tutti questi reati rientrano nella disciplina dei reati di criminalità organizzata e quindi permettono non soltanto l’utilizzo di strumenti più efficaci di indagine e di accertamento, ma anche quel coordinamento che passa attraverso le direzioni distrettuali antimafia e la procura nazionale antimafia».

Nel Ddl non ci sono rimandi all’intelligenza artificiale. Per Mantovano «sarebbe stato fuori luogo proporre norme nazionali prima che fossero state articolate quelle europee».


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L’assoluzione, dopo 32 anni di ingiusta detenzione, di Beniamino Zuncheddu, è senza dubbio uno dei più gravi errori della storia giudiziaria italiana. L’uomo era stato condannato all’ergastolo per la strage del Sinnai, dove sono stati uccisi altri tre pastori.

Tuttavia, durante il processo di revisione, si era stabilito che la condanna era basata su una testimonianza con influenze illecite da parte di un poliziotto.

Non è semplice trovare dati completi circa il numero dei processi di revisione ammessi e conclusi con annullamento della sentenza. Tuttavia, il sito errorigiudiziari.com ha avanzato alcune stime, che si basano principalmente sulla contabilità degli errori giudiziari dal 1991 in poi.

Gli errori giudiziari accertati sino al 2022 sono stai 222, ovvero 7 all’anno. La spesa per i risarcimenti corrisponde a oltre 86 milioni di euro, ovvero 2,7 milioni all’anno.

I dati più recenti sono quelli aggiornati in data 31/12/2022, e attestano che proprio nel 2022 ci sono stati 8 errori giudiziari, con 9 milioni e 951mila euro spese di risarcimenti. Dobbiamo anche tenere a mente che i criteri di elaborazione destinati ai risarcimenti degli errori giudiziari variano molto in base alla situazione.

Sempre secondo errorigiudiziari.com, i casi di ingiusta detenzione registrati dal 1992 al 2022 sono più di 30mila. Si tratta quindi di 985 persone all’anno, con una spesa annua di 27,3 milioni di euro.

Nel 2022 ci sono stati 539 casi di ingiusta detenzione, con una spesa di 27,4 milioni di euro.


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Nel corso degli anni SM - Servicematica ha ottenuto le certificazioni ISO 9001:2015 e ISO 27001:2013.
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